top of page

Concussione: poliziotto entra in un night e pretende di non pagare l'ingresso, condannato


Corte di Cassazione

La massima

Nel delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p., come modificato dall'art. 1, comma 75, legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita il quale, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrare la diversa fattispecie criminosa dell'induzione indebita la condotta dell'ispettore capo del Commissariato di P.S. che, esibendo il proprio tesserino di riconoscimento, induceva il titolare di un night club a non pretendere il pagamento di beni e servizi, realizzandosi un più tenue, seppur indebito, “condizionamento”, in luogo della completa sopraffazione della altrui volontà -Cassazione penale , sez. VI , 01/04/2014 , n. 28978).



Vuoi saperne di più sul reato di concussione?



La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 01/04/2014 , n. 28978

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 marzo 2012 la Corte d'appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Fermo in data 22 giugno 2011, ed in accoglimento dell'appello proposto dal P.M., ha condannato A.G., Ispettore capo del locale Commissariato di P.S., alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato di concussione continuata di cui al capo sub A), commesso in (OMISSIS) dal (OMISSIS) sino al (OMISSIS), per avere, abusando della propria qualità, ed in particolare esibendo ai dipendenti del locale il tesserino pubblico in dotazione, costretto, o comunque indotto, il titolare di un night club, M.E., a non pretendere il pagamento di beni e servizi (in particolare, di costose bottiglie di champagne, dell'uso di un tavolo e della compagnia di dipendenti "figuranti di sala") di cui l'imputato, assieme ad altre persone che con lui si presentavano come clienti del locale, fruivano quali avventori.


All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Fermo aveva assolto l'imputato sia dal delitto di concussione di cui al capo sub A), sia da quello di violenza privata di cui all'art. 610 c.p., e art. 61 c.p., n. 9, (capo sub B), che secondo la relativa contestazione era stato commesso ai danni del predetto M. in (OMISSIS), poichè, all'esito di un accertamento di polizia dall' A. eseguito il 15 dicembre 2006, dovendo notificare al legale rappresentante del predetto locale un provvedimento amministrativo di sospensione della licenza, emesso dal Questore di Ascoli Piceno il 20 dicembre 2006, pretese dal M., sebbene questi non rivestisse più la carica di legale rappresentante e gli fosse stata rappresentata, dallo stesso M. e dalla cassiera, l'avvenuta cessazione dell'attività commerciale, di raggiungere in tarda notte la sede del locale per ricevere la notifica di quell'atto.


In relazione a tale ultimo profilo della regiudicanda, il Tribunale ha osservato che l'istruttoria non ha consentito di raggiungere la prova di una condotta idonea coartare la volontà della parte offesa, ed ha in particolare fondato il suo giudizio sul rilievo che l'espressione utilizzata nella circostanza - vieni qua, perchè altrimenti ti vengo a prendere - non conteneva una minaccia di uso della forza, ma esprimeva soltanto la volontà d portare comunque a compimento la procedura di notifica, senza peraltro impedire al M. di rifiutarsi di raggiungere l' A. presso il locale, tenuto conto, altresì, che l'imputato stava adempiendo il suo dovere di notifica di un atto amministrativo e che il M. non era più il legale rappresentante della società che gestiva il locale, con la conseguenza che nessun danno egli avrebbe subito dalla relativa chiusura.


2. Avverso la su indicata decisione della Corte d'appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, deducendo quattro motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente riassunto.


2.1. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 317 c.p., avendo la Corte d'appello ritenuto configurabile il delitto di concussione desumendo gli elementi costitutivi dell'induzione/costrizione e dello stato di soggezione del privato dalla sola posizione di "supremazia" del pubblico ufficiale, in assenza di qualsivoglia comportamento idoneo a coartarne ovvero ad influenzarne la libertà di determinazione. Nel caso di specie, infatti, l'imputato non solo non ha mai avanzato richieste al titolare del locale o al personale, ma non è mai stato neppure richiesto da alcuno, formalmente o informalmente, di saldare il conto. Informato dalla cassiera del mancato pagamento, il presunto concusso ebbe subito ad invitare l' A. a saldare il conto.


2.2. Mancanza di motivazione con riferimento alle ragioni poste dalla sentenza del primo Giudice a sostegno dell'assoluzione per il delitto di concussione, avendo la Corte d'appello omesso di confutare puntualmente le argomentazioni del Tribunale, senza descrivere il presunto comportamento induttivo dell'imputato e senza neanche soffermarsi sull'idoneità costrittiva o decettiva dello stesso, ma dando rilievo semplicemente alla qualifica soggettiva rivestita dall'imputato.


2.3. Vizi motivazionali con riferimento all'esibizione del tesserino di poliziotto da parte dell'imputato ed al travisamento delle dichiarazioni al riguardo rese dalla teste U., cassiera del locale, dalla cui deposizione infatti emerge che l' A. quando si recava al night club del M. per ragioni estranee a quelle di servizio, non mostrava mai il proprio tesserino e, comunque, non lo esibiva alla dichiarante (colei, cioè, che era appunto deputata a ricevere il pagamento da parte dei clienti). Ne risulta stravolto l'impianto motivazionale dell'impugnata pronunzia, avendo la Corte d'appello assegnato un rilievo decisivo proprio all'esibizione del tesserino, non solo quale indice dell'asserito abuso della qualità, ma anche dello stato di soggezione psicologica del privato e dell'induzione di quest'ultimo a non richiedere il pagamento delle consumazioni.


2.4. Vizi motivazionali con riferimento al soggetto passivo del delitto di concussione, riguardo alla mancata richiesta di pagamento delle consumazioni da parte del personale ed alla successiva richiesta di saldo da parte del titolare, tenuto conto del fatto che dalle risultanze dibattimentali è emerso che gli unici comportamenti ascrivibili all'imputato sarebbero stati posti in essere, semmai, nei confronti del personale del locale, non del titolare, e che fu proprio quest'ultimo, edotto della situazione, a richiedere all' A. il pagamento di quanto dovuto per le sue consumazioni.


3. Con motivo aggiunto depositato in Cancelleria in data 11 febbraio 2014 la difesa ha chiesto, in subordine rispetto ai motivi dedotti nell'atto principale, l'annullamento della sentenza in relazione al capo sub A), potendo la relativa condotta essere eventualmente sussunta nella diversa, e più favorevole, fattispecie incriminatrice di cui all'art. 319 quater c.p., con conseguente rinvio al Giudice di merito al fine di rideterminare il relativo trattamento sanzionatorio.


CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è parzialmente fondato con riferimento al motivo aggiunto in narrativa indicato nel paragrafo sub 3. e va, pertanto, accolto entro i limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati, dovendosi, di contro, rigettare per quel che attiene alle ulteriori censure ivi formulate.


5. Non meritevoli di accoglimento devono ritenersi le prime quattro doglianze dalla difesa prospettate nel ricorso, in quanto sostanzialmente orientate a riprodurre un quadro di argomentazioni già esposte nel giudizio d'appello, ed ivi ampiamente vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poichè imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione.


Con riferimento alle questioni ivi dedotte, dunque, il ricorso non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato sulla congruità di scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice d'appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d'accusa.


In tal senso deve rilevarsi come la Corte territoriale, nel riformare la decisione assolutoria di primo grado, non si sia limitata ad opporre alla sua struttura argomentativa generiche notazioni critiche di dissenso, ma abbia provveduto a riesaminare l'intero materiale probatorio vagliato dal primo giudice, articolando, rispetto alle parti non condivise della prima sentenza, una nuova e compiuta struttura motivazionale che ha offerto congrua giustificazione delle difformi conclusioni cui essa è pervenuta.


Al riguardo, in particolare, la Corte di merito ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione prospettata nelle deduzioni e nei rilievi difensivi, ponendo in evidenza, sulla base delle circostanziate dichiarazioni rese dalla parte civile e dal personale di servizio impiegato all'interno del locale notturno di cui il M. era titolare: a) che l'imputato lo ha assiduamente frequentato, facendovi ingresso sempre previa esibizione del suo tesserino di Ispettore di P.S., benchè la sua presenza in loco non fosse riconducibile all'esercizio di alcuna specifica attività istituzionale di polizia; b) che egli vi si recava spesso in compagnia di altre persone estranee all'ufficio, cui veniva consentito, tramite l' A., il consumo e l'utilizzo delle prestazioni offerte in quel pubblico esercizio, senza corrisponderne, tuttavia, il relativo prezzo; c) che l'imputato ometteva sistematicamente di pagare il prezzo delle consumazioni, talora molestando anche le "figuranti di sala", benchè i relativi importi ammontassero ad alcune centinaia di Euro, evitando di presentarsi alla cassa, ovvero di richiederne il conto.


Sulla base di tali emergenze probatorie, la Corte d'appello ha coerentemente concluso il suo percorso motivazionale, traendo dalle implicazioni legate alla ricostruita sequenza storico-fattuale il giustificato convincimento che l' A., avvalendosi del suo ruolo - ben conosciuto dal personale di quel locale notturno, e chiaramente ribadito, peraltro, con l'esibizione del suo tesserino di Ispettore di Polizia, in servizio presso il locale Commissariato di Fermo e dotato, dunque, di una specifica competenza anche in ordine alla verifica della regolare conduzione di quel tipo di esercizi - ha indotto il privato a non pretendere da lui il pagamento a titolo di corrispettivo delle prestazioni rese durante la frequentazione del locale, così ottenendo l'ingiusta locupletazione relativa al valore economico della controprestazione non adempiuta, con il conseguente danno patrimoniale procurato alla gestione del locale.


Irrilevante, in tal senso, è stato ritenuto il fatto che da parte degli addetti al night club non vi sia stata alcuna esplicita richiesta di pagamento e che questa venne avanzata solo successivamente, quando la situazione appariva ormai, alla parte lesa, non più oltre sostenibile, poichè quella richiesta di pagamento non copriva l'intero importo dei sospesi relativi alle pregresse consumazioni, e a quell'ultima richiesta, comunque, l'imputato non ritenne di dare alcun riscontro, facendo seguire, invece, l'ulteriore condotta descritta nel capo d'imputazione sub B), dal quale è stato assolto già all'esito del giudizio di primo grado, con statuizione poi confermata anche in sede di gravame: pur ritenendolo non penalmente rilevante, ma eventualmente censurabile solo sotto altri profili, la Corte d'appello ha tuttavia spiegato, con argomenti congruamente esposti ed immuni da vizi in questa Sede riconoscibili, che il comportamento dall'imputato tenuto in quella circostanza (v., supra, il par. 1) costituiva una risposta alla richiesta di pagamento poco prima rivoltagli dai responsabili del locale.


In relazione ai profili or ora evidenziati, dunque, deve ritenersi che la conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e, come tale, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza dell'assetto logico - argomentativo.


In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nella decisione di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l'iter argomentativo ivi tracciato, ed a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali.


6. Fondato, di contro, deve ritenersi il motivo aggiunto dedotto dalla difesa (v., supra, il par. 3), alla luce dei principii recentemente stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. Un., n. 12228 del 24/10/2013, dep. 14/03/2014, Rv. 258470) riguardo alla individuazione della linea distintiva tra la condotta costrittiva di cui all'art. 317 c.p. e l'elemento oggettivo del delitto di indebita induzione a seguito delle modifiche introdotte dalla novella legislativa n. 190/2012.


In tal senso, invero, si è affermato che il delitto di concussione di cui all'art. 317 cod. pen., nel testo modificato dalla L. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius" da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario. Il quale, senza alcun vantaggio indebito per sè, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita.


Tale figura si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319 quater c.p., nel testo introdotto dalla medesima L. n. 190 del 2012, poichè la relativa condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), e si manifesta, pertanto, sotto la forma di una pressione morale con un più tenue valore condizionante rispetto alla libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce con il prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perchè motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, ciò che giustifica, nel nuovo tipo di reato, la previsione di una, pur meno grave, sanzione a suo carico.


Il delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p., come modificato dalla L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 75, consiste dunque in un comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato (Sez. 6, n.2305 del 19/12/2013, dep. 20/01/2014, Rv.


258655).


Una situazione, quella or ora illustrata, evidentemente non ravvisabile nel caso che ne occupa, laddove l'ostentazione della funzione ricoperta, attraverso l'esibizione del tesserino di Ispettore di Polizia all'atto dell'ingresso nel locale, l'assenza di elementi di collegamento rispetto al concreto esercizio delle attribuzioni funzionali specificamente inerenti alla qualifica soggettiva dall'imputato rivestita, il carattere continuativo dei comportamenti ivi tenuti e la pacifica conoscenza del ruolo da lui ricoperto, potenzialmente incidente con effetti pregiudizievoli sulla verifica delle corrette modalità di gestione di quel tipo di esercizio commerciale, vengono ad integrare un quadro di note modali sintomatiche di un comportamento induttivo indebitamente volto ad ottenere dal privato la gratuità di una serie di prestazioni, attraverso l'abuso delle prerogative funzionali tipicamente riconnesse alla sua qualifica di pubblico ufficiale.


In tal modo, dunque, la volontà del privato non è stata "piegata" dall'altrui sopraffazione, ciò che avrebbe reso configurabile la condotta costrittiva tipizzata nel diverso modello di cui all'art. 317 c.p., ma, più semplicemente, "condizionata", ossia "orientata" da una pressione psichica i cui effetti, pur meno rilevanti, poichè non concretatisi in una violenza o minaccia di un male ingiusto, erano evidentemente riconducibili alla indebita manifestazione delle prerogative proprie della qualifica soggettiva ricoperta dall'imputato, e da lui, come si è osservato, oggettivamente esibita al fine di ottenere, per sè stesso e, talora, per le persone che lo accompagnavano, una non dovuta gratuità delle prestazioni, senza porre il destinatario di fronte alla scelta ineluttabile ed obbligata tra due mali parimenti ingiusti.


7. In conclusione, alla stregua delle su esposte considerazioni, diversamente qualificato il fatto oggetto dell'imputazione ai sensi della meno grave fattispecie incriminatrice di cui all'art. 319 quater c.p., la sentenza impugnata va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, e conseguentemente rinviata, per la sua rideterminazione, alla Corte d'Appello di Perugia.


P.Q.M.

Qualificato il fatto come reato previsto dall'art. 319 quater c.p., annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte d'appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.


Così deciso in Roma, il 1 aprile 2014.


Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2014

bottom of page