Tribunale Nola, 15/04/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 15/04/2021), n.802
Giudice: Raffaele Muzzica
Reato: 61 n. 11 e 646 co. 1 e 3 c.p.
Esito: Condanna (anni uno di reclusione ed euro 600,00 di multa)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Sezione Penale
Il Giudice monocratico del Tribunale, dott. Raffaele Muzzica, alla
pubblica udienza del 15/4/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(con redazione contestuale dei motivi)
nei confronti di:
(...), nato a (...) il (...), residente in (...) - libero, presente
Difeso di fid. dall'avv. (...)
IMPUTATO
del delitto p. e p. dagli artt. 61 n. 11 e 646 co. 1 e 3 c.p.
perché, per procurarsi un ingiusto profitto, si appropriava di una
parte delle quote versate dai condomini del condominio "(...)", sito
a (...) e in (...), quale corrispettivo dovuto alla ditta "(...)
s.r.l." per l'esecuzione dei lavori di rifacimento del lastrico solare
dello stabile condominiale, per l'importo complessivo di euro 4.347,25,
di cui aveva il possesso per averle ricevute nella qualità di
amministratore condominiale;
In Roccarainola, in data antecedente e prossima al 9 novembre 2018
Parte civile: condominio "(...)", difeso dall'avv. (...)
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Svolgimento del processo
L'imputato (...) veniva citato a giudizio, con decreto emesso dal PM sede il 10/1/2020, per rispondere all'udienza del 2/7/2020 del reato in rubrica contestato.
In quell'udienza il Giudice disponeva procedersi in assenza dell'imputato, stante la regolarità della notifica nei confronti del (...), assistito da un difensore di fiducia. La persona offesa si costituiva pane civile e, in assenza di questioni o eccezioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento, ammettendo i mezzi di prova richiesti dalle parti, in quanto legittimi, non manifestamente superflui o irrilevanti. Su concorde richiesta delle parti, che tentavano la via di un componimento bonario della vicenda, il Giudice rinviava il procedimento all'udienza del 17/12/2020.
In quell'udienza si procedeva al l'esame dei testi (...) e (...) e la difesa chiedeva un rinvio per consentire l'esame al proprio assistito. Il Giudice rinviava il procedimento all'udienza del 25/3/2021, nella quale le parti concordemente chiedevano un nuovo rinvio per bonario componimento della lite.
Il Giudice, sentite il PM che non si opponeva, accoglieva il rinvio e, previa sospensione dei termini di prescrizione, rinviava il processo all'udienza odierna per la discussione (ventuno giorni di sospensione della prescrizione).
In questa udienza l'imputato, debitamente avvisato delle sue facoltà di legge, dichiarava di volersi sottoporre all'esame.
Al termine la difesa dell'imputato avanzava istanza ex art. 507 c.p.p. per l'escussione del teste (...); il Giudice, sentite le parti, rigettava l'istanza con ordinanza dettata a verbale, qui da intendersi riportata integralmente. Al termine, non residuando ulteriori adempimenti istruttori il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe.
Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza con contestuale redazione dei motivi.
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, alla luce degli atti acquisiti, (...) deve essere condannato per il reato a lui ascritto.
Giova sul punto evidenziare che gli elementi a carico di (...) sono essenzialmente costituiti dalle dichiarazioni dei testi escussi e dalle prove documentali prodotte, rappresentate dagli allegati alla denuncia querela sporta dalla persona offesa condominio "(...)". Completano il quadro probatorio le dichiarazioni rese dall'imputato in sede dibattimentale.
Dalle fonti di prova acquisite la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita.
Il teste (...), amministratore del condominio "(...)" dal maggio 2018, nell'aprile 2019 sporgeva una formale denuncia querela perché, essendo subentrato al (...) nell'amministrazione, dopo il consueto passaggio di consegne, convocava un'assemblea per valutare la situazione economica del condominio.
Infatti il nuovo amministratore aveva ricevuto delle intimazioni dalla ditta di (...) il quale, dopo aver effettuato dei lavori di rifacimento del lastrico solare, non era stato retribuito, nonostante svariati solleciti al precedente amministratore.
Al fine di appurare l'importo dovuto, il teste precisava che la ditta aveva rilasciato una regolare fattura di 26.000 euro, versata in atti.
Successivamente, non essendo stato pagato, il (...) aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, notificato tramite affissione alla casa comunale e dunque divenuto esecutivo nei confronti del condominio, come documentalmente confermato dagli atti di questo dibattimento.
Il teste precisava, tuttavia, che un primo pagamento di circa 3.000 euro era stato effettuato prima del deposito del decreto ingiuntivo, mentre un secondo pagamento di 4.000 euro era stato effettuato dopo la sua esecutività.
Pur non avendo avuto delucidazioni sufficienti né dal (...) né dal (...) circa le modalità di effettuazione di tali versamenti, i! teste chiariva di avere la certezza che la ditta avesse incassato circa 7.000 euro, perché il legale della stessa, tramite posta certificata, aveva chiesto al condominio il pagamento di soli 19.000 euro a fronte della fattura di 26.000, confermando indirettamente di aver incassato circa 7.000 euro per i lavori svolti. A domanda del difensore il teste precisava di non avere ulteriore riscontro documentale in ordine a tale ammontare del credito residuo.
A domanda del PM, il teste precisava, inoltre, che in sede di assemblea il lavoro era stato appaltato ad una ditta diversa da quella del (...), prescelta autonomamente dal (...) in ragione del prezzo leggermente inferiore offerto, senza che alcuna ratifica fosse mai intervenuta ad opera dei l'assemblea.
Dalla documentazione consegnatagli dallo stesso (...) - e versata agli atti del dibattimento - il (...) appurava che i condomini avevano versato quote straordinarie per il rifacimento del lastrico solare pari ad euro 16.000,
A fronte del prospetto consegnatogli dal (...), di difficile interpretazione a seguito di interpolazioni e inversione delle colonne, il (...) chiedeva ai condomini di produrre le ricevute attestanti il versamento delle quote ma, non essendone lutti provvisti, riusciva a documentare l'avvenuto versamento di circa 12.000 euro, come emerge altresì dalle 59 ricevute allegate alla querela. Per converso l'assemblea, interpellata circa la necessità di documentare gli avvenuti versamenti, deliberava che gli ulteriori condomini morosi - i cui versamenti, pertanto, non risultavano contabilizzati nemmeno nel prospetto fornito dallo stesso (...) - dovessero pagare le quote relative al lastrico solare al nuovo amministratore, che pertanto raccoglieva tra gli 8.000 e i 9.000 euro.
Per giunta, il teste precisava che dalla documentazione a sua disposizione non emergeva nessun pagamento tracciabile in favore della ditta (...) da parte del condominio "(...)".
A domanda del PM, il teste riferiva di aver cercato una interlocuzione con il (...) per risolvere bonariamente la questione e l'imputato, inizialmente negando l'ammanco di cassa ventilando resistenza di ulteriori pagamenti avvenuti in favore dell'impresa edile, si dichiarava comunque disponibile a risolvere la questione.
Il (...) ebbe inoltre interlocuzione con il legale della ditta (...), il quale gli confermò anche tramite posta certificata che il (...), ormai cessato da circa sei mesi dalla carica di amministratore, gli aveva consegnato due assegni da 2.500 euro imputati al debito del condominio "(...)", comunicando un ammontare residuo di circa 13.000 euro, come confermato dalla missiva in atti. Tuttavia dopo l'estate il legale della ditta (...) rettificava quanto comunicato, riferendo (come confermato documentalmente) che il debito dei condominio ritornava all'ammontare di 19.000 euro giacché gli assegni consegnati dal (...) erano risultati impagati. Sul punto, interrogato dal (...), il (...) non sapeva fornire alcuna spiegazione.
Dopo questa interlocuzione, il (...) riferiva di non aver avuto più modo di parlare con l'imputato fino al giorno 16/12/2020, prima dell'udienza di escussione dibattimentale, in occasione della quale il (...) rinnovava la sua volontà di porre rimedio a quanto accaduto, ritenuto un mero errore contabile di cui comunque non se ne addossava la colpa.
Così ricostruite le dichiarazioni della persona offesa, nella valutazione delle stesse questo Giudice segue l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. V del 14 giugno -18 settembre 2000n. 9771, e da ultimo Cass. Sez. 11 16 giugno - 11 settembre 2003 n. 35443), che, ormai da tempo ed in modo consolidato, hanno fissato i parametri di riferimento che il giudice deve adottare quando la prova sia rappresentata, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni testimoniali della persona offesa dal reato.
Sul punto è necessario premettere che la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone - tanto che la Corte Costituzionale, con la decisione del 19 marzo 1992 nr. 115 ha escluso l'illegittimità dell'art. 197 lettera c), c.p.p., nella parte in cui non include tra i soggetti per i quali vi è l'incompatibilità con ('ufficio di testimone, la parte civile -, viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa rispetto a quella del testimone, e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.
Se infatti il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi, ovvero perché portatore di un interesse privato al buon esito del processo e, con la costituzione di parte civile, di un evidente interesse, di natura economica, alle restituzioni ed al risarcimento del danno.
Ne deriva che se in relazione alla deposizione resa dal testimone, vanno seguiti i canoni di valutazione unanimemente e costantemente espressi dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, che si esprimono nel principio secondo il quale il giudice può motivare il proprio convincimento con una valutazione centrata sulla personalità del testimone e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, traendo la prova del fatto rappresentatogli dalla semplice dichiarazione del teste, senza la necessità di altri elementi che ne confermino la credibilità; con riferimento, invece, alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso della attendibilità intrinseca della deposizione, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno la detta deposizione (cfr., tra le altre, Cass. Sez. II del 19 novembre 1998 n. 12000).
Pertanto quando la persona offesa rappresenta ii principale (se non il solo) testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente Punico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nel processo, affinché la sua deposizione possa essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporla ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile) utilizzabile per corroborare la sua dichiarazione, ovvero, laddove una verifica "ab estrinseco" non sia possibile, attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza, condotto con rigore e spirito critico, che investa la attendibilità della dichiarazione e la credibilità soggettiva di chi l'abbia resa e che, tuttavia, non sia improntato da preconcetta sfiducia nei confronti del teste, dovendosi comunque partire dal presupposto che, fino a prova contraria, il teste, sia esso persona offesa sia esso parte civile, riferisca fatti veri, o da lui ritenuti tali.
Si tratta di un canone di valutazione, quello appena esposto, che presuppone che la persona offesa e soprattutto la parte civile si collochino, nel quadro delle prove dichiarative, tra la figura del testimone puro e semplice, che non ha interessi privati da far valere nell'ambito del processo e che è quindi, rispetto alle parti processuali in una posizione di estraneità, e la figura del testimone assistito (da sentire con le modalità di cui al l'art. 197 bis c.p.p.) e del l'indagato da esaminare ai sensi dell'art. 210 c.p.p., i quali, per le posizioni rispettivamente ricoperte nel processo e per il coinvolgimento più o meno intenso nei fatti da esaminare, si collocano in una posizione estrema, con la conseguenza che se per gli uni (i testimoni semplici) è sufficiente soffermarsi sulla personalità del testimone e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, nei confronti degli altri (ossia i testimoni assistiti e gli indagati o imputati ex 210 c.p.p.) è necessario che le loro dichiarazioni siano riscontrate da altri elementi di prova, che ne confermino l'attendibilità.
In conclusione, dunque, quando la fonte principale di prova sia, come nel caso in esame, la persona offesa, sarà in primo luogo necessario vagliare in modo rigoroso la credibilità del dichiarante e l'attendibilità intrinseca della dichiarazione e, inoltre andranno verificati gli elementi di conforto cosiddetti estrinseci alla dichiarazione della persona offesa.
Nel caso di specie, le dichiarazioni della persona offesa, oltre ad essere sufficientemente chiare e precise, sono connotate da un sufficiente grado di attendibilità estrinseca, giacché il condominio "(...)", in persona del suo legale rappresentante pro tempore, non ha rivelato astio o livore nei confronti dell'imputato, dichiarandosi anzi in più occasioni propensa ad addivenire ad un bonario componimento della vicenda.
Le dichiarazioni della persona offesa, inoltre, hanno trovato pieno ed integrale riscontro non tanto nelle dichiarazioni rese dal teste di p.g. (...) - il quale si è limitato sostanzialmente a recepire il narrato del querelante e a raccogliere gli allegati documentali alla querela - quanto nelle cospicue prove documentali in atti che, senza soluzione di continuità, corroborano ogni elemento della versione fornita dalla persona offesa.
A fronte di tali elementi accusatori, l'imputato non ha fornito una credibile versione alternativa, limitandosi a negare ogni addebito ed a giustificare in modo approssimativo la contestazione mossagli in questa sede, senza che alcun riscontro sia stato fornito al suo narrato.
Il (...), in primo luogo, riferiva che la ditta (...) era stata individuata da un condomino al fine di ottenere un prezzo più vantaggioso per l'appalto e che la selezione della ditta era stata debitamente autorizzala con delibera assembleare. Nessun riscontro documentale è stato fornito con riferimento a questa affermazione e, per converso, nel contratto stipulato dal (...) con la ditta (...) non si fa alcun riferimento al luogo e alla data della citala delibera assembleare autorizzativa.
In secondo luogo, il (...) riferiva - e la difesa sul punto produceva copia dei relativi titoli - di aver versato in favore del (...) la cifra indicata nel prospetto, da lui compilato, sottoscritto, consegnalo al (...) e riconosciuto in udienza, pari a circa 12.000 euro. Il (...), sul punto, riferiva che parte era stata versata in contanti e parte mediante l'utilizzo di assegni a nome dei singoli condomini, alcuni dei quali consegnati al (...) o ai suoi figli, con il nome dell'intestatario lasciato in bianco ed infatti, alcuni titoli, come può vedersi dall'esame della documentazione prodotta dalla difesa, non sono stati incassati dal (...), ma evidentemente dallo stesso o da altri soggetti impropriamente "girati"), n (...) non negava che la ditta (...) avanzasse ancora una pretesa creditoria nei confronti del condominio, tale da indurre la società creditrice a procedere nelle forme di legge.
infine, con riferimento ai due assegni di 2.500 euro emessi dal proprio conto personale in favore della ditta (...), il (...) riferiva di aver emesso i suddetti titoli a seguito di un accordo di garanzia intercorso con la società creditrice, al fine di guadagnare tempo per recuperare ulteriore documentazione, non consegnata al nuovo amministratore. Tuttavia, il (...) si dichiarava consapevole del fatto che gli assegni erano stati emessi allo scoperto ovvero, per la precisione, su un conto corrente già chiuso al momento dell'emissione.
Sulla scorta, dunque, degli elementi acquisiti ritiene questo Giudice che si sia raggiunta la prova certa della sussistenza del reato ascritto e della riferibilità della condotta criminosa di cui si discute all'imputato.
Sussistono, infatti, tutti gli elementi oggettivi del reato di appropriazione indebita. Come riconosciuto dalla Suprema Corte, infatti, la condotta dell'amministratore di condominio che si impossessi di somme di denaro nella sua disponibilità per la carica rivestita, commette il reato di appropriazione indebita, da ritenersi consumato al momento della cessazione del ruolo di amministratore e dell'assenza di restituzione, pur intimata, delle somme dovute ("Nel caso di appropriazione indebita di somme di denaro relative ad un condominio da parte di colui che ne sia stato amministratore, il reato si consuma all'atto della cessazione della carica, in quanto è in tale momento che, in mancanza di restituzione degli importi ricevuti nel corso della gestione, si verifica con certezza l'interversione del possesso. (In motivazione la Corte ha evidenziato che, considerata la natura fungibile del denaro, sino alla cessazione dalla carica l'amministratore potrebbe reintegrare il condominio delle somme precedentemente disperse"). (Sez. 2, Sentenza n. 19519 del 15/01/2020 Ud. (dep. 30/06/2020) Rv. 279336 - 01); "Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. (Nella specie, la Corte ha ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita delle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti, da parte di colui che ne era stato amministratore, all'atto della cessazione della carica, momento in cui, in mancanza di restituzione dell'importo delle somme ricevute nel corso della sessione, si verifica con certezza l'interversione del possesso)", (Sez. 2, Sentenza n. 40870 del 20/06/2017 Ud. (dep. 07/09/2017) Rv. 271199-01),
Orbene, nel caso di specie l'istruttoria dibattimentale ha pienamente dimostrato che il (...), a fronte della cessazione della carica di amministratore, non restituiva la residua somma di circa 4.000 euro (facente parte del fondo straordinario necessario per adempiere al credito in favore della società appaltatrice) al condominio o ai singoli condomini, né il (...) aveva adoperata la suddetta somma per saldare il pagamento della ditta del (...).
La documentazione prodotta all'attenzione di questo Giudice consente di ritenere provato che i condomini del condominio "(...)" versavano circa 12.000 euro per saldare il debito nei confronti della ditta (...), come confermato dalle ricevute in atti le quali - a fronte dell'ambigua redazione del prospetto riepilogativo da parte del (...), del quale, a dire il vero, non è dato puntualmente comprendere il criterio espositivo e la legenda- rappresentano prova certa nel presente processo dell'avvenuto versamento delle suddette somme.
A fronte di tali versamenti, inoltre, la documentazione in atti (ovvero il ricorso per decreto ingiuntivo ottenuto dalla ditta creditrice, le successive interlocuzioni via mail) corroborata dalle dichiarazioni della persona offesa, consente di ritenere provato che la ditta (...) riceveva dal (...) esclusivamente la somma di 7.000 euro.
Le dichiarazioni dell'imputato, infatti, non risultano sufficientemente riscontrate dalle fotocopie dei titoli prodotte dalla difesa, dalle quali, secondo la prospettazione difensiva, si dovrebbe desumere il versamento integrale dei 12.000 euro raccolti dal (...).
Le copie dei titoli presentati, infatti - oltre a testimoniare la "allegra" gestione condominiale da parte del (...), incurante di utilizzare prassi e modalità gestorie del tutto inadeguate e rischiose per l'ente di gestione - in ogni caso non soddisfano probatoriamente l'intera somma versata. Non a caso, sono presenti sulle copie dei titoli appunti manoscritti attestanti - o meglio riportanti, non essendovi assolutamente alcuna prova del fatto - presunti versamenti in contanti in favore del (...) o di altri soggetti: versamenti in contanti di cui l'istruttoria dibattimentale non ha affatto provato la riconduzione al (...), l'attribuzione per conto del condominio "(...)", men che meno l'imputazione degli stessi al debito di cui si controverte.
Con la mancata restituzione della somma - come comprovato, debitamente incassata dai condomini - ordunque, appare pienamente provata l'interversione del possesso necessaria fondare la sussistenza del fatto di cui all'art. 646 c.p.
Le modalità del fatto, le circostanze di tempo e luogo ed il comportamento antecedente e successivo al fatto tenuto dall'imputato - il (...) stipulava l'incarico con la ditta (...) senza previa autorizzazione assembleare, teneva una gestione contabile assolutamente precaria e incomprensibile durante la sua carica, successivamente alla cessazione tentava di tacitare la ditta (...) emettendo due assegni per un ammontare di 5.000 euro, poi risultati impagati, e in ogni caso, pur non ammettendo le proprie colpe, si dichiarava disponibile a rimediare all'ammanco - rappresentano indici inequivoci non solo dell'attribuibilità della condotta all'imputato ma altresì della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato da parte del (...), pienamente consapevole della volontà di mutare il titolo della disponibilità del denaro, in contrasto con il volere assembleare.
Ciò premesso in ordine alla sussistenza del fatto ed alla responsabilità penale dell'imputato, non sussistono gli estremi per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p., in ragione dell'elevato valore economico dei beni non restituiti (circa 4000 euro), del particolare vincolo fiduciario che lega le parti in causa (amministratore e condominio) e del comportamento successivo al fatto tenuto dal (...), che nulla ha restituito alla persona offesa né ha ammesso il suo addebito.
Venendo alla commisurazione della pena, lo stato di incensuratezza dell'imputato, il suo comportamento processuale e la manifestata volontà di addivenire ad un bonario componimento della controversia inducono a riconoscere le circostanze attenuanti generiche. Sussiste la contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 11 c.p., dal momento che il (...) realizzava il contestato reato mediante l'abuso della prestazione d'opera che lo legava al condominio, in qualità di amministratore, qualifica che non solo ha aggravato il reato ma che lo ha agevolato finanche a renderlo materialmente possibile.
Tenuto conto di tutti i criteri indicati dall'art. 133 c.p., ed in particolare delle modalità dell'azione, del particolare vincolo fiduciario violato, dell'elevata entità del danno cagionato alla persona offesa, oltre che del dolo e della capacità a delinquere dell'imputato, per nulla resipiscente, ritiene questo Giudice di condannare l'imputato, previo riconoscimento di equivalenza tra le ritenute circostanze, alla pena finale di anni uno di reclusione e 600,00 euro di multa, secondo la cornice edittale nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dalla legge 9 gennaio 2019 n. 3. Segue per legge, la condanna al pagamento delle spese processuali.
Lo stato di incensuratezza dell'imputato, in uno con la gravità della sanzione inflitta in questa sede, di per sé idonea a fungere da monito nei confronti del (...), rendono possibile concedere la sospensione condizionale della pena nei confronti dell'imputato.
A sensi degli artt. 538 e segg. c.p.p., l'imputato va condannato al risarcimento, in favore della costituita parte civile, il condominio "(...)", dei danni conseguenti alla commissione del reato, da liquidarsi in separata sede in quanto le prove acquisite non ne consentono al momento la precisa determinazione, ed alla rifusione delle spese di costituzione nel presente giudizio sostenute dalla parte civile, che si liquidano in euro 3.420,00 per onorario oltre IVA, CPA e spese forfettarie come per legge.
Quanto alla richiesta provvisionale, deve ritenersi che l'istruttoria dibattimentale ha pienamente dimostrato quanto meno la sussistenza di un obbligo risarcitorio da parte del (...) nei confronti della parte civile costituita pari all'ammontare di denaro di cui l'imputato si è ingiustamente appropriato, di 4.000 euro, impregiudicata ogni ulteriore valutazione del competente giudice civile in ordine alla sussistenza di ulteriori e maggiori danni e restituzioni. Ai sensi dei predetti indici di cui all'art. 133 c.p., deve tuttavia subordinarsi la riconosciuta sospensione condizionale della pena in favore del (...) al pagamento della suddetta provvisionale, entro 15 giorni dal passaggio in giudicato della presente sentenza ("Il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinalo al pagamento della provvisionale riconosciuta alla parte civile da effettuarsi dopo il passaggio in giudicato della sentenza." (Sez. 5, Sentenza n. 18999 del 19/02/2014 Ud. (dep. 08/05/2014) Rv. 260408-01).
PQM
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti rispetto alla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed euro 600,00 (seicento) di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letti gli artt. 538 e segg. c.p.p., condanna (...) al risarcimento, in favore della costituita parte civile condominio "(...)", dei danni conseguenti alla commissione del reato, da liquidarsi in separata sede nonché alla rifusione delle spese di costituzione nel presente giudizio sostenute dalla parte civile, che si liquidano in euro 3420,00 per onorario oltre IVA, CPA e spese forfettarie come per legge.
Letto l'art. 539 c.p.p., concede la richiesta provvisionale di euro 4.000 in favore della costituita parte civile.
Concede il beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti dell'imputato (...), subordinata al pagamento della suddetta provvisionale di euro 4.000 in favore della costituita parte civile nel termine di quindici giorni dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
Motivi contestuali.
Così deciso in Nola il 15 aprile 2021.
Depositata in Udienza il 15 aprile 2021.
Con ordinanza del 29/04/2021 si dispone la correzione della data di nascita dell'imputato in "(...)" e luogo di residenza in "(...)".
TRIBUNALE DI NOLA
SEZIONE PENALE
ORDINANZA di correzione dell'errore materiale
Art. 130 c.p.p.
Il Giudice monocratico, dott. Raffaele Muzzica;
letti gli atti del procedimento pendente nei confronti di (...), imputato nel procedimento in epigrafe e condannato dal Giudice monocratico di Nola con sentenza n. 802/2021, depositata in data 15/4/2021;
ritenuta la necessità di correggere data di nascita e luogo di residenza dell'imputato, erroneamente indicati nel decreto di citazione a giudizio e nella sentenza come "(...)" anziché "(...)" e come "(...)" anziché "(...)", come emerge dal certificato anagrafico e dalla scheda individuale dell'imputato, in quanto trattasi di un mero errore materiale non comportante alcuna nullità della sentenza né modificazione sostanziale dell'atto;
DISPONE
Correggersi il decreto di citazione a giudizio e la sentenza suindicata, nella parte relativa alla data di nascita dell'imputato (...), nel senso che là dove è scritto "(...)" sia scritto e si legga "(...)".
Correggersi il decreto di citazione a giudizio e la sentenza suindicata, nella parte relativa al luogo di residenza dell'imputato (...), nel senso che là dove è scritto "residente in (...)" sia scritto e si legga "residente ed elettivamente domiciliato in (...)".
Manda alla cancelleria per l'annotazione della presente ordinanza sull'originale degli atti, ai sensi dell'art. 130 co. 2 c.p.p. e per gli ulteriori adempimenti e comunicazioni di competenza.
Così deciso a Nola il 29 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2021.