Rapina impropria: la violenza segue sempre alla sottrazione del bene
top of page

Tribunale Genova sez. II, 13/09/2023, n.3359

Nella rapina impropria interviene un'inversione delle condotte, la sottrazione, infatti, precede la condotta violenta o minatoria, finalizzata ad assicurare la fuga con la relativa impunità e/o il possesso del bene sottratto alla persona offesa.

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
A seguito di arresto in flagranza, operato in data 05.08.2023, FO.Ca. era condotto con rito direttissimo davanti al Giudice per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio. L'arresto era convalidato, era applicata la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ed era concesso termine a difesa.

All'udienza del 12.09.2023 il Difensore, munito di procura speciale, chiedeva la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato; le parti procedevano, quindi, alla discussione ed all'esito era data lettura del dispositivo.

Quanto agli avvisi di cui all'art. 545 bis c.p.p., si dava atto dell'assenza dell'imputato, né il Difensore disponeva di apposita procura speciale per richiedere la sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui agli artt. 53 e ss. legge 689/1981; seguiva, pertanto, la conferma del dispositivo.

Dall'esame degli atti ed in particolare dal verbale di arresto risulta che, verso le ore 18:30 del 05.08.2023, la Centrale Operativa della Questura di Genova inviava una volante presso il supermercato Esselunga di Genova San Benigno, in seguito alla richiesta di intervento da parte del personale dipendente.

Gli Agenti prendevano contatti con l'addetto alla sicurezza Pa.Bo. ed identificavano FO.Ca. che era stato bloccato dal personale del supermercato. In particolare, Pa.Bo. dichiarava di aver notato, verso le ore 18:10, attraverso le telecamere di video sorveglianza, l'odierno imputato nell'atto di prelevare dagli scaffali del reparto alcolici delle bottiglie di grappa, occultarle all'interno di una borsa, dirigersi verso le casse, prelevare dagli scaffali alcune barrette e superare, infine, la barriera delle casse senza corrispondere il prezzo della merce.

Pa. raggiungeva, quindi, l'imputato nei pressi degli ascensori posti all'uscita del supermercato e si faceva seguire nel gabbiotto dove procedere al controllo antitaccheggio. Tuttavia, non appena avvisato del fatto che sarebbe stato richiesto l'intervento delle Forze dell'Ordine, l'imputato consegnava la merce prelevata ed andava in escandescenza, spingendo varie volte l'addetto alla sicurezza al fine di guadagnare la fuga.

Era così necessario l'intervento di altri dipendenti in ausilio del Pala per contenere l'imputato sino all'arrivo delle Forze dell'Ordine che lo traevano in arresto.

La merce, del valore complessivo di euro 120,61 era, infine, riconsegnata al supermercato, ad eccezione di due barrette che non erano rinvenute.

Nel corso dell'esame all'udienza di convalida del 07.08.2023, l'imputato si avvaleva della facoltà di non rispondere.

Tali elementi complessivamente valutati permettono di ritenere accertata la penale responsabilità dell'imputato per il reato di tentata rapina impropria.

Si osserva, al riguardo, che nella rapina impropria si è in presenza di una inversione dei fatti: è la "sottrazione" che precede la violenza o la minaccia, finalizzate ad assicurare "il possesso" o a procurare "l'impunità" (rapina impropria).

Il tentativo, nella rapina impropria, può dunque riguardare questo secondo segmento comportamentale (la violenza o la minaccia come sopra finalizzate), preceduta dalla sottrazione; oppure può riguardare il primo segmento (la sottrazione), ferma restando la commissione del secondo segmento.

Sia la dottrina che la giurisprudenza della Suprema Corte si sono espresse con varie modalità, non sempre conformi, sulla configurabilità del tentativo di rapina impropria, soprattutto con riferimento al primo dei due casi sopra indicati (quando cioè alla sottrazione segue la violenza o la minaccia non idonee a raggiungere lo scopo di assicurare il possesso o di ottenere la fuga).

Ed è appena il caso di ricordare che la più attenta e seguita giurisprudenza sul punto reputa consumata la rapina impropria allorché il soggetto agente ha conseguito non già il "possesso" del bene, ma la semplice "sottrazione.

Infatti, è lo stesso articolo 628 c.p. che - a differenza dell'art. 624 c.p. - richiede che il soggetto agente abbia realizzato una semplice "sottrazione senza che sia necessario il conseguimento del "possesso".

Ne consegue che in realtà non è necessaria l'avvenuta commissione di un "furto" poiché la norma non richiede affatto che tale delitto si sia perfezionato, essendo sufficiente una mera sottrazione.

Ad essa segue un secondo segmento comportamentale e cioè un'azione, violenta o minatoria, che sia realizzata "al fine" di ottenere il possesso del bene sottratto oppure "al fine" di procurarsi l'impunità, cioè al fine di fuggire.

Con riferimento, dunque, a tale seconda fase, si osserva che la norma non indica affatto che il soggetto agente riesca nell'intento che si è prefissato (ottenere il possesso o l'impunità), richiedendo unicamente che abbia agito a tale scopo.

Così inquadrata la norma - e davvero non si vede come sia possibile fornire una interpretazione diversa al senso delle parole utilizzate dall'art. 628,2 comma c.p. - si sarebbe in presenza di una rapina impropria consumata nella quasi totalità delle contestazioni. Considerata, dunque, l'estrema severità della sanzione penale, soprattutto nelle ipotesi di sottrazione di beni di tenue valore e conseguenti ad azioni aventi una portata lesiva davvero minima, si assiste ad una continua rielaborazione dei concetti sopra esposti, per giungere ad affermare che: delitto di rapina impropria è consumato quando l'avente diritto ha perduto il proprio controllo sulla cosa, e non è più in grado di recuperare la stessa autonomamente e l'agente, immediatamente dopo la sottrazione, adopera la violenza o la minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso del bene sottratto o per procurare, a sé o ad altri l'impunità; è, invece, tentato quando l'avente diritto mantiene costantemente il controllo sulla "res" in modo da essere in grado di riprenderla autonomamente con sé e l'agente, immediatamente dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a realizzare la sottrazione, adopera violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l'impunità" (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 46412 del 16.10.2014, fattispecie in cui la Corte ha qualificato in termini di rapina impropria tentata e non consumata, la condotta dell'imputato che, dopo aver prelevato merce dagli scaffali di un supermercato e rimosso le placche antitaccheggio, era stato sorpreso dal personale di vigilanza prima di varcare la barriera delle casse, ed aveva consegnato allo stesso i beni appresi, per poi darsi alla fuga ed usare violenza nei confronti degli inseguitori una volta raggiunto, al fine di non essere identificato).

11 percorso argomentativo è assai chiaro, anche se desta alcune perplessità la qualificazione del primo segmento della condotta come "tentato", posto che in realtà il prelevamento della merce configura già una "sottrazione", alla quale ha fatto seguito la violenza, come sopra finalizzata. Si giunge, dunque, a configurare il delitto di tentata rapina impropria agendo non sul secondo segmento comportamentale, bensì direttamente sul primo ed introducendo il "tentativo di sottrazione " che rende tentato il delitto in esame.

Infatti, il "controllo sulla res" da parte del dominus comporta - come affermato dalle SS.UU. Sez. n. 52117 del 17.07.2014, che non è possibile ritenere configurato lo spossessamento; non già che non si sia verificata una sottrazione.

In ogni caso l'orientamento della Suprema Corte al riguardo è ormai granitico, essendosi consolidato con decisioni del tutto uniformi sul punto.

Ciò che, tuttavia, rileva ai fini che interessano è che il delitto di rapina impropria può certamente presentarsi in forma tentata allorché il primo segmento descritto dalla norma (la "sottrazione") si sia arrestato alla soglia del tentativo.

Del resto sul punto è intervenuta in modo esplicito la Cass. SS.UU. che, con la sentenza n. 34952 del 19.04.2012, ha chiaramente affermato che: "è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l'impunità".

L'unico elemento di criticità nella rapina impropria tentata, allorché non sussista una vera e propria sottrazione ma unicamente un tentativo di sottrazione, è la descrizione del fatto violento o minatorio posto in essere "immediatamente dopo".

La spiegazione di tale descrizione è data dalla Suprema Corte: "il legislatore, con l'espressione "immediatamente dopo" intendeva stabilire il nesso temporale che deve intercorrere tra i segmenti dell'azione criminosa complessa, ma non anche definire le caratteristiche, consumate o tentate, di tali segmenti. In altri termini, nella formulazione della norma svolge un ruolo centrale la necessità di un collegamento logico-temporale tra le condotte di aggressione al patrimonio e di aggressione alla persona, attraverso una successione di immediatezza. E necessario e sufficiente che tra le due diverse attività concernenti il patrimonio e la persona intercorra un arco temporale tale da non interrompere il nesso di contestualità dell'azione complessiva posta in essere. Questo è il punto centrale e il solo indefettibile della norma incriminatrice del comma secondo dell'art. 628 cod. pen. che giustifica l'equiparazione del trattamento sanzionatorio tra la rapina propria e quella impropria, indipendentemente dall'essere quelle stesse condotte consumate o solo tentate. Del resto, lo stesso dato testuale suggerisce, ponendo in alternativa la finalità di assicurarsi il possesso e quella di procurarsi l'impunità, che quest'ultima finalità può sussistere anche senza previa sottrazione". Nel caso in esame risulta che, non appena sorpreso dall'addetto alla sicurezza, l'imputato abbia riconsegnato la merce salvo cercare di garantirsi l'impunità, provando a darsi alla fuga e spingendo con tale finalità l'addetto alla sicurezza.

Con tali precisazioni, quindi, la condotta dell'imputato può essere configurata, così come oggetto di contestazione, quale rapina impropria solo tentata e non consumata. Passando al trattamento sanzionatorio, si ritiene che all'imputato non possano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche.

Se è vero, infatti, che FO. risulta incensurato, è necessario sottolineare che l'imputato non ha dimostrato alcuna resipiscenza per le condotte realizzate ed è gravato da precedenti di polizia anche recenti.

Risulta anche una recente segnalazione dell'08.09.2023 circa la non ottemperanza alla misura cautelare applicata dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, essendosi di fatto reso irreperibile.

Dagli atti si evince altresì che in data 09.08.2023 (e dunque pochi giorni dopo i fatti del 05.08.2023) l'imputato sia stato denunciato per il reato furto in un esercizio commerciale ed in data 06.09.2023 per il reato di porto abusivo di armi ed oggetti atti ad offendere. L'imputato non ha, inoltre, realizzato alcuna condotta risarcitoria o riparatoria del reato, mostrando di non avere pienamente compreso il disvalore della condotta realizzata, non potendo dunque beneficiare del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Si osserva altresì che non ricorre nella fattispecie in esame nemmeno l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. dal momento che il valore della merce non era esiguo (pari ad euro 120,61), né si trattava di beni di prima necessità e sostentamento, essendo per lo più bottiglie di superalcolici. Pertanto, esaminati gli elementi di cui all'art. 133 c.p. ed in particolare le complessive modalità della condotta, l'intensità del dolo, il grado del tentativo, il valore della merce di cui intendeva impossessarsi e la natura della violenza realizzata, consistita in alcune spinte, si stima equo partire dal minimo edittale ed effettuare un'ampia riduzione per il tentativo, determinando la pena in:

cinque anni di reclusione ed euro 1.500,00 di multa per la rapina consumata;

ridotta per la fattispecie tentata alla pena di un anno e nove mesi di reclusione ed euro 900,00 di multa;

ridotta per il rito alla pena finale di un anno e due mesi di reclusione ed euro 600,00 di multa; All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di legge.

Difettano i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena dal momento che l'imputato, pur incensurato, risulta gravato da recenti precedenti di polizia (tentato furto in data 22.05.2023, furto aggravato in data 06.07.2023) ed è stato denunciato anche successivamente ai fatti del 05.08.2023 e precisamente in data 09.08.2023 per furto ed in data 06.09.2023 per porto abusivo di armi/oggetti atti ad offendere. FO., inoltre, non ha fissa dimora, non svolge attività lavorativa, non risulta avere fonti lecite di reddito, non ha dato corretta esecuzione alla misura cautelare applicata nel presente procedimento.

Si osserva, altresì, che la Difesa non ha allegato alcun concreto elemento sulla cui base poter formulare una prognosi positiva circa la futura astensione dell'imputato da ulteriori condotte delittuose.

Infine, non è stata effettata richiesta di sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui agli artt. 53 e ss. della legge 689/1981.

P.Q.M.
Visti gli arti. 438, 533 e 535 c.p.p.,

Dichiara FO.Ca. responsabile del reato tentato a lui ascritto ed operata la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di un anno e due mesi di reclusione e euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di legge.

Così deciso in Genova il 12 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2023.

Rapina impropria: la violenza segue sempre alla sottrazione del bene

bottom of page