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Truffa online: artifici contrattuali e l’esclusione della tenuità del fatto

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Tribunale Bologna sez. I, 10/07/2024, n.3247

Il reato di truffa contrattuale si consuma quando l'agente, mediante artifici e raggiri, induce la vittima in errore durante la fase di trattativa e conclusione del contratto, determinandola a compiere un atto di disposizione patrimoniale. Nelle truffe online, l’uso di canali digitali e la fornitura di documentazione falsa per creare un’apparenza di serietà costituiscono condotte fraudolente idonee a integrare il reato. L'irrilevanza del fatto ex art. 131-bis c.p. è esclusa in presenza di modalità che denotano particolare insidiosità e di un danno non esiguo per le vittime.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il difensore dell'imputato come in atti, che ha concluso come in atti.

Con decreto di citazione ex art. 552 c.p.p. del 20.08.20 Ba.El. veniva tratta a giudizio in ordine ai reati descritti in epigrafe.

All'udienza del 23.l1.22 il Giudice disponeva le ricerche dell'imputata, non essendovi prova della conoscenza certa del processo da parte della stessa.

Alla successiva udienza del 15.03.23, il Giudice, dando atto dell'avvenuta notifica degli atti processuali all'imputata, ne dichiarava l'assenza; nel corso della medesima udienza, apriva il dibattimento ed ammetteva le prove richieste dalle parti.

All'udienza del 27.03.24 si dava inizio all'istruttoria dibattimentale con l'esame del teste Ta.Gi.

Il Pm rinunciava ai testi Gi.Ma. ed altri (…).

Il Giudice revocava l'ordinanza ammissiva.

All'udienza del 10.07.24 si concludeva l'istruttoria con l'esame del teste Mo.Sa.

Era dunque dichiarata la chiusura del dibattimento e le parti concludevano come da verbale.

Il teste Ta. ha riferito di aver preso in affitto assieme ad alcuni amici un appartamento per il capodanno 2018/19 attraverso il portale (…). Il Ta. assieme agli amici contattava l'inserzionista, tale Ba.El., per chiedere informazioni sulla casa. Trattavasi di una casa grande su diversi piani con giardino sita a Riccione, i ragazzi erano infatti circa una trentina. I contatti avvenivano tramite messaggi Whatsapp all'utenza mobile (…) email all'indirizzo (…); la conferma di prenotazione era poi pervenuta dalla mail (…).

Il teste ha riferito dunque di avere fatto il bonifico ali 'iban fornito dalla Ba.El. della caparra pari ad Euro 410,00 e di avere ricevuto conferma di prenotazione sia dal portale che dalla mail sopra indicata. Per maggiore garanzia gli affittuari si erano fatti inviare copia del documento d'identità della Ba.El.

Il teste ha riferito che dopo l'esecuzione del bonifico sono continuati i contatti con la Ba.El. che rispondeva puntualmente alle varie richieste di informazioni. Intorno alla metà di dicembre la Ba.El. smette di rispondere ai messaggi. n 30 dicembre, come da programma, i ragazzi decidono comunque di partire. Mentre sono in autostrada ricevono un messaggio dalla Ba.El. che gli comunica che la casa è sotto sequestro. I ragazzi si attivano per trovare un'altra sistemazione. Arrivati a Riccione si recano nel luogo in cui doveva trovarsi l'appartamento affittato loro dalla Ba.El. e si accorgono che vi è un cantiere con tanto di ruspa.

Dopo alcuni tentativi infruttuosi diretti ad ottenere la restituzione della caparra decidono di sporgere querela, delegando per l'incombete il Ta.Gi.

Il teste Mo. sentito all'udienza del 10.07.24 ha riferito di un episodio analogo.

Insieme ad alcuni amici intendeva prendere in affitto una casa per il capodanno 2018.

Trovavano annuncio su internet relativo ad una casa a Riccione e contattavano l'inserzionista Ba.El.

Elena; si accordavano tramite messaggi whatsapp e versavano la caparra di Euro 240 all'iban indicato dalla Ba.El. (…).

L'utenza telefonica utilizzata dalla Ba.El. era la (…).

Il teste ha poi riferito che verso la metà di dicembre riceveva un messaggio dalla Ba.El. con il quale gli comunicava che la casa era inagibile.

Dopo l'invio di tale messaggio la Ba.El. si rendeva irreperibile.

Il teste provava ad assumere informazioni tramite l'ente (…) ed apprendeva che nel luogo in cui doveva trovarsi la casa non risultava la presenza di immobili da cedere in locazione.

Anche in questo caso la Ba.El. aveva fornito copia della sua carta d'identità.

Sono stati inoltre acquisiti agli atti i seguenti documenti: copia carta identità Ba.El., copia bonifici bancari in favore di Ba.El., accertamento utenza telefonica, scambio mail, copia conferma prenotazione.

Ciò ricostruito in fatto deve giungersi all'affermazione di colpevolezza dell'imputata per i fatti alla stessa addebitati.

Quanto alla condotta, che rientra nella fattispecie contestata, deve rilevarsi che dall'esan1e degli atti del processo non vi sono dubbi in ordine all'autore del reato che può essere identificato in Ba.El.

Elena; sono diversi gli elementi che permettono di affermare ciò con certezza: i testi sentiti entrambi hanno riferito che la loro interlocutrice si è sempre presentata come Ba.El. ed ha loro fornito copia della carta d'identità (documento acquisito agli atti); l'iban su cui sono state versate le caparre risulta intestato a Ba.El., così come l'utenza telefonica utilizzata per gli scambi di messaggi

whatsapp e la mail con cui la Ba.El. dava indicazioni circa le modalità con cui procedere all'invio della caparra.

Venendo alla qualificazione giuridica del fatto, si rammenta che la truffa è un tipico reato di evento a condotta vincolata in cui, ad una condotta fraudolenta posta in essere attraverso artifici o raggiri, deve seguire l'induzione in errore del soggetto passivo il quale, a causa di tale errore, pone in essere un atto di disposizione patrimoniale causativo del danno.

La condotta de qua assume rilievo solo se posta in essere in connessione con una serie di fatti successivi culminanti nell'atto di disposizione patrimoniale da parte della vittima: caratteristica peculiare della truffa è infatti la cooperazione della vittima, nel senso che il soggetto agente, mediante la sua attività fraudolenta, determina che sia lo stesso soggetto passivo, una volta caduto in errore, ad incidere in maniera pregiudizievole per sé stesso, con un proprio atto sul patrimonio.

Siamo qui in presenza di una truffa contrattuale perpetrata on line in cui il soggetto agente mette un annuncio su internet, intrattiene conversazioni con il soggetto interessato, riceve l'incasso e non fornisce il bene oggetto del negozio. Si richiama una recente pronuncia della Cassazione secondo cui "in tema di truffa contrattuale, il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l'altra parte, unito a condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l'elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del reato di cui all'art. 640 cod. peno (Sez. 6, n. 10136 del 17/02/2015 - dep. 10/03/2015, Sa., Rv. 26280101).

Sulla consumazione del delitto si sono pronunciate le Sezioni Unite, chiarendo che la truffa contrattuale è un reato istantaneo e di danno, dunque si consuma con l'effettivo conseguimento del bene economico da parte dell'agente e con la definitiva perdita dello stessa in capo al soggetto passivo (Cass., S.U., 21.6.2000, n. 18 in DEG, 2000, 33, 21; in senso conforme, C., Sez. II, 13.4.2011, n. 20025 in Fisco on line, 2011, 674 nota di Altare; Cass., Sez. II, 11.12.2012, n. 49932 in C.E.D. Cass, 2012; Cass., Sez. II, 14.2.2017, n. 11102 in C.E.D. Cass, 2017).

Nel caso in esame l'istruttoria dibattimentale dà piena prova del conseguimento del profitto da parte dell'imputata costituito dall'incasso delle caparre versate dalle persone offese, che ha costituito al tempo stesso il danno ingiusto da queste ultime subito.

"Nei contratti ad esecuzione istantanea configurano il reato di truffa gli artifici e raggiri che siano posti in essere al momento della trattativa e della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato" (Cass. n. 29853 del 23/06/2016).

Nel caso di specie l'imputata ha posto in essere raggiri consistenti nell'aver indotto le vittime a confidare nella volontà di cedere in locazione l'appartamento, negozio al quale non si è poi pervenuti nonostante il versamento della caparra.

La condotta truffaldina non si è esaurita nel postare un annuncio su internet, ma si è poi perpetrata tramite invio di messaggi email nei quali veniva confermata la disponibilità dell'appartamento con tanto di indicazioni dei servizi offerti.

Tali comportamenti hanno tratto in errore le vittime, inducendole ad una dazione patrimoniale ossia il versamento della dalla caparra pari in un caso ad Euro 410 e nell'altro ad Euro 240 che ha costituito, nel contempo, il profitto conseguito dall'imputata e il danno economico riportato dai querelanti riconducibile all'errore provocato dal raggiro.

Le modalità della condotta mostrano poi la ricorrenza del dolo generico che contraddistingue la fattispecie criminosa in esame, posto che l'imputata ha palesemente ingannato le vittime e certamente agito nella consapevolezza di porre in essere un raggiro per indurre in errore e procurare per sé un profitto ingiusto.

In particolare, l'elemento che imprime al fatto il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale che, influendo sulla volontà negoziale e di uno dei due contraenti - determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo - rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria (cfr. Casso peno Sez. II, Sent., n. 39698/2019; Casso Peno Sez. II, Sent., n. 43660/2016).

Come segnalato dalla giurisprudenza di merito in casi analoghi, gli elementi da cui ricavare la sussistenza della truffa - vista l'assenza di contatti diretti e di testimoni - si incentrano in quelli ricavabili dal tenore delle comunicazioni intercorse tra le parti, dalla condotta tenuta in fase contrattuale e post contrattuale, oltre che nelle risultanze delle indagini di P.G. elementi, questi, che emergono ictu oculi dalla ricostruzione dei fatti così come sopra riportati.

Si deve peraltro sottolineare che l'imputata, rimanendo assente dal processo, non ha fornito alcuna versione alternativa rispetto a quella univocamente emergente dalle risultanze processuali.

Tale comportamento, pur rispondendo al legittimo esercizio del diritto di difendersi col silenzio, impedisce evidentemente di esplorare itinerari alternativi e di confermare una prova d'accusa da ritenersi, in ogni caso, solida ed inequivocabile (dovendosi rammentare il consolidato insegnamento della Suprema Corte secondo cui: "in tema di libero convincimento. al giudice non è precluso di valutare la condotta processuale dell'imputato coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che egli ben può considerare, in concorso di altri elementi, la portata significativa del silenzio serbato su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo", Casso 19.06.2019 n. 28008).

I fatti contestati possono essere posti in continuazione vista la contestualità temporale degli eventi e l'identità della condotta tenuta dall'imputata in entrambi gli episodi contestategli.

Nel caso in esame non può farsi ricorso all'art. !31 bis c.p.

La causa di non punibilità prevista dalla norma in esame si fonda sulla irrilevanza del fatto a causa della sua particolare tenuità; in tali casi si è in presenza di un fatto che seppur offensivo lede in maniera lieve il bene tutelato dalla norma incriminatrice.

La tenuità dell'offesa deve essere valutata con riferimento alle modalità della condotta e alla esiguità del danno; tali elementi devono essere vagliati alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p.

Nel caso in esame le modalità della condotta (truffa mediante vendita on line) portano a dover escludere la tenuità del fatto avendo l'agente approfittato di tale modalità di vendita per trarre in inganno le vittime.

L'imputata si è avvalsa di canali di commercio on line per ammantare di serietà l'affare, non desistendo dall'intento truffaldino neppure dopo essere stata contattata dalle vittime che ha più volte rassicurato in ordine alla disponibilità dell'immobile.

In una delle due circostanze contestate ha avvisato gli affittuari dell'indisponibilità del bene solo il giorno in cui questi avrebbero dovuto iniziare la locazione, rendendo necessaria la ricerca di altra sistemazione per l'alloggio a Riccione, località molto frequentata da turisti nel periodo di capodanno.

Nel caso in esame neppure può essere presa in considerazione la condotta susseguente al reato essendosi l'imputata resa irreperibile. Non sono riconoscibili le attenuanti generiche, non intravedendosene motivo alcuno, nemmeno sotto il profilo del comportamento processuale dell'imputata, in nessun modo valutabile dal momento che ella non è mai comparsa nel processo. Infine, non v'è nemmeno motivo di mitigare la pena in ordine ad ipotetiche modalità rudimentali, qui non ravvisate, della condotta in esame.

Venendo dunque al trattamento sanzionatorio, considerati i parametri di cui all'art. 133 c.p. e la continuazione tra i reati si ritiene equo e proporzionato determinare la pena finale nella misura di mesi 8 di reclusione ed Euro 200,00 di multa (pena base mesi 6 di reclusione ed Euro 100,00 di multa aumentata alla pena indicata ex art. 81 comma II c.p.).

Segue, per legge, la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Il casellario consente la sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.
Visti gli artt., 533, 535 c.p.p.

Dichiara Ba.El. colpevole dei reati lei ascritti uniti dal vincolo della continuazione e la condanna alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 200 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena condizionalmente sospesa.

Motivazione contestuale.

Così deciso in Bologna il 10 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2024.

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