Rapina: non sussiste se l'imputato non ha dovuto superare alcuna resistenza della vittima
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Tribunale Nocera Inferiore, 02/11/2023, n.2208

Integra il reato di furto e non quello di rapina se il soggetto agente non abbia dovuto superare alcuna resistenza della vittima, in forza anche dell'effetto sorpresa derivante dalla repentinità dell'azione, attuando una violenza diretta sulla refurtiva e solo indirettamente coinvolgente la vittima, la quale non ha riportato alcun pregiudizio fisico. Il furto è quello in abitazione, di cui all'art. 624 bis c.p., se la condotta criminosa sopra descritta si sia verificata nell'abitazione della vittima, anche se il soggetto agente è stato fatto entrare dalla stessa vittima.

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio, emesso dal G.U.P. in sede in data 04.03.2020, WI.Ma. veniva rinviata a giudizio per rispondere del reato di cui alla formale imputazione, da intendersi qui richiamata.

Alla prima udienza del 30.10.2020 il processo veniva rinviato per difetto di notifica del decreto introduttivo all'imputata.

La sessione del 15.04.2021 era rinviata d'ufficio in forza del decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore n. 24/2021, prorogato dal decreto n. 35/2021, che disponeva la contrazione dell'attività giudiziaria ai soli procedimenti prioritari, vista l'esigenza di contenimento dell'emergenza sanitaria da Covid-19 ancora in atto.

Nella sessione del 04.11.2021 si dichiarava l'assenza dell'imputata, ritualmente avvisata a mani proprie e non comparsa senza cause note di impedimento, e il processo era differito in ottemperanza del decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore n. 134/2021, che sospendeva la celebrazione dei procedimenti non urgenti in attuazione delle misure di contenimento dell'emergenza pandemica da Covid-19.

All'assise del 31.03.2022 si dichiarava aperto il dibattimento e si ammettevano le prove richieste dalle parti; preso atto del decesso della persona offesa GR.An., si acquisiva ai sensi dell'art. 512 c.p.p. la querela sporta in data 21.02.2014. Di seguito, si procedeva all'escussione dei testi PA.Gi., SA. Pa. e GR.Em.; il P.M., nulla osservando in contrario la Difesa, rinunciava all'audizione del teste CR.An.

La seduta del 20.10.2022 veniva rinviata per legittimo impedimento del difensore, ai sensi dell'art. 420 ter c.p.p., con sospensione dei termini di prescrizione per giorni 60.

All'assise del 13.04.2023 veniva sentito il teste CO.Lu.; il P.M., nulla osservando in contrario la Difesa, rinunciava all'audizione del teste D.MA.

Nella sessione del 01.06.2023, preso atto del rifiuto dell'imputata di rendere esame, su richiesta della Difesa, ai sensi dell'art. 513 c.p.p., si acquisiva il verbale d'interrogatorio del 04.05.2017. Nell'ultima udienza del 02.11.2023 il Tribunale, dichiarata conclusa l'istruttoria dibattimentale e data lettura mediante indicazione ex art. 511 co. 5 c.p.p. degli atti confluiti nel fascicolo del dibattimento, invitava le parti alla discussione; le stesse concludevano secondo quanto riportato in epigrafe. Seguiva la deliberazione della seguente sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo e delle contestuali motivazioni in udienza.

Motivi della decisione
1. La ricognizione delle prove assunte non può che iniziare dal contributo della persona offesa, GR.Ma., compendiato nella querela sporta in data 21.02.2014, acquisita ai sensi dell'art. 512 c.p.p. per sopravvenuta irripetibilità della deposizione, visto il decesso intervenuto in data 06.01.2017.

La GR. ha raccontato di aver assunto, circa una settimana prima della querela, una badante, di nome(…), di circa 36-38 anni, figlia di una donna soprannominata (…), residente in Angri alla Via (…). In data 21.02.2014, nel mentre guardava la televisione in una stanza della sua abitazione - sita in Angri alla Via (…) - la GR. veniva avvicinata dalla suddetta badante, la quale, le riferiva testualmente: "DAMMI I SOLDI CHE ME NE DEVO ANDARE!". Dopo di ciò, senza lasciare alla vittima il tempo di profferire parola, la spintonava sul divano ove si trovava seduta e, dopo averle strappato il reggiseno, le sottraeva somma di euro 700,00 (suddivisa in banconote da euro 50,00) che la GR. teneva nascosta nell'indumento. Impossessatasi del denaro, la badante fuggiva e chiudeva l'anziana donna in casa, con le chiavi della propria abitazione, facendo perdere le proprie tracce.

La GR. iniziava a piangere ed urlare e le grida attiravano l'attenzione dei vicini di casa, che allertavano il nipote GR.Em. il quale, utilizzando un doppione delle chiavi, accedeva all'abitazione in soccorso della donna. Una volta entrato, la GR. raccontava al nipote l'accaduto.

La persona offesa, chiamati i CC, forniva poi indicazioni utili al rintraccio della rapinatrice, indicando un numero di telefonia mobile (…), che tuttavia risultava spento, a seguito di un tentativo di chiamata del nipote, e descrivendone le sembianze: donna dell'età di circa 36-37 anni, alta circa 1,70 mt, corporatura normale, capelli lunghi biondi, indossante un abito nero e un foulard di colore bianco e nero.

In data 24.02.2014, i CC della Stazione di Angri chiamavano la GR. ad eseguire un'individuazione fotografica, e le mostravano una foto del cartellino anagrafico di WI.Ma.; la vittima riconosceva senza dubbio alcuno nella foto dell'imputata la persona che aveva lavorato da lei come badante, ovvero l'autrice della rapina subita il 21.02.2014 (cfr. verbale di individuazione fotografica del 24.02.2014).

2. Il Mar. Magg. PA.Gi. - escusso all'udienza del 31.03.2022 - ha riferito invece delle successive indagini per risalire all'individuazione dell'imputata.

Dopo aver ricevuto la querela sporta dalla GR. in data 21.02.2014, e assunto sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti, i CC riuscivano ad individuare l'abitazione della WI.Ma., ove trovavano la madre, BE.An.

Tramite l'ausilio di quest'ultima provavano a contattare l'imputata, che risultava irrintracciabile. Recuperavano allora copia del cartellino anagrafico della WI. presso il Comune di Angri e, in data 24.02.2014, lo sottoponevano alla vittima, che riconosceva con certezza la sua rapinatrice guardando all'effige estratta.

Il Vice Brig. SA.Pa. - sentito nella sessione del 31.03.2022 - ha dichiarato di aver eseguito il primo accesso presso l'abitazione della vittima, ivi recandosi alle 14:55 circa del 21.02.2014, subito dopo la rapina.

In casa, trovavano GR.An. e il nipote GR.Em., e apprendevano quanto accaduto; in particolare, era il GR.Em. a raccontare i fatti, poiché la vittima appariva molto agitata. Non si rendeva tuttavia necessario l'intervento del 118.

GR.Em. - escusso nella medesima udienza del 31.03.2022 - ha affermato che la zia GR.An. abitava da sola alla Via (…) di Angri e, poco prima del 21.02.2014, aveva assunto una badante per aiuto domestico; badante che egli non conosceva, essendo stata trovata dal defunto zio D'A., e avendola vista una sola volta presso casa della zia. La badante, di nome (…) e figlia di una tale (…) di Angri, aveva pattuito il prezzo di euro 600,00 da corrispondere mensilmente in un'unica soluzione, tramite accordo verbale con la zia.

Accorso in data 21.02.2014 dalla zia, essendo stato chiamato dai vicini di casa che la sentivano gridare, aveva saputo dell'aggressione e della sottrazione del denaro.

In sede di controesame, ha dichiarato che la zia aveva avuto anche un'altra badante in passato, rimasta quasi un anno prima di tornare in Ucraina.

Ha escluso di aver ricevuto una telefonata dalla WI.Ma. nella giornata del 21.02.2014 per avvisarlo della sua intenzione di abbandonare il posto di lavoro. Né l'imputata gli aveva mai confidato, nei giorni antecedenti, difficoltà oggettive nel prestare assistenza alla zia. Piuttosto, veniva chiamato da una vicina di casa della vittima, anch'ella deceduta alla data della testimonianza.

Il teste ha inoltre aggiunto di aver trovato la zia in lacrime una volta arrivato presso la sua abitazione; non presentava tuttavia segni di percosse nè riferiva di essere stata picchiata; raccontava invece che la WI. le aveva infilato le mani nel reggiseno per prelevare il denaro contante. Non sapeva se l'indumento fosse stato strappato o meno, né ricordava di averlo visto rotto.

Il Brig. CO.Lu. - escusso all'udienza del 13.04.2023 - ha riferito dell'intervento eseguito alle ore 18:10 del 21.02.2014 presso l'abitazione di BE.An., madre dell'imputata, ove avevano constatato l'assenza di quest'ultima.

3. L'imputata - sottopostasi ad interrogatorio in data 04.05.2017 - ha dichiarato di aver conosciuto GR.An. nel febbraio 2014, per il tramite della madre, avendo inizialmente sostituito quest'ultima nel lavoro di badante, intrapreso il 14.02.2014.

Le condizioni di lavoro prevedevano una permanenza a tempo pieno a casa dell'anziana donna, con vitto e pernottamento per circa dieci giorni. Intorno al 18.02.2014, in occasione di una visita di un parente della GR., tale Sa., la WI. confidava che l'assistita faceva dei racconti strani, ma il parente la esortava a non lasciare il lavoro in attesa che subentrasse la madre.

Analoga confidenza aveva fatto ad una donna inviata dalla parrocchia a casa della GR. per recapitarle l'eucarestia ("Dopo tre o quattro giorni, quindi siamo al 21 febbraio 2014, venne a casa una signora mandata dal parroco del posto, per recapitarle la comunione. In quella circostanza mi confidai anche con la nuova giunta, riferendole le solite cose che avevo già detto al cognato Sa. e quindi anche questa volta accolsi l'invito della donna di portare pazienza"). La visitatrice raccontava tuttavia quanto riferitole dalla WI. alla GR., la quale si sarebbe risentita dopo aver appreso dell'intenzione dell'imputata di andarsene: "Quella stessa mattina la signora con la comunione, prima di andarsene, riferì la mia confidenza all'anziana mentre ero impegnata a preparare il caffè, che poi servii. Quando la donna lasciò l'abitazione, l'anziana si accomodò in una stanza dove si mise a guardare la tv. Io che ero impegnata sistemare la casa, udivo che l'anziana inveiva contro la mia persona motivo per cui mi recai da lei, chiedendo il perché diceva quelle cattiverie. Alla mia domanda, la signora Ca. mi disse che ero come tutte le altre donne che erano state da lei per assisterla, lamentando il fatto che la donna che mi aveva preceduto non osservava alcun giorno di riposo, che lei non condivideva, e non capiva il perché tutte, dopo un breve periodo di assistenza, decidevano di smettere. Nonostante tutto, cercai di tranquillizzarla, volevo evitare che si sentisse male, e quindi cercavo di sminuire la problematica, rassicurandola che non l'avrei lasciata, anche se in cuor mio confidavo di parlare con un nipote in particolare, tale Gi.

Vista l'ora mi adoperai per farla mangiare e quindi preparai il pranzo, avendo cura di seguire ogni suo bisogno, Quando la donna vide il pranzo, si lamentò per quello che avevo preparato, e quindi continuò con il suo modo di affrontarmi con atteggiamento ostile, ed io per evitare che si potesse agitare e quindi degenerasse la situazione, presi il telefono e chiamai il nipote Gi."

L'imputata riusciva a parlare con tale Gi., comunicandogli che nella stessa giornata se ne sarebbe andata; l'uomo le rispondeva che avrebbe riposato un paio d'ore prima di andare dalla zia. Telefonava poi alla madre per chiederle consiglio e aiuto, ma la genitrice era impegnata a lavoro. Decideva allora di raccogliere le sue cose e di attendere l'arrivo del nipote Gi.; la GR., alla vista della borsa contenente i propri effetti, iniziava ad insultarla dandole della ladra, nonché le si avvicinava per spintonarla. Vista l'asserita incontenibilità dell'anziana donna la WI. decideva di andarsene senza aspettare il nipote ("Questi, poiché erano le una e mezza, prese tempo dicendomi che avrebbe riposato un paio d'ore e poi sarebbe venuto dalla zia. Ricordo pure che mentre parlavo con Gi., gli feci presente che in attesa avrei preparato i miei effetti personali perché sarei comunque andata via in quella giornata. Dopo qualche minuto chiamai mia madre per raccontarle l'accaduto e per avere qualche consiglio oltre che un aiuto morale su come comportarmi per far stare la signora Ca. più possibile tranquilla. In cuor mio speravo che mia madre venisse a farmi compagnia in attesa dell'arrivo di Gi.

Purtroppo mia madre non potè raggiungermi perché stava al lavoro. Intanto la signora Ca. stava seduta sul divano nella solita stanza a guardare la tv e urlava senza contenersi. Io mi recai nella mia stanza, che mi fu assegnata e cominciai a prepararmi la borsa. Fatto ciò, la posi davanti alla porta d'ingresso in attesa di Gi.

Quando la signora Ca. vide la borsa cominciò ad insultarmi dicendo a gran voce che ero una ladra e si domandava cosa avessi nascosto tra i miei effetti personali. Poiché la donna era incontenibile decisi di andar via senza aspettare il nipote. Voglio aggiungere che la signora Ca., nell'accusarmi di essere una ladra, veniva avanti con le mani dandomi anche qualche spintone. Presa la decisione, sollevai la borsa e me ne andai per sempre, tirandomi la porta alle mie spalle. Scesi la rampa di scale e mi avvicinai alla mia macchina, che avevo parcheggiato sotto casa. Ancora prima di salire a bordo, notai la signora Ca., che nel frattempo continuava a chiamarmi ladra, mentre si affacciava al balcone e da dove continuò ad urlarmi contro. Salii in macchina e incurante di tutto me ne andai via").

La WI. ha poi ammesso di essere stata contattata dalla madre il 21.02.2014, su richiesta dei (…), e di non essersi recata da loro perché si trovava fuori zona, riservandosi di raggiungere la Stazione non appena avesse fatto ritorno (Domanda:- il giorno 21 febbraio 2014, alla signora BE.An., quindi sua madre, che la contattò telefonicamente, lei avrebbe riferito di trovarsi fuori Angri e che si sarebbe presentata ai carabinieri del posto per fornire la sua versione dei fatti. Può confermare queste dichiarazioni?

Risposta:- mia madre mi chiamò per dirmi che i carabinieri avevano fatto una perquisizione a casa sua e pertanto mi chiese cosa fosse successo. Le risposi che ero sicura di non aver fatto nulla, mi ero preso le mie cose ed ero andata via.

Domanda:- ha più fatto ritorno ad Angri da quel 21 febbraio 2013 ed inoltre si è presentata ai carabinieri di Angri per fornire la sua versione?

Risposta:- ho fatto ritorno ad Angri più volte dopo il 21 febbraio 2014, mia madre abitava ed abita ancora ad Angri dove sono stata per farle visita. Dai carabinieri non mi sono mai presentata. Nessuno mi ha chiamato ne ho ricevuto una convocazione formale).

Infine, alla specifica contestazione dell'addebito, relativo alla sottrazione del denaro dal reggiseno della GR., l'imputata ha negato le accuse, sostenendo di conoscere il luogo di ubicazione delle banconote perché l'aiutava a spogliarsi, durante lo svolgimento delle sue mansioni ("In merito ho da dire che ero a conoscenza del fatto che la signora conservasse i soldi nel reggiseno per il semplice motivo che le facevo il bagno e quindi la spogliavo. Ogni volta la signora mi ripeteva di stare attenta a dove riponessi l'indumento intimo perché vi conservava i soldi. Quindi a maggior ragione è impossibile che le potessi rubare i soldi dal momento che conoscevo il luogo. Se avessi avuto intenzione di rubarglieli non mi sarebbero mancate le occasioni. Il mio unico intento era quello di terminare quel lavoro, che mi era diventato pesante e null'altro. Non ho mai pensato di rubarle i soldi").

4.1. contributi appena riassunti devono essere ora analizzati criticamente, tenendo a mente i criteri che regolano la valutazione delle prove dichiarative, tra cui, in particolare, la duplice declinazione che si impone per le propalazioni della persona offesa che, per circostanze imprevedibili, non abbia potuto essere escussa in dibattimento.

L'acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali della persona offesa - sottratte per eventi sopravvenuti e non prevedibili al contraddittorio processuale - impone un vaglio di attendibilità ancora più stringente, soprattutto nella misura in cui la ricostruzione dei fatti dipende per larga parte dalla fonte di prova unilateralmente assunta.

La giurisprudenza di legittimità propende per un approccio rigoroso alle propalazioni della vittima, anche qualora vengano rese nella dialettica del processo: "le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone" (cfr., expluris, Cass. pen., Sez. 4, sent. n. 1666 del 14.01.2015).

Pertanto, qualora si tratti di dichiarazioni acquisite ai sensi dell'art. 512 c.p.p., oltre ad un maggior vaglio critico della credibilità soggettiva della persona offesa e dell'attendibilità intrinseca del racconto, diviene quanto mai opportuno andare alla ricerca di riscontri esterni, che solidifichino la tenuta del narrato (cfr., expluris, SS.UU. sent. n. 41461 del 24.10.2012; Cass. pen., Sez. 3, sent. n. 4358 del 03.02.2016; Sez. 5, sent. n. 12920 del 24.04.2020).

Ciò in coerenza con il percorso evolutivo della giurisprudenza, che ha portato ad affermare, a determinate condizioni, la sostenibilità di un'affermazione di responsabilità che sia fondata, in modo esclusivo o significativo, su dichiarazioni rese in sede predibattimentale e di impossibile ripetizione in contraddittorio.

Mitigando il rigore della soluzione espressa dalle Sezioni Unite n. 27918/2011 D.Fr., e perorando la causa della predicabilità di un'interpretazione dell'art. 512 c.p.p. conforme all'art. 6C.E.D.U., la Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio secondo cui "le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen. possono costituire, conformemente all'interpretazione espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, Al Khawaja e Tahery c/Regno Unito e 15 dicembre 2015, Schatschaachwili ci Germania, la base determinante dell'accertamento di responsabilità, purchè l'assenza di contraddittorio sia controbilanciata da solide garanzie procedurali, individuabili nella esistenza di elementi di riscontro, che corroborino quei contenuti dichiarativi" (cfr., ex pluris, Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 50994/2019).

In particolare, le due pronunce della Grande Camera della Corte EDU citate hanno ritenuto compatibile con le garanzie convenzionali la condanna fondata su dichiarazioni decisive assunte in via unilaterale, ogni volta che il sacrificio del diritto di difesa (ovvero l'impossibilità di interrogare direttamente il teste fondamentale) sia bilanciato da "adeguate garanzie procedurali". Con tali approdi la Corte europea ha superato il suo precedente orientamento che, invece, aveva ritenuto non compatibile con le garanzie convenzionali le condanne fondate su testimonianze cartolari, in tutti i casi in cui le stesse costituivano l'elemento "decisivo e determinante" della condanna (orientamento che aveva indotto le Sezioni Unite nella sentenza n. 27918/2011 D.Fr. a propendere per un'interpretazione assolutamente restrittiva della fattispecie processuale).

La giurisprudenza nazionale successiva al revirement della Corte EDU ha infine affinato il concetto del bilanciamento con "adeguate garanzie procedurali", individuando queste "nell'accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio delle modalità di raccolta, e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto, tra i quali possono rientrare anche le dichiarazioni dei testi indiretti, che hanno percepito in ambiente extraprocessuale le dichiarazioni accusatorie della fonte primaria, confermandone in dibattimento la portata" (cfr. Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 15492/2020).

Nel caso di specie, il giudizio sull'attendibilità delle affermazioni della persona offesa è sostanzialmente positivo, pur residuando margini d'incertezza sull'esatto sviluppo della dinamica fattuale. Segnatamente, pur nella genuinità di fondo della narrazione si colgono imprecisioni ed enfatizzazioni di alcuni dettagli che rendono meno verosimili determinati frammenti della sequenza delittuosa.

Deve apprezzarsi la spontaneità della denuncia della GR., avvenuta nell'immediatezza dei fatti, e con atteggiamento scosso ed agitato, più che normale per una persona, di oltre ottant'anni, che aveva appena subito un furto nella sua abitazione da parte della sua badante. Il suo racconto trova poi validi riscontri di contesto nelle affermazioni del nipote GR.Em., sia per le modalità attraverso cui questi veniva avvisato, ovvero su chiamata dei vicini che avevano udito le urla della vittima, sia per la coerenza del racconto de relato: GR. riferiva subito l'accaduto al nipote, nonché ai CC intervenuti presso l'abitazione nello stesso pomeriggio del 21.02.2014. La stessa chiamata delle FF.OO. E' elemento che corrobora la veridicità del narrato, apparendo contrario l'id quodplerumque accidit la richiesta di intervento dei militari a fronte di una semplice discussione con l'imputata, come invece tentato di sostenere da quest'ultima.

Dal confronto con quella dell'imputata, la versione della vittima trae ulteriori conferme di attendibilità, risultando molto più logica e coerente.

Preliminarmente, non può non notarsi l'atteggiamento dichiarativo della WI., sottrattasi alle ricerche dei CC nell'immediatezza dei fatti e al contraddittorio dibattimentale, avendo scelto di far acquisire il verbale del suo precedente interrogatorio anziché sottoporsi ad esame. La scelta processuale - espressione dei diritti difensivi - ha fatto sì che l'unico contributo utilizzabile sia il verbale di interrogatorio reso innanzi ai CC della Stazione di Cecina in data 04.05.2017, in cui spiccano contraddizioni interne e propalazioni autoreferenziali (molte evidenti nei passaggi testuali sopra riportati) che l'imputata avrebbe potuto chiarire nel corso del dibattimento. Così non è stato, ed allora i plurimi vizi narrativi rendono la sua versione non attendibile.

Non convince la tesi di una sostituzione momentanea della madre, non essendo stata riferita né dalla GR. né dal nipote; tra l'altro, se davvero si fosse trattato di una sostituzione per soli dieci giorni, sarebbe stata anomala la pattuizione di un compenso di euro 600,00 mensili, raccontata dal GR.Em.

A maggior ragione, una sostituzione di così breve durata, non avrebbe giustificato lo stato di esasperazione che la WI., a suo dire, aveva patito al punto da decidere di lasciare il posto di lavoro in data 21.02.2014.

Non è noto chi fossero le persone con cui si sarebbe confidata dei deliri della GR., tale Sa. e tale donna della parrocchia che la mattina del 21.02.2014, si era recata a consegnare l'eucarestia e, in relazione a quest'ultima, è ancor più strana la decisione di rivelare problemi personali ad una estranea.

Neppure è chiaro perché la WI. avrebbe dovuto chiamare la madre per chiedere come comportarsi con la GR., quando aveva già deciso di andare via.

Appare poi singolare che il tale nipote "Gi.", appresa la notizia del suo abbandono del posto di lavoro, le avrebbe detto che si sarebbe recato dalla zia dopo circa due ore per riposare; nessun Gi. è mai arrivato presso l'abitazione della vittima nella giornata del 21.02.2014, ma solo GR.Em., che l'imputata ha dichiarato di non conoscere, allertato da una chiamata dei vicini di casa. Questi, a loro volta, erano stati richiamati dalle urla della GR., e non certo dagli insulti immotivati rivolti dalla finestra all'indirizzo della WI.; insulti che, in modo singolare, la tacciavano proprio della condotta di reato ascritta, e che per questo l'imputato ha provato a far passare come vaneggiamenti della vittima.

Parimenti non convincente è la tesi secondo cui sarebbe stata la GR., persona di oltre ottant'anni all'epoca dei fatti e bisognosa di assistenza, a spintonarla nel mentre la accusava di essere una ladra.

Vacue sono le spiegazioni alle domande sul perché si fosse resa irreperibile ai CC nella giornata del 21.02.2014, presentandosi a rendere interrogatorio dopo oltre tre anni dai fatti, in data 04.05.2017, e illogica è l'affermazione dell'assurdità dell'ipotesi che avesse rubato del denaro alla GR. perché ne conosceva il luogo di occultamento; è semmai vero il contrario: tanto ha potuto impadronirsi delle banconote perché sapeva che la persona offesa le nascondeva nel reggiseno.

5. Pur accordandosi, per le ragioni esposte, maggior affidabilità alla versione accusatoria, la rievocazione dell'esatta dinamica fattuale risente inevitabilmente dell'impossibilità di approfondire alcuni aspetti, visto il sopravvenuto decesso della persona offesa. Aspetti la cui sommarietà non può essere colmata attingendo ad ulteriori fonti di prova, non essendovi testimoni oculari dell'accaduto, e che può essere superata solo attraverso considerazioni critiche a base esperenziale. Ciò rende irrilevante la mancata richiesta di lettura delle dichiarazioni rese dal teste D'A.Sa., non avanza da alcuna delle parti ex art. 512 c.p.p. nonostante il decesso della fonte, e la mancata individuazione dei vicini che avevano allertato il GR.Em., trattandosi di persone che non hanno assistito alla sequenza predatoria, unico aspetto su cui residuano margini di incertezza.

L'emozione è verosimilmente l'età avanzata - hanno precluso alla vittima di essere precisa nella descrizione di alcuni passaggi dell'azione delittuosa patita, sia nelle premesse che negli sviluppi. Appare riduttivo che l'imputata si sia avvicinata alla GR. profferendole direttamente la frase "DAMMI I SOLDI CHE ME NE DEVO ANDARE?", senza prima accennare a tale intenzione e senza una minima forma di discussione antecedente; è piuttosto probabile che la WI. avesse manifestato in precedenza tale intenzione, poiché mal sopportava il lavoro, e che abbia poi preteso un'immediata liquidazione del compenso, andando oltre il dovuto.

Non si comprende poi perché l'imputata avrebbe dovuto spintonare la persona offesa mentre si trovava seduta sul divano, prima di strapparle il reggiseno, posto che la GR., a suo stesso dire, non aveva avuto il tempo di opporre alcun rifiuto alla richiesta.

Controverso è anche il gesto dello strappo del reggiseno: la violenta asportazione di un indumento, tipicamente legato sopra le spalle e dietro la schiena, avrebbe dovuto lasciare dei segni o sul reggiseno stesso, danneggiandolo, o sulla persona offesa, quanto meno degli arrossamenti, che nè i CC intervenuti sul posto né il nipote GR.Em. hanno notato; quest'ultimo ha anche riferito di non aver visto alcun reggiseno strappato.

Inoltre, il reggiseno è un indumento intimo che si indossa al di sotto di un altro capo d'abbigliamento che avrebbe dovuto essere rimosso per essere completamente strappato, ma di tanto non vi è traccia nelle emergenze istruttorie. Difficile poi ipotizzare che l'anziana vittima indossasse solo il reggiseno al momento della sottrazione del denaro, essendo intenta a guardare la TV e non a vestirsi/svestirsi, e considerato il periodo invernale in cui sono avvenuti i fatti (21.02.2014).

Deve allora ritenersi più verosimile che la WI., dopo aver preteso il pagamento, abbia infilato le mani nel reggiseno che la GR. indossava sotto un altro indumento e che abbia in tal modo asportato il denaro, per poi darsi alla fuga. E tale ricostruzione è coerente con quanto dichiarato dal teste GR. in dibattimento, secondo cui la zia gli aveva raccontato che l'imputata le aveva infilato le mani nel reggiseno per prendere il denaro (cfr. verbale stenotipico del 31.03.2022: "AVVOCATO DIF. CA. - Va bene. Senta, quando quindi è intervenuto sul posto, ha trovato sua zia in che condizioni? Ce le può. TESTE E. GR. - Piangeva; mia zia piangeva. AVVOCATO DIF. CA. - Piangeva. Presentava segni di percosse? Presentava semi di lesioni? TESTE E. GR. - No. no. di questo. AVVOCATO DIF. CA. - Le riferì che era stata malmenata? TESTE E. GR. - No, no, questo no, no. AVVOCATO DIF. CA. - Assolutamente. TESTE E. GR. - Soltanto che diceva che le aveva messo le mani nel reggiseno e aveva preso i soldi. Poi. AVVOCATO DIF. CA. - Eh, arriviamo anche a questo punto! Cioè ricorda se sua zia le disse che le era stato strappato il reggiseno di dosso dalla (…). TESTE E. GR. - Cioè io ricordo che diceva che le aveva messo le mani nel reggiseno e si era presa i soldi. AVVOCATO DIF. CA. - Quindi non che le era stato strappato il reggiseno? TESTE E. GR. - Se l'ha strappato o non strappato non lo so; si era presa i soldi).

Rispetto alla fuga, non vi è prova sufficiente dell'avvenuta segregazione della vittima in casa, non potendosi escludere che la WI. abbia tirato la porta dietro di sé al solo scopo di uscire, senza chiuderla a chiave; il teste GR.Em., nel corso della sua testimonianza, non ha infatti riferito di aver trovato la porta della casa della zia chiusa a chiave al momento del suo arrivo.

6. La dinamica fattuale, così faticosamente ricostruita, conduce ad una riqualificazione ex art. 521 c.p.p. del reato ascritto all'odierna imputata, ravvisandosi gli estremi di un furto con strappo in luogo della contestata rapina.

Nota è la differenza tra le due fattispecie, così come tracciata dalla giurisprudenza di legittimità: "ricorre il delitto di rapina quando la condotta violenta sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche ove la "res" sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo superarne la resistenza e non solo la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra possessore e cosa sottratta, giacchè in tal caso è la violenza stessa - e non lo strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione; si configura, invece, il delitto di furto con strappo quando la violenza sia immediatamente rivolta verso la cosa, seppur possa avere ricadute sulla persona che la detiene" (cfr. Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 16899/2019); "integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la violenza sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, giacchè in tal caso è la violenza stessa - e non lo strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione" (cfr. Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 2553/2015).

Nel caso al vaglio, secondo la versione più verosimile - ed unica sostenibile alla luce delle risultanze istruttorie a disposizione - la WI. non ha dovuto esercitare violenza contro la vittima per impadronirsi del denaro, ma ha sprigionato la sua energia solo contro il reggiseno, tirandolo il tanto che bastava per infilarci le mani ed agguantare le banconote. Il segmento violento non si è diretto contro l'incolumità della persona offesa ma solo avverso la res da sottrarre, e la violenza è stata funzionale solo a superare la stretta coesione intercorrente tra il denaro e il corpo della vittima, vista la tipologia di indumento in cui era nascosto.

Inoltre, l'imputata non ha dovuto superare alcuna resistenza della vittima, visto anche l'effetto sorpresa derivante dalla repentinità dell'azione, e questo avvalora l'idea di una violenza diretta sulla refurtiva e solo indirettamente coinvolgente la GR., la quale infatti non ha riportato alcun pregiudizio fisico. Nè, come già visto, si è raggiunta prova sufficiente di condotte a base violenta o minacciosa successive, come la presunta segregazione in casa della vittima, così da poter valutare l'ipotesi di una rapina impropria; ipotesi che, laddove emersa con certezza probatoria, sarebbe esclusa dal tenore letterale dell'imputazione elevata dal P.M., che fa esclusivo riferimento allo strappo del reggiseno, con conseguente configurabilità di un fatto diverso ex art. 516 c.p.p.

Da qui la necessità ermeneutica di sussumere la condotta della WI. sotto lo schema d'incriminazione del furto con strappo, in luogo della più grave ipotesi accusatoria ex art. 628 c.p.

7. La riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all'art. 624 bis c.p. impone al Tribunale di rilevare l'intervenuta prescrizione del delitto, estintosi il 21.08.2021.

In tale data è spirato il termine di prescrizione massima, pari ad anni 7 e mesi 6, calcolando l'aumento per gli atti interruttivi ex art. 161 c.p. sul termine base, di anni 6, corrispondente al massimo edittale vigente ratione temporis, essendo i fatti antecedenti all'inasprimento sanzionatorio della L. n. 36/2019.

Al termine massimo, scaduto il 21.08.2021, non possono sommarsi i 60 giorni di sospensione del decorso della prescrizione maturati all'udienza del 20.10.2022, quando l'estinzione era ormai avvenuta, ma anche sommando tale periodo il delitto sarebbe comunque prescritto alla data odierna. Dal quadro probatorio esaminato, logicamente, non emergono cause di proscioglimento prevalenti sulla declaratoria di estinzione del reato ascritto ex art. 129 comma 2 c.p., attesa la non rilevabilità di un'evidenza assolutoria, nel senso chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, c.p.p. "soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento"-, cfr. Cass., SS. UU., 15 settembre 2009, n. 35490).

La formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 31 maggio 2013, n. 23680).

Nel presente procedimento, non solo non si ravvisano le condizioni per un'evidenza assolutoria di merito, ma si è raggiunta prova della colpevolezza della WI. per il furto con strappo commesso in danno della GR. il 21.02.2014, e la conseguente affermazione di responsabilità è preclusa solo dal rilievo della prescrizione.

Pertanto, il Tribunale non può che dichiarare di non doversi procedere nei confronti dell'odierna imputata per estinzione del reato a lei ascritto, previamente riqualificato nella fattispecie di cui all'art. 624 bis c.p.; riqualificazione che non esorbita dai poteri di cui all'art. 521 c.p.p., operando in solo diritto, a fronte di una contestazione fattuale immutata.

P.Q.M.
Letti gli artt. 521 - 531 c.p.p.,

DICHIARA

non doversi procedere nei confronti di WI.Ma. in ordine al reato a lei ascritto, riqualificato nella fattispecie di cui all'art. 624 bis c.p., perché estinto per intervenuta prescrizione.

Motivi contestuali.

Così deciso in Nocera Inferiore il 2 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 2 novembre 2023.

Rapina: non sussiste se l'imputato non ha dovuto superare alcuna resistenza della vittima

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