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Stalking: sulla procedibilità d'ufficio

Stalking

Cassazione penale sez. V, 08/10/2015, n.11409

È procedibile d'ufficio ai sensi dell'art. 612 bis, ultimo comma, cod. pen., il reato di atti persecutori connesso con il delitto di lesioni, anche nel caso in cui la procedibilità d'ufficio di quest'ultimo sia determinata dall'aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen. per essere stato commesso il fatto da parte dell'autore del reato di atti persecutori nei confronti della medesima persona offesa.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Il difensore di C.A. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei confronti del suo assistito, in data 25/03/2014, dal Tribunale di Verona; l'imputato risulta essere stato condannato a pena ritenuta di giustizia per i delitti di cui agli artt. 612-bis e 582 cod. pen., in ipotesi commessi in danno di F.M., con la quale aveva avuto una pregressa relazione sentimentale. Con l'odierno ricorso, la difesa lamenta: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; Nell'interesse del C. si fa rilevare che la persona offesa, nel corso dell'udienza tenutasi il 25/03/2014, aveva rimesso la querela a suo tempo presentata, e che detta remissione era stata ritualmente accettata dall'imputato (con contestuale produzione di una quietanza attestante la ricezione della somma di 500,00 Euro da parte della F., a titolo di risarcimento del danno). Non di meno, il giudice di primo grado era pervenuto alla condanna del ricorrente sulla base della ritenuta procedibilità d'ufficio sia del reato di atti persecutori che dell'ulteriore delitto di lesioni personali; ad analoghe determinazioni risulta pervenuta la Corte territoriale, ponendo l'accento sul rapporto di connessione tra i due reati in rubrica ed affermando fra l'altro (in ordine alla procedibilità ex officio delle lesioni) che "la qualità di autore del delitto di stalking, che determina l'applicabilità dell'aggravante di cui all'art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, permane anche se sia stata rimessa la querela da parte della medesima persona offesa". Il difensore del C. richiama invece le indicazioni contenute in un precedente giurisprudenziale di legittimità (Cass., Sez. 5, n. 38690/2013), dove si sostiene che "la remissione di querela intervenuta in caso di duplice imputazione, per atti persecutori e lesioni, certamente rende improcedibile il delitto di stalking", pur non incidendo sulla perseguibilità delle lesioni, ove aggravate ai sensi dell'art. 585 cod. pen.; la tesi difensiva, sulla base dei principi affermati nella decisione menzionata, è che "seppure la Suprema Corte di Cassazione ritiene... non rimettibile la querela proposta in ordine alle lesioni inferte, che siano finalisticamente collegate al reato di stalking, indubitabilmente ritiene improcedibile il reato "presupposto" di stalking, a nulla rilevando la connessione col reato di lesioni lievi, divenute procedibili d'ufficio per l'effetto del disposto di cui all'art. 576 c.p., n. 5.1, non esprimendosi in tal senso nè il legislatore, nè la giurisprudenza. Insomma, sono procedibili d'ufficio le lesioni inflitte dall'autore del delitto di atti persecutori, ma non anche il delitto stesso ex art. 612-bis cod. pen.". violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata: Si sostiene nel ricorso che nella fattispecie non avrebbero dovuto essere contestate per il reato di cui all'art. 582 cod. pen. le due aggravanti in rubrica (quella correlata al nesso teleologico e quella dell'avere, la stessa persona, commesso anche il delitto di atti persecutori), rispondendo entrambe alla medesima esigenza. Peraltro, mentre la circostanza prevista dall'art. 576, comma 1, n. 5.1, si fonda su un vincolo di occasionalità (il soggetto attivo è al contempo autore sia di staiking che di lesioni), l'altra aggravante richiede invece la sussistenza di un chiaro intento finalistico: nel caso concreto, soprattutto, non sarebbe stata individuata alcuna condotta aggressiva del ricorrente, specificamente idonea a procurare le lesioni contestate, derivando queste, con ogni verosimiglianza, da bruschi movimenti difensivi della stessa persona offesa (si era trattato di un lieve trauma distorsivo alla regione cervicale, trauma che, secondo la difesa, la F. si procurò "reagendo scompostamente all'atteggiamento iracondo del C."). In definitiva, sarebbe al più applicabile il solo art. 576, n. 5.1, vuoi perchè norma tale da "sovrastare la ratio dell'aggravante del nesso teleologico", vuoi in quanto previsione speciale rispetto all'altra, con conseguente necessità di invocare il disposto dell'art. 15 cod. pen.: ciò deve comportare, per le ragioni indicate al punto precedente, la conferma della non procedibilità d'ufficio per il reato di atti persecutori. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 1.1 La pronuncia di questa Corte ricordata dalla difesa del C. (Cass., Sez. 5, n. 38690 del 12/04/2013, I.G.F.) riguardava il caso in cui un Pubblico Ministero aveva impugnato una decisione di merito contestando che la remissione della querela presentata in ordine al reato di cui all'art. 612-bis cod. pen., accettata dall'imputato, potesse spiegare effetto anche nei confronti del concorrente delitto di cui all'art. 582 cod. pen., comma 2, aggravato ai sensi del combinato disposto dell'art. 585 c.p. e dell'art. 576 c.p., n. 5.1. In quella vicenda, il P.M. ricorrente aveva sottolineato che nella norma recante la disciplina dell'aggravante di nuova introduzione non si rinvengono riferimenti al soggetto già condannato per atti persecutori, "per cui nulla esclude che la delibazione sulla qualità di autore di tale delitto possa essere compiuta incidentalmente nell'ambito dello stesso processo promosso per le lesioni, tenuto anche conto che la ratio della disposizione e l'introduzione della procedibilità di ufficio delle lesioni sono giustificate dalla necessità di impedire alla vittima di paralizzare, con la propria inerzia o spesso con la propria paura, l'esercizio dell'azione penale, in presenza di condotte che siano addirittura lesive della sua "integrità fisica". I giudici di legittimità chiarivano pertanto, nei termini seguenti, il thema decidendum prospettato: "se la remissione di querela originariamente presentata nei confronti di un soggetto..., imputato dei reati di atti persecutori e di lesioni volontarie ex art. 582 cod. pen., remissione che, una volta accettata come nel caso di specie, rende improcedibile il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen., rende del pari non perseguibile anche il delitto di lesione volontaria aggravato, come nel caso in esame, in virtù del rimando fatto dall'art. 585 cod. pen., comma 1, alla circostanza aggravante prevista dall'art. 576 cod. pen., comma 1, n. 5.1), che statuisce l'applicazione della pena dell'ergastolo nel caso in cui "il fatto preveduto dall'articolo precedente", cioè l'omicidio, sia commesso "dall'autore del delitto previsto dall'art. 612-bis nei confronti della stessa persona offesa", disposizione introdotta dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 1, come modificato dalla L. 23 aprile 2009, n. 38". In quella vicenda, dunque, ci si muoveva dal dato non contestato che la remissione della querela avesse avuto efficacia quanto al reato di stalking, e si trattava soltanto di affrontare il problema se la causa estintiva potesse operare anche in ordine all'addebito ulteriore (peraltro, sulla base di argomenti che afferivano, secondo la motivazione adottata dal giudice di primo grado, alla nozione di "autore" contemplata dall'art. 576, n. 5.1 anzidetto ovvero se si richiedesse o meno un compiuto accertamento della responsabilità del soggetto per atti persecutori, cui l'operatività della remissione non avrebbe consentito di dare corso). E qui può arrestarsi, ad avviso del collegio, il richiamo al precedente de quo, atteso che nella sentenza n. 38690/2013 non si afferma affatto il principio che la remissione della querela comporta tout court l'estinzione del reato di atti persecutori (come invece sostiene l'odierno ricorrente, secondo cui - al più - potrebbe ipotizzarsi la perdurante procedibilità d'ufficio delle lesioni): più semplicemente, si ribadisce, la pronuncia non era chiamata ad affrontare il problema, che nessuno aveva sollevato. Tant'è che i giudici di legittimità ricordarono comunque che la remissione implica "senza dubbio" la non perseguibilità del delitto ex art. 612-bis, ma ad eccezione delle ipotesi contemplate dall'u.c., tra cui quelle in cui il fatto risulti connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio. 1.2 Nella vicenda oggi sub judice, in definitiva, nulla autorizza a ritenere che il reato di stalking si sia estinto per effetto della remissione della querela da parte della F.. E' infatti pacifica la procedibilità d'ufficio del reato di lesioni personali, come qui contestato. Come ricordato, il reato sub B) risulta aggravato sia in relazione alla qualità del soggetto attivo (al contempo, autore di atti persecutori), sia perchè la condotta si assume posta in essere al fine di realizzare il diverso e più grave reato di cui al capo A): circostanze che ricorrono entrambe, come già efficacemente spiegato nella sentenza a suo tempo emessa dal Tribunale di Verona. Le lesioni personali furono realizzate, si legge in rubrica, con la seguente dinamica: il C. colpì la persona offesa con un bidoncino della spazzatura che le aveva scagliato contro, e subito dopo la afferrò con forza per un braccio (i fatti risalgono al (OMISSIS), quando cioè erano passati alcuni mesi da quando la F. aveva comunicato al ricorrente che non intendeva proseguire la loro relazione, mesi caratterizzati da ripetute condotte persecutorie del C.). A quella data, come evidenziato dal primo giudice all'esito di una compiuta analisi dell'attendibilità della F., si era già verificato che il C., nel palese tentativo di indurre la donna a riprendere il loro rapporto, avesse dato corso a offese, minacce ed aggressioni, fra l'altro con un tentativo di approccio fisico, da lei respinto, ed al quale l'imputato aveva fatto seguire gravi minacce; egli aveva altresì preso a passare ripetutamente dinanzi al chiosco dove lavorava la persona offesa, insultandola e minacciandola, come pure aveva fatto in altri luoghi pubblici. Ergo, la specifica condotta violenta del (OMISSIS) fu commessa da un soggetto che: doveva già ritenersi autore di atti persecutori in danno della F.; aggredì la donna nell'ambito di quella stessa serie di comportamenti offensivi e molesti, ponendo in essere una condotta ex se finalizzata a realizzare non solo una menomazione dell'integrità fisica della vittima, ma anche gli eventi contemplati dall'art. 612-bis cod. pen. (tant'è che le condotte di stalking proseguirono anche in epoca successiva). Fra le due ipotesi aggravatrici di cui all'art. 576 cod. pen., qui in discussione, non si realizza alcun assorbimento, nè è dato rinvenire profili di specialità dell'una rispetto all'altra, come invece argomenta la difesa (che, in termini contraddittori, rappresenta da un lato che vi sarebbe un rapporto di connessione puramente occasionale tra le lesioni e lo stalking nel caso di cui al n. 5.1, e dall'altro che quella stessa circostanza presenterebbe elementi costitutivi specializzanti rispetto all'ipotesi di un nesso teleologico vero e proprio). Parimenti insostenibile appare la tesi difensiva secondo cui le lesioni de quibus non furono la conseguenza di una aggressione diretta, ascrivibile al C.: oltre a doversi ricordare che sulla persona della F. vennero riscontrati "segni visibili di ecchimosi al braccio sinistro", riconducibili allo strattonamento contestato nel capo d'imputazione (v. ancora la sentenza del Tribunale, a pag. 3), è evidente l'immediata riconducibilità all'autore di uno strattonamento, od a fortiori del lancio di un bidone, delle conseguenze fisiche che un individuo patisce nell'atto di sottrarsi a comportamenti siffatti. Conclusivamente, il reato sub B) era senza dubbio procedibile d'ufficio; e, proprio per essere tale, risultando connesso con il reato sub A), imponeva anche per il delitto di atti persecutori, ai sensi dell'art. 612-bis c.p., u.c., l'irrilevanza di una eventuale remissione della querela. Va del resto osservato, ad abundantiam, che nel caso in esame l'irrilevanza della remissione della querela quanto al reato di stalking deriva dall'ulteriore rilievo che la relativa condotta fu realizzata (anche) mediante reiterate minacce commesse nella forma di cui all'art. 612 c.p., comma 2: in tal caso, il legislatore ha introdotto - nell'agosto 2013, a fronte di atti persecutori che si assumono qui commessi fino al (OMISSIS) di quello stesso anno - una specifica ipotesi di irrevocabilità dell'istanza di punizione. Sia dal tenore della rubrica che dalla lettura delle sentenze di merito, in vero, si evince che il C. rivolse alla F. espressioni del tipo "stai attenta perchè ti ammazzo", financo agendo in uno stato di particolare agitazione dovuto ad una condizione di ubriachezza. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del C. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità. In considerazione della natura del reato in rubrica, il collegio ritiene doveroso disporre l'oscuramento dei dati identificativi delle parti private, in caso di pubblicazione della presente sentenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2015. Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2016
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