Tribunale Trieste, 27/08/2024, n.801
Nel delitto di calunnia, l'elemento soggettivo del reato non sussiste qualora l'agente, in base agli elementi a sua disposizione, sia convinto della colpevolezza della persona accusata, pur senza prove sufficienti per dimostrare la falsità delle dichiarazioni.
Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio del 27 aprile 2021, MO.Mu. e KH.Zu. venivano chiamati a rispondere dei reati di cui in epigrafe.
All'udienza del 10 settembre 2021 il Tribunale dichiarava l'assenza degli imputati, alla luce dalla regolarità delle notifiche eseguite presso il domicilio eletto, della nomina fiduciaria e della rinuncia a comparire dell'imputato MO., detenuto p.a.c. A questo punto, veniva disposto un rinvio stante il legittimo impedimento del difensore fiduciario ai sensi dell'art. 420 ter, co.5 bis, c.p.p.
All'udienza dell'11 febbraio 2022 si dava atto che il difensore di Be.Ma., persona offesa del reato, aveva depositato istanza di rimessione in termini per la costituzione di parte civile e il deposito di lista testimoniale. Il Tribunale, ritenuta la fondatezza dell'istanza, restituiva Beninati Mariano in termini e rinviava il procedimento.
All'udienza del 27 maggio 2022 le parti rappresentavano che nell'ambito del procedimento n. 5582/2020 RG.N.R. pendente dinanzi al gip - iscritto a carico di Be.Ma. per il reato di lesioni ai danni degli odierni imputati - era stata disposta integrazione delle indagini; avanzavano pertanto istanza di rinvio impregiudicati i diritti di prima udienza. Il Tribunale accoglieva l'istanza di rinvio.
All'udienza del 20 gennaio 2023 l'avv. Bove depositava decreto di fissazione dell'udienza relativo al procedimento n. 5582/2020 RG.N.R. e, concordemente alla persona offesa, chiedeva un rinvio impregiudicati i diritti di prima udienza. Il Tribunale accoglieva l'istanza di rinvio.
All'udienza del 17 marzo 2023 il P.m. depositava ordinanza di archiviazione emessa il 23.2.2023 nel procedimento n. 5582/2020 RG.N.R.. Il difensore della persona offesa depositava costituzione di parte civile e, nulla osservando le altre parti, il Tribunale prendeva atto della costituzione. A questo punto il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove come richieste dalle parti.
L'udienza del 10 novembre 2023 veniva differita a causa dell'impedimento del giudice
titolare.
All'udienza dell'8 marzo 2024 il Tribunale revocava la dichiarazione di assenza di MO.Mu., presente in aula. Con il consenso delle parti veniva acquisita la documentazione prodotta dalla parte civile (n. 11 documenti), la documentazione prodotta dalla difesa (n. 7 documenti), nonché, su richiesta del p.m., gli allegati alla relazione del testimone Vitiello già prodotta dalla difesa (aff. da 108 a 131 fascicolo del p.m.). Venivano, dunque, escussi i testimoni: Marrone Antonio - Dirigente della Polizia Penitenziaria e Comandante della Casa Circondariale di Trieste -, Pi.Al. - in servizio presso la Casa Circondariale di Trieste -, Vi.Gi. - v.isp. di polizia giudiziaria che si è occupato delle indagini -, Co.Lo. - medico chirurgo di Medicina Generale e medico in servizio nella casa Circondariale di Trieste all'epoca del fatto. Si procedeva altresì all'esame dell'imputato MO. che, ricevuti gli avvertimenti di rito, dichiarava di voler rendere esame con l'assistenza di un interprete di lingua pashtu. Con il consenso delle parti venivano infine acquisiti i fotogrammi esibiti all'imputato per il riconoscimento dell'autore delle lesioni.
All'udienza del 24 maggio 2024, dato preliminarmente atto del mutamento del giudice titolare del procedimento, veniva escusso il testimone della difesa Ts.Ka., medico referente dell'Associazione immigrati di Pordenone. La difesa chiedeva di produrre certificato medico a firma del testimone e, nulla osservando le altre parti, il Tribunale acquisiva. Con il consenso delle parti veniva altresì acquisita documentazione della difesa e documentazione della parte civile relativa al danno patrimoniale subito dal Beninati. A questo punto il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitava le parti alla discussione. Le parti concludevano come in epigrafe e il Tribunale rinviava per repliche.
All'udienza del 7 giugno 2024, in assenza di repliche delle parti, il Tribunale decideva dando lettura del dispositivo e riservando il deposito della motivazione nel termine di giorni novanta. /
Motivi della decisione
All'esito del giudizio, celebrato nelle forme del rito ordinario, MO.Mu. e KH.Zu. devono andare assolti dai reati di calunnia loro ascritti per le ragioni di fatto e di diritto di seguito indicate.
In data 27 luglio 2017 gli odierni imputati facevano ingresso nella Casa Circondariale di Trieste poiché destinatari di un'ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare in carcere. L'ordinanza veniva eseguita alle ore 6:50 del 27 luglio (si v. doc. 1 produzione documentale difesa, udienza 8.3.2024) e gli imputati venivano registrati dall'ufficio matricola attorno alle ore 9:50 (si v. doc. 2 produzione documentale difesa, udienza 8.3.2024 relativa all'imputato MO.); permanevano nell'istituto sino al 29 luglio 2017, data in cui venivano trasferiti presso la Casa Circondariale di Pordenone per essere ristretti nella sezione "Protetti".
Giunti a Pordenone gli imputati venivano visitali e, in tale circostanza, riferivano di essere stati malmenati dal personale di Polizia penitenziaria durante i tre giorni di permanenza a Trieste. Appreso un tanto, il direttore della Casa Circondariale di Pordenone inviava una segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste e al direttore della Casa Circondariale di Trieste, comm. Marrone (si v. nota n. 3245/2017 del 1.8.2017, doc 9 produzione documentale difesa, udienza 8.3.2024). Da tale segnalazione, accompagnata dai certificati medici, prendevano avvio le indagini per accertare la veridicità delle dichiarazioni rese da MO.Mu. e KH.Zu. e per identificare gli eventuali aggressori.
Le dichiarazioni rese dagli imputati, inizialmente scarne e generiche a causa della barriera linguistica, si sono progressivamente arricchite di contenuti e dettagli dapprima in sede di s.i.t. (per il solo MO., il 4.10.2017) e successivamente mediante la formalizzazione di due denunce-querele presentate contestualmente da entrambi gli imputati (del 20.10.2017).
MO. e KH., in particolare, hanno denunciato di essere stati picchiati dagli agenti di Polizia Penitenziaria durante la fase di ingresso nella Casa Circondariale di Trieste, prima di essere accompagnati nelle rispettive celle collocate nel 1° tratto al piano terra. Le due versioni, molto simili tra loro, hanno addebitato le aggressioni ad alcuni agenti in divisa (sei per MO., tre per KH.) e ad un uomo in borghese, con tatuaggi sul corpo. Gli agenti avrebbero inferto pugni, schiaffi, calci, per MO. anche colpi con una sedia, al volto e al corpo degli imputati; inoltre, ai due detenuti, non sarebbe stata prestata l'assistenza medica richiesta, né sarebbe stato fornito cibo, salvo l'ultimo giorno, pochi minuti prima del loro trasferimento a Pordenone.
Le indagini, iniziate quando l'apparato probatorio dichiarativo a disposizione era considerevolmente ristretto, hanno avuto avvio con l'estrapolazione e la visione dei filmati di videosorveglianza del solo 1° tratto, piano terra, in quanto un terzo detenuto - che è stato trasferito a Pordenone insieme agli odierni imputati e che parlava bene la lingua italiana -
aveva dichiarato di essere stato anch'egli picchiato dalle guardie all'interno della cella n. 12. I filmati delle telecamere sono, pertanto, stati analizzati dal direttore del carcere, comm. Marrone, che ha accertato come le dichiarazioni rese dal terzo detenuto, tale Hu.Ar., non trovassero riscontro nei video acquisiti.
Non è stato possibile, invece, eseguire il medesimo confronto tra videoriprese e contenuto delle dichiarazioni di MO. e KH., poiché inizialmente non avevano fornito alcuna indicazione relativa ai luoghi e ai tempi delle aggressioni e, formalizzate le querele nel solo mese di ottobre, oramai le riprese relative ai giorni 27, 28 e 29 luglio erano già state sovrascritte, avendo il sistema di sorveglianza una capacità di memorizzazione di trenta giorni. L'unico dato certo relativo al giorno di ingresso nell'istituto triestino riguardava gli orari: in particolare, era emerso che i due imputati avevano fatto ingresso in carcere alle ore 9:23 ed erano stati accompagnati in cella rispettivamente KH. alle ore 10:23 e MO. alle ore 10:43.
Un tanto emerge dalla relazione di P.g. a firma del comm. Marrone (doc. 7 produzione documentale della difesa, udienza 8.3.2024) e dalle dichiarazioni rese dallo stesso in fase dibattimentale ("(gii altri soggetti interessati] non avevano fatto nessuna descrizione degli accadimenti; quindi, io mi sono limitato a confutare solo quella fattispecie li, insomma. Gli altri [...] non hanno dichiarato dove, come e quando, insomma. Quindi io non ho potuto fare nessun tipo di controllo. " AD. Difesa: "lei ha visionato soltanto le telecamere del tratto piano terra antistante alle celle dove k persone sono state poi sistemate per tre giorni giusto? Non tutte le telecamere?" R: "Si. [...] Spiego. Lm descrizione fatta da Hussain Aref parlava di aggressione nella stanca in cui era allocato e quindi mi sono limitato a guardare le telecamere che inquadrano quel posto, sia la telecamera di destra che di sinistra. Quando è stato tradotto, ho visto anche le telecamere del percorso che loro hanno seguito per essere portati sul furgone. " si v. pagg. 6,7,8 trascrizione ud. 8.3.2024).
Per quanto riguarda la documentazione sanitaria, sono stati acquisiti agli atti vari referti medici relativi agli imputati. In particolare, al momento della registrazione presso l'Ufficio Matricola di Trieste il personale sanitario ha redatto due verbali di "accoglienza nuovo dentuto" dai quali non emerge alcuna lesione o malattia degli imputati, poiché nulla viene segnalato né nelle apposite voci, né nelle note (si v. doc. 2 produzione documentale parte civile, udienza 8.3,2024).
Dal diario clinico redatto dal dr. Lo.Co., medico legale del carcere, risultano due visite effettuate sul detenuto ZE. (alias di MO.), il 27.7.2017 verso le ore 13 e il 28.7.2017. Tali visite sono durate pochi secondi, come emerge dalla relazione del comm. Marrone, che registra il 27.7.2024 l'ingresso del medico nella cella n.14 alle ore 12:48:12 e l'uscita alle ore 12:48:47; mentre il 28.7.2017 l'ingresso nella cella avviene alle ore 11:20:21 e l'uscita alle ore 11:21:12. L'intervento del sanitario era stato richiesto dal preposto, l'agente Pi., che, avendo notato nel MO. un "leggero rossore" sul lato sinistro del viso, e avendolo dunque tenuto sotto osservazione, aveva assistito ad un episodio di autolesionismo.
In particolare, Piras riferiva di aver visto il detenuto, disteso sul letto, che sbatteva ripetutamente il lato sinistro del volto contro la sponda superiore del letto, piangendo e lamentandosi; invitato dall'agente a porre fine al comportamento autolesionista, il MO. avrebbe smesso (si v. nota del 27.7.2017, doc. 4 produzione documentale difesa, udienza 8.3.2024). Il dr. Co., visitato il detenuto e accertata la presenza di rossore al volto, a suo avviso compatibile con l'atto autolesionistico osservato dall'agente Pi., prescriveva l'uso di ghiaccio al bisogno, per il dolore.
Il giorno del trasferimento a Pordenone, l'Ufficio del Sanitario di Trieste redigeva due certificati attestanti "buone condizioni di salute e nulla osta al trasferimento" per KH., e "buone condizioni generali e nulla osta alla traduzioni per MO.
Giunti presso la Casa Circondariale di Pordenone, i due imputati venivano visitati dalla dr.ssa Ye. che, diversamente da quanto attestato dall'Ufficio Sanitario triestino, dava atto della presenza di varie lesioni sui detenuti. In particolare, nel referto relativo a MO. ha segnalato la presenza di segni di presunta violenza o di maltrattamento quali: "ematoma sotto-orbitale sinistro, 3 graffi lineari al collo, *** ferita lineare superficiale zona lombare con lieve ecchimosi, piccola escoriazione braccio destro, ecchimosi spalla destra, deambulazione lievemente zoppicanti (si v. doc. 3, aff. 207, produzione documentale parte civile, udienza 8.3.2024). Nel referto della visita su KH. ha riportato, invece, "piccola escoriazione angolo occhio destro" (si v. doc. 3, aff. 211, produzione documentale parte civile, udienza 8.3.2024).
L'imputato MO., infine, è stato visitato anche da un medico incaricato dalla difesa, il dr. Ts., dapprima il 2.8.2017 e, successivamente, un anno dopo.
Il referto redatto dopo la prima visita riporta "ematoma sotto palpebrale sinistro in fase dì assorbimento. I due canali uditivi sono iperemia [...] presenza di una ferita lacerativa di circa 8 cm paravertebrale dx-sx tra l'ultima toracica e L-4; muscoli dorsali tesi bilateralmente con difficoltà ai movimenti di flessione del tronco e del dorso [...]. Deambulanza con zippia sinistra. Riferisce ipoacusia bilaterale e dispnea da sfotto per i dolori da parete, gonalgia sinistra. [...] la maglietta indossata porta ancora macchie di sangue e il paziente dice dì avere avuto epistassi da trauma contusivo" (si v. doc 5 produzione documentale parte civile, udienza 8.3.2024).
Sulla compatibilità delle lesioni con le cause riferite dai detenuti i medici intervenuti hanno assunto posizioni divergenti. La dr.ssa Ye. ha ritenuto non valutabile la circostanza; il dr. Ts. ha ritenuto le lesioni refertate sul MO. non compatibili con l'atto autolesionista segnalato, e in generale non auto procurate ("secondo la sua esperienza le ferite che lei aveva visto sul corpo del Mo. nell'agosto del 2017 non potevano essere autoinflitte}" ha risposto: "per me no. Purtroppo, dove erano messe, come erano e quelle dietro, per me non erano auto procurate (si v. p. 6 trascrizioni udienza 24.5.2024); mentre il dr. Co., pur non ricordando né gli imputati né la visita, ha confermato quanto indicato nel diario clinico, sottolineando che, in ogni caso, "he le lesioni a volte si manifestano in modo evidente nel corso dei giorni successivi all'evento lesivo (si v. pag. 25 trascrizione udienza 8.3.2024).
Sulla compatibilità delle lesioni accertate con le dichiarazioni dei detenuti si è, infine, espresso il dr. Stefano D'Errico, su incarico della Procura della Repubblica, nell'ambito del procedimento iscritto per lesioni a carico di Be.Ma. e già archiviato.
Egli ha ritenuto che la lesione refertata su KH. dovesse ritenersi incompatibile con l'aggressione per come descritta. Per quanto riguarda, invece, le lesioni refertate su MO., ha ritenuto fossero compatibili "tanto con una evenienza etero-aggressiva, quanto con una evenienza accidentale ed anche con un evenienza autolesiva come quella riportata nel diario clinico".
Infine, per quanto riguarda l'identificazione dei soggetti responsabili dell'aggressione - dunque persone offese del delitto di calunnia - i due imputati non sono stati in grado di indicare con precisione, né in fase di s.i.t. (per MO.), né in sede di denuncia-querela, gli autori del presunto pestaggio. Il MO., il 4.10.2017 ha riferito che "quando mi trovavo in questa stanca sono entrate più persone ed ognuna mi colpiva [...] solo uno non indossava la divisa da polizia del carcere. Gli altri avevano la divisa. Adesso non ricordo bene persone, poiché erano diverse. [...] alcuni erano di alta statura altri bassi. Alcuni avevano i capelli color castano, altri non ricordo anche perché non era in grado di concentrarmi" (si v. verbale di s.i.t. aff. 42-43, doc. 6 produzione documentale parte civile, udienza 8.3.2024).
Solo nel 2019, a seguito delle investigazioni difensive i cui esiti sono confluiti in atti, venivano individuati due dei plurimi autori delle aggressioni: un detenuto e l'agente penitenziario Mariano Beninati.
L'identificazione è stata eseguita esibendo al detenuto MO. quattro fotogrammi contenuti nel fascicolo delle indagini, estrapolati dal sistema di videosorveglianza; l'imputato ha riconosciuto i due soggetti ritratti nei fotogrammi esibitigli: l'agente in divisa (fotogrammi n. 1 e 2) e l'uomo con i tatuaggi (fotogrammi n. 3 e 4). L'imputato KH. ha, invece, visionato il filmato del sistema di videosorveglianza, riconoscendo "l'agente che indossa i guanti neri, ricordo con esattezza che quell'assistente carcerario mi ha preso a calci per primo e per ultimo [...] riconosco le due persone non in divisa [...] quella è la persona tatuata a cui mi riferisco in denunciò'.
I fotogrammi venivano, dunque, esibiti al comm. Marrone per l'identificazione dei soggetti ritratti. Costui sentito a s.i.t. il 12.12.2020 ha riconosciuto l'assistente capo Mariano Beninati nella persona in divisa, mentre ha confermato che le persone in abiti civili erano detenuti, ma non ne conosceva le generalità.
L'imputato MO., all'udienza del 24.5.2024 si è sottoposto ad esame dibattimentale.
In particolare, ha riferito, pur con una certa difficoltà di memoria, di essere stato aggredito da più persone (quattro o cinque), in un'area collocata sopra a delle scale: "quando sono che salivo la scala ha cominciato la Poliziotto sberle o pugni. [...] sono entrato in una stanca... cioè, là c'è piccola cella. C'è zaino, borse e un piccolo tavolo, una sedia. Mi ha detto: "firma". Io guardava carte, carte pulite, non c'è scritto niente. Io ho detto "cosa firmo?". Quando preso penna loro cominciato sberle,
pugni, mi ha buttato per terra [...] c'era uno vestito normale e Impreso la schiena. Poi io ho urlato. Ho urlato e un altro assistente che ha preso così e dopo mi ha preso la mano e portato in una stanca di isolamento'' (si v. pag. 28 trascrizioni udienza 8.3.2024). In merito al riconoscimento di un solo agente, ossia l'assistente capo Ma. Be., l'imputato, dopo aver nuovamente visto il fotogramma già esibitogli nel 2019, ha confermato di riconoscere l'agente con gli occhiali che è ritratto nel corridoio; sollecitato dalla difesa di parte civile, ha riferito di non conoscerne il nome, ma di riconoscerlo solo di faccia (si v. pag. 35 trascrizioni udienza 8.3.2024). Richiestogli perché non avesse mai fornito una descrizione degli aggressori, utilizzabile in fase di indagini, ha risposto con poca chiarezza, rimarcando la circostanza che "io non aliavo la testd', come dire che non era stato in grado di guardare con attenzione le fattezze di chi lo aveva malmenato, concentrando la descrizione del racconto sul ruolo svolto dall'uomo tatuato.
Ricostruiti in tali termini gli aspetti più rilevanti del caso de quo, occorre evidenziare anzitutto come le plurime e non del tutto conformi dichiarazioni accusatorie rese dagli imputati abbiano ostacolato un efficace sviluppo delle indagini.
Di non scarso rilievo è la mancata acquisizione delle riprese del sistema di videosorveglianza relativo alle aree di primo ingresso dei detenuti e dei piani superiori; luoghi in cui - a dire degli imputati - sarebbero effettivamente avvenute le aggressioni. L'unico elemento valorizzabile è riportato nella relazione del comm. Ma., nella quale si colloca l'ingresso presso l'istituto penitenziario alle ore 9:23, con registrazione dei detenuti alle ore 9:50 e accompagnamento presso le celle alle ore 10:23 (per KH.) e alle ore 10:43 (per MO.). Cosa sia avvenuto in quell'arco temporale, in difetto delle videoriprese, non può essere chiarito e provato. Il difetto di tale elemento probatorio, dipendente certo dall'assoluta genericità delle prime dichiarazioni rese dai detenuti, non permette di ritenere provate le aggressioni.
Tuttavia, alla luce della documentazione sanitaria in atti, emerge che i detenuti, odierni imputati, al momento del loro ingresso in carcere a Trieste il 27.7.2017, erano in buono stato di salute, senza lesioni o problematiche meritevoli di segnalazione. Invece, al momento del loro trasferimento ed ingresso nella Casa Circondariale di Pordenone il 29.7.2017, sono state refertate sui detenuti, ed in particolare sul MO., plurime lesioni al volto e al resto del corpo. L'origine di tali lesioni non è stata accertata, essendo state le stesse ritenute compatibili tanto con una genesi etero-aggressiva, quanto accidentale o autolesiva.
Infine, per quanto riguarda l'identificazione dei responsabili dell'aggressione, occorre sottolineare come essa sia avvenuta molto tempo dopo i fatti (ossia nel 2019) e in modo "irrituale". Il riconoscimento dei responsabili di un delitto dovrebbe avvenire libero da qualsiasi condizionamento connesso alla presenza di elementi suggestivi. Tuttavia, nel caso di specie, gli imputati hanno riconosciuto la parte civile, Ma.Be., dopo averlo visto fotografato sul luogo e durante l'orario di lavoro, in divisa, ritratto assieme ad un uomo
tatuato (già da loro segnalato in querela). Gli imputati hanno, dunque, riconosciuto un soggetto collocato in uno spazio-tempo suggestivo, che non ha loro offerto elementi di alternatività, e che ha potenzialmente svolto un ruolo determinante nel consolidamento del ricordo legato a quell'episodio nella memoria negli imputati. Un tanto emerge anche dall'esame dibattimentale dell'imputato MO. Infatti, egli non ha saputo fornire una descrizione del Be., né ha saputo spiegare perché nelle precedenti dichiarazioni non avesse mai indicato elementi utilizzabili per l'individuazione degli autori dell'aggressione.
Gli imputati hanno, in conclusione, denunciato un fatto - potenzialmente verosimile, del quale non è stata fornita però alcuna prova valorizzabile per chiarirne tempi, modi e autori - attribuendolo ad un soggetto di cui, alla luce dell'istruttoria dibattimentale, non può ritenersi provata la colpevolezza ovvero l'estraneità ai fatti.
Il delitto di calunnia richiede una condotta a forma vincolata consistente nell'attribuzione di un fatto di reato (reale o simulato) ad un soggetto determinato, o determinabile, che si sa essere innocente. Il dolo richiesto dalla fattispecie riguarda, pertanto, la volontà di incolpare chi si sa, per certo, essere innocente. Di conseguenza, il dolo deve essere escluso quando l'agente sia convinto della colpevolezza dell'incolpato.
Pertanto, premesso che non è stata provata la falsità delle dichiarazioni rese dagli imputati, non può affermarsi che l'aggressione non sia mai avvenuta.
Peraltro, non può neanche affermarsi con assoluta certezza che l'individuazione di Mario Beninati come uno degli autori del pestaggio sia frutto di una volontaria e cosciente incolpazione strumentale di un soggetto che sapevano fosse innocente, ben potendosi ritenere che gli imputati fossero convinti della colpevolezza del Beninati. Sulla scorta delle anzidette considerazioni, s'impone l'assoluzione degli imputati per difetto della prova dell'elemento soggettivo del reato a loro ascritto.
La motivazione è riservata nel termine di giorni novanta per ragioni di carattere organizzativo.
P.Q.M.
Letto l'art. 530 c.p.p.
ASSOLVE
Mo.Mu. (c.u.i. 05981PE) e Kh.Zu. (c.u.i. 058ILE4) dal reato a loro ascritto perché il fatto non costituisce reato.
Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni novanta.
Così deciso in Trieste il 7 giugno 2024.
Depositata in Segreteria il 27 agosto 2024