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Concussione: che cos'è e quando si configura il reato previsto dall'art. 317 del codice penale


Il reato di concussione previsto dall'art. 317 del codice penale

Art. 317 del codice penale - Concussione

"Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni".

L'articolo è stato sostituito dall'art. 3, l. 27 maggio 2015, n. 69. Il testo recitava: «Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni».

In precedenza, l'articolo era stato sostituito dall'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190 che recitava: « Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni».


Competenza per materia: per il reato di concussione è competente il tribunale in composizione collegiale.

Udienza preliminare: per il reato di concussione è prevista l'udienza preliminare.

Procedibilità: il reato di concussione è procedibile d'ufficio.

Arresto: per il reato di concussione l'arresto è facoltativo.

Fermo: per il reato di concussione è consentito il fermo.

Custodia cautelare in carcere: per il reato di concussione è consentita la custodia cautelare in carcere.

Prescrizione: il reato di concussione si prescrive in dodici anni.

 

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Indice:


1. Che cos'è e come è punito il reato di concussione?

Il reato di concussione è un delitto previsto dall'art. 317 del codice penale e punisce Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità.

Il reato di concussione è punito con la reclusione da da sei a dodici anni.

Il delitto di concussione ha natura plurioffensiva, poiché lede, da una parte, il prestigio, il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione e, dall'altra, la sfera privatistica del cittadino offesa nell'integrità del patrimonio.

Da ciò deriva che soggetti passivi del reato in esame sono sia la pubblica amministrazione, sia la persona che dà o promette al concussore.

Il reato di concussione è un reato proprio e come tale può essere commesso soltanto da un soggetto che rivesta la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Dal punto di vista strutturale, gli elementi che caratterizzano il reato di concussione sono:

  • l'abuso da parte del pubblico agente della qualità o dei poteri inerenti alla carica o alla funzione,

  • l'esercizio di una pressione psichica sul privato,

  • l'indebita promessa o dazione ad opera del privato di denaro od altra utilità.

In altri termini, ai fini della configurabilità del reato occorre una costrizione prodotta dal pubblico ufficiale (con l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri) per effetto della quale si realizza la promessa o la dazione indebita.

Il delitto di concussione si sviluppa attraverso una successione di azioni concatenate: abuso delle qualità o dei poteri > costrizione > promessa o dazione.


1.1 L'abuso delle qualità o dei poteri

Si ha abuso della qualità quando il pubblico ufficiale si avvale indebitamente del proprio status, facendo "pesare" sul privato cittadino la posizione rivestita.

L'abuso della qualità, dunque, prescinde dall'esercizio dei poteri, ma sicuramente postula la possibilità di esercitarli per danneggiare o favorire il soggetto passivo.

Si ha, invece, abuso dei poteri quando il soggetto pubblico esercita o minaccia di esercitare indebitamente le attribuzioni inerenti all'ufficio od al servizio.


1.2 La costrizione

La pressione psichica sul privato può essere esercitata solo mediante costrizione. Cosa significa?

La Suprema Corte di cassazione ha affermato che "le modalità del comportamento concussorio sfuggono alla possibilità di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole semantiche, potendo tali modalità enuclearsi tanto a mezzo di simboli quanto a mezzo di segnali, entrambi idonei a creare quel timore nel soggetto passivo in grado di indurlo all'atto di disposizione. Il che è riscontrabile soprattutto nei casi in cui il mezzo adottato dal concussore appaia così deviante rispetto alla condotta descritta dall'art. 317 C.P. da far ritenere che sia la stessa vittima ad offrire l'utilità al pubblico ufficiale; ovvero, ancora, quando pur in assenza di un'esplicita minaccia, il privato sia determinato a tenere un comportamento, che liberamente non avrebbe assunto, dal timore di subire un danno" (Cass., VI, 94/197095).

La condotta del pubblico agente deve ingenerare nel privato il metus publicae potestatis ovvero un vero e proprio stato di paura o di timore determinato dalla situazione di preminenza di cui usufruisce il pubblico ufficiale (cfr. ex plurimis: Cass. 26 agosto 1997, Grigolo).


1.3 La promessa o dazione

L'evento del reato deve ravvisarsi nell'indebita dazione o promessa da parte del concusso di denaro od altra utilità.

La dazione va individuata nel passaggio di una cosa dalla disponibilità di un soggetto a quella di un altro (va ricompresa anche la ritenzione che si configura quando il pubblico agente trattiene presso di sé la cosa altrui di cui sia già in possesso).

La promessa è rappresentata dalla manifestazione di un impegno ad effettuare una determinata prestazione futura.

La promessa non richiede particolari formalità, basta che appaia seria e credibile, pur presentando tratti sfumati.

Fonte: Tribunale Catanzaro sez. II, 29/12/2008


2. Cenni storici sul reato di concussione

Il delitto di concussione ha sempre rappresentato - sia storicamente che sistematicamente - una delle peculiarità della normativa del nostro ordinamento, in una prospettiva di specifica stigmatizzazione del fatto, considerata la sua plurima essenza lesiva, che incide non solo sul buon andamento e sull'imparzialità della pubblica amministrazione ma anche sulla libertà di autodeterminazione della vittima, sì da non risultare comprimibile, come accade per altri ordinamenti (quello tedesco e quello spagnolo), all'interno di un reato contro il patrimonio, qual è l'estorsione.

Ciò posto, s'impone un'analisi, sia pure sintetica, della regolamentazione normativa succedutasi nel tempo, orientata costantemente alla individuazione del disvalore tipico dell'illecito di cui si discute, che, incidendo sul modo di intendere il rapporto tra Autorità e cittadini, non poteva non risentire delle dinamiche socio-culturali connesse al passaggio da uno Stato liberale ad uno autoritario e, quindi, ad uno democratico e repubblicano, considerato quest'ultimo anche nella sua dimensione europea, a seguito del successivo processo d'integrazione in tale realtà sovranazionale.


2.1 La concussione nel codice Zanardelli

Il codice Zanardelli del 1889, ispirandosi al codice toscano del 1853, disciplinava il reato di concussione agli artt. 169 e 170, prevedendo due diverse forme di tale illecito, differenziate anche sul piano sanzionatorio.

Nella prima disposizione veniva contemplata la concussione mediante costrizione, detta anche "esplicita" o "violenta", che puniva, con pena più severa, la condotta del pubblico ufficiale che, abusando del proprio ufficio, costringeva taluno a dare o promettere indebitamente, a sè o ad un terzo, denaro o altra utilità.

La seconda disposizione, al comma primo, regolava, con sanzione meno rigorosa, la concussione per induzione, detta anche "implicita" o "fraudolenta", il cui tratto distintivo era costituito dall'assenza di una condotta costrittiva posta in essere dal pubblico ufficiale, il quale, abusando sempre del proprio ufficio, si limitava ad indurre il privato alla dazione o alla promessa indebita.

Era prevista, inoltre, dal comma secondo dell'art. 170 una ulteriore ed ancora meno grave figura concussiva, detta "negativa", configurabile nel caso in cui il pubblico ufficiale - senza costringere o indurre il privato alla dazione o promessa indebita - si limitava a ricevere ciò che non gli era dovuto, giovandosi dell'errore altrui.

Per tutte queste diverse ipotesi di concussione era prevista, infine, l'attenuante della lieve entità della somma o dell'utilità data o promessa.

Il reato risentiva chiaramente della impostazione liberale della società di fine Ottocento, nel senso che gli interessi dei singoli assumevano carattere centrale, pur fondendosi con essi l'interesse alla correttezza dell'azione amministrativa.

La dottrina dell'epoca, nel delineare l'oggetto giuridico del reato di concussione, sottolineava che le corrispondenti norme incriminatrici erano rivolte essenzialmente "ad evitare lo spoglio dell'altrui patrimonio mediante incussione di timore ed inganno".

Ciò è tanto vero che il codice del Regno Unito, per i fatti di concussione, non prevedeva un trattamento sanzionatorio più rigoroso rispetto a quello contemplato per le analoghe fattispecie commesse da privati: la concussione "violenta" e quella "implicita" erano punite in modo similare rispettivamente alla estorsione e alla truffa.


2.2 La concussione nel codice Rocco

Con il codice Rocco del 1930, la concussione veniva inserita all'interno di un'unica norma, l'art. 317 c.p., che prevedeva sia la concussione per costrizione che quella per induzione: "Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o delle sue funzioni, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa non inferiore a lire seicentomila".

E' agevole rilevare che la norma, a differenza di quanto previsto dal codice del 1889, non operava alcuna distinzione tra le due forme di concussione, tanto che sia la condotta costrittiva sia quella induttiva del pubblico ufficiale erano sottoposte agli stessi limiti edittali di pena, che erano ben superiori a quelli previsti per la fattispecie di concussione più grave disciplinata nel codice Zanardelli. Veniva soppressa la circostanza attenuante della lieve entità della somma o dell'utilità data o promessa dal soggetto passivo. La così detta concussione "negativa" trasmigrava nell'autonoma fattispecie di cui all'art. 316 c.p., il peculato mediante profitto dell'errore altrui.

Con tale disciplina, mutava, in coerenza con l'ideologia del regime fascista, il modo di concepire i rapporti tra Autorità statale e cittadino.

Lo Stato assumeva un ruolo sovraordinato rispetto ai singoli cittadini, considerati non più nella loro individualità, bensì quali membri della collettività, "annullati", per così dire, nella comunità statuale; veniva riservata ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio una posizione di privilegio, nel senso che venivano inasprite le sanzioni previste per i reati commessi in loro danno (oltraggio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale), veniva introdotta l'aggravante comune di avere commesso il fatto in danno di un soggetto rivestito di qualifica pubblicistica (art. 61 c.p., n. 10) e veniva eliminata la causa di non punibilità della reazione legittima ad atti arbitrari del pubblico ufficiale.

Per converso, a detti soggetti pubblici - proprio per la posizione di "privilegio" di cui godevano e perché investiti di particolari responsabilità - era riservato un trattamento sanzionatorio più rigoroso in caso di commissione di illeciti qualificati, come il peculato (rispetto all'appropriazione indebita) o la concussione (rispetto all'estorsione).

In sostanza, la condotta prevaricatrice del soggetto pubblico, ancor prima di ledere l'interesse del singolo, era l'espressione della infedeltà dell'agente ai valori e ai principi ritenuti primari dall'ordinamento dell'epoca.


2.3 La riforma della concussione del 1990

Con la L. 26 aprile 1990, n. 86, la norma incriminatrice di cui all'art. 317 c.p., che originariamente si riferiva soltanto al pubblico ufficiale, veniva estesa anche all'incaricato di un pubblico servizio, recependo cosi, per esigenze di politica criminale, le indicazioni di una parte consistente della dottrina, che aveva ritenuto non giustificata la disciplina riservata, nell'ambito del delitto di concussione, alla posizione del solo pubblico ufficiale.

In coincidenza, infatti, del sempre più frequente sviluppo dei servizi pubblici, numerosi e diffusi erano i casi di concussione commessi da incaricati di un pubblico servizio, cioè da persone anch'esse investite di prerogative pubbliche rilevanti e, come tali, idonee ad incidere sulla libera determinazione del privato nei rapporti dal medesimo intrattenuti con la pubblica amministrazione.

Ed invero, la logica sottesa a tale estensione della soggettività attiva non può che essere ravvisata nel fatto che l'abuso, quale elemento primario caratterizzante la concussione, non rinvia necessariamente a condotte coincidenti con l'esercizio dei poteri autoritativi, propri della pubblica funzione, ma anche a comportamenti condizionanti comunque la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo.

La riforma del 1990 coerentemente sostituiva l'espressione "abusando (...) delle sue funzioni" con quella "abusando (...) dei suoi poteri", considerato che gli incaricati di un pubblico servizio non possono certo abusare delle funzioni, essendo queste - come noto - riservate al solo pubblico ufficiale, ma soltanto dei "poteri" corrispondenti alle loro attribuzioni specifiche.

Il legislatore del 1990, al di là dell'ampliamento del novero dei soggetti attivi del reato, della eliminazione della pena pecuniaria e della reintroduzione della circostanza attenuante, già prevista dal codice Zanardeli, della particolare tenuità del fatto (art. 323 bis c.p.), optò per una scelta conservatrice, nel senso che, ignorando il vivace dibattito sulle diverse proposte di soluzione (progetto Azzaro n. 1780/'85; progetto Vassalli n. 1250/'85; progetto Martinazzoli n. 2844/'85) e tradendo ogni aspettativa di effettiva innovazione, non incise sul tessuto strutturale dell'art. 317 c.p., rimasto - quanto alla definizione della condotta - invariato, e si pose, pertanto, in una logica di sostanziale continuità col codice del 1930.


2.4 La cd. "legge anticorruzione" del 2012

La cosiddetta "legge anticorruzione" n. 190 del 2012, nel perseguire l'obiettivo di dare una risposta alla diffusa richiesta di un intervento riformatore, si è fatta carico non solo di introdurre all'interno della pubblica amministrazione una disciplina preventiva per scongiurare situazioni favorevoli alla consumazione di illeciti, prevedendo, in caso di violazione da parte della persona individuata come responsabile del piano di prevenzione, corrispondenti misure sanzionatorie amministrative, ma anche di innovare la normativa relativa ai reati contro la pubblica amministrazione, revisionando l'entità delle sanzioni, introducendo nuove fattispecie criminose e - per quanto qui interessa - modificando profondamente il reato di concussione.

A tale approdo il legislatore del 2012 è pervenuto sotto la spinta di due fondamentali ragioni.

L'una di carattere interno, avente connotati emergenziali e rappresentata dalla necessità di contrastare più efficacemente l'esponenziale diffusività del fenomeno della corruzione a tutti i livelli della nostra pubblica amministrazione.

L'altra di carattere internazionale, imposta dalla esigenza di adeguare la normativa interna agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione (Convenzione di Merida), adottata dall'Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e ratificata in Italia con la L. 3 agosto 2009, n. 116, e con la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio di Europa del 27 gennaio 1999, ratificata in Italia con la L. 28 giugno 2012, n. 110. Non vanno - peraltro - sottaciuti i penetranti rilievi formulati sull'Italia, sin dal 2001, dal Working Group on Bribery (WGB) dell'OCSE, rilievi ripresi dal rapporto di valutazione redatto dal Group of States against corruption (GRECO) nella riunione plenaria svoltasi a Strasburgo il 20-23 marzo 2012: si osservava, in quest'ultimo rapporto, che l'allora vigente art. 317 c.p., può "portare a risultati irragionevoli, in quanto colui che offre la tangente ha il diritto insindacabile di essere esentato dalla sanzione" e si invitava il nostro legislatore ad "esaminare in modo approfondito la pratica applicazione del reato di concussione (...) al fine di accertare il suo eventuale uso improprio nelle indagini e nell'azione penale nei casi di corruzione".

Con la L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 75, lett. d) ed i), il legislatore ha modificato profondamente, come si diceva, il reato di concussione disciplinato dall'art. 317 c.p., e, tornando all'antica previsione normativa contenuta nel codice Zanardelli, ha separato le condotte tipiche, che erano accomunate in via alternativa sotto la stessa rubrica, della costrizione e della induzione.

Il novellato art. 317 c.p., - la cui rubrica è rimasta inalterata - punisce con la reclusione da sei a dodici anni "il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità".

Si è proceduto, quindi, non solo alla rimozione dell'incaricato di pubblico servizio dal novero dei soggetti attivi, ma anche alla espunzione della condotta di "induzione".

Quest'ultima condotta è stata fatta confluire nell'autonoma figura di reato, rubricata come "Induzione indebita a dare o promettere utilità" e disciplinata dall'art. 319 quater c.p., inserito ex novo, che testualmente recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal comma 1, chi da o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni".

Tale nuova norma, pur forgiata - quanto alla descrizione della condotta - sullo stesso paradigma del previgente art. 317 c.p., sanziona, oltre il comportamento del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio, anche quello dell'extraneus, aspetto quest'ultimo di significativa novità sostanziale, considerato che il privato, non essendo stato "costretto" dal pubblico funzionario alla promessa o alla dazione dell'indebito ma soltanto "indotto", conserva pur sempre un ampio margine di libertà nell'assecondare o meno la richiesta del soggetto qualificato e non può, quindi, considerarsi "vittima" del reato ma "concorrente" nello stesso.

La nuova normativa ha inteso differenziare nettamente il comportamento, ritenuto più grave, integrato dall'atteggiamento prevaricatore dell'agente nella sua forma più aggressiva della costrizione del soggetto passivo e inquadrabile nello schema della concussione di cui al novellato art. 317 c.p., rispetto a quella forma più sfumata di condotta attuata mediante un'attività di persuasione, di suggestione o di inganno e che è ora confluita nella fattispecie della induzione indebita di cui all'introdotto art. 319 quater c.p..

Si è inteso, in sostanza, bilanciare i diversi valori tutelati dalle due norme è proporzionare le corrispondenti pene, come espressamente affermato dal Guardasigilli, in risposta alla presentazione di emendamenti, nella seduta del 10 maggio 2012 delle Commissioni riunite 1^ e 2^ della Camera dei Deputati: "...la concussione è stata circoscritta ai soli casi in cui la condotta dell'autore del reato abbia determinato una vera e propria costrizione in capo al privato, e quindi la soggettività attiva e la conseguente punibilità sono state limitate al pubblico ufficiale in quanto titolare dei poteri autoritativi atti ad incutere il metus publicae potestatis. Le condotte di induzione (...) sono state invece scorporate in un'autonoma fattispecie di reato, quella di indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità, nella quale sono soggetti attivi tanto il pubblico ufficiale quanto l'incaricato di pubblico servizio e la punibilità è estesa anche al privato, in quanto questi non è costretto, ma semplicemente indotto alla promessa o dazione, cioè mantiene un margine di scelta tale da giustificare l'irrogazione di una pena nei suoi confronti, seppure in misura ridotta rispetto a quella prevista per il pubblico agente"; ed ancora, intervenendo nella seduta del 29 ottobre 2012 della Camera dei Deputati in occasione della discussione del disegno di legge, il Guardasigilli sottolineava, tra l'altro, che "...nel nostro ordinamento si può creare una certa confusione tra chi è certamente vittima del reato e chi in qualche modo ha contribuito allo stesso.

E' per questo che abbiamo introdotto la fattispecie intermedia della concussione per induzione".

La ratio della riforma sta quindi proprio nell'esigenza, ripetutamente manifestata in sede internazionale e sollecitata anche da una situazione emergenziale interna, di chiudere ogni possibile spazio d'impunità al privato che, non costretto ma semplicemente indotto da quanto prospettatogli dal pubblico funzionario disonesto, effettui in favore di costui una dazione o una promessa indebita di denaro o di altra utilità. In questo contesto ha trovato la sua genesi il reato di induzione indebita di cui all'art. 319 quater c.p., il cui inserimento nel nostro ordinamento non può prescindere dal confronto con altre contigue previsioni delittuose.

Fonte: Cassazione penale sez. un., 24/10/2013, (ud. 24/10/2013, dep. 14/03/2014), n.12228



Il delitto di concussione, di cui all'art. 317 c.p. è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319 quater c.p. introdotto dalla l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico.

La Suprema Corte ha precisato che, nei casi ambigui, l'indicato criterio distintivo del danno antigiuridico e del vantaggio indebito va utilizzato, all'esito di un'approfondita ed equilibrata valutazione del fatto, cogliendo di quest'ultimo i dati più qualificanti idonei a contraddistinguere la vicenda concreta (cfr. Cass. pen., Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013 - dep. 14/03/2014, Maldera e altri, Rv. 258470).

Ancora è stato affermato che, nel delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p., come modificato dall'art. 1, comma 75 legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato: fattispecie relativa ad un imprenditore costretto, dal sindaco e dall'assessore all'urbanistica di un piccolo comune, a nominare quale "direttore dei lavori" un soggetto a loro vicino - in realtà destinato a funzioni di mero collegamento tra l'impresa e l'amministrazione comunale - per evitare di soggiacere ai continui ricatti ed ostacoli prospettatigli (cfr. Cass. pen., Sez. 6, n. 2305 del 19/12/2013 - dep. 20/01/2014, Panarello, Rv. 258655 - Tribunale Lecce sez. riesame, 23/09/2014).

Si riportano, sul punto, alcune massime della Corte di Cassazione:

In tema di concussione, l'azione tipica può essere realizzata anche dal concorrente privo della qualifica soggettiva, a condizione che costui, in accordo con il titolare della posizione pubblica, tenga una condotta che contribuisca a creare nel soggetto passivo lo stato di costrizione o di soggezione funzionale ad un atto di disposizione patrimoniale, e che la vittima sia consapevole che l'utilità è richiesta e voluta dal pubblico ufficiale (Cassazione penale sez. VI, 07/03/2023, (ud. 07/03/2023, dep. 28/04/2023), n.17918);

In tema di concussione, l'avverbio indebitamente utilizzato nell' art. 317 c.p. qualifica non già l'oggetto della pretesa del pubblico ufficiale, la quale può anche non essere oggettivamente illecita, quanto le modalità della sua richiesta e della sua realizzazione. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la qualificazione, in termini di tentativo di concussione, anziché esercizio arbitrario delle proprie ragioni aggravato dall'abuso di pubblici poteri, della condotta di un carabiniere che aveva minacciato la persona offesa di ritirarle la patente ove non avesse provveduto a pagare gli stipendi e il trattamento di fine rapporto dovuti a sua moglie - Cassazione penale , sez. VI , 04/06/2021 , n. 24560);

In tema di concussione, il termine utilità include tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, pur se di natura non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, e dunque anche l'accrescimento del proprio prestigio professionale ovvero della propria considerazione nella comunità lavorativa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato di concussione, e non invece quello di violenza privata, in relazione alle condotte costrittive poste in essere da un carabiniere nei confronti di un cittadino straniero per indurlo ad acquistare una partita di eroina e consentirgli di effettuare un arresto in flagranza, così da acquisire benemerenze utili ai fini della progressione in carriera, l'assegnazione ad altri reparti e l'affidamento di incarichi fiduciari;

Integra il delitto di concussione, di cui all' art. 317 c.p. , la condotta del dipendente dell'Agenzia delle Entrate che, nella sua qualità di pubblico ufficiale, nel corso di una verifica fiscale, prima della contestazione di specifiche violazioni, richieda al soggetto sottoposto al controllo il pagamento di ingenti somme al fine di evitare prospettate severe sanzioni pecuniarie, quando sia accertata l'assenza di irregolarità ovvero la somma richiesta sia del tutto sproporzionata rispetto all'eventuale sanzione irrogabile (Cassazione penale , sez. II , 26/11/2020 , n. 37922);

Integrano l'abuso costrittivo del delitto di concussione le pressioni esercitate da un docente universitario su un candidato al concorso di ricercatore perché si ritiri dalla prova – allo scopo di favorire altro candidato, con minor punteggio per titoli e pubblicazioni – quando alla persona offesa non sia prospettato alcun vantaggio indebito, ma solo pregiudizi per la sua carriera accademica, a nulla rilevando, al riguardo, l'alea della attribuzione del posto messo a concorso, atteso che la vittima è stata comunque privata di una significativa “chance” di conseguirlo (Cassazione penale , sez. VI , 03/11/2020 , n. 5057);

In tema di concussione, l'abuso costrittivo del pubblico agente non deve necessariamente concretizzarsi in espressioni esplicite, potendo attuarsi anche mediante una minaccia implicita, allusiva, ovvero che abbia assunto forma esortativa o di metafora, purché sia comunque idonea ad incutere nella persona offesa, in relazione alla personalità dell'agente ed alle circostanze del caso concreto, il timore di un danno ingiusto, così coartandone la volontà. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come concussione, e non come induzione indebita, la condotta di appartenenti alle forze dell'ordine, i quali, richiamando falsi esposti a carico di un collega, gli prospettavano per implicito che, ove non avesse collaborato alla realizzazione di un furto al caveau della Banca d'Italia, avrebbe subito pregiudizi lavorativi e giudiziari, conseguenze evitabili grazie all'insabbiamento da parte di essi agenti di tali esposti - Cassazione penale , sez. VI , 14/09/2020 , n. 33653);

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, la indebita richiesta di denaro da parte del pubblico ufficiale, che venga comunque rifiutata dalla vittima, non integra il delitto di tentata concussione, ma quello di istigazione alla corruzione previsto dall' art. 322, comma 3, c.p. , qualora difettino gli elementi della costrizione o induzione nei confronti del privato, prodotta dal pubblico ufficiale con l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri. (Fattispecie in cui il pubblico ufficiale, nel formulare le sue richieste di denaro, prospettava alle vittime la convenienza del suo intervento “per rimettere in moto” le pratiche alla cui definizione i privati erano interessati, senza prospettare in alcun modo che, in caso di mancato accoglimento della sua proposta, avrebbe ostacolato la prosecuzione dell'iter amministrativo - Cassazione penale , sez. VI , 23/01/2020 , n. 14782);

Non si configura il reato di concussione quando la condotta si esaurisce in una richiesta formulata dal pubblico agente al privato senza esercitare pressioni, ovvero nella prospettazione di un mero scambio di favori, connotato dall'assenza di ogni tipo di minaccia diretta o indiretta.(Cassazione penale , sez. VI , 22/10/2019 , n. 18125);

In tema di concussione, la costrizione che integra l'elemento oggettivo del reato può consistere in una minaccia idonea a coartare la volontà del privato portandolo a una prestazione indebita per il timore di un male antigiuridico, e di tale processo causale volitivo e del conseguente stato psicologico di costrizione il giudice, anche ricorrendo a massime di esperienza, deve fornire logica ed adeguata motivazione anche tenendo conto della vulnerabilità della vittima. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto sufficiente, per configurare il reato, le larvate minacce compiute da operatori di polizia, presentatisi in divisa o con l'auto di servizio presso un luogo di esercizio della prostituzione, così inducendo le vittime a intrattenere con loro rapporti sessuali gratuiti - Cassazione penale , sez. III , 17/09/2019 , n. 364);

In tema di concussione, la condotta di abuso costrittivo commessa dall'incaricato di pubblico servizio prima dell'entrata in vigore della l. 6 novembre 2012, n. 190 non integra il reato neanche a seguito della modifica dell' art. 317 c.p. ad opera dell' art. 3 l. 27 maggio 2015, n. 69, che ha reinserito tale figura nel novero dei soggetti attivi, in quanto ciò comporterebbe una violazione dei principi che regolano la successione delle leggi penali nel tempo (Cassazione penale , sez. VI , 30/04/2019 , n. 4110);

In tema di concussione, sussiste la qualifica di pubblico agente in capo al medico in servizio presso un ospedale pubblico anche qualora la condotta criminosa sia stata commessa, abusando della qualifica, nello svolgimento della libera professione ed all'interno del proprio studio privato. (Fattispecie in cui un ginecologo in servizio presso un ospedale pubblico determinava le persone offese, che gli richiedevano interventi di interruzione di gravidanza presso detta struttura, ad eseguirli illegalmente ed a pagamento presso il suo studio privato - Cassazione penale , sez. VI , 05/03/2019 , n. 13411);

Integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita, la condotta del dirigente medico preposto ad eseguire le interruzioni di gravidanza, il quale, approfittando della grave compressione della libertà di autodeterminazione delle vittime e palesando l'insussistente impossibilità di eseguire gli interventi presso la struttura pubblica, prospetti quale unica alternativa l'illecita esecuzione degli aborti presso il suo studio privato previo versamento di un corrispettivo in danaro (Cassazione penale , sez. VI , 05/03/2019 , n. 13411);

In tema di concussione, è necessario che la qualità soggettiva del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio renda l'atto intimidatorio credibile e idoneo a costringere il soggetto passivo all'indebita promessa o dazione di denaro o di altra utilità. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato, rilevando che la qualifica rivestita dal ricorrente, ufficiale della Guardia di Finanza presentatosi come operante in un diverso territorio, non lo poneva in condizioni di supremazia rispetto ai destinatari delle intimidazioni - Cassazione penale , sez. VI , 28/11/2018 , n. 11477);

Non integra gli estremi del delitto di concussione la condotta di chi remunera una persona informata sui fatti per le false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, non rivestendo detta persona la qualifica di pubblico ufficiale (Cassazione penale , sez. VI , 30/05/2018 , n. 39280);

In tema di concussione, la costrizione, che integra l'elemento soggettivo del reato, può consistere anche in una minaccia implicita, purchè idonea a coartare la volontà del privato, da valutare caso per caso in relazione alle modalità ampiamente discrezionali di esercizio del potere da parte del pubblico ufficiale. (Nel caso di specie la S.C. ha ravvisato sussistere la minaccia costrittiva da parte di un pubblico ministero il quale, in cambio dell'attività sollecitata, aveva prospettato alla vittima un suo intervento volto ad escludere l'arresto della nipote ed il sequestro di un locale del fratello della persona offesa, implicitamente prospettando l'intervento opposto in caso non avesse ottenuto quanto richiesto - Cassazione penale , sez. fer. , 08/08/2017 , n. 47602);

Nel delitto di concussione, rientra nell'abuso dei poteri da parte del soggetto agente anche l'atto che, pur formalmente legittimo, sia tuttavia posto in essere quale mezzo per conseguire fini illeciti, in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. (Fattispecie in cui l'abuso è stato individuato nella minaccia di revoca di deleghe ad un assessore da parte del Sindaco - Cassazione penale , sez. VI , 30/05/2017 , n. 35901);

Configura un abuso della qualità, necessario ad integrare il reato di concussione, l'evocazione dell'esercizio dei poteri spettanti all'amministrazione di riferimento del pubblico ufficiale. (Fattispecie relativa ad un consigliere comunale che, per convincere le persone offese ad accettare le sue illecite pretese, aveva manifestato la possibilità di interferire presso il competente amministratore comunale per favorire la definizione di una pratica riguardante abusi edilizi - Cassazione penale , sez. VI , 13/01/2017 , n. 8512);

Il delitto di concussione, di cui all'art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Cassazione penale , sez. VI , 02/03/2016 , n. 9429);

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, i favori sessuali rientrano nella nozione di utilità, dovendosi ritenere che gli stessi rappresentano comunque un vantaggio per il pubblico funzionario che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione. (Fattispecie relativa ad un dirigente scolastico che, abusando dei suoi poteri, aveva tenuto una condotta discriminatoria e prevaricatrice nei confronti di un'insegnante al fine di costringerla a concedergli favori sessuali, senza riuscire nel suo intento per i reiterati dinieghi della persona offesa - Cassazione penale , sez. VI , 13/11/2015 , n. 48920);

Il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo (Cassazione penale , sez. VI , 03/11/2015 , n. 45468);

Nel delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p., come modificato dall'art. 1, comma 75 l. n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita, il quale, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione impugnata laddove ha ravvisato gli estremi della concussione per costrizione nella condotta del tecnico comunale, che pretendeva dal gestore di uno stabilimento balneare, in cambio di una rapida regolarizzazione degli abusi edilizi, il conferimento dell'incarico professionale allo studio legale dei figli, revocando il precedente difensore di fiducia - Cassazione penale , sez. II , 09/10/2014 , n. 46401);

La minaccia di un danno ingiusto del pubblico ufficiale finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita pur quando la persona offesa, cedendo alle pretese dell'agente, consegue anche un vantaggio indebito, sempre che quest'ultimo resti marginale rispetto al danno ingiusto minacciato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse ravvisato la sussistenza del delitto di concussione nella condotta di un carabiniere che aveva ottenuto il versamento di ingenti somme di denaro minacciando un imprenditore di far fallire l'impresa, di arrestarlo o comunque di determinargli conseguenze gravemente pregiudizievoli a seguito della morte presso un cantiere di un lavoratore irregolarmente occupato, ma deceduto per cause naturali, ed aveva poi condizionato il corso delle indagini in favore del soggetto minacciato - Cassazione penale , sez. VI , 23/09/2014 , n. 6056);

Il delitto di concussione, di cui all'art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Cassazione penale , sez. VI , 15/07/2014 , n. 47014);

In tema di concussione di cui all'art. 317 c.p., così come modificato dall'art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita, che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciatogli. (Fattispecie in cui la Corte ha qualificato come concussione la condotta di un carabiniere che, compiendo un controllo con modalità arbitrarie e vessatorie nei confronti di un imprenditore cinese, ingenerava un clima di tensione e preoccupazione, tale da rendere necessitata l'offerta di una somma di denaro quale corrispettivo per omettere la denuncia della condizione di clandestinità dei dipendenti - Cassazione penale , sez. VI , 11/07/2014 , n. 37655);

Integra il delitto di concussione, come modificato dall'art. 1, comma 75, l. n. 190 del 2012, la condotta di due militari che, dopo aver accompagnato di notte in caserma due prostitute per controlli, ottengono dalle donne prestazioni sessuali in cambio dell'immediato rilascio, prospettando loro - in caso contrario - il trattenimento fino al giorno successivo per il foto segnalamento (Cassazione penale , sez. III , 07/05/2014 , n. 37839);

Nel delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p., come modificato dall'art. 1, comma 75, legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita il quale, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrare la diversa fattispecie criminosa dell'induzione indebita la condotta dell'ispettore capo del Commissariato di P.S. che, esibendo il proprio tesserino di riconoscimento, induceva il titolare di un night club a non pretendere il pagamento di beni e servizi, realizzandosi un più tenue, seppur indebito, “condizionamento”, in luogo della completa sopraffazione della altrui volontà - Cassazione penale , sez. VI , 01/04/2014 , n. 28978).

4. La differenza tra concussione e induzione indebita

A partire dalla sentenza Maldera (Sez. U, Sentenza n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258470), la giurisprudenza di legittimità ha descritto l'elemento strutturale della condotta di concussione individuandolo nell'abuso costrittivo del pubblico agente, abuso che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius" da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita.

Il concetto di costrizione e', dunque, essenziale nella ricostruzione dell'elemento materiale costitutivo del delitto di concussione e la giurisprudenza si è preoccupata di delinearne i contenuti soprattutto per distinzione rispetto alla fattispecie di induzione indebita, prevista dall'art. 319 quater c.p., nella quale la condotta dell'agente si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), e, dunque, in una forma di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario.

La condotta di abuso costrittivo evoca necessariamente, secondo il tenore letterale della fattispecie incriminatrice e la ricostruzione giurisprudenziale, una condotta di violenza (non assoluta) o di minaccia, intesa quale vis compulsiva che ingenera ab extrinseco il timore di un male antigiuridico, a scongiurare il quale il destinatario finisce con l'aderire alla richiesta dell'indebita dazione o promessa: fondamentale e', dunque, la ricostruzione degli aspetti contenutistici di quanto il pubblico ufficiale prospetta al soggetto privato e degli effetti che a quest'ultimo derivano o possono derivare in termini di danno o di vantaggio, ove l'extraneus non aderisca alla richiesta, con la conseguenza che la maggiore o minore gravità della pressione deve essere apprezzata in funzione, più che della forma in cui viene espressa, del suo contenuto sostanziale, il solo idoneo ad evidenziarne la natura costrittiva o induttiva.

Alla chiarezza del principio non corrisponde nella prassi, a fronte della molteplicità dei comportamenti e della loro valenza sul piano delle relazioni intersoggettive, l'agevole operazione dell'interprete nella individuazione del nucleo essenziale della condotta di abuso costrittivo operazione vieppiù difficile quando ci si trovi in presenza di abuso della qualità.

Nel caso di abuso di qualità, cioè della posizione giuridica soggettiva che costituisce situazione riscontrabile tanto nel delitto di concussione quanto in quello di induzione indebita, il pubblico funzionario, per conseguire la dazione o promessa, fa leva sullo spessore della sua posizione soggettiva, senza alcun riferimento ad uno specifico atto del proprio servizio.

L'abuso soggettivo, pertanto, rivelando indici di ambiguità, si presta ad una duplice plausibile lettura in quanto può porre una persona in condizione di pressoché totale soggezione, determinata dal timore di possibili ritorsioni antigiuridiche, ovvero può indurre il privato a dare o promettere l'indebito, per acquisire la benevolenza dell'agente, foriera di potenziali futuri favori.

Elemento indefettibile della ricostruzione alla quale l'interprete è chiamato è dunque una indagine in chiave oggettiva della condotta dell'agente pubblico attraverso l'analisi di tutte le evidenze possibili e senza automatismi, ricostruzione dalla quale non può mancare sia l'analisi del registro comunicativo intercorso tra l'extraneus e l'intraneus, al fine di verificare l'idoneità causale dell'abuso ad incidere, per effetto della costrizione o dell'induzione, sulla volontà dell'extraneus che l'analisi della incidenza dell'agente pubblico sul processo volitivo del privato che, parimenti, va esaminato per accertare se il privato sia stato vittima della prevaricazione dell'agente pubblico o se, avendo un margine di scelta, e, quindi, potendo opporsi all'indebita richiesta, sia stato semplicemente indotto alla promessa o dazione.

Deve, inoltre, tenersi presente che il reato di concussione e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l'extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l'accordo corruttivo presuppone la par conditio contractualis ed evidenzia l'incontro libero e consapevole della volontà delle parti.

Infine, la condotta di sollecitazione di cui al reato di istigazione alla corruzione ex art. 322, comma 4, c.p., si distingue sia da quella di costrizione, cui fa riferimento il novellato l'art. 317 c.p., che da quella di induzione, caratterizzante la nuova ipotesi delittuosa di cui all'art. 319-quater c.p., in quanto si qualifica come una richiesta formulata dal pubblico agente al privato senza esercitare pressioni, risolvendosi nella prospettazione di un mero scambio di "favori", connotato dall'assenza di ogni tipo di minaccia diretta o indiretta (Cassazione penale sez. VI, 28/02/2023, (ud. 28/02/2023, dep. 29/05/2023), n.23318).

Lo stato di costrizione, secondo la condivisibile impostazione della giurisprudenza di questa Corte, non è concepito come una nozione puramente descrittivo-naturalistica sulla base di indicatori che quantifichino l'elemento soggettivo-motivazionale della costrizione, non essendo sufficiente stabilire quando un soggetto possa dirsi psicologicamente costretto a fare qualcosa secondo leggi psicologiche e pertinenti massime di esperienza atteggiandosi, invece, a concetto che va costruito su coefficienti normativi in cui assume rilevanza l'antigiuridicità del danno preannunciato dal pubblico ufficiale e l'estraneità del vantaggio indebito alla sfera delle determinazioni motivazionali della prestazione illecita.

E', questo, in termini squisitamente oggettivo-normativi, il criterio guida indicato anche nella stessa sentenza Maldera come criterio di selezione dei casi cd. dubbi o di confine, per ricavarne elementi utili alla ricostruzione della proiezione finalistica avuta di mira dal soggetto passivo del reato.

Proiezione che rimanda alla costrizione quando il privato aspira ad ottenere un atto legittimo e l'intraneus prospetta l'esercizio sfavorevole del proprio potere discrezionale al solo fine di costringerlo alla prestazione indebita e che si risolve nella minaccia di un danno ingiusto, in quanto non funzionale al perseguimento del pubblico interesse.

Il privato, in questa ipotesi, si piega all'abuso per scongiurare effetti per lui sfavorevoli.

Si riportano, di seguito, alcune massime della Suprema Corte di cassazione:

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, qualora rispetto al vantaggio prospettato dal pubblico agente quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell'utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell'azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio risulta integralmente assorbito dalla preponderanza del male ingiusto. (Fattispecie, riqualificata in concussione dalla Corte, in cui gli appaltatori si determinavano al versamento degli importi richiesti dai pubblici agenti, per evitare il danno ingiusto del ritardo o dell'omissione del pagamento del corrispettivo dovuto, tale da mettere in crisi la continuità aziendale, essendo la prospettata possibilità di future aggiudicazioni del tutto ipotetica ed aleatoria - Cassazione penale , sez. VI , 19/10/2022 , n. 1298).

In tema di induzione indebita ex art. 319-quater c.p. , qualora rispetto al vantaggio prospettato, quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell'utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell'azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio risulta integralmente assorbito dalla preponderanza del male ingiusto. (Fattispecie relativa alla condanna per tentata concussione emessa nei confronti di un appartenente all'Agenzia delle Entrate che, al fine di ottenere l'elargizione di una somma di denaro, prospettava un accertamento tributario per un importo assolutamente spropositato rispetto al dovuto - Cassazione penale , sez. VI , 28/09/2021 , n. 38863);

Integra il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità e non quello di concussione, la condotta del componente di un collegio giudicante che prospetti al ricorrente l'esito sfavorevole del giudizio in caso di mancato pagamento di una somma di danaro, in quanto quest'ultimo, aderendo alla richiesta, non intende evitare un danno, bensì procurarsi un possibile vantaggio e si pone, pertanto, in posizione paritaria rispetto al proponente. (In motivazione la Corte ha precisato che non è configurabile il reato di concussione anche in considerazione del fatto che, essendo la decisione collegiale e quindi non rimessa alla volontà del solo soggetto che prospetta l'esito sfavorevole, la minaccia è connotata da obiettiva incertezza circa l'effettivo verificarsi - Cassazione penale , sez. VI , 29/11/2018 , n. 12203);

Il reato di concussione e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l'extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l'accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l'incontro libero e consapevole della volontà delle parti (Cassazione penale , sez. VI , 22/09/2015 , n. 50065).


5. Elemento soggettivo del reato di concussione

Quanto all'elemento soggettivo, con riferimento al reato di concussione, si richiede il dolo generico, vale a dire la coscienza e volontà da parte dell'agente di tutti gli elementi del fatto tipico ivi compresi l'abusività della condotta ed il carattere indebito della prestazione.

D'altra parte, l'azione tipica presuppone il consapevole impiego distorto della qualità personale e dei poteri ad essa inerenti.

Analizziamo, di seguito, alcune sentenze della Corte di Cassazione in tema di elemento soggettivo del reato di concussione:

Ai fini della configurabilità del reato di concussione non è sufficiente lo stato di timore riverenziale o autoindotto del destinatario di una richiesta illegittima proveniente da un pubblico ufficiale, neppure quando quest'ultimo riveste una posizione sovraordinata e di supremazia rispetto al primo, poiché il delitto di cui all'art. 317 c.p. richiede che l'agente provvisto di qualifica pubblicistica, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, esteriorizzi concretamente un atteggiamento idoneo ad intimidire la vittima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato in presenza di una richiesta formulata da un'Alta carica dello Stato nei confronti di un funzionario di Polizia che, pur se “impropria e scorretta”, non risultava essere stata accompagnata da ulteriori comportamenti positivi orientati a suggestionare, persuadere o convincere l'interlocutore - Cassazione penale , sez. VI , 10/03/2015 , n. 22526);

È configurabile il reato di concussione quando la costrizione (ossia la minaccia) del pubblico ufficiale si concretizzi nel compimento di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, strumentalizzato per perseguire illegittimi fini personali; mentre sussiste il delitto di estorsione aggravata ai sensi dell'art. 61, n. 9, c.p. quando l'agente ponga in essere, nei confronti di un privato, minacce diverse da quelle consistenti nel compimento di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, sicché la qualifica di pubblico ufficiale si pone in un rapporto di pura occasionalità, avente la funzione di rafforzare la condotta intimidatoria nei confronti del soggetto passivo (Cassazione penale , sez. II , 26/02/2014 , n. 12736).



6. Tentativo nel reato di concussione

Il delitto tentato, com'é noto, richiede non soltanto che gli atti compiuti dall'agente siano idonei a realizzarlo, ma altresì che essi siano diretti in modo non equivoco a tal fine.

In applicazione di tali presupposti alla fattispecie della concussione, perché possa ritenersi sussistente un tentativo penalmente rilevante, occorre, allora, una specifica condotta costrittiva dell'agente pubblico che sia immediatamente funzionale, nell'intenzione di costui, al conseguimento di una prestazione, anch'essa specifica, di denaro o di altra utilità, per sé o per altri, da parte del destinatario della condotta medesima o di terzi.

E' necessario, cioè, un immediato e specifico nesso funzionale e teleologico tra la condotta del funzionario e quella che questi pretende dalla vittima e, per lui, produttiva di utilità.

Laddove questo vincolo manchi e si sia in presenza di una condotta genericamente prevaricatrice, quand'anche sistematica e tale da condizionare il destinatario, e finanche a porlo in uno stato di perdurante soggezione, potranno semmai configurarsi altri reati, ma non può ravvisarsi quella univoca direzione della condotta al conseguimento di una specifica utilità, che invece é indispensabile per la configurabiiità del tentativo di concussione.

In tal senso, del resto, la Corte di cassazione ha già avuto modo di esprimersi, con riferimento al fenomeno di condizionamento diffuso convenzionalmente denominato come "concussione ambientale", ritenendo comunque necessaria, pur in presenza di un tale dato di contesto, la realizzazione di uno specifico e ben individuato comportamento costrittivo (o induttivo) da parte del pubblico ufficiale ed escludendo la rilevanza ex se di una situazione di mera pressione ambientale (Sez. 6, n. 11946 del 25/02/2013, Cappelli, Rv. 255323; Sez. 6, n. 14544 del 25/01/2011, Lozupone, Rv. 250030 - Cassazione penale sez. VI, 01/12/2020, (ud. 01/12/2020, dep. 01/03/2021), n.8041).

Di seguito, analizziamo alcune massime della Corte di Cassazione:

In tema di tentata concussione, l'idoneità degli atti e la non equivocità degli stessi richiedono la sussistenza di un immediato e specifico nesso funzionale e teleologico tra la condotta del pubblico agente e la pretesa avanzata nei confronti della vittima, volta all'effettuazione di una prestazione, di denaro o altra utilità, da parte del destinatario della condotta medesima o di terzi. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'esercizio, da parte del pubblico ufficiale, di generiche condotte prevaricatrici o l'instaurazione di un clima di tensione in danno della persona offesa, pur potendo integrare diverse fattispecie di reato, non consentono di individuare quella univoca direzione della condotta al conseguimento di una specifica utilità, indispensabile per la configurabilità del tentativo di concussione - Cassazione penale , sez. VI , 01/12/2020 , n. 8041);

Ai fini della configurabilità del tentativo di concussione, è necessaria l'oggettiva efficacia intimidatoria della condotta, mentre è indifferente il conseguimento del risultato concreto di porre la vittima in stato di soggezione.(Fattispecie relativa a sottufficiale dei Carabinieri che aveva prospettato ad un dirigente di una struttura pubblica conseguenze negative qualora non avesse scelto un immobile di proprietà di un suo amico quale sede dell'ente - Cassazione penale , sez. fer. , 08/08/2019 , n. 38658);

In tema di concussione, non è configurabile l'ipotesi del reato impossibile, di cui all'art. 49 c.p., bensì quella del tentativo punibile, in relazione alle richieste e pressioni illecite del pubblico ufficiale intervenute successivamente alla presentazione di denuncia all'Autorità giudiziaria da parte del soggetto passivo (Cassazione penale , sez. VI , 16/03/2016 , n. 25677);

Ai fini della configurabilità del tentativo di concussione, è necessaria l'oggettiva efficacia intimidatoria della condotta, mentre è indifferente il conseguimento del risultato concreto di porre la vittima in stato di soggezione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva affermato la penale responsabilità di un insegnante di scuola il quale aveva prospettato ai propri alunni l'attribuzione di un voto negativo in occasione degli scrutini del trimestre, qualora essi non avessero acquistato un libro di poesie, indicato dal docente medesimo - Cassazione penale , sez. VI , 01/04/2014 , n. 25255).


7. Il discrimen tra i delitti di tentata concussione ed istigazione alla corruzione

Un primo e più risalente orientamento ha avuto riguardo all'iniziativa, che nella corruzione proviene dal privato e nella concussione dal soggetto pubblico (cfr.: Cass., 14 febbraio 1947). è stato, però, obiettato che in tal modo si attribuisce rilievo preponderante alla "prima mossa", dato che, invero, non appare decisivo per verificare se il pubblico ufficiale ed il privato abbiano liberamente convenuto un risultato comune oppure se il secondo abbia subito un'abusiva coartazione.

Da tempo la giurisprudenza ha aderito a questa critica, distinguendo i due delitti sulla base della presenza o meno del metus publicae potestatis, così ravvisando la concussione allorché il soggetto pubblico determini nel privato una situazione di soggezione, intimidazione o timore in forza della sua posizione sovraordinata (cfr.: Cass., 24 febbraio 2000, n. 215639; Id., 29 aprile 1998, n. 211708; Id., 26 agosto 1997, n. 209754).

Tale fondamentale regola di giudizio appare la più corretta anche alla luce della successiva giurisprudenza di legittimità che ha posto l'accento sull'abuso dei poteri o della qualità mediante il quale il pubblico ufficiale invade la sfera di libertà del privato e produce una situazione idonea a determinarne la sottomissione (cfr.: Cass. 17 marzo 2000, n. 217116; Id., 30 marzo 1999, n. 214152; Id., 28 maggio 1996, n. 205009; Id., 26 marzo 1996, n. 204790).

Non appare, invece, di per sé decisivo il fatto che il privato abbia tratto vantaggio o meno dall'agire del pubblico ufficiale, avendo la Suprema Corte più volte affermato la compatibilità di un'agevolazione del privato con la concussione (cfr.: Cass. 20 ottobre 2000, n. 218285; Id., 30 marzo 1999, n. 212152; Id., 17 dicembre 1996, n. 206226; Id., 28 maggio 1996, 205009).

Inoltre ai fini della configurabilità del delitto di concussione, anche se in forma tentata, il "metus publicae potestatis" non è ravvisabile nella generica posizione di supremazia del pubblico ufficiale, ma in una ragionevole valenza intimidatoria della condotta dal medesimo posta in essere, sì da concretare nel destinatario una sufficiente e non generica possibilità di pressione sulla formazione della sua volontà (Tribunale Catanzaro sez. II, 29/12/2008).

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8. Pene accessorie nel reato di concussione

Analizziamo, sul tema, alcune massime della Suprema Corte di cassazione:

In tema di pene accessorie, la durata dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici ex art. 317-bis c.p. , va determinata in concreto, in base ai criteri di cui all' art. 133 c.p. e non mediante il ricorso alla perequazione automatica di cui all' art. 37 c.p. , anche in caso di applicabilità, ratione temporis , della formulazione dell' art. 317-bis precedente alle modifiche apportate dall' art. 1, comma 1, lett. m), l. 9 gennaio 2019, n. 3 . (In motivazione, la Corte ha ritenuto che la determinazione in misura non fissa della pena accessoria consegue all'interpretazione costituzionalmente orientata secondo le indicazioni contenute nella sentenza della C. cost. n. 222 del 2018 - Cassazione penale , sez. VI , 16/02/2021 , n. 19108);

In tema di pene accessorie, il giudice è tenuto a determinare la durata dell'interdizione dai pubblici uffici, in caso di condanna per uno dei delitti di cui all' art. 317-bis c.p. , modulandola in correlazione al disvalore del fatto di reato e alla personalità del responsabile ai sensi dell' art. 133 c.p. , sicché la stessa non deve necessariamente essere pari alla durata della pena principale (Cassazione penale , sez. VI , 27/05/2020 , n. 16508);

In tema di pena accessorie, la condanna per più reati previsti dall'art. 317 bis, uniti dal vincolo della continuazione e per i quali sia stata inflitta la pena della reclusione per un tempo complessivamente non inferiore a tre anni, importa la interdizione perpetua dai pubblici, in applicazione della disciplina dell'art. 77, comma 2, c.p., secondo la quale se concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano tutte per intero (Cassazione penale , sez. VI , 12/06/2014 , n. 39784).




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