Rapina: si configura anche se la violenza è sopravvenuta purché finalizzata all'impossessamento del bene
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Corte appello Lecce, 03/11/2023, n.1479

Il reato di rapina è configurabile anche in presenza del dolo concomitante o sopravvenuto, dal momento che la volontà di azione violenta del soggetto agente deve agire sulla funzione e efficacia della minaccia o della violenza strumentali rispetto all'impossessamento dei beni, sena che tuttavia sia necessario che preesista sin dall'inizio dell'attività criminosa.

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del 26.1.2023 il GUP del Tribunale di Lecce ha dichiarato MA.Si. colpevole dei delitti di cui agli artt. 110,628 commi 1 e 3 n. 1) c.p. (Capo A) e 81, 110, 582, 585 in relazione all'art. 576 comma 1 n. 1 c.p. (art. 61 n. 2 c.p.) (Capo B) e, con la contestata recidiva, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6) c.p. ed applicata la diminuente di cui all'art. 442 c.p.p., lo ha condannato alla pena di sei anni di reclusione ed Euro 3.000, 00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante la custodia cautelare; il primo giudice ha, inoltre, dichiarato il MA. interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l'espiazione della pena.

Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore del MA., deducendo:

- che non erano utilizzabili le dichiarazioni spontanee rese dall'imputato nell'immediatezza del fatto, in assenza del difensore;

- che il MA. si era recato presso l'esercizio commerciale del Ma. al solo fine di ottenere la restituzione di una somma di danaro che il ridetto MA. aveva erogato in favore del Ma.; solo all'esito del rifiuto di quest'ultimo il MA. gli aveva chiesto di consegnargli le chiavi dell'autovettura; la consegna di tale oggetto era avvenuta senza alcuna minaccia o violenza in danno del Ma.; le lesioni arrecate dal MA. al Ma. si riferivano ad un momento successivo rispetto alla consegna delle chiavi e non erano in alcun modo collegate con la richiesta delle chiavi dell'autovettura; tanto emergeva dalle deposizioni dei testimoni Do.Ma. e Ge.Ni.;

- il fatto contestato al Capo A) doveva, perciò, essere riqualificato nel delitto di furto, rispetto al quale l'imputato deve essere prosciolto perché estinto a seguito di remissione di querela;

- che, in via subordinata, il calcolo della pena da parte del primo giudice era errato; infatti la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6) c.p., riconosciuta all'imputato, avrebbe dovuto essere bilanciata - quantomeno in termini di equivalenza - rispetto alla circostanza aggravante di cui all'art. 628, comma 3) n. 1) c.p. e rispetto alla recidiva; infatti nella fattispecie non poteva trovare applicazione l'ultimo comma dell'art. 628 c.p. non essendo state contestate all'imputato le circostanze aggravanti di cui all'art. 628 di cui ai nn. 3), 3 bis) e 3 ter) della stessa norma;

- che, inoltre, errato era stato il calcolo della pena con riferimento alla recidiva di cui all'art. 99 c.p.; infatti, il cumulo delle pene per cui il MA. aveva subito le precedenti condanne era pari a 3 anni, 8 mesi e 4 giorni di reclusione - come si evince dal provvedimento di cumulo emesso dal P.M. in data 20.6.2022, allegato in atti - con la conseguenza che doveva considerarsi errato l'aumento di quattro anni per la contestata recidiva.

L'appellante ha, quindi, così concluso:

- in via principale riqualificazione del fatto contestato al Capo A) nel delitto di cui all'art. 624 c.p., con conseguente proscioglimento dell' imputato da tale delitto perché estinto per remissione di querela;

- in via subordinata, riconoscersi la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6) c.p. con giudizio di equivalenza rispetto a tutte le circostanze aggravanti contestate;

- in via ulteriormente gradata, ridursi la pena irrogata in relazione all'applicazione della recidiva ed all'aumento disposto ex art. 81 c.p. in relazione al delitto ascritto al Capo B).

All'odierna udienza le parti hanno rassegnato le rispettive conclusioni come da verbale in atti.

La sentenza impugnata deve essere riformata nei termini e limiti di cui si dirà.

1. Non è contestato che in data 17.7.2022 Ma.Da., mentre prestava attività lavorativa all'interno della pizzeria (…), subì una brutale aggressione ad opera dell'odierno imputato e di D.Ma. - riportando le lesioni contestate al Capo B) - all'esito della quale il MA. pretese dalla persona offesa la consegna delle chiavi della sua autovettura di cui si impossessò.

In sede di presentazione della querela il Ma. ha direttamente ricollegato l'aggressione violenta ad opera del MA. e la successiva appropriazione delle chiavi dell'autovettura alla mancata restituzione del suo debito verso l'imputato ("tengo a precisare che in passato ho acquistato dal MA. della marijuana per un ammontare di Euro 150,00, che poi non ho fatto in tempo a pagare per un paio di mesi; dopo lui è stato arrestato; inoltre mi aveva prestato anche la somma di Euro 100,00 che non gli avevo ancora restituito. Infatti durante la furiosa aggressione il MA. mi ha detto che al posto del danaro si sarebbe preso l'auto, come in effetti ha fatto").

Questa versione dei fatti trova conferma nella deposizione di Az.Ad. - collega di lavoro della persona offesa - il quale, accortosi che il Ma. era vittima dell'aggressione ad opera di due soggetti, intervenne a sua difesa e tentò di consentirgli di rifugiarsi in cucina; i due, tuttavia, "hanno forzato la porta e pretendevano le chiavi dell'auto di Da."; il testimone ha, dunque, confermato che l'azione violenta era diretta anche alla sottrazione dell'autovettura.

Anche In.Ot., altro dipendente dell'esercizio commerciale, ricollegava l'aggressione del Ma. ad una questione legata al pagamento di un debito pregresso; riferiva, infatti, uno dei due aggressori "urlava all'indirizzo del Ma. dicendo che questi era in debito con lui per un importo di Euro 3.000,00".

L'appellante ha soffermato la propria attenzione unicamente sulle dichiarazioni dei testimoni Do. e Ge. - altri colleghi di lavoro del Ma. - i quali, tuttavia, hanno descritto le fasi della sottrazione delle chiavi dell'autovettura della persona offesa ad opera dei due individui, senza tuttavia riferire alcunché in ordine alle ragioni sottostanti la brutale aggressione che sfociava, poi, nell'impossessamento dell'autovettura del Ma.; è, tuttavia, ben possibile che i due testimoni non abbiano assistito alla prima fase dell'aggressione, nella quale il MA. invocava nei confronti del Ma. la restituzione del prestito.

2. Fermo restando la credibile ricostruzione dell'episodio secondo il racconto del Ma., ulteriore elemento di riscontro a tale ricostruzione è rappresentato dalle ammissioni spontanee rese dall'imputato ai Carabinieri che si erano posti alla ricerca dell'autovettura sottratta e riportate nell'annotazione del 17.7.2022 ("il MA., avvicinatosi agli scriventi raccontava quanto accaduto e cioè di essersi recato ad un bar di Otranto in guanto doveva recuperare 1'importo di 3.000,00 Euro prestato a Ma. Davide circa un anno addietro; di li nasceva una colluttazione ed il MA. per rabbia si impossessava dell' autovettura del Ma. per poi abbandonarla in una via di S.").

Sul punto il Collegio si riporta alla giurisprudenza della Suprema Corte che, con orientamento invero non consolidato, ha più volte affermato che sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso - in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui all'art. 64 cod. proc. pen. - alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che la medesima abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (Cass. n. 2262 del 31.5.2022; Cass. n. 15798 del 30.4.2020; Cass. n. 15197 dell'8.1.2019; Cass. n. 45582 del 28.10.2021, La Corte ed altro; Cass. n. 36842, del 14.4.2021, Pizziconi; Cass. n. 28975, del 22.4.2021; Cass. n. 16382, del 18.3.2021, Canino; Cass. n. 47580 del 23.9.2016; Cass. n. 13917 del 16.2.2017).

Nel caso di specie, dalla lettura dell'annotazione di servizio dei Carabinieri con data 17.7.2022 emerge in termini chiari come, una volta che i militari avevano intercettato un'autovettura con a bordo D.Ma., ossia il soggetto che aveva accompagnato il MA. nell'aggressione al Ma., era stato il predetto MA. ad avvicinarsi ai militari e ad esporre la sua versione su quanto accaduto.

3. Corretta è la qualificazione giuridica del fatto operata dal P.M. e confermata dal primo giudice.

La difesa ha enfatizzato la circostanza che l'imputato strappò le chiavi dell'autovettura del Ma. con un'azione probabilmente non originariamente programmata, ma solo a seguito di un'azione violenza scaturita dalla pretesa di restituzione della somma prestata.

Tale circostanza, tuttavia, non esclude la sussistenza nella fattispecie del delitto di rapina, configurabile anche in presenza del cosiddetto dolo concomitante o sopravvenuto, in quanto la coscienza e volontà del soggetto attivo, dovendo cadere sulla funzione e sulla efficacia della minaccia o della violenza, strumentali rispetto all'impossessamento, non devono necessariamente preesistere all'inizio dell'attività integratrice dal reato, ma possono insorgere anche in un secondo momento (Cass. n. 9049 del 2.2.2023; Cass. n. 3116 del 12.1.2016, Pa.; Cass. n. 4667 del 9.10.1987, De.; Cass. n. 10097 del 9.1.1974, Ac.).

4. Sono fondati i motivi relativi alla erroneità del calcolo della pena irrogata all'imputato.

Il GUP, infatti, pur riconoscendo all'imputato la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6) c.p., senza che ricorressero le condizioni richieste dall'ultimo comma dell'art. 628 c.p., non ha effettuato il bilanciamento con le due circostanze aggravanti contestate (quella di cui all'art. 628 comma 3 n. 1) (le più persone riunite) e la recidiva, bensì ha dapprima operato l'aumento di due terzi per la recidiva sulla p.b. fissata in anni sei di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa in relazione al delitto di rapina, per poi operare la riduzione di un terzo per la circostanza attenuante (con determinazione della pena in anni otto di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa) e su tale pena operare l'aumento ex art. 81 cpv. c.p. ad anni nove di reclusione ed Euro 4.500,00 di multa; a seguito della diminuente del rito, la pena finale è stata determinata in anni sei di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa.

Deve, conseguentemente, procedersi ad una rideterminazione della pena da irrogare all'imputato che, per effetto del giudizio di equivalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6) c.p. con tutte le circostanze aggravanti contestate - come richiesto dall'appellante - nonché valutati tutti i criteri stabiliti dall'art. 133 c.p., si stima equo determinare nei seguenti termini:

- p.b. - determinata con riferimento al delitto di cui all'art. 628 c.p. - anni cinque di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa;

- aumentata ex art. 81 c.p. ad anni cinque mesi tre di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa;

- ridotta ad anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per la diminuente del rito.

Conseguentemente l'interdizione perpetua dai pubblici uffici deve essere sostituita con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e deve essere eliminata la pena accessoria dell'interdizione legale.

Entro tali limiti la sentenza impugnata deve essere riformata, meritando per il resto conferma.

P.Q.M.
La Corte di Appello di Lecce, Sezione Unica Penale;

letto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Lecce in data 26.1.2023 appellata da MA.Si., valutata la già riconosciuta circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. equivalente alle circostanze aggravanti contestate, ridetermina la pena in anni tre, mesi sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, già applicata la diminuente del rito.

Sostituisce l'interdizione perpetua dai pubblici uffici con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ed elimina l'interdizione legale.

Conferma nel resto l'impugnata sentenza e fissa il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.

Così deciso in Lecce il 20 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2023.

Rapina: si configura anche se la violenza è sopravvenuta purché finalizzata all'impossessamento del bene

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