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Bancarotta fraudolenta preferenziale: accollo del debito e registrazione nelle scritture contabili (Corte appello Napoli n.4314/22)


Si accolla i debiti di un'altra società prima del fallimento: è bancarotta preferenziale.


Reato: Bancarotta preferenziale

Autorità: Corte di Appello di Napoli - Terza Sezione

Esito: Conferma della sentenza di condanna


Nella sentenza di seguito riportata, viene analizzata la condotta di un imprenditore, accusato di aver commesso il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale preferenziale, in relazione all'accollo del debito e ad altre operazioni finanziarie compiute prima dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo da parte della società di cui era amministratore.

In primo grado, il tribunale ha ritenuto che il debito, realizzato tramite operazioni quali l'assunzione di debiti, prestiti, rimborsi ai soci e pagamenti non autorizzati ai creditori, costituisse un atto pregiudizievole per i creditori della società.

Tali azioni erano state compiute prima dell'ammissione al concordato preventivo, senza una chiara giustificazione o beneficio per la società o i suoi creditori.

Inoltre, tali operazioni non sembravano essere state registrate in modo adeguato nelle scritture contabili dell'azienda.

Il tribunale ha concluso che l'imputato, agendo consapevolmente in qualità di amministratore, aveva compiuto una serie di condotte lesive nei confronti dei creditori della società, violando il principio della "par condicio creditorum" e causando un pregiudizio patrimoniale alla società stessa e ai suoi creditori.

La sentenza della Corte di appello ha confermato la colpevolezza dell'imputato.



Il testo integrale della sentenza

Corte appello Napoli sez. III, 19/04/2022, (ud. 08/04/2022, dep. 19/04/2022), n.4314

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

All'udienza del 8 maggio del 2008 il Tribunale di Avellino, seconda sezione penale, ha emesso la sent. nr. 842/18, con la quale ha dichiarato Ni. Gi. colpevole del reato a lui ascritto, con esclusione delle condotte di omessa riscossione dei crediti nei confronti della società Mo. s.r.l. e del Co. Mo., dell'aumento del compenso in qualità di amministratore e della locazione del centro commerciale Mo. alla società Mo., concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti rispetto all'aggravante di cui all'art. 219, comma 2 nr. 1 c.p., lo ha condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.


Ai sensi dell'art. 216 L.F. ha dichiarato Ni. Gi. inabilitato dall'esercizio di un'impresa commerciale ed incapace di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni dieci.


Ai sensi dell'art. 29 c.p. ha dichiarato Ni. Gi. interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.


Ai sensi degli artt. 538 e segg. c.p.p. ha condannato Ni. Gi. al risarcimento dei danni in favore di ciascuna delle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede.


Ai sensi dell'art. 541 c.p.p. ha condannato Ni. Gi. al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in favore delle parti civili costituite, che ha liquidato nella somma di Euro 1500,00, oltre Iva e Cpa, ciascuna.


Contro tale sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato, chiedendo:


- L'assoluzione dell'imputato ex art. 530 c. 2 c.p.p., essendo la crisi dell'azienda determinata dalla crisi dell'economia italiana del settore immobiliare per cui la società Mi. En. faceva ricorso alla procedura di concordato preventivo liquidatorio che prevedeva il soddisfacimento integrale di tutti i creditori, attraverso la liquidazione del compendio mobiliare ed immobiliare, stimato nella misura di Euro 20.000.000,00; inoltre come indicato anche dal commissario giudiziale non potevano ravvisarsi specifici atti posti in essere dal Ni. al solo fine di recare pregiudizio ai creditori;


- L'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla costituita parte civile Va. Pa., che si sarebbe limitata a riferire di essere creditrice della società amministrata dal Ni. ed, in un secondo momento, di essere destinataria della richiesta di concordato;


- Nello specifico la difesa contesta tutte le condotte in relazione a cui è intervenuta condanna; in particolare la condotta di cui al punto a) dell'imputazione per l'accollo del debito di Euro 1.300.000,00


non potrebbe essere qualificata come atto in frode essendo stata compiuta in un periodo di imposta antecedente alla procedura di concordato preventivo da parte di una società altamente patrimonializzata ed a mezzo di operazioni esposte nel ricorso al concordato e debitamente registrate nelle scritture contabili; tale operazione non avrebbe determinato alcun danno ai creditori, non comportando alcuna modifica sostanziale tra le posizioni creditorie e debitorie delle società;


- In ordine alle condotte di cui ai punti B) e D) dell'imputazione, ovvero l'erogazione dei prestiti alla società Ka. benché la società fosse già debitrice, effettuando rimborsi ai soci di conferimenti e/o finanziamenti, trattandosi di operazioni registrate nelle scritture contabili ed esposte nel ricorso al concordato, poi omologato nel (omissis); anche tali operazioni non avrebbero creato alcun danno nei confronti dei creditori;


- In ordine alle condotte descritte al punto G) del capo di imputazione, ovvero dell'aver effettuato alcuni pagamenti dopo il deposito del ricorso per l'ammissione al concordato, la difesa osserva che la tesi del collegio sarebbe stata sconfessata proprio dalle conclusioni non solo del commissario giudiziale, ma anche del consulente tecnico di parte che disconoscevano un qualsiasi tipo di fraudolenza per tutte le condotte contestate al Ni.;


- La difesa conclude nel senso di ritenere che il mancato pagamento dei creditori sarebbe derivato da imprevedibili lungaggini giudiziarie che determinavano la svalutazione dell'immobile posto a garanzia del concordato;


- In ordine alle statuizioni civili della condanna la difesa rappresenta che il collegio avrebbe omesso di valutare che il concordato liquidatorio al 100% prevede la liquidazione totale di tutti le pretese dei creditori ammessi, con conseguente estinzione delle pretese degli stessi; tale circostanza determinerebbe un indebito vantaggio per la parte civile Ru. s.r.l., che duplicherebbe, in tal modo, le proprie pretese;


- Infine la difesa chiede la concessione delle circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulla contestata aggravante con rideterminazione della pena inflitta all'imputato.


Passando al merito della vicenda va preliminarmente precisato che oggetto dell'odierno giudizio è costituito dalla configurabilità nelle residue condotte contestate nel capo di imputazione di fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale preferenziale, poste in essere dal prevenuto, ai sensi degli artt. 216,223 e 3236 legge fall., in epoca precedente all'ammissione alla predetta procedura, tenendo conto, poi, della circostanza che il Ni., in qualità di legale rappresentante della Mi. En. s.r.l., presentava nel (omissis) domanda di ammissione al concordato preventivo, che veniva, poi, omologato dal Tribunale di Avellino il 26/4/2011.


Nella relazione del prof. Sa. veniva specificato che, al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, la Mi. En. S.r.l., di cui era amministratore Ni. Gi., fosse, certamente, in uno stato di crisi irreversibile e, quindi, di insolvenza che si era manifestato con ripetuti inadempimenti e con la carenza di mezzi finanziari adeguati.


In ordine alle operazioni ricostruite dal curatore e contestate dalla difesa va osservato quanto segue; l'operazione di accollo dei debiti della società Fo., C. e Mo. Ma. nei confronti del Mo. Fo. S.r.l., per un importo complessivo di Euro 1.300.000,00, con rilascio di cambiali e concessione di ipoteca a favore di tale società, non v'è dubbio che abbia costituito un atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole per i creditori della Mi. En. s.r.l., in quanto detta società, in contropartita rispetto all'assunzione di un debito oneroso ed assistito da prelazione, acquistava crediti sostanzialmente inesigibili, senza che sussistesse un preesistente vincolo nei confronti del Mo. Fo. e senza che l'operazione servisse ad evitare il tracollo di C. e Fo., con la conseguente perdita dei valori delle relative partecipazioni.


Tale operazione compiuta un anno prima della richiesta di ammissione al concordato preventivo, costituiva un atto concretamente pericoloso per l'integrità del patrimonio sociale e, quindi, per la garanzia dei creditori, comportando l'assunzione di un rilevante debito assistito da prelazione, di cui certamente il pervenuto, tenuto conto della situazione patrimoniale e finanziaria della Mi. En. e della sua cointeressenza era, certamente, a conoscenza.


La circostanza indicata dalla difesa che il Ni., in un secondo momento presentasse un concordato preventivo liquidatorio con previsione della soddisfazione integrale dei creditori, non esclude la configurabilità del reato, in quanto, al momento del compimento dell'operazione indicata risultava evidente la pericolosità della stessa per gli interessi della società e dei suoi creditori.


Inoltre come chiarito dal commissario giudiziale, l'indicata previsione si rilevava, poi, infondata, a seguito della svalutazione dell'immobile da vendere e, quindi, l'operazione realizzata, che induceva la richiesta di concordato, danneggiava i creditori della Mi. En. s.r.l., che rimanevano, dunque, insoddisfatti dal patrimonio societario.


Infine l'assunto dedotto dalla difesa che tale operazione non avrebbe determinato alcun danno ai creditori, non comportando alcuna modifica sostanziale tra le posizioni creditorie e debitorie delle società, non ha trovato alcun elemento positivo di riscontro, risultando, anzi, fallita una delle società avvantaggiate dall'operazione, la C., circostanza in palese contrasto con il presunto saldo positivo derivato nell'interesse del gruppo scaturito dall'operazione in oggetto.


Analoghe considerazioni possono essere svolte per le operazioni di prestiti in favore della società Ka., benché tale società fosse debitrice nei confronti della Mi. En. s.r.l. della somma di Euro 192.577,00 e non fosse in grado di onorare le proprie obbligazioni, tanto da aver anch'essa richiesto l'ammissione al concordato preventivo.


Invero anche tali prestiti assunti nei confronti di una società già indebitata comportavano una prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio sociale, trattandosi di somme di danaro destinate a non essere recuperate e, dunque, sottratte ai creditori della stessa, con piena consapevolezza della pericolosità dell'operazione da parte del Ni., senza che, poi, possa assumere rilievo a tal fine la successiva proposta di un concordato liquidatorio, con previsione della soddisfazione di tutti i creditori.


Anche per tali operazioni non risulta alcun elemento tale da poterle ritenere giustificate nell'ottica del gruppo, non essendo provata la sussistenza di un saldo finale positivo e, dunque, l'esistenza di vantaggi compensativi, ed anzi, rimanendo provato che la Ka., avesse dovuto affrontare una crisi finanziaria, tale da indurla all'ammissione del concordato preventivo.


Anche le operazioni di rimborso ai soci dei conferimenti/finanziamenti per complessivi Euro 694.194,85, di cui Euro 485,122,85 alla Ka. ed Euro 199.082,00 allo stesso Ni., effettuati nell'anno (omissis), comportavano un pregiudizio patrimoniale per i creditori, in quanto tali titoli dovevano essere postergati rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.


Tale condotta era, evidentemente, volta ad avvantaggiare alcuni creditori nei confronti di altri, in violazione della "par condicio creditorum", integrando in tal senso gli estremi della bancarotta preferenziale. Analogamente, i pagamenti non autorizzati nei confronti di alcuni creditori effettuati dopo il deposito del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, con corresponsione della somma di Euro 67.900,00 a creditori che avrebbero dovuto ricevere il trattamento concordatario, integrano gli estremi del reato in contestazione, in quanto il concordato prevedeva la soddisfazione di tutti i creditori, ma senza interessi per il periodo fino al riparto.


Ed, inoltre, tale previsione legata alla valutazione del bene da vendere, poi, concretamente non si avverava data la successiva svalutazione dell'immobile de qua.


Pertanto i creditori pagati prima dell'omologazione del concordato venivano concretamente avvantaggiati rispetto agli altri poi non soddisfatti, in violazione, dunque della "par condicio creditorum", in maniera del tutto consapevole da parte dell'amministratore della Mi. En. s.r.l., che risultava ben a conoscenza della circostanza di non essere autorizzato a tali pagamenti, avendoli, quindi, effettuati proprio al fine di preferire alcuni creditori rispetto ad altri.


La Corte non dubita della piena credibilità delle dichiarazioni della p.o., Va. Pa., che riferiva di vantare, in qualità di rappresentante della Ru. sr., un credito di Euro 210.683,42 per forniture effettuate nei confronti della Mi. En. s.r.l.. e di aver ricevuto una formale comunicazione della richiesta di ammissione al concordato, in relazione alla quale la sua società esprimeva parere negativo, essendo la stessa fondata su una valutazione eccessiva del bene di liquidazione di una struttura immobiliare sita in (omissis) e risultando, altresì, compiute delle operazioni sospette in favore di altre società del gruppo Ni..


La doglianza della difesa relativa all'inutilizzabilità delle dichiarazioni della Va. non coglie nel segno risultando le dichiarazioni lineari e coerenti, pur provenendo da un soggetto costituitosi parte civile nell'odierno procedimento il cui contenuto risulta adeguatamente vagliato dal Tribunale di primo grado, nonché confrontato dalle risultanze degli accertamenti compiuti dal commissario giudiziale. L'insieme degli elementi raccolti e sopra sinteticamente illustrati prova che l'imputato abbia posto in essere, con coscienza e volontà, in qualità di amministratore, una serie di condotte distrattive di beni o di altre poste della massa patrimoniale della società ed atti lesivi della garanzia patrimoniale dei creditori, commessi prima dell'ammissione al concordato, nonché per pagamenti preferenziali eseguiti in violazione della "par condicio creditorum".


Il giudice di primo grado ha, già, valutato favorevolmente le circostanze attenuanti generiche con criterio di equivalenza rispetto all'aggravante di cui all'art. 219, comma 2 nr. 1 c.p., e non sussiste alcun motivo, nemmeno prospettato dalla difesa per effettuare una valutazione diversa da quella già resa dal giudice di primo grado.


In ordine al motivo di appello relativo alle statuizioni civili della condanna non può non osservarsi come la condotta dell'imputato abbia, certamente, arrecato alla parte civile Ru. un potenziale pregiudizio patrimoniale per aver posto in essere atti lesivi della garanzia patrimoniale dei creditori ed, in tal senso, appare del tutto legittima la condanna resa dal giudice appellato al risarcimento dei danni, al di là della soddisfazione patrimoniale per i propri crediti vantati che il creditore insoddisfatto potrà eventualmente avere in sede di esecuzione del concordato, il cui corretto ammontare verrà, poi, eventualmente determinato, in sede civile.


Il trattamento sanzionatorio risulta, del tutto adeguato ai criteri di cui all'art. 133 c.p. ed alla gravità dei fatti commessi; per tutte le ragioni svolte la sentenza di primo grado va integralmente confermata sotto il profilo della responsabilità penale del prevenuto, modificando, esclusivamente, la pena accessoria determinata dal primo giudice, in misura equivalente alla durata della pena.


PQM

Letti gli artt. 605 e segg. c.p.p. in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Avellino del 8/5/2009 emessa nei confronti di Ni. Gi. ed appellata dallo stesso, ridetermina la pena accessoria dell'inabilitazione dall'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, per la durata di anni tre.


Conferma nel resto l'impugnata sentenza.


Condanna l'imputato alle spese di costituzione e rappresentanza del presente grado di giudizio nei confronti delle costituite parti civili, che liquida nella somma di Euro 900,00 a favore della parte civile Preventivo Società


Mi. En. Rapp. dall'Avv. De Ma. ed Euro 900,00 nei confronti della "Ru. s.r.l." rappr. dall'Avv. Qu. Io.


Così deciso in Napoli, il 8 aprile 2022


Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2022



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