top of page

L’appropriazione indebita e la violazione delle condizioni di utilizzo di un bene mobile prestato temporaneamente (Giudice Martino Aurigemma)

appropriazione-indebita-condizioni-utilizzo-bene-mobile

Tribunale , Nola, 03/06/2024 , n. 845

Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è la qualificazione della condotta come appropriazione indebita in relazione alla sottrazione di un bene mobile prestato temporaneamente con specifiche condizioni di utilizzo, laddove l'agente si appropria del bene stesso violando le condizioni pattuite.

Appropriazione indebita e abuso di relazione d’opera: indebita ritenzione di somme altrui in violazione di obblighi contrattuali (Giudice Elena di Tommaso)

Appropriazione indebita da parte di un amministratore condominiale: mancata restituzione di somme destinate a lavori straordinari (Giudice Raffaele Muzzica)

La certezza della prova è indispensabile per configurare il reato di appropriazione indebita

L'appropriazione indebita richiede il dolo specifico di profitto ingiusto e l'assenza di un diritto soggettivo all'uso della res.

Assegni familiari e responsabilità penale per appropriazione indebita

Appropriazione indebita e tempestività della querela (Giudice Raffaele Muzzica)

Appropriazione indebita e accesso abusivo: responsabilità penale e subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento (Giudice Martino Aurigemma)

La piena cognizione della condotta illecita determina la decorrenza del termine per proporre querela in caso di appropriazione indebita

Appropriazione indebita: remissione tacita di querela e criteri di accertamento del dolo specifico

Ruolo formale dell'amministratore e responsabilità per appropriazione indebita

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso dal g.u.p., del Tribunale di Napoli il Q novembre 2022 Ru.Na. venne rinviata a giudizio davanti al Tribunale in composizione monocratica di Nola per rispondere dei reati a lei ascritti nell'imputazione riportata in epigrafe. All'udienza dell'11 maggio 2023 il giudice, letto il decreto presidenziale n. 31 deiri.3.2023, con il quale era stata disposta la sua assegnazione all'Ufficio Gip/Gup sede, a decorrere dal 22 luglio 2023, e tenuto conto delia necessità di definire entro quella data i processi già pendenti in avanzata fase istruttoria sul proprio ruolo, nonché quelli ultratriennali o connotati, comunque, dal carattere dell'urgenza, rimise le parti davanti allo scrivente per l'udienza del 23 ottobre 2023.

Nel corso di tale udienza, aperto il dibattimento ed ammesse le prove indicate dalle parti, venne chiamata a deporre la persona offesa, nonché costituita parte civile Do.Na., sentita la quale il p.m. corresse l'errore materiale contenuto nell'imputazione, rappresentando che laddove, nell'indicazione della data di consumazione del reato di cui al capo 1), era scritto "26.09.2021", doveva leggersi ed intendersi "26.08.2021". Venne introdotto, quindi, l'altro teste di lista del p.m. Da.Ma., in servizio, all'epoca dei fatti, presso la Stazione CC di Vergherete; concluso l'esame, il p.m. produsse la stampa della chat whattsapp estrapolata dal telefono cellulare in uso alla persona offesa e la documentazione anagrafica relativa all'intestazione dell'utenza mobile n. (…).

All'udienza del 22 gennaio 2024 il processo venne rinviato per il legittimo impedimento a comparire dell'imputata, alla successiva udienza del 18 marzo 2024 per l'omessa notifica a quest'ultima dell'avviso del rinvio.

Nel corso dell'udienza odierna, infine, è stata acquisita al fascicolo per il dibattimento la stampa della chat whattsapp estrapolata dal telefono in. uso alla persona offesa, prodotta dal patrono di parte civile; dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, lo scrivente ha invitato, quindi, le parti a formulare ed illustrare le proprie conclusioni, ascoltate le quali, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per deliberare, ha reso pubblica la sentenza dando lettura del dispositivo allegato al verbale.

Sulla scorta degli elementi di prova acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale - che saranno, qui di seguito, sinteticamente passati in rassegna - Ru.Na. va riconosciuta colpevole di entrambi i reati a lei ascritti nel decreto di rinvio a giudizio. La prova della responsabilità dell'imputata si trae innanzitutto, com'è ovvio, dalle dichiarazioni rese a suo carico dalla persona offesa e costituita parte civile Do.Na., apparsa pienamente attendibile in quanto chiara, coerente e precisa nella ricostruzione dei fatti di causa, da lei esposti con misura e pacatezza, senza tradire malanimo né tantomeno intenti calunniatori nei confronti di sua sorella. La Na. ha riferito, invero, che verso la fine di agosto del 2021 sua sorella Ru., che dimorava, in quel momento, in via (…), a Vergherete (provincia di Forlì-Cesena), in un albergo situato nello stesso stabile nel quale si trovava il forno da lei gestito, le aveva chiesto di prestarle uno dei due telefoni cellulari a lei in uso, dicendole che il suo si era rotto.

Superando l'iniziale diffidenza ("ero un pò scettica a darglielo"), la persona offesa aveva dato a sua sorella il permesso di utilizzare il telefono, inserendovi la propria sim card, raccomandandole, tuttavia, di lasciarlo sempre all'interno del locale, sopra il congelatore, sì da consentirle di attingere, all'occorrenza, "tramite wi-fi", tutte le informazioni contenute al suo interno (cfr. verbale del 23.10.2023, fi. 11: Teste - l'unica cosa che io ho detto "Il cellulare puoi accedere, ma solo dal forno, cioè metti la tua scheda e tifai le chiamate che vuoi ma il cellulare deve rimanere nel forno, lo devo aver perché mi serve; e più avanti, al fi. 13: Teste - Cioè, non aveva la scheda sim del… però c'erano dentro, io tramite wi-fi mi connettevo a prendere le mie generalità e fare altro. Aveva il wi-fi,). La teste ha precisato, più in particolare, sul punto, di aver memorizzato su quell'apparecchio, privo di scheda sim, una serie di dati sensibili, tra i quali le password di accesso al proprio account di posta elettronica ed a facebook, che, essendo dislessica, tendeva a dimenticare, e di non aver giammai autorizzato sua sorella ad accedere a quei dati, né tantomeno a farne uso.

Alle quattro del mattino del 27 agosto 2021, recatasi al forno, come d'abitudine, per impastare il pane, la Na. si era accorta che il telefono era stato portato via ed aveva telefonato più volte a sua sorella, che era andata via la notte del giorno prima, per chiederle spiegazioni.

Non avendo ottenuto risposta, ed essendosi accorta, in quello stesso giorno, che il suo profilo facebook era stato bloccato, la persona offesa aveva contattato, via whattsapp, sua nipote Mo.Al. (la figlia dell'imputata), chiedendole di prendere il suo telefono, "di nascosto dalla mamma", e verificare quale fosse la nuova password.

La Na. ha raccontato, quindi, di essere stata contattata, nei giorni seguenti (sull'altra utenza mobile a lei in uso, evidentemente), da un soggetto, presentatosi come un ristoratore di nome Angelo, che le aveva offerto un lavoro.

Dubitando della genuinità dell'offerta, la persona offesa, che era effettivamente alla ricerca di un nuovo lavoro, essendo in procinto di chiudere il proprio forno, ed aveva contattato una struttura situata a Cervia, aveva chiesto al sedicente An. chi gli avesse dato il suo numero di telefono, ed aveva iniziato, quindi, ad insultarlo e a provocarlo. L'interlocutore, a quel punto, aveva rivelato la propria vera identità, chiamandola, di volta in volta, "sorella" e "cara sorellina", facendo riferimento alla richiesta di lavoro a Cervia - della quale poteva essere a conoscenza solo chi avesse avuto accesso al telefono asportato, nonché, in modo sibillino, ad un evento drammatico verificatosi nella sua infanzia, noto soltanto a lei, a sua madre, a sua sorella Ru. ed a suo fratello Ad., vale a dire alla violenza sessuale consumata ai suoi danni, quando aveva cinque o sei anni, da suo zio Ge.Na. (cfr. verbale del 23.10.2023, fi. 8: Giudice - E qual è questo evento, al quale fa riferimento? Teste - Ho subito violenza da mio zio Na.Ge., Giudice - E chiedo scusa in questa conversazione c'è un riferimento a questo episodio? Teste - Sì, lei mi dice che… Glielo spiego a modo mio, perché adesso non riesco a leggere… Giudice - Poi magari, acquisiremo le stampe dei messaggi Teste - Nel senso che lei minaccia che io ho… usurpato il nome di zio Ge. e quindi mi avrebbe fatto una querela lei a me).

Rispondendo alle sollecitazioni rivoltele, sul punto, dal patrono di parte civile, la persona offesa ha riferito, inoltre, che sua nipote Mo., da lei contattata, come detto, tramite whattsapp, aveva dato ad intendere di essere al corrente del fatto che la madre si fosse impossessata del suo telefono cellulare, aggiungendo che la stessa Mo. e suo fratello Salvatore avevano anche provato, senza successo, a "sbloccare" il suo profilo facebook, utilizzando la password memorizzata nel telefono cellulare sottrattole da sua sorella (ibidem, fi. 16: Giudice - Scusi, signora, chi le ha confermato che era stata sua sorella a prendersi il cellulare? Teste -1 miei nipoti Giudice - E loro come lo sapevano? Teste - Perché hanno provato a sbloccarmi il profilo dal cellulare. Il Giudice - … come ha fatto a capire, al di là delle conversazioni di cui ci ha già. detto, sul momento che era stata sua sorella a prenderlo? Teste - Perché l'unico modo per bloccare… cambiare la password a Facebook è avere la password originale. Giudice - E solo sua… e sua sorella ce l'aveva? Teste - E solo quel cellulare ce l'aveva).

Invitata a chiarire come facesse ad essere certa che fosse stata proprio sua sorella ad impossessarsi del telefono cellulare, la Na. ha precisato che, sebbene anche suo fratello alloggiasse nell'albergo sovrastante, solo sua sorella Ru. entrava nel forno ed aveva utilizzato, nei giorni precedenti, il dispositivo (ibidem; Difesa. -(…) Come faceva ad essere sicura che era sua sorella ad essere in possesso del cellulare quando è andata via? Teste - Perché lei… cioè il cellulare io l'ho dato a lei, non… nessuno lo poteva prendere. Difesa - Vabbè. Teste - Mio fratello non entrava al forno, entrava solo.,.). La persona offesa ha precisato, infine, che erano stati i carabinieri, all'atto della denuncia, a stampare, dopo averle estrapolate dal suo telefono cellulare, le chat allegate alla querela.

Il maresciallo Da.Ma., in forza, all'epoca dei fatti, alla Stazione CC di Vergherete, ha riferito di aver raccolto la denuncia (e la successiva integrazione) della persona offesa e di aver accertato, quindi, attraverso l'interrogazione delia banca dati in uso alle forze dell'ordine, che l'utenza mobile n. (…), della quale si era servito l'interlocutore della Na. nella chat estrapolata dal telefono cellulare in uso alla stessa, era intestata a suo cognato Ra.Al., marito dell'imputata.

Il teste ha dichiarato, inoltre, di non ricordare se fosse stato egli stesso ad estrapolare la chat dal telefono della persona offesa o se quest'ultima avesse consegnato, al momento della denuncia, la stampa delle conversazioni da lei intrattenute.

Conclusioni

Sulla scorta degli elementi di prova - chiari, precisi e concordanti - appena passati in rassegna, Ru.Na. va riconosciuta senz'altro colpevole, innanzitutto, del reato di appropriazione indebita a lei ascritto al capo 1) del decreto che dispone il giudizio, potendo dirsi accertato in modo del tutto univoco che la stessa, nelle circostanze di tempo e di luogo di cui si è detto, si sia appropriata del telefono cellulare di sua sorella Do.Ro., che glielo aveva dato in prestito nei giorni precedenti, portandolo con sé allorquando, nella notte tra il 25 ed il 26 agosto 2021, si era allontanata dal comune di Vergherete, nel quale entrambe, in quel momento, dimoravano (in diverse abitazioni).

Le dichiarazioni della persona offesa - da ritenersi, come detto, pienamente attendibile, in quanto chiara, sicura e precisa nell'esposizione dei fatti - trovano riscontro nel contenuto delle chat estrapolate dal telefono cellulare in suso alla stessa, dalle quali si desume, tra l'altro, che nei giorni immediatamente successivi alla sottrazione del telefono il sedicente Angelo, contattando la Na. dall'utenza mobile n. (…), intestata al marito dell'imputata, e chiamandola più volte "sorella", le dette ad intendere, in modo sarcastico, di essere a conoscenza del fatto che avesse cercato lavoro a Cervia, circostanza, questa, conoscibile solo da chi avesse avuto accesso al telefono cellulare della persona offesa, che non ne aveva fatto parola ad alcuno.

L'imputata va riconosciuta colpevole, inoltre, del delitto, di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico a lei ascritto al capo 2), per aver modificato (poco importa se personalmente o quale istigatrice dell'esecutore materiale della condotta), dopo essersi introdotta, senza esservi legittimata, nel sistema nel sistema informatico del telefono cellulare di sua sorella Do.Ro., le credenziali di accesso (user name e password) all'account facebook di quest'ultima.

La prova della responsabilità, se non altro concorsuale, dell'imputata nella consumazione del reato si trae in modo difficilmente confutabile dalla circostanza che la modifica delle credenziali avvenne subito dopo l'appropriazione indebita del telefono di proprietà dalla persona offesa (che già nella giornata del 27 agosto 2021 si rese conto, come si è visto, di non poter più accedere al proprio account facebook), apparendo del tutto inverosimile che una tale operazione possa essere stata portata a termine all'insaputa o contro la volontà di colei che di quel telefono si era impossessata.

Possono riconoscersi all'imputata, tenuto conto del suo stato di incensuratezza e della non particolare gravità dei fatti, le invocate attenuanti generiche.

L'evidente identità del disegno criminoso sotteso ai reati commessi, in un ristretto arco temporale, dall'imputata induce ad affasciare gli stessi nel vincolo della continuazione, individuando nel delitto di appropriazione indebita la violazione più grave alla quale ancorare la pena base.

Considerati gli indici di commisurazione del trattamento sanzionatorio enunciati nell'art, c.p.p., si ritiene equo, pertanto, condannare l'imputata alla pena di un anno, otto mesi di reclusione e 1.200 Euro di multa, così determinata: pena base per il reato di cui al capo 1) due anni di reclusione e 1.500 Euro di multa, ridotta ad un anno, quattro mesi di reclusione e 1.000 Euro di multa in virtù del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, elevata alla misura finale sopra indicata per la continuazione con il reato di cui al capo 2).

All'affermazione della penale responsabilità dell'imputata segue la condanna della stessa, secondo legge, al pagamento delle spese processuali.

La Na. deve essere condannata, inoltre, al risarcimento dei danni causati alla costituita parte civile, per la liquidazione dei quali le parti vanno, tuttavia, rimesse, data la lacunosità delle risultanze istruttorie sul punto, davanti al competente giudice civile. Può riconoscersi, in ogni caso, alla costituita parte civile una provvisionale di 500,00 Euro sull'ammontare del danno che sarà verosimilmente riconosciuto alla stessa all'esito del giudizio civile.

L'imputata va condannata, infine, alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio sostenute dalla costituita parte civile, che possono liquidarsi in complessivi 2.500 euro, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15 per cento, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Può riconoscersi alla Na., a tutt'oggi, come detto, incensurata, l'invocato beneficio della sospensione condizionale della pena, apparendo ragionevolmente presumibile che la stessa si asterrà, per il futuro, dal commettere reati.

La concreta operatività del beneficio va subordinata, tuttavia, al pagamento, da parte dell'imputata, della somma assegnata a titolo di provvisionale alla costituita parte civile, nel termine di un anno dal passaggio in giudicato delia sentenza.

Tenuto conto della complessità delle questioni di fatto e di diritto sottese alla decisione e del carico di lavoro che grava sul ruolo di questo giudice, si ritiene opportuno fissare in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara Ru.Na. colpevole dei reati a lei ascritti e, riconosciute alla stessa le circostanze attenuanti generiche, riuniti i reati nel vincolo della continuazione, la condanna alla pena di un anno, otto mesi di reclusione e 1.200 Euro di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali.

Letti gli artt. 538 e 539, co. 1, c.p.p., condanna l'imputata al risarcimento dei danni causati alla costituita parte civile, rimettendo le parti, per la liquidazione degli stessi, davanti al competente giudice civile.

Letto l'art. 539, co. 2, c.p.p., condanna l'imputata, al pagamento di una provvisionale di. 500,00 Euro in favore della costituita parte civile.

Letto l'art. 541 c.p.p., condanna l'imputata alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio sostenute dalla costituita parte civile, che liquida in complessivi 2.500 euro, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15 per cento, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Letti gli artt. 163 e ss. c.p., ordina che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni, subordinando la concreta operatività del beneficio al pagamento, da parte dell'imputata, della somma assegnata a titolo di provvisionale alla costituita parte civile, nel termine di un anno dal passaggio in giudicato della sentenza. Letto l'art. 544, co. 3, c.p.p., fissa in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola il 20 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 agosto 2024.

bottom of page