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Indebita percezione del reddito di cittadinanza: dolo specifico e irrilevanza della tenuità dell'offesa (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

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Tribunale Nola sez. I, 02/10/2023,, n.1599

Il delitto di indebita percezione del reddito di cittadinanza di cui all'art. 7 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in legge 28 marzo 2019, n. 26, si configura solo quando le omissioni o le false dichiarazioni contenute nell'autodichiarazione siano finalizzate all'ottenimento di un beneficio non spettante o spettante in misura inferiore, integrando così il dolo specifico richiesto dalla fattispecie. La particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. non è applicabile in relazione a condotte volte a ottenere indebitamente un beneficio economico a danno dello Stato.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. - sede - in data 14.10.2022, To.Ju. veniva tratta a giudizio di questo Tribunale per rispondere del reato ascrittole in epigrafe. All'udienza del 20.02.2023, dichiarata l'assenza dell'imputata, ritualmente citata e non comparsa, si dichiarava aperto il dibattimento e si ammettevano le prove orali e documentali richieste dalle parti. All'udienza del 22.05.2023, si procedeva all'escussione del teste del Pm Be.Al.. All'odierna udienza, dichiarata la chiusura dell'istruttoria dibattimentale, uditi il Pubblico Ministero e la difesa, all'esito della camera di consiglio, veniva data pubblica lettura del dispositivo di sentenza, riservandosi il deposito delle motivazioni nei termini di legge.

Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che l'istruttoria dibattimentale abbia comprovato la penale responsabilità dell'imputata in relazione al reato ascrittole in rubrica.

Giova premettere che i commi 1 e 2 dell'art. 7 D.L. 4/2019 hanno introdotto due differenti fattispecie criminose, con l'intento di sanzionare rispettivamente la condotta di chi, mediante falsità, agisce per ottenere indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza e di chi, di converso, mira a conservarlo nonostante non sussistano più i requisiti ex lege.

Pur avendo dei tratti comuni - trattandosi di due reati di condotta, di pericolo e plurioffensivi - i predetti illeciti si differenziano in punto di elemento soggettivo.

Invero, mentre per integrare il delitto di cui al c. 1 dell'art. 7 D.L. 4/2019 è necessaria la sussistenza del dolo specifico (la condotta deve essere finalizzata all'indebito ottenimento del beneficio), per il comma 2 il Legislatore richiede esclusivamente il dolo generico.

Tale ultima fattispecie si realizza alla scadenza dei termini previsti dall'art. 3, commi 8, 9 e 11 D.L. 4/2019, per la comunicazione all'Amministrazione delle cause di revoca o riduzione del reddito di cittadinanza.

Ciò posto, il dibattito giurisprudenziale vede contrapporsi due distinte tesi in ordine all'esatta qualificazione giuridica del delitto di cui all'art. 7 D.L. n. 4/2019 e del quantum probatorio necessario ai fini dell'integrazione del predetto reato.

Se, da un Iato, la Cassazione si è espressa sancendo il seguente principio di diritto: "integrano il delitto di cui l'art. 7, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, le false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito dì cittadinanza", indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio (Cfr. Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 5289 del 25/10/2019), dall'altro un più recente e difforme orientamento della Suprema Corte (Cfr. Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 44366 del 15/09/2021) ha statuito quanto segue: "integrano il delitto di cui all'art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modifiche, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito di cittadinanza" o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, solo ove le stesse siano strumentali al conseguimento del beneficio, cui altrimenti non si avrebbe diritto.

Orbene, le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute con sentenza del 13.07.2023 accedendo all'orientamento più garantista sancendo che il legislatore, sancendo che "le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza integrano il delitto di cui all'art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modifiche, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 solo se finalizzate ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura inferiore".

Ciò premesso, nel caso di specie, l'istruttoria dibattimentale ha dimostrato che l'omissione posta in essere dall'odierna imputata (la quale dichiarava di essere residente in Italia da circa 10 anni, benché la sua prima iscrizione anagrafica sul territorio italiano risalisse nel Comune di Saviano in data 22.09.2017, circostanza corroborata da accertamenti esperiti all'Anagrafe Nazionale e all'Ufficio Anagrafe del Comune di Saviano) ha avuto efficacia causale diretta ai fini dell'erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza. Sul punto, il teste Be. ha chiarito che in assenza del requisito della residenza in Italia da 10 anni, l'imputata non poteva in alcun modo beneficiare del reddito di cittadinanza.

L'imputata, dal canto suo, rimasta assente per tutto il corso del dibattimento, non ha fornito alcuna ricostruzione alternativa valida a scardinare l'impianto accusatorio pacificamente cristallizzatosi nei suoi confronti.

Affermata la penale responsabilità dell'imputata, non può accogliersi l'invocata richiesta difensiva di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. atteso che la condotta mendace posta in essere non può dirsi connotata dai caratteri della particolare tenuità dell'offesa essendo la stessa volta alla percezione di un beneficio economico mensile ai danni dello Stato.

Passando al trattamento sanzionatorio, in assenza di alcun elemento positivamente valutabile nella condotta posta in essere dall'imputata, non si ritengono concedibili le circostanze attenuanti generiche.

Per l'effetto, in applicazione dei parametri di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p., appare equo irrogare a To.Ju. la pena finale di anni due di reclusione (minimo di legge).

Consegue per legge, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali.

Può concedersi all'imputata l'invocato beneficio della sospensione condizionale della pena, apparendo presumibile che la stessa si asterrà, per il futuro, dal commettere ulteriori reati e non ostandovi precedenti penali a suo carico.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara To.Ju. colpevole del reato ascrittole in rubrica e, per l'effetto, la condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa.

Motivi contestuali.

Così deciso in Nola il 2 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2023.

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