Corte appello Perugia, 31/05/2024, n.190
In caso di truffa online, è configurabile l'aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5 c.p., quando l'autore del reato approfitti consapevolmente delle condizioni di luogo che, in ragione della distanza tra le parti, ostacolano la privata difesa della vittima, favorendo la schermatura dell’identità dell’agente e rendendo inefficace il controllo preventivo sul bene oggetto della compravendita. La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. non è applicabile in presenza di tale aggravante.
Svolgimento del processo
Con sentenza emessa in data 6.7.2022 il Tribunale di Perugia riteneva To.Mi. responsabile del reato di cui all'art. 640 co. 2 n. 2 bis e 61 n.5 c.p. perché, profittando delle circostanze di luogo che, in ragione della distanza tra le parti, ostacolavano la privata difesa della persona offesa Ca.Lu., con artifizi e raggiri, induceva in errore la p.o. sulla effettività della trattativa e dell'acquisto di una borsa da donna marca "Za." al prezzo di euro 150,00, inserita falsamente in vendita sul sito ori line (…), procurandosi l'ingiusto profitto di pari importo accreditato dalla Ca. sulla poste pay intestata alla To. senza consegnare la borsa.
All'esito dell'istruttoria dibattimentale il giudice di primo grado, esclusa la sussistenza della contestata recidiva, e concesse le attenuanti generiche valutate come prevalenti sull'aggravanti di cui all'art. 640 co. 2 n.2 bis c.p., la condannava alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 34,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile liquidati in Euro 152,00 oltre rivalutazione ed interessi ed alle spese di difesa sostenute dalla medesima parte civile.
1) Nel ricostruire la vicenda il giudice di primo grado dava conto di quanto riferito dalla persona offesa la quale aveva notando sul sito internet "(…)" una inserzione relativa alla vendita di una borsa marca "Za." al prezzo di euro 150,00; contattava tramite Whatsapp la venditrice che, sempre tramite messaggistica, le inviava il numero di carta Poste pay intestata alla imputata ove effettuare il pagamento ed ove il giorno 9/1/2018 provvedeva al versamento della somma richiesta.
Malgrado reiterate richieste e solleciti l'imputata non inviava la borsa acquistata tanto che la Ca. denunciava l'episodio alle forze dell'ordine le quali effettuavano una perquisizione presso l'abitazione della To. ove rinvenivano e sequestravano la Pospepay sulla quale era stata accreditata la somma di Euro 150,00, attivata dall'imputata e rimasta costantemente nella sua disponibilità e che era stata utilizzata abitualmente.
Elementi alla luce dei quali il Tribunale aveva ritenuto accertata la penale responsabilità della To. escludendo che, nel caso di specie, la stessa potesse essere assolta per la particolare tenuità del fatto.
2) Avverso la sentenza l'imputata proponeva tempestivo appello.
Con un primo motivo si osservava come non vi fosse alcuna prova certa quanto alla sussistenza del reato in quanto non vi era prova della omessa spedizione della borsa da parte della To. la quale, nel corso della corrispondenza intercorsa con la persona offesa, aveva sempre affermato di averla spedita.
Con un secondo motivo si chiedeva l'esclusione della circostanza aggravante contestata in quanto nel caso di specie l'imputata aveva fornito alla persona offesa i suoi dati reali e non aveva occultato le proprie generalità.
In via subordinata la difesa chiedeva, l'assoluzione della stessa per tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p., in quanto in ogni caso ci si trovava di fronte ad una condotta connotata da un esiguo profitto del reato.
All'odierna udienza la Corte prendeva atto della regolarità della notifica del decreto di citazione all'imputata e delle note scritte depositare dalle parti ed emetteva dispositivo che depositava in cancelleria. L'odierna udienza veniva celebrata infatti con modalità "cartolare" ai sensi del D.L. 9/11/2020 n.149 convertito con modifiche dalla L. n. 177 del 18/12/2020, non essendo pervenute istanze di celebrazione del giudizio in presenza.
Motivi della decisione
Ritiene la Corte come l'appello proposto dalla difesa di Mi.To. sia infondato e debba pertanto essere rigettato e la sentenza di primo grado confermata.
3) La sentenza di primo grado, le cui argomentazioni questa Corte condivide, ha ricostruito compiutamente la vicenda.
Con riferimento ai motivi di appello si osserva come le numerose comunicazioni via messaggio danno conto della esistenza delle trattative tra le parti nel corso delle quali l'imputata aveva inviato alla Ca. anche immagini della borsa, come richiesto dalla persona offesa al fine di dimostrare la serietà dell'offerta. L'imputata per rassicurare la persona offesa, che afferma di non avere alcuna garanzia e che aveva chiesto informazioni sulla venditrice, sostiene di essere un avvocato (come afferma essere la stessa persona offesa) e figlia di un magistrato.
Afferma di chiamarsi Mi.To. sostenendo come la carta poste pay indicata fosse della sorella.
E' evidente come anche attraverso tale condotta l'imputata fornisce informazioni false per invogliare la persona offesa, se infatti così fosse, se cioè l'imputata fosse effettivamente estranea alla vicenda posta in essere da una fantomatica "sorella" avrebbe coltivato tale linea difensiva, cosa mai avvenuta.
Solo una volta eseguito il bonifico le comunicazioni della imputata si diradano sempre più, malgrado le continue richieste della persona offesa che non riceve la borsa. Malgrado specifiche richieste l'imputata non comunica mai alla persona offesa gli estremi della documentazione che comproverebbe l'avvenuta spedizione della borsa.
Comportamento che dimostra l'esistenza di una specifica condotta ingannatoria e che consente di escludere che la To. abbia spedito la borsa, che non sarebbe mai stata consegnata per un disguido o per altro motivo, e che dimostra, al contrario, come alcuna spedizione era mai avvenuta altrimenti la To. non avrebbe avuto ragione per negare la comunicazione degli estremi alla relativa documentazione all'acquirente.
In definitiva all'esito dell'espletata istruttoria non è emerso alcun elemento per sostenere che l'imputata abbia effettivamente spedito la borsa che era andata perduta dal corriere o che il corriere non aveva recapitato all'indirizzo; non risulta neppure che il corriere l'abbia restituita alla imputata, circostanza che la To. non ha mai riferito non avendo mai fornito la sua versione alternativa a quella offerta dalla Ca..
Il primo motivo di appello deve essere quindi rigettato.
4) Del pari correttamente risulta contestata e ritenuta l'aggravante.
Alla luce di una consolidata giurisprudenza "in tema di truffa "on line", è configurabile l'aggravante della minorata difesa, con riferimento all'approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l'autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall'utilizzazione dello strumento della rete" (confr. per tutte sez. 2, sentenza n. 28070 del 08/04/2021 Ce. (dep. 20/07/2021).
Si veda anche sez. 6, sentenza n. 17937 del 22/03/2017 Ce. (dep. 10/04/2017) citata dal Tribunale alla luce della quale "sussiste l'aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell'art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta.
Nel caso di specie le modalità delle risposte fornire dalla imputata avevano in concreto facilitato la truffa avendo la To. fornito informazioni false che la persona offesa non poteva verificare stante la necessità di concludere in fretta la vendita e stante la distanza tra le due protagoniste dell'episodio; fin dai primi contatti l'imputata aveva infatti sostenuto come avesse altre offerte per la vendita della borsa, così che la Ca. si era affetta a concludere l'affare limitandosi a dar credito alle false affermazioni della imputata.
5) Anche il terzo motivo di appello deve esser rigettato.
Deve infatti essere rigettata la richiesta di assoluzione dell'imputato per tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 131 bis c.p. avuto riguardo alle modalità della condotta che è connotata da una apprezzabile gravità, nonché alla luce della circostanza che la To. è soggetto aduso a simili comportamenti che devono ritenersi reiterate ed "abituali" e che escludono, quindi, l'applicabilità della norma invocata. L'imputata risulta gravata infatti da ben sette precedenti penali per reati di truffa e risulta quindi soggetto abitualmente dedito a simili condotte.
Applicabilità dell'art. 131 bis che, in ogni caso, è da escludere nell'ipotesi di contestazione dell'aggravante di cui all'art. 61 n.5 c.p. (confr. sez. 2, sentenza n. 9113 del 17/02/2021 Ud. (dep. 05/03/2021) che ha ritenuto come "la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., non è applicabile nel caso in cui l'agente abbia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, da riferire non solo alle particolari condizioni della persona, ma anche alle circostanze "di tempo" e "di luogo", contemplate dall'art. 61, comma primo, n. 5, cod. pen. (Fattispecie di truffa aggravata ex art. 640, comma secondo, n. 2 - bis), cod. pen. commessa mediante vendita "on line").
Il rigetto dell'appello comporta la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali del grado nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Visti gli artt. 605 e 592 c.p.p.,
conferma la sentenza emessa in data 6/7/2022 dal Tribunale di Perugia nei confronti di To.Mi. e dalla stessa appellata, e condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali del grado nonché alle spese sostenute dalla Parte Civile che si liquidano in Euro 1.200,00 oltre accessori di legge, IVA e CPA.
Termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Perugia il 5 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2024.