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Confermata la condanna per dichiarazione fraudolenta basata su false fatturazioni

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Corte appello Cagliari sez. I, 04/09/2023, n.854

Principio di diritto:
La falsità delle fatture può essere dimostrata anche mediante prove logiche e circostanze che evidenzino l’impossibilità di esecuzione delle prestazioni indicate, l’inesistenza temporale delle operazioni o artifici volti a simulare pagamenti, senza che l’accertamento si fondi su mere presunzioni tributarie.
Sintesi della sentenza:
La Corte d’Appello di Cagliari ha confermato la condanna per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, contestate all’imputato per operazioni inesistenti relative a noleggi di attrezzature e lavori di ristrutturazione immobiliari. La sentenza ha ribadito la validità degli elementi probatori acquisiti, che dimostrano l’inesistenza delle prestazioni, come la mancata disponibilità di attrezzature da parte della società emittente, l’omissione di pagamenti reali e l’incongruenza temporale delle operazioni indicate nelle fatture. Rigettati i motivi d’appello per mancanza di riscontri e logicità, la Corte ha ritenuto proporzionata la pena di un anno di reclusione inflitta in primo grado, data anche la gravità dei fatti e i precedenti penali specifici dell’imputato.

Reati tributari e responsabilità dell’amministratore uscente e subentrante

Emissione di fatture per operazioni inesistenti: responsabilità penale e accertamenti tributari

Dichiarazione fraudolenta e interposizione fittizia: condanna di titolare formale e dominus effettivo

Assoluzione e onere della prova nell’utilizzo di fatture sospette.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e rilevanza del pagamento del debito tributario.

Emissione di fatture inesistenti: responsabilità del titolare formale e gravità del reato

Dichiarazione fraudolenta con utilizzo di fatture inesistenti: responsabilità e dolo specifico nell'elusione fiscale

Prova dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti e limiti di responsabilità penale

Fatture per operazioni inesistenti e configurabilità del reato di riciclaggio

Assenza di prova sull’inesistenza giuridica delle operazioni sottostanti alle fatture e assoluzione per insussistenza dei fatti

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza pronunciata il 9 dicembre 2021 all'esito di rito abbreviato, il Giudice per le Indagini Preliminari costituito presso il Tribunale di Cagliari ha dichiarato Cu.An. colpevole di due delitti di cui all'art. 2 del d.10 marzo 2000, n. 74, per aver, al fine di evadere PIVA e l'imposta sui redditi, contabilizzato e inserito nelle relative dichiarazioni, presentate, per l'anno 2016, dalla società Es. S.r.l.s. (capo A) e, per l'anno 2018, dalla società Immobiliare Ci. S.r.l. (capo B), delle quali era legale rappresentante, talune fatture per operazioni inesistenti, emesse dalla ditta Ac. di Cu.An. e dalla società Ac. S.r.l. pure dal medesimo rappresentata, e, riconosciute le attenuanti generiche, unificati i due reati dal vincolo della continuazione e applicata la diminuzione ex art. 442 del cod. proc. pen., l'ha condannato alla pena di un anno di reclusione, oltre ad accessori.

A base della decisione ha posto:

Quanto al capo A):

1) La discordanza, rimasta inspiegata, tra le comunicazioni periodiche IVA effettuate dalla Es. nell'anno 2016, recanti l'annotazione di fatture per l'importo imponibile di euro 80.989,00, ricevute da tale società cooperativa Ed., e il registro IVA degli acquisti, in cui la medesima Es. non aveva iscritto fatture della Ed., ma della Ac. e, precisamente, le otto enumerate nel capo d'imputazione in esame, aventi a oggetto il noleggio di attrezzature per il cantiere di via (...);

1.1 ) Le circostanze:

Che la Ed. era inattiva dall'esercizio 2003, non aveva personale e non aveva acquistato materie prime dal 2013 al 2016;
Che, nell'esercizio in questione, la Ac. non disponeva di attrezzature, non aveva speso per noleggiarle e aveva prodotto un volume d'affari per appena 5.545,00 euro;
Che tali fatture, salvo tre, non erano neppure state pagate.
2) L'annotazione, nella contabilità della medesima Es., di una fattura ricevuta dalla ditta Ac. (la n. 23 del 2016, di cui ai capo d'imputazione), la quale, tuttavia, non essendo stata, a differenza di altre, inserita nello spesometro per l'anno 2016, trasmesso nell'aprile dell'anno 2017, evidentemente era stata emessa successivamente a tale data;

2.1) Il fatto che detta fattura risultava pagata con assegno bancario, ma il Cu. aveva contestualmente bonificato dal suo conto corrente, in favore della Es., una somma di pari importo.

Quanto al capo B), il rilievo che le fatture (di cui al capo d'imputazione) emesse nell'anno 2018 dalla Ac. nei confronti della Immobiliare Ci., per l'importo imponibile di euro 103.124,54, avevano a oggetto la ristrutturazione di appartamenti di una palazzina ubicati nella via Ci. di Monserrato, laddove la ristrutturazione di tale immobile risultava terminata nell'anno 2013, come risultava dalla comunicazione al SUAP dello stesso Comune.

In estrema sintesi e tralasciando gli altri elementi di contorno, il Giudice ha ritenuto che fossero false:

Le otto fatture emesse dalla Ac. per noleggio attrezzature da cantiere, poiché tale società non disponeva di attrezzature di sorta e le fatture stesse non erano state pagate, salvo tre;
La fattura emessa dalla Ac., atteso che la somma utilizzata dalla Es. per pagarla le era stata contestualmente restituita dallo stesso Cu., tramite il proprio conto corrente;
Le fatture per la ristrutturazione, emesse nei 2018 dalla Ac., siccome l'intervento edilizio era in realtà stato completato nel 2013.
Avverso la sentenza hanno proposto appello i difensori.

In generale, hanno lamentato che il primo Giudice si fosse avvalso per la decisione di presunzioni tributarie, prive delle caratteristiche, catalogate nell'art. 192 del cod. proc. pen., che dovevano possedere gli indizi per concorrere a provare la colpevolezza dell'imputato.

In particolare, poi, hanno dedotto:

-In relazione alle fatture emesse nel 2016 dalla Ac. per il noleggio delle attrezzature da cantiere, che la Ac. era succeduta alla Ac., la quale si occupava esattamente della stessa attività della ditta individuale e che "il Cu., per non esporsi personalmente, creava ma società a responsabilità limitata: la Esse 2A era un'immobiliare pura, proprietaria dell'immobile sito in via (...), la quale aveva stipulato con un contratto di subappalto con la Ac. per lo svolgimento dei lavori di cantiere";

-Con riguardo alla fattura n 23 del 2016, emessa dalla Ac., che quest'ultima era una ditta individuale e che, pertanto, del tutto legittimamente il Cu. poteva utilizzare il suo conto corrente personale per adempiere le obbligazioni pecuniarie, con la conseguenza che "non corrispondeva al vero che non vi fosse prova del pagamento della prestazione, difatti la Ac. non operava su altri conti correnti, ma esclusivamente su quello personale e intestato all'odierno imputato";

-Quanto, infine, alle fatture emesse nell'esercizio 2018 dalla stessa Ac., che le prestazioni a cui esse si riferivano non attenevano all'intervento di ristrutturazione, completato nel 2013, ma a modifiche apportate successivamente all'immobile, su richieste dei promissari acquirenti.

Pertanto, hanno chiesto che l'imputato fosse assolto con la formula "perché il fatto non sussiste" o, in subordine, che la pena inflitta fosse congruamente ridotta.

Ad avviso della Corte, l'appello è ai limiti dell'ammissibilità perché non si confronta con le prove poste dal Giudice per le Indagini Preliminari a fondamento della decisione ed è, comunque, infondato nel merito.

Preliminarmente, conviene ribadire che gli elementi a carico del Cu. non sono affatto mere presunzioni tributarie, ma prove logiche, suscettibili di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, gli assunti accusatori.

E noto, infatti, che la dimostrazione della falsità delle fatture può essere tratta anche:

Dall'acclarata impossibilità, per l'emittente, di eseguire la prestazione o di fornire il servizio in esse descritti (è il caso delle fatture emesse dalla Ac., aventi a oggetto il noleggio di attrezzature per il cantiere di via (...), giacché, come emerso dagli accertamenti svolti dall'Agenzia delle Entrate, non contestati, come sarebbe stato facilissimo producendo le fatture d'acquisto o di noleggio, la Ac. non disponeva di alcuna attrezzattura da fornire alla Es.);
Dall'inesistenza, nel tempo indicato nelle fatture, delle prestazioni fornite (è il caso delle fatture emesse dalla Ac. per la ristrutturazione, pacificamente avvenuta tre anni prima del rilascio delle fatture);
Dall'omesso pagamento delle fatture che, se non in altro modo giustificato, può essere logicamente spiegato soltanto con la mancata effettuazione della prestazione o fornitura del servizio (è il caso delle testé menzionate fatture emesse dalla Ac. per il noleggio delle attrezzatture), a maggior ragione allorché (è il caso della fattura emessa dalla Ac.) il pagamento venga eseguito, ma quanto versato venga tosto, senza titolo, restituito al solvens, atteso che in tale situazione si aggiunge anche l'artificio, palesemente dimostrativo di mala fede, in capo agli agenti).
Ciò posto, si osserva che gli argomenti portati nell'atto d'appello per contrastare la valenza di tali risultanze non possono essere condivisi:

Non c'è dubbio che il titolare di una ditta individuale possa, per adempiere le obbligazioni pecuniarie assunte dalla ditta stessa, utilizzare i fondi del proprio conto corrente, ma, nella specie, ciò che rileva è che tali fondi sono stati impiegati per restituire alla Es. ciò che essa aveva appena versato per saldare la fattura emessa dalla Ac., donde le inferenze che la fattura medesima non era stata di fatto pagata e che la sua emissione aveva come unico scopo quello di costituire per la società una spesa fittizia, utile soltanto per favorire la sua evasione fiscale;
Tutte le questioni sui rapporti tra le varie imprese non dimostrano certo che la Ac. disponesse delle attrezzature asseritamele noleggiate;
La tesi difensiva, a mente della quale le ridette fatture emesse dalla Ac. nei confronti dell'Immobiliare Ci. per gli interventi edilizi sugli appartamenti di Monserrato non si riferirebbero alla ristrutturazione dello stabile, effettivamente eseguita anni prima, ma a successivi interventi, richiesti dai promissari acquirenti degli appartamenti per adattarli alle loro esigenze: f) non ha trovato alcun riscontro, che l'imputato avrebbe potuto offrire agevolmente, ad esempio con la produzione dei preventivi del costo delle modifiche richieste; ii) è rimasta anzi smentita dai tenore letterale delle fatture de quibus, ciascuna riferita espressamente a "Ristrutturazione appartamento" e, da ultimo, ma non per importanza, appare eziandio del tutto inverosimile, essendo evidente, anche senza ricorrere a una perizia, l'improponibilità di una ricostruzione che vede gli acquirenti sostenere, oltre alla spesa del corrispettivo del prezzo, ulteriori spese per oltre centomila euro, al netto dell'IVA, soltanto per apportare talune non meglio precisate modifiche agli appartamenti comperati, non certo di pregio, ubicati in un paese dell'hinterland, privi di particolare appetibilità e, soprattutto, ristrutturati da pochi anni (con centomila euro in più, anche pro quota, si sarebbe certamente trovato qualcosa di molto più interessante nel mercato immobiliare).
In conclusione, dunque: la sentenza di primo grado non ha affatto, in violazione del disposto di cui all'art. 192 del cod. proc. pen., fondato l'affermazione di responsabilità dell'imputato su semplici presunzioni tributarie e i motivi di merito dedotti con l'atto d'appello sono, per un verso, non pertinenti e, per l'altro, non condivisibili.

Pertanto, la colpevolezza del Cu. in ordine ai reati ascrittigli dev'essere ribadita pure in questa sede.

Come si è accennato, i difensori hanno in subordine sollecitato una riduzione del carico sanzionatorio.

Anche tale motivo, peraltro neppure sorretto da specifiche doglianze, non può che essere disatteso: la pena quantificata dal primo Giudice è prossima al minimo edittale e appare più che proporzionata alla gravità dei fatti e ai precedenti penali specifici dai quali l'imputato è gravato.

Per tali motivi, la sentenza impugnata dev'essere integralmente confermata, con le conseguenze di legge.

P.Q.M.
Visti gli artt. 592 e 599 c.p.p., conferma la sentenza impugnata e condanna An.Cu. alle spese di questo grado del giudizio.

Indica per il deposito della sentenza il termine di 90 giorni.

Così deciso in Cagliari il 6 luglio 2023.

Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2023.

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