Tribunale Nola, 21/01/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 21/01/2021), n.129
Giudice: Raffaele Muzzica
Reato: 44 lettera c) del D.P.R. n.380/2001
Esito: Assoluzione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Sezione Penale
Il Giudice monocratico del Tribunale, dott. Raffaele Muzzica, alla
pubblica udienza del 21/1/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(con redazione contestuale dei motivi)
nei confronti di:
(...), nata a (...) il (...), residente in (...) alla via (...) -
libera, non comparsa, già assente -Difesa di fid. dall'avv. (...)
IMPUTATA
a) In ordine al reato p. dall'art. 44 lettera c) del D.P.R. n.
380/2001, perché, in qualità di proprietaria e committente,
realizzava in via (...) del Comune di (...), in assenza di permesso
di costruire, in zona sottoposta a vincolo ex artt. 131 e ss. D.L.vo
n. 42/04 (già artt. 139 e ss. D.L.vo n. 490/99), una tettoia di legno
avente le dimensioni di circa mi. 5,50 x2,70 con altezza variabile da
mi. 2,58 a mi. 2.30 munita di copertura in legno e parzialmente da
tegole ed installava su suolo comunale n. 6 paletti in ferro a sezione
quadrata dell'altezza di circa mi. 1.10 posti a recinzione del proprio
accesso secondario dell'alloggio;
b) In ordine al reato p. dall'art. 44 lett. c) del D.P.R. n. 380/2001
in relazione all'art. 181 del D. L.vo n. 42/04 (già art. 163 del D.L.vo
n. 490/99), per aver eseguito, le opere di cui al capo a) in area o su
bene sottoposto a vincolo paesaggistico ambientale in assenza
dell'autorizzazione prescritta dall'art. 146 del D.L.vo n. 42/04 (già
art. 151 D.L.vo n. 490/99);
c) In ordine al reato p. e p. dagli artt. 93 c. 1, 94 e 95 del D.P.R.
n. 380/2001 e 2 L. REG. 7/1/1983 n. 9, per aver eseguito i lavori
relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica omettendo di
depositare prima dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali presso
l'Ufficio del Genio Civile competente e senza aver prima ottenuto la
prescritta autorizzazione;
In (...), acc. il 19.12.2018
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Svolgimento del processo
Con decreto emesso in data 3/4/2019 il PM in sede citava per l'udienza del 31/10/2019 davanti al Giudice monocratico di Nola l'imputata (...), affinché rispondesse in ordine ai reati in rubrica contestati.
In tale udienza, stante la regolarità della notifica della citazione a giudizio nei confronti dell'imputata, ingiustificatamente non comparsa pur essendo assistita da un difensore di fiducia ed avendo ricevuto a mani proprie la notifica del decreto di citazione, il Giudice disponeva procedersi in assenza e, in assenza di questioni o eccezioni preliminari, dichiarava aperto il dibattimento, ammettendo i mezzi di prova così come richiesti dalle parti in quanto legittimi, non manifestamente superflui o irrilevanti.
Stante l'assenza dei testi il processo veniva rinviato all'udienza del 23/1/2020 nel quale perveniva richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore dell'imputato, impegnato in un concomitante impegno professionale. Sentite le parti, ritenuto legittimo l'impedimento, il Giudice accoglieva l'istanza, previa sospensione dei termini di prescrizione e avviso al difensore impedito, rinviando il procedimento all'udienza del 12/3/2020 (cinquanta giorni di sospensione della prescrizione).
Con decreto emesso d'ufficio in data 10/3/2020 questo Giudice, in attuazione delle disposizioni emergenziali di contrasto all'epidemia da COVID-19 e dei conseguenti decreti attuativi, differiva il procedimento, previa sospensione dei termini di prescrizione non oltre il 31/5/2020 e dandone tempestivo avviso alle parti, all'udienza del 15/10/2020. In quella sede si procedeva all'escussione dei testi Scarpato e Formisano e, sentite le parti che nulla opponevano, il Giudice revocava l'ordinanza ammissiva della prova relativa al teste (...). Il processo veniva rinviato per il prosieguo istruttorio e per la discussione del procedimento all'udienza del 21/1/2021,
In questa sede, il difensore rinunciava alla avanzata richiesta di legittimo impedimento e non essendovi ulteriore attività probatoria da compiere, veniva dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili ai fini della decisione gli atti acquisiti e, sentita la discussione delle parti, nonché le loro conclusioni, questo Giudice si ritirava in camera di consiglio, all'esito della quale dava lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza, riservando un termine per il deposito dei motivi.
Diritto
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, deve essere pronunciata sentenza di assoluzione nei confronti dell'imputata (...) in relazione al reato di cui al capo A) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e in relazione ai reati di cui ai capi B) e C) perché non punibili per particolare tenuità del fatto.
Giova sul punto evidenziare che gli elementi di prova portati al vaglio di questo Giudice sono costituiti dalle dichiarazioni rese dai testi (...) e (...), nonché dagli atti irripetibili versati nel fascicolo del dibattimento, ovvero il verbale di sequestro preventivo d'urgenza redatto dalla p.g. in data 19/12/2018, l'ordinanza di convalida ed emissione del decreto di sequestro emessa dal GIP in data 28/12/2018, dalle prove documentali in atti, ovvero il materiale fotografico ritraente lo stato dei luoghi ed allegato al verbale di sequestro, la visura catastale relativa al foglio particellare oggetto di causa con relativi stralci planimetrici, l'ordinanza di sospensione dei lavori e ingiunzione a demolire n. I del 2019 emessa dal Comune di (...).
Dalle fonti di prova utilizzabili la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita. Dalle dichiarazioni del teste Scarpati - pienamente attendibili in quanto precise e riscontrate dalle fonti documentali e dagli atti irripetibili, nonché proveniente da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, veste, questa, che lascia fondatamente ritenere assente ogni interesse privato nella vicenda - è emerso che in data 19/12/2018 personale operante della polizia municipale di (...) si recava nel territorio del Comune omonimo, precisamente in Via (...), dove, presso l'abitazione nella disponibilità di (...), notavano la realizzazione di una tettoia in legno con uno spazio interno confinante con un parcheggio del Comune di (...).
Il teste di p.g. precisava, inoltre, come confermato dalla visura catastale in atti, che il manufatto insisteva su una particella di proprietà del Comune, illecitamente occupata dalla (...). La p.g., infine, precisava che da successivi accertamenti era emersa una richiesta di regolarizzazione abitativa ai sensi della legge regionale 5/2013 presentata da (...), marito della (...).
La tettoia era costruita in legno, per dimensioni di circa mi. 5,50 x2,70 con altezza variabile da mi. 2,58 a mi. 2.30. Era inoltre munita di copertura in legno e parzialmente da tegole ed era legata al suolo comunale mediante sei paletti in ferro a sezione quadrata dell'altezza di circa mi. t .10, come confermato dal materiale fotografico versato in atti. A domanda del PM, il teste precisava che la struttura era comunque amovibile, in quanto finalizzata a riparare dalle intemperie.
Giacché la (...) era sprovvista di alcun titolo abilitativo, la polizia giudiziaria provvedeva a porre sotto sequestro il manufatto, come da verbale in atti, poi convalidato dall'autorità giudiziaria.
Il tecnico del Comune di (...), (...) - egualmente attendibile in quanto esperto del settore, incaricato di un pubblico servizio, autore di un narrato confortato dalla restante istruttoria - confermando di aver effettuato il sopralluogo congiunto con la polizia municipale, ha riferito di aver accertato in data 19/12/2018 presso l'abitazione nella disponibilità di (...) la realizzazione di una tettoia in legno, per dimensioni di circa mi. 5,50 x2,70 con altezza variabile da mi. 2,58 a mi. 2.30. Era inoltre munita di copertura in legno e parzialmente da tegole ed era legata al suolo comunale mediante sei paletti in ferro a sezione quadrata dell'altezza di circa mi, 1.10 posti. Il teste precisava che la struttura era bullonata e stabile, infissa su un muretto già esistente.
Il teste (...), inoltre, a domanda del PM confermava che la zona ove insisteva il manufatto era vincolata dal vincolo paesaggistico oltre che zona sismica, e la (...) non aveva prodotto alcuna autorizzazione né denuncia dei lavori al genio civile per le opere in questione.
Il tecnico, a domanda del Giudice, precisava che in ogni caso tanto la tettoia quanto i paletti di mantenimento non richiedevano permesso di costruire, in quanto sarebbe stata sufficiente una S.C.I.A. subordinata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, non sussistente nel caso di specie.
Così ricostruita l'istruttoria dibattimentale, ritiene questo Giudice che debba essere pronunciata sentenza di assoluzione dal reato di cui al capo A) contestato nei confronti dell'imputata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Come è pacificamente emerso dall'istruttoria dibattimentale, in data 19/12/2018 la polizia giudiziaria unitamente al tecnico del Comune di (...) riscontravano presso l'abitazione occupata dalla (...) la costruzione della tettoia descritta nel capo di imputazione. Può, tuttavia, ritenersi provato che le opere in questione non furono realizzate in assenza di permesso di costruire - come confermato dal teste (...), non necessario per i lavori in oggetto - bensì in assenza di una S.C.I.A. subordinata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
Sul punto, come è notorio, vi è stata una evoluzione giurisprudenziale in seguito ad un mutamento del quadro normativo di riferimento.
Secondo il precedente orientamento della Suprema Corte, infatti, l'esecuzione di interventi edilizi subordinati a DIA (ora SCIA) in difformità degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi configurava ugualmente il reato di cui all'art. 44, lettera A, d.P.R. 380/2001 {"In tema di reati edilizi, integra il reato di cui all'art. 44, lett. a), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 l'esecuzione di interventi edilizi - subordinali a denuncia di inizio attività (ora S.C.I.A.) - in difformità dalle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, atteso che soltanto nel caso di interventi eseguili in assenza o difformità della DIA (ora S.C.I.A.), ma in conformità alla citata disciplina, è applicabile la sanzione amministrativa prevista dall'art 37 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001" (Cass. Sez. 3, n. 952 del 07/10/2014 - dep. 13/01/2015, Parisi, Rv. 26178301).
Tale orientamento, come riconosciuto dalla stessa Suprema Corte, non può più ritenersi valido dopo la riforma della disciplina urbanistica avvenuta con l'approvazione del d. Lgs. 25 novembre 2016, n. 222.
Con tale innovazione normativa, infatti, deve rilevarsi che solo per i lavori di cui alia segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruzione (art. 23, comma 1, d.P.R. 380/2001, cd. super SCIA) è possibile configurare il reato di cui all'alt. 44 lett. A), D.P.R. 380/2001.
Per i lavori di cui all'art. 22, comma 1, D.P.R. 380/2001 (Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività, SCIA) non si può configurare nessuna sanzione penale, ma solo amministrativa. Dispone espressamente in tal senso Part. 37, ultimo comma, D.P.R. 380/2001: "La mancata segnalazione certificata di inizio attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all'intervento realizzato, l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 34, 35 e 44 e dell'accertamento di conformità di cui all'art. 36".
Il d. Lgs. 25 novembre 2016, n. 222 ha conseguentemente disposto con Part. 3, comma 1, lettera t) che all'articolo 44, comma 2 bis, le parole "all'articolo 22, comma 3" sono sostituite dalle seguenti: "all'art. 23, comma 01".
Ne consegue, dunque, che solo per le violazioni inerenti la super SCIA (art. 23, comma 1, d.P.R. 380/2001) consegue la sanzione penale dell'art. 44, lett. A), D.P.R. 380/2001. ("In tema di reati edilizi, la sanzione penale di cui all'art. 44, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001 consegue solo alla violazione della cd. super SCIA di cui all'art. 23, comma 01, del medesimo d.P.R. e non anche alla violazione della SCIA prevista dall'art. 22, comma 1, sempre del d.P.R. n. 380 del 2001." (Sez. 3, n. 44561 del 18/05/2018 - dep. 05/10/2018, Rv. 27474101).
Nel caso in esame, l'istruttoria dibattimentale ha chiaramente dimostrato che le opere asseritamente abusive erano state realizzate in assenza di S.C.I.A, Né è stata fornita prova alcuna circa la natura di cd. super-S.C.I.A. dell'atto abilitativo in questione, avendo, anzi, affermato il tecnico Formisano che le opere in questione non necessitavano di permesso di costruire.
Ne consegue, dunque, che l'imputata deve essere assolta dall'imputazione di cui al capo A) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, essendo assoggettato alle sanzioni amministrative di cui all'art. 37 DPR 380/2001 (che questo Giudice non è autorizzato ad applicare in sede di sentenza, non essendovi alcuna previsione esplicita nel testo unico sul punto).
Per quanto concerne il reato contestato al capo B) dell'imputazione, è necessario giungere a conclusioni diverse.
Premesso che l'attività libera o cd. "amministrativamente assentita" dal punto di vista urbanistico-edilizio non comporta, sic et simpliciter, l'insussistenza degli altri vincoli, posti a tutela di interessi concomitanti e diversi, quali, ad esempio, l'ordinato e armonico rispetto delle bellezze paesaggistiche, nel caso di specie l'istruttoria dibattimentale ha chiaramente dimostrato che l'attività realizzata dalla (...) in assenza di S.C.I.A. necessitava altresì di un'autorizzazione paesaggistica, dal momento che il manufatto oggetto dei lavori insisteva in zona vincolata (tutto il Comune di (...) lo è) e che la lavorazione in questione non era sussumibile tra quelle previste dall'art. 149 d. Lgs. 42/2004, per le quali non è legislativamente richiesta l'autorizzazione paesaggistica. Tuttavia, ritiene questo Giudice che l'opera in questione presentava i caratteri per assurgere nella categoria giurisprudenziale degli interventi di minima entità, ovvero inoffensivi ("La punibilità del reato di pericolo previsto dall'art. 181, comma primo, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è esclusa nell'ipotesi di interventi di "minima entità", e cioè di quelli inidonei, già in astratto, a porre in pericolo il paesaggio, e a pregiudicare il bene paesaggistico - ambientale. (Fattispecie nella quale la Corte ha accollo il ricorso contro la sentenza di condanna, ritenendo - conformemente al parere già espresso nella vicenda dalla competente commissione per il paesaggio, in ragione delle caratteristiche costruttive e dei materiali adoperati - la astratta inidoneità alla compromissione del paesaggio di interventi consistiti nella demolizione e rifacimento di tre dei sei muri perimetrali e di parti interne di una rimessa deposito dell'abitazione principale) (Sez. 3, n. 37337 del 16/04/2013 - dep. 12/09/2013, dacci e altri, Rv. 25734701).
Nel caso in esame, infatti, le dimensioni non esorbitanti dell'opera, l'assoluta prevalenza di materiali lignei, la destinazione a sopperire ad esigenze non abitative ma di mero riparo, la posizione del manufatto in un luogo non densamente frequentato consente fondatamente di ritenere l'intervento in questione come connotato da minima entità.
Ne consegue, dunque, che l'imputata deve essere assolta dal reato di cui al capo B) perché il fatto non sussiste.
In relazione al reato di cui al capo C) dell'imputazione deve essere emessa sentenza di assoluzione nei confronti della (...), perché il fatto non è punibile per la particolare tenuità del fatto.
L'istruttoria dibattimentale, infatti, ha pienamente comprovato la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi delle fattispecie, nonché l'ascrivibilità, non smentita dal l'imputata, in capo a (...).
Orbene, nel caso di specie occorre evidenziare che, come confermato dall'istruttoria, le attività realizzate dall'imputata necessitavano del deposito degli atti progettuali presso l'Ufficio del Genio Civile, stante la natura sismica della zona oggetto dei lavori. Attività, queste, non effettuate dalla (...).
Sussiste, inoltre, l'elemento soggettivo della contravvenzione contestata, quanto meno nella forma colposa, dovendosi ritenere prevedibile per la (...) la necessità di rispettare le prescrizioni di legge e, dunque, evitabile e negligente il suo atteggiamento di noncuranza.
Tuttavia l'istruttoria dibattimentale induce a ritenere di particolare tenuità il fatto contestato all'imputata.
Premessa l'applicabilità dell'art. 131 bis al reato contestato in ragione della cornice edittale, lo scarso impatto dell'attività realizzata, desunto dalla sua natura rudimentale e non destinata a sopperire ad esigenze abitative, bensì di mero riparo, nonché dalle sue oggettive caratteristiche e dimensioni {in loco non sono stati rinvenuti particolari macchinari o strumentazioni, il manufatto non creava ulteriore volumetria ed insisteva in una zona non aperta al pubblico, né produttiva di particolare rischio per la pubblica incolumità) e dalle modalità della condotta tenuta dall'imputata, risultano indici probatori idonei a fondare un giudizio di esiguità del pericolo connesso all'attività abusiva e dunque una valutazione di particolare tenuità dell'offesa relativa al reato contestato.
Ciò premesso in ordine al requisito della particolare tenuità dell'offesa. Lo stato di incensuratezza dell'imputata appare un fattore idoneo a ritenere comprovata la non abitualità del comportamento tenuto dalla (...).
Né la pluralità dei reati ascritti all'imputata - per i quali, peraltro, vi è stata comunque una pronuncia di proscioglimento - in questa sede può considerarsi indice di abitualità del comportamento.
È pur vero che le Sez. Un., Sentenza n. 13681 del 25/02/2016 Ud. (dep. 06/04/2016) Rv. 266589 - 01 hanno affermato che "l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis. In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che asta all'applicazione dell'istituto. Tale interpretazione è in linea con l'idea di serialità delle condotte che, come si è accennato, ha dall'inizio accompagnato l'iter del decreto, ma è controversa (...). I reati possono ben essere successivi a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva; ed è in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialità dei comportamenti. La pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l'esistenza; come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui."
Tuttavia ritiene questo Giudice che il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte non possa trovare applicazione nei casi, come quello di specie, in cui le violazioni ascritte all'imputato, pur essendo tre - sebbene in presenza di una complessiva pronuncia di proscioglimento - sono connotate da una strettissima contestualità di spazio e tempo, tale da non rendere ascrivibile all'imputata un giudizio di abitualità e serialità.
Il disvalore connesso ai reati ascritti all'imputata attiene ad una porzione fattuale che, sebbene scomposta secondo il giudizio normativo dell'ordinamento in diverse ipotesi di reato, appare unitaria nella dinamica concreta degli eventi, e non è tale da fondare un giudizio di abitualità nel reato ostativo ad una pronuncia ex art. 131 bis c.p.
La tesi contraria, d'altronde, finirebbe per far dipendere l'applicabilità o meno dell'art. 131 bis c.p. al maggiore o minore grado di analiticità normativa relativi a determinati fatti concreti - essendo il fatto concreto il parametro di riferimento che, secondo le Sezioni unite citate, deve essere osservato dal giudice di merito chiamato a valutare la sussistenza delia causa di non punibilità in questione - che di per sé esprimono un disvalore unitario, non parcellizzato.
D'altronde, il principio in questione - maggiormente sostenibile in una logica di favor estensivo dell'istituto di cui all'art. 131 bis c.p., quale concretizzazione dei principi costituzionali di proporzionalità e extrema ratio del diritto penale - non risulta del tutto estraneo alla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale "Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non osta la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardino azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo e non siano in numero tale da costituire ex se dimostrazione di serialità, ovvero di processione criminosa indicativa di particolare intensità del dolo o versatilità offensiva." (Cass. Sez. 4, sent. n. 4649 del 11/12/2018 Ud. (dep. 30/01/2019) Rv. 274959 -01).
In conclusione, dunque, l'imputata (...) deve essere assolta dal reato di cui al capo C) in quanto non punibile per particolare tenuità del fatto.
La complessiva pronuncia di proscioglimento impone di ordinare il dissequestro e la restituzione all'avente diritto del manufatto e dell'area sequestrata, a cura della p.g. procedente.
PQM
Letto l'art. 530 cpv. c.p.p., assolve (...) dal reato a lei ascritto al capo A) dell'imputazione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Letto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato a lei ascritto al capo B) dell'imputazione perché il fatto non sussiste.
Letto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato di cui al capo C) dell'imputazione perché non punibile per particolare tenuità del fatto.
Ordina il dissequestro e la restituzione all'avente diritto, a cura della p.g. procedente, del manufatto e dell'area in sequestro.
Motivi contestuali.
Così deciso in Nola il 21 gennaio 2021.
Depositata in Cancelleria il 21 gennaio 2021.