Responsabilità dell'utente della strada: Affidamento sulle norme e prevedibilità dei rischi
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Cassazione penale sez. IV, 20/03/2024, (ud. 20/03/2024, dep. 25/03/2024), n.12180

Il principio di diritto elaborato dalla Corte di Cassazione in questa sentenza riguarda la responsabilità dell'utente della strada nell'osservanza delle norme di prudenza e sicurezza, nonostante eventuali comportamenti imprudenti di altri utenti.
In particolare, l'utente della strada può fare affidamento sull'osservanza delle norme da parte degli altri, ma è comunque responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità.
Questo principio è temperato dall'obbligo dell'utente di adottare comportamenti adeguati alla situazione e di prevedere potenziali rischi, anche in presenza di violazioni da parte di altri.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Vibo Valenzia aveva condannato De.An. per omicidio aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale ai danni dell'automobilista Pe.Fr. L'incidente è avvenuto su un tratto rettilineo di un strada a carreggiata unica e a due corsie con linea continua di mezzeria e numerose intersezioni e si è contestato all'imputato, oltre alla colpa generica, di non avere conformato la propria velocità, comunque ritenuta dai giudici prossima al limite di 90 Km/h, alle condizioni della strada stanti le numerose intersezioni e di non avere, inoltre, tenuto la distanza di sicurezza rispetto al veicolo della vittima, cosicché, nell'occorso, non egli non si era avveduto della manovra di svolta, neppure consentita, intrapresa dalla vittima per accedere a una strada interpoderale, e tamponava l'auto del Pe.Fr., provocandone il ribaltamento, che ne cagionava il decesso (in data 1.11.2013).

2. I giudici d'appello, a fronte del gravame con il quale era stata contestata detta ricostruzione e ritenuta l'insussistenza di profili di colpa in capo all'imputato, hanno ritenuto pacifico che, nell'occorso, la consulenza disposta dal PM avesse restituito una ricostruzione certa della dinamica, consentendo di ritenere accertato che l'agente aveva sì rispettato i limiti di velocità previsti, ma non aveva rispettato la regola generica che impone la massima prudenza in determinate circostanze, nella specie rappresentate dalla presenza di numerose intersezioni, nonché quella che imponeva il rispetto delle distanze. Nella specie, era emerso che il De.An. non era riuscito a frenare tempestivamente, tanto da aver dovuto azionare anche il freno a mano e il suo mezzo aveva lasciato tracce miste di frenata e "scarrocciamento". Nonostante il riconosciuto concorso colposo della vittima che aveva effettuato una manovra repentina ed azzardata, la Corte ha ritenuto che la violazione delle regole cautelari contestata all'imputato fosse in diretta correlazione con l'evento e che la loro osservanza era esigibile, avuto riguardo alle condizioni della strada e alla piena visibilità goduta dall'imputato.

Inoltre, ha ritenuto che la condotta di guida della vittima, pur non consentita, non costituiva evento imprevedibile alla stregua dei principi di matrice giurisprudenziale sulla operatività del principio dell'affidamento in subiecta materia, riverberando comunque effetti sul trattamento sanzionatorio.

3. Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso la difesa, formulando due motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione quanto alla valutazione delle censure formulate con il gravame, riguardo a specifiche circostanze fattuali che, nella prospettiva difensiva, avrebbero rilevanza decisiva per escludere ogni profilo di colpa in capo al De.An. Si tratta dell'assenza di tracce di frenata, tema rispetto al quale la difesa ha opposto che, nella specie, sarebbero state rilevate solo tracce di scarrocciamento, la repentinità della manovra della vittima avendo impedito all'imputato di frenare, consentendogli solo di tentare una sterzata per evitare l'impatto; della presenza di una anomalia al sistema frenante che lo stesso deducente definisce "presunta"; infine, del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della vittima.

Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato che ha ritenuto contraddetta dalle risultanze in atti, alla stregua delle quali l'imputato non avrebbe avuto alcuna concreta possibilità di evitare l'evento, ancora una volta richiamando il mancato allacciamento delle cinture da parte della persona offesa e la repentinità della manovra di questa, nonché la conformità della velocità impressa al mezzo condotto dall'imputato e la presunta anomalia del suo sistema frenante.

4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Kate TASSONE, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. La difesa della parte civile Co.Ba. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, in subordine diritti della parte civile e condanna alle spese, allegando notula.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi.

La motivazione è esente da vizi denunciabili in questa sede, poiché ancorata a evidenze fattuali regolarmente acquisite al processo e debitamente illustrate in sentenza, tra le quali gli esiti della consulenza disposta dal PM sulla dinamica del sinistro. I giudici del gravame hanno esaminato le doglianze veicolate con l'atto d'appello, disattendendole complessivamente con argomenti congrui, non contraddittori e neppure manifestamente illogici. Infatti, i giudici del doppio grado hanno valutato le prove nei medesimi termini, attribuendo un concorso di colpa tra i due conducenti, addebitando all'imputato due violazioni materialmente e giuridicamente ricollegabili all'evento, sia in quanto dalle stesse è conseguito un tamponamento di tale forza da far ribaltare il mezzo sul quale viaggiava la vittima, ma anche perché le violazioni addebitate erano intese a scongiurare proprio il tamponamento tra mezzi procedenti nella stessa direzione di marcia e a mantenere il controllo del proprio mezzo lungo un rettilineo inframmezzato da plurime intersezioni, lungo il quale del tutto prevedibili erano eventuali, pur vietate, manovre di svolta.

In ogni caso, la difesa ha attaccato aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere valutati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, avendo la difesa sollecitato una rivalutazione del risultato probatorio, inammissibile in questa sede. Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello, altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv.280601-01; sez. 3, n. 18521 del 11/1/2018, Ferri, Rv. 273217-01), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).

Sotto altro aspetto, la difesa ha introdotto elementi del tutto ipotetici (presunto malfunzionamento del sistema frenante), asserendone la mancata valutazione da parte dei giudici del merito, omettendo di considerare, quanto alla condotta di guida della vittima (manovra vietata e mancato allacciamento delle cinture), che la stessa era stata debitamente valutata in termini di concorso di colpa nella causazione del sinistro, le violazioni addebitate al De.An. non avevndo costituito mera occasione della prima, ma vere e proprie cause concorrenti nella produzione dell'incidente. Sotto tale profilo, peraltro, le censure difensive sono anche aspecifiche, non avendo la difesa allegato la rilevanza, in termini di esclusione del nesso causale, del mancato utilizzo del presidio di sicurezza da parte della vittima, in relazione al tipo di sinistro (un tamponamento che aveva determinato il ribaltamento della vettura condotta dal Pe.Fr.).

Quanto, poi, alla prevedibilità dell'altrui condotta, va ribadito che l'utente della strada [che riveste una posizione di garanzia rispetto agli altri utenti e ai terzi, delineata dal coacervo delle regole contenute nel codice strada (sul punto specifico, sez. 4, n. 14145 del 20/2/2015, Gennari, Rv. 263143; n. 44811 del 3/10/2014, Salvadori, Rv. 260643)] può fare effettivamente affidamento sull'altrui osservanza delle norme cautelari, ma tale principio trova in materia un opportuno temperamento in quello, per il quale egli è comunque responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (sez. 4, n. 27513 del 10/5/2017, Mulas, Rv. 269997, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo e in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale; n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, P.M. in proc. Saporito, Rv. 259277; n. 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981; n. 12260 del 9/1/2015, Moccia e altro, Rv. 263010). Nella specie detta prevedibilità è stata saldamente ancorata a dati fattuali precisi (andamento rettilineo della sede stradale, perfetta visibilità e presenza di plurime intersezioni), tali da neutralizzare la circostanza che la manovra approntata dalla vittima era essa stessa vietata.

4. Alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000), ma non anche quella alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, non avendo la memoria depositata nel suo interesse, a causa della genericità, fornito alcun contributo alla dialettica processuale (Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, De Benedictis, Rv. 222264; Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Bacchettino, in motivazione).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese in favore della parte civile Co.Ba.

Deciso in Roma, il 20 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2024.

Responsabilità dell'utente della strada: Affidamento sulle norme e prevedibilità dei rischi

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