Rapina impropria: è tentata quando l'imputato non riuscendo a sottrarre i beni utilizzi la violenza per tentare la fuga
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Tribunale Genova sez. I, 14/09/2023, n.3375

La rapina impropria resta nella forma tentata quando la condotta dell'imputato si sia contraddistinta per aver posto in essere atti idonei alla sottrazione di beni della persona offesa, non riuscendoci per motivi indipendenti dalla sua volontà, abbia attuato violenza nei confronti della p.o. al fine di garantirsi la fuga.

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
A seguito di arresto in flagranza di reato avvenuto il 12.08.2023, SU.MI. era condotto davanti a questo Giudice; l'arresto era convalidato ed era applicata la misura della custodia in carcere.

In data odierna la Difesa, munita di idonea procura speciale, chiedeva procedersi con il rito abbreviato. Dopo breve discussione, le parti rassegnavano le conclusioni di cui al verbale. Alla luce delle prove acquisite, i fatti possono essere così riassunti:

alle ore 1:30 circa del 12.8.2023, l'imputato - senza fissa dimora e con evidenti problemi personali - entrava nel portone di un condominio sito in Sestri Levante, via antica romana occidentale;
saliva al primo piano e cercava di aprire la porta di un appartamento nel quale dormivano quattro minorenni; i genitori dei predetti, che stavano terminando di cenare al piano terra, sentivano le urla dei figli che - accortisi che qualcuno stava cercando di entrare nell'appartamento - chiamavano a gran voce i genitori;
mentre l'imputato usciva in fretta dal condominio senza essere riuscito nell'intento di entrare nell'alloggio per la imprevista reazione degli occupanti, tale Ag.Al., padre di uno dei minori, usciva in strada e vedeva l'imputato che si stava allontanando; lo avvicinava e gli chiedeva cosa stesse facendo nella loro proprietà;
per tutta risposta, Su. lo insultava e poi, dopo averlo spinto, lo colpiva con un pugno al volto per poi rimanere nei pressi continuando ad insultare tutti i presenti, nel frattempo intervenuti;
la moglie di Ag. chiamava dunque le FFOO che, intervenute prontamente, erano anch'esse aggredite dall'imputato; in particolare Su. colpiva al volto con un altro pugno il capo pattuglia e poi usava altra violenza verso i militari, infine costretti ad utilizzare lo spray urticante visto lo stato di agitazione perdurante.
Vi è poi da notare che l'imputato non è stato in grado neppure di fornire generalità valide ed in sede di convalida ha affermato di aver dichiarato il falso in ordine al proprio nome e cognome; in particolare ha affermato di chiamarsi Ja.Mu. e di aver scelto Su.Mi. perché "mi piace quel nome".

Non sono presenti tuttavia elementi in forza dei quali dubitare della capacità di intendere e volere del prevenuto ed anche dall'istituto di detenzione non sono giunte indicazioni in tal senso.

Del resto, sempre in sede di convalida, l'imputato ha rilasciato dichiarazioni orientate nello spazio e nel tempo, sebbene del tutto inverosimili: egli ha infatti affermato che non era sua intenzione rubare alcunché e che stava semplicemente cercando una bottiglietta d'acqua. Dichiarazioni, come osservato, non credibili nella misura in cui l'imputato è entrato in un palazzo ad uso civile abitazione ed ha tentato di forzare una porta per introdursi all'interno di un appartamento; se l'intenzione fosse stata davvero quella di cercare acqua, avrebbe potuto tranquillamente recarsi presso una fontanella (presenti sul territorio comunale) o chiedere a passanti o ancora a chi abitava al piano terra (i genitori dei ragazzi). Pacifica essendo dunque la dinamica dei fatti, l'elemento soggettivo che ha mosso l'imputato ed anche l'esistenza delle lesioni (descritte dalle persone offese ed accertate dai verbali di PS), si deve osservare che nel caso in esame sussiste il delitto di tentata rapina impropria.

La difesa ha contestato tale qualificazione, affermando che nel caso in esame l'imputato non ha neppure raggiunto la soglia della sottrazione di beni e che dunque non sussiste il presupposto per ritenere applicabile il secondo comma dell'art. 628 c.p.

La norma, tuttavia, deve essere letta in combinato disposto con l'art. 56 c.p. e, dunque, non richiede affatto che il reo ottenga il possesso nè che sottragga il bene mobile altrui: è semplicemente necessario che sussistano atti idonei rivolti all'impossessamento, seguiti poi da violenza o minaccia per ottenere la fuga o l'impunità.

Si veda in tale senso, tra le tante, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 35134 del 25/03/2022: "E' configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l'impunità" che richiama in motivazione la nota Sez. U, Sentenza n. 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153-01.

Sussiste pertanto responsabilità per tutti i reati ascritti che debbono essere evidentemente unificati sotto il vincolo della continuazione. Più grave è il reato di tentata rapina.

Per quanto attiene alla pena da comminare, si osserva innanzitutto che il prevenuto è gravato, con l'alias, da un precedente di condanna recente e che la recidiva è correttamente contestata.

E' possibile concedere le attenuanti generiche tenuto conto della situazione di notevole difficoltà nella quale si trova l'imputato, della pena edittale notevolmente elevata per un fatto connotato da scarsa rilevanza sotto il profilo economico e dannoso. Tali attenuanti sono da valutare in equivalenza con la recidiva contestata.

Valutati gli elementi di cui all'art. 133 c.p., ed in particolare il dolo che ha mosso il prevenuto, la condotta tenuta, di minimo impatto lesivo, la situazione complessiva del prevenuto, si reputa equa la pena, negli stretti minimi edittali, di:

minimo pena per la rapina consumata: 5 anni (mesi 60) di reclusione ed euro 1.200 di multa;
riduzione per il tentativo non nella massima estensione tenuto conto della condotta: mesi 30 di reclusione ed euro 600,00 di multa;
aumento per la continuazione con gli altri due reati di tre mesi ciascuno (aggressione violenta al padre dei ragazzi nonché alle FFOO con pugni al volto): mesi 36 di reclusione ed euro 600,00 di multa;
riduzione di un terzo per il rito: mesi 24 (anni due) di reclusione ed euro 400,00 di multa.
Alla declaratoria di penale responsabilità consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e di legge.

Non sussistono le condizioni per la concessione dei benefici: né la sospensione condizionale della pena (in ragione della condotta tenuta anche dopo i fatti per i quali si procede e comunque della totale assenza di elementi in forza dei quali poter presumere che il soggetto si asterrà in futuro dal commettere ulteriori delitti) né la conversione in pene sostitutive (a prescindere dall'assenza dell'imputato in aula al momento della lettura del dispositivo ed anche dalla mancanza di idonea procura speciale in capo al difensore, si osserva come siano evidenti nel caso in esame gli elementi negativi di cui all'art. 58 comma 1 della l. 689/81 come recentemente riformata).

Il dispositivo viene integrato con l'inserimento del CUI (non indicato nel capo di imputazione) essendo emerso in sede di convalida che l'imputato ha mentito sul nominativo fornito alle FFOO. Gli atti sono stati già trasmessi in Procura (e comunque al momento della dichiarazione era evidentemente presente in aula il VPO) per la relativa notizia di reato.

P.Q.M.
Visti gli artt. 438 - 533 - 535 c.p.p. dichiara SU.MI., (...), responsabile dei reati a lui ascritti unificati sotto il vincolo della continuazione e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, applicata la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di due anni di reclusione ed euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Genova il 13 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 14 settembre 2023.

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