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Furto con destrezza: distinzione dallo strappo e improcedibilità per mancanza di querela valida (Giudice Martino Aurigemma)

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Tribunale Nola, 14/05/2024, n.700

Il furto con destrezza si configura quando l'agente, attraverso particolari abilità o stratagemmi, elude la sorveglianza del detentore per impossessarsi del bene, differenziandosi dal furto con strappo che richiede l'esercizio di violenza sulla cosa. In assenza di querela valida, il reato è improcedibile ai sensi dell’art. 624, comma 3, c.p., nel testo introdotto dal d.lgs. 150/2022, applicabile retroattivamente come norma più favorevole.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso dal g.u.p. sede il 10 novembre 2023 Ih.St. venne rinviato a giudizio davanti a questo Tribunale per rispondere del reato di rapina ipotizzato a suo carico nell'imputazione trascritta in epigrafe.

All'udienza del 01 febbraio 2024 il Tribunale, dichiarato aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti, rinviò il processo, per l'esame dei testi d'accusa, al 4 aprile 2024.

Nel corso dell'udienza odierna è stato escusso il brigadiere Vi.Ru., in servizio presso la Stazione CC di Nola, sentito il quale sono stati acquisiti al fascicolo per il dibattimento, con l'accordo delle parti, il verbale di rinvenimento, riconoscimento e restituzione di telefono cellulare del 26 luglio 2021 e l'annotazione di p.g. del 27 luglio 2021; è stata escussa, quindi, la persona offesa D.Ca., all'esito della cui deposizione il p.m. ha prodotto il biglietto ferroviario e la fotocopia del documento di identità dell'imputato sottoposti in visione al teste nel corso dell'esame.

Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti hanno formulato ed illustrato, quindi, le proprie conclusioni ed il Tribunale, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per deliberare, ha reso pubblica la sentenza, dando lettura del dispositivo allegato al verbale.

La vicenda che è all'origine del presente procedimento, per come è stato possibile ricostruirla attraverso l'istruttoria dibattimentale può essere tratteggiata nel modo che segue.

Verso le 18.20 del 26 luglio 2021 il brigadiere Mi.Ru. e l'appuntato scelto Da.D'A., entrambi in forza alla Sezione Radiomobile della Compagnia Ce di Nola, si recarono, su richiesta della centrale operativa, in via (…), dove il richiedente l'intervento, il diciassettenne D.Ca., sosteneva di aver ritrovato il proprio telefono cellulare, sottrattogli il giorno precedente, nelle mani di uno straniero, dal quale stava provando a farselo restituire.

Giunti sul posto, i militari operanti identificarono il D.Ca. e l'uomo dal quale lo stesso assumeva di essere stato derubato, il cittadino ucraino Ih.St., nato il (…).

Nell'immediatezza dei fatti il ragazzo riferì che il giorno prima, mentre si trovava a bordo di un treno regionale, nella tratta che da Palma Campania conduce a Salerno, lo St. gli aveva sottratto "con violenza" il telefono cellulare, da lui rintracciato, poi, grazie ad un'applicazione installata sul dispositivo, che gli aveva consentito di geolocalizzarlo in via (…), a Nola. Recatosi sul posto, il D.Ca. aveva immediatamente riconosciuto lo St., che aveva ancora tra le mani il suo telefono, ed era riuscito a reimpossessarsene; ne era scaturita un'accesa discussione con l'imputato, e la persona offesa, temendo che la situazione potesse degenerare, aveva contattato il "112", sollecitando l'intervento delle forze dell'ordine.

Poco dopo, verso le 20.30, il D.Ca. (ancora minorenne, in quel momento, come detto) si presentò negli uffici della Compagnia CC di Nola, accompagnato dal suo fratello maggiore, Ba. (ventitreenne), che sporse denuncia, confermando e precisando le circostanze già riferite per le vie brevi ai carabinieri da Fr.Pi.

Il demandante dichiarò, in particolare, che suo fratello gli aveva raccontato di essere stato avvicinato, il giorno prima, durante il viaggio in treno, subito dopo Palma Campania, da uno straniero, che dopo averlo spinto, fin quasi a farlo cadere, gli aveva sottratto il telefono cellulare, un (…), del valore di circa 990 euro, sfilandolo dalla tasca anteriore destra dei suoi pantaloni. Impossessatosi del telefono, alla prima fermata utile il malvivente era sceso dal treno, facendo perdere le proprie tracce.

Il giorno seguente, servendosi dell'applicazione "Trova il mio I-Phone" installata sul telefono rubato, il denunciante era riuscito a localizzarlo in via (…), a Nola, e aveva detto a suo fratello di recarsi sul posto per recuperarlo, operazione che il ragazzo era riuscito, non senza difficoltà, a portare a termine. Portatosi in via (…) in compagnia di alcuni amici, Fr.Pi. aveva riconosciuto, infatti, il ladro, che si trovava davanti ad un bar, con il suo telefono in mano, e gli aveva chiesto di restituirglielo; di fronte al rifiuto dell'uomo, che aveva opposto resistenza, affermando che il telefono era di sua proprietà, il ragazzo, con mossa repentina, glielo aveva sfilato dalle mani, reimpossessandosi del dispositivo mobile.

Nel corso del suo esame dibattimentale il D.Ca. ha confermato, per grandi linee, la ricostruzione dei fatti prospettata in denuncia da suo fratello Ba., precisando, tuttavia, di non essersi reso conto, sul momento, di essere stato derubato.

Il teste ha riferito, più in particolare, sul punto, di essersi sentito spingere da dietro, una sola volta, sulle spalle ("una spinta normale"), di essersi girato e di aver pensato, inizialmente, che l'uomo che gli era rovinato addosso - lo stesso che avrebbe ritrovato il giorno dopo, in via (…), a Nola, con il suo telefono in mano (successivamente identificato dai carabinieri, come detto, nell'odierno imputato) - avesse perso l'equilibrio a causa delle oscillazioni determinate dai movimenti del treno; solo alcuni minuti più tardi, giunto quasi alla fine del viaggio, si era accorto di non avere più con sé il telefono cellulare, che custodiva, al momento del furto, nella tasca dei pantaloni.

Il D.Ca. ha precisato, infine, di essersi fatto accompagnare in Caserma da suo fratello Ba. (che aveva sporto denuncia in sua vece, come si è visto) e non da sua madre perché quest'ultima, in quel momento, si trovava al lavoro. Sulla scorta degli elementi di prova appena passati in rassegna, ritiene il Collegio che l'imputato debba essere prosciolto dal reato di furto con destrezza, così diversamente qualificato il fatto a lui ascritto nel decreto di rinvio a giudizio, in quanto l'azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata nei suoi confronti, in relazione a tale diverso reato, per difetto di querela.

Tenuto conto, infatti, della ricostruzione dei fatti offerta in dibattimento dal D.Ca., che ha riferito, come detto di essere stato spinto alle spalle, una sola volta, dallo St., di aver pensato, inizialmente, che lo stesso avesse perso l'equilibrio e di essersi accorto soltanto dopo, a distanza di qualche minuto, di essere stato derubato, appare evidente che la violenza esercitata dell'imputato -ammesso che di violenza possa parlarsi - nei confronti della vittima designata non fosse preordinata a vincere la resistenza di quest'ultima, coartando la sua libertà di autodeterminazione, e a sottrarle il bene avuto di mira, ma abbia costituito, piuttosto, un espediente per distogliere la sua attenzione e portare a termine più agevolmente il furto, consumato, con tutta probabilità, in quello stesso frangente, o subito dopo.

Ciò posto, la condotta dell'imputato non appare in alcun modo riconducibile al paradigma della rapina, né tantomeno a quello del furto con strappo, evocato nel corso della discussione dal p.m., dovendo più correttamente qualificarsi come un furto con destrezza.

Per opinione ormai comunemente accolta in giurisprudenza (condivisa da questo Tribunale), l'aggravante della destrezza si caratterizza, invero, per la spiccata rapidità di azione nell'impossessamento della cosa mobile altrui, mentre lo "strappo", quale elemento costitutivo del reato di cui all'art. 624 bis c.p. "è una condotta connotata da un qualche grado di violenza, seppur esercitata sulla cosa e non sulla persona, direttamente finalizzata allo spossessamento del bene" (Cass. Pen., sez. 5, 9.6.2016, n. 44976; in tale pronuncia i giudici di legittimità, applicando il criterio discretivo appena enunciato, hanno riqualificato come furto con destrezza la condotta di tre giovani, originariamente contestata come furto con strappo, che, dopo aver avvicinato la vittima ed averla distratta, facendole perdere l'equilibrio con uno sgambetto, le avevano sfilato il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni).

Nello stesso ordine di idee, pronunciandosi su di una vicenda analoga a quella in esame (si trattava, più in particolare, di un furto perpetrato con la cosiddetta "tecnica dell'abbraccio", vale a dire attraverso una manovra di avvicinamento alla vittima che aveva consentito di attuare il contatto fisico necessario per impossessarsi dei valori portati indosso dalla stessa), la Suprema Corte ha avuto modo di statuire che nel furto l'aggravante della destrezza si configura ogniqualvolta l'agente "abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza e idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo" (Cass. pen., sez. 4, 18.12.2019, n. 139).

Ricondotto, quindi, il fatto in contestazione al reato di furto con destrezza, non può che emettersi sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in relazione a tale diverso reato - perseguibile, a norma dell'art. 624, co. 3, c.p., nel testo attualmente vigente, a querela di parte - per mancanza della prescritta condizione di procedibilità.

Deve rilevarsi, invero, che, secondo l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, pienamente condiviso da questo Collegio, le modifiche del regime di procedibilità dei reati sono riconducibili alla disciplina della successione di leggi penali nel tempo dettata dall'art. 2 c.p., e ciò in quanto la querela è un istituto di natura mista, sostanziale e processuale, che costituisce, al tempo stesso, condizione di procedibilità e di punibilità (cfr. da ultimo, sul punto, Cass. pen. sez. II, 9.1.2020, n. 14987).

Ciò posto, in caso di modifiche del regime di procedibilità che diano vita ad una disciplina più vantaggioso per l'imputato, introducendo la procedibilità a querela di parte per un reato precedentemente procedibile d'ufficio, è senz'altro applicabile il principio di retroattività della norma penale più favorevole all'agente, costituzionalizzato nell'art. 25, co. 2, Cost. (cfr. Cass. pen., sez. II, 1.2.2022, n. 4800), in virtù del quale detta disciplina sarà applicabile anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore.

Tanto premesso sul piano generale, deve rilevarsi che il reato di furto con destrezza, in relazione al quale l'azione penale, all'epoca dei fatti (il 25 luglio 2022), poteva essere esercitata d'ufficio, è procedibile, oggi, solo a querela di parte. Il terzo comma dell'art. 624 c.p., nel testo introdotto dall'art. 2, co. 1, lett. i), del d.lgs. 150/2022 (in vigore dal 30 dicembre 2022), statuisce, infatti, che il delitto di furto, salvo che ricorrano talune circostanze aggravanti (insussistenti nel caso in esame), è punibile a querela della persona offesa.

Ebbene, dovendo trovare applicazione, nel caso in esame, il principio cardine in materia di successione delle leggi penali nel tempo, quello della retroattività della norma favorevole all'agente, appare evidente che il regime di procedibilità del reato di furto con destrezza - il solo configurabile a carico dell'imputato - non può che essere quello (più favorevole) introdotto dall'art. 2, co. 1, lett. i) del d.lgs. 150/22.

Ciò posto, considerato che la vittima del reato, D.Ca., all'epoca dei fatti diciassettenne, non ha sporto querela nei confronti dell'autore del reato - come pure avrebbe potuto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, in forza del combinato disposto degli artt. 120, co. 3, c.p. e 336 c.p.p., delegando, di fatto, il compimento dell'atto a suo fratello Bartolomeo, ad un soggetto, cioè, non legittimato a farlo, in quanto estraneo ai fatti in contestazione, privo di potere di rappresentanza ex lege e sprovvisto di procura speciale, l'imputato deve essere prosciolto dal reato di cui si è detto, ex art. 529 c.p.p., in quanto l'azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata nei suoi confronti per difetto di querela. Tenuto conto della complessità delle questioni di fatto e di diritto sottese alla presente decisione, si ritiene opportuno fissare in quaranta giorni il termine per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
Letto l'art. 529 c.p.p.,

dichiara non doversi procedere nei confronti di St.Ih., in ordine al reato di furto con destrezza, così diversamente qualificato il fatto a lui ascritto nel decreto che dispone il giudizio, in quanto l'azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata nei suoi confronti per difetto di querela.

Letto l'art. 544, co. 3, c.p.p., fissa in quaranta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola il 4 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2024.

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