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Concussione: sussiste in caso di minaccia implicita


Corte di Cassazione

La massima

In tema di concussione, la costrizione, che integra l'elemento soggettivo del reato, può consistere anche in una minaccia implicita, purchè idonea a coartare la volontà del privato, da valutare caso per caso in relazione alle modalità ampiamente discrezionali di esercizio del potere da parte del pubblico ufficiale. (Nel caso di specie la S.C. ha ravvisato sussistere la minaccia costrittiva da parte di un pubblico ministero il quale, in cambio dell'attività sollecitata, aveva prospettato alla vittima un suo intervento volto ad escludere l'arresto della nipote ed il sequestro di un locale del fratello della persona offesa, implicitamente prospettando l'intervento opposto in caso non avesse ottenuto quanto richiesto - Cassazione penale , sez. fer. , 08/08/2017 , n. 47602).

Fonte: CED Cassazione Penale 2018



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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. fer. , 08/08/2017 , n. 47602

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Potenza, con sentenza del 30/09/2016, ha parzialmente riformato la pronuncia del Tribunale di Potenza del 30/04/2014, secondo quanto sarà specificamente esaminato in relazione alle singole posizioni processuali.


La vicenda oggetto del procedimento trae il suo spunto da contrasti di natura politica, inerenti all'amministrazione del comune di (OMISSIS), nei quali di fatto risulta coinvolto D.G.M., magistrato all'epoca in servizio presso la Procura di Taranto, e si snoda attraverso le verifiche conseguenti ad un dissidio verificatosi con un candidato dell'opposto schieramento, la cui denuncia, relativa a fatti del maggio 2007, ha dato inizio agli accertamenti, oltre che sulla verifica della pretesa attività di inquinamento di indagine attinente a tale evento, riguardanti le pressioni rivolte dal D.G. ai soggetti coinvolti, al fine di ottenere una ricostruzione dei fatti a sè favorevole, o di sbarazzarsi di coloro i quali identificava quali avversari politici.


Atti illeciti fondati sull'abuso della funzione, in tesi di accusa, sarebbero stati compiuti direttamente da D.G. abusando della sua qualità, ed avrebbero garantito il risultato sperato, anche in epoca precedente a quella in cui si erano sviluppati gli eventi che hanno dato inizio agli accertamenti, riguardanti eventi connessi all'interesse politico nutrito da D.G., individuabili nelle dimissioni di un consigliere comunale per provocare la caduta della giunta (capo A), o nella fruizione di una vacanza senza corresponsione del corrispettivo (capo B), o nell'allontanamento dalla struttura ricettizia di persona invisa, in quanto attiva nello schieramento avverso; con riguardo ad altre accuse tali risultati sarebbero stati raggiunti per il tramite di attività illecite di pubblici ufficiali, i cui atti contrari ai doveri di ufficio erano funzionali all'acquisizione al primo di una utilità, consistente nel superamento delle denunce presentate a carico di D.G., di cui si è già detto (capo G) con la remissione di querela, oltre che condotte di favoreggiamento attribuite a coimputati (capi F ed H) e di natura diffamatoria (capi 1 e 2).


Per i capi H), 1) e 2) è intervenuta sentenza di non luogo a procedere per l'estinzione del reato conseguente a prescrizione maturata successivamente alla pronuncia di condanna di primo grado, e la conferma delle statuizioni civili a carico di D.G. e M..


2. La sentenza, quanto a D.G.M.P., ha confermato l'affermazione di responsabilità per i reati di cui ai capi A), B), C), G), esclusa la continuazione interna per il reato sub A), e rideterminato la sanzione inflitta per tale imputazione, nonchè in relazione al reato di cui al capo G), ferma restando quella quantificata per i capi B) e C). Per gli altri capi, come già riferito, è stato dichiarato non doversi procedere nei confronti del D.G. per intervenuta prescrizione.


Con il ricorso proposto nell'interesse del ricorrente in esame si denuncia:


2.1. Mancanza e manifesta illogicità della confutazione dei rilievi formulati in atto di appello, con particolare riferimento all'omessa considerazione del portato ricostruttivo dei testi a difesa, ed esclusione sostanziale del diritto alla prova contraria. Si segnala che la Corte ha fondato la propria decisione su tre testimonianze di accusa e sulle registrazioni da queste prodotte, senza confrontarsi con le confutazioni a tali risultanze emergenti dalle prove offerte dalla difesa, per molte delle quali l'acquisizione è stata sollecitata ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 2, ed è stata immotivatamente esclusa.


Con riferimento al capo A) -inerente alle pressioni che sarebbero state esercitate da D.G. su T.D. per ottenerne le dimissioni dal consiglio comunale, prospettandogli attività processuale in danno dei suoi familiari- si segnala che non è stato conferito rilievo ai veri motivi delle dimissioni del T. dall'amministrazione comunale; all'esclusione riferita dall'interessato della ricezione di minacce da parte del ricorrente; all'inutilità delle sue dimissioni al fine di far cadere la giunta; alla falsità della deposizione del teste di accusa P.V.D.; all'insussistenza del reato, con riguardo al preteso coinvolgimento nella fase esecutiva di tale S.; all'impossibilità di ricavare dagli atti c.d. Valentino elementi a carico di Tr.Po. e Tr.Pa.; alla mancanza di interesse politico del D.G..


In relazione al capo B) la Corte non si occupa della contestazione inerente alla pretesa gratuità della vacanza riconosciuta al D.G..


Quanto al capo C) non si occupa della genesi dei rapporti tra D.G. e Di., che condiziona la possibilità di conoscenza, da parte del primo, dei rapporti del secondo con P.V.D..


Sul capo G) la sentenza non confuta gli elementi di difesa inerenti ai contenuti dell'accordo tra D.G. e C. per la remissione di querela; all'insussistenza del coinvolgimento nell'attività illecita dei pubblici ufficiali; alla mancanza di atti contrari ai doveri di ufficio; all'impossibilità di considerare falsa la ricostruzione successivamente offerta da C..


Sui capi 1) e 2) si sostiene sia stato negato il diritto alla prova della difesa, escludendo quella contraria rispetto all'acquisizione di elementi di prova avvenuta ex art. 507 c.p.p., su circostanze che avrebbero consentito di accedere al proscioglimento in fatto.


Nel ricorso si passano in rassegna gli specifici elementi di prova offerti nell'atto di appello, con ampi stralci del medesimo, con riferimento ai singoli capi di accusa, e se ne deduce la mancata valutazione.


2.2. In relazione al capo A) si deduce la violazione degli artt. 518-521 c.p.p. per mancanza di correlazione tra accusa ed affermazione di responsabilità derivante dalla circostanza che se nel capo di accusa P.V.D. risulta il tramite per far pervenire le minacce rivolte da D.G. a T.D., nella sentenza si giunge a ricostruire che latore delle stesse sia stato S., per il tramite del fratello del minacciato.


Rispetto a tale nuova ricostruzione era stata richiesta, nei motivi di appello e nelle memorie depositate, l'audizione di S., e rilevata l'inutilizzabilità delle dichiarazioni di P.V.D., teste de relato su tale episodio, istanza non accolta in assenza di confutazione.


2.2.1. Rispetto a tale capo si contesta violazione di legge, per mancanza dei requisiti del delitto di concussione ritenuto, posto che manca il danno ingiusto conseguente alla minaccia, ed il vantaggio per il pubblico ufficiale, che si assume non poter coincidere con il danno della parte lesa. In particolare, nessuna utilità concreta risulta essere ritratta da D.G. dalla caduta dell'amministrazione comunale; per contro nessun danno, ma al più un vantaggio, risulta prospettato a T.D. in alternativa, posto che si ipotizza la sottrazione a provvedimenti coercitivi, personali e reali, rispettivamente in danno della nipote e riguardanti l'attività economica facente capo al fratello del T.D..


2.2.2. Si contesta violazione di legge, con riferimento all'efficacia attribuita alle dimissioni di T.D. formulate presso il notaio, in luogo che al momento della loro protocollazione; tale attività, quanto alle dimissioni ritenute sospette, sarebbe stata svolta quando già era stato superato il numero di defezioni di oltre metà dei componenti del consiglio comunale, condizione che dimostra l'irrilevanza giuridica di tale dichiarazione.


2.2.3. Travisamento della prova e violazione di legge, conseguente alla mancata confutazione del motivo d'appello, inerente alla considerazione delle dichiarazioni di T.D. a don F.A., ed ulteriori atti indicati a pag. 55 del ricorso, dei quali si fornisce l'indicazione presente nei verbali del procedimento. Ulteriore travisamento si denuncia sulle dichiarazioni di P.V.D., che non ha riferito di aver ricevuto da D.G. la sollecitazione ad utilizzare S. quale latore di minacce più efficaci, nei confronti del fratello di T.D.. Sussistono incertezze anche sulla collocazione temporale di tale incontro, oltre che carenza di conferme sulla presenza di un'effettiva informazione richiesta da P.V.D. a Tr.Po. circa la natura delle richieste veicolate da S., che sono state desunte solo dalla generica affermazione di quest'ultimo, udita dal primo all'esito dell'incontro; la mancanza di correlazione temporale tra tale incontro e le pretese dimissioni spezzano il collegamento logico operato in sentenza tra gli accadimenti, che appare riferito da P.V.D. su base interpretativa. Su punto vi è una specifica contraddizione tra il teste Da., che assume di aver acquisito tali circostanze da P.V.D., che quest'ultimo nega, cosicchè quest'ultima deposizione è priva di riscontro.


Ulteriore travisamento si segnala sul dato ritenuto in sentenza, della presenza di una registrazione dei colloqui di P.V.D., oltre che di una relazione di servizio stilata per il P.m. di Taranto, circostanza sulla quale è stata respinta la prova documentale, offerta ai sensi dell'art. 603 c.p.p. inerente all'esistenza di tali documenti.


La Corte territoriale ha poi operato un'analisi della consistenza indiziaria degli elementi a carico dei familiari di T.D. all'epoca delle pretese pressioni, per desumere l'illegittimità del mancato arresto, travisando le risultanze che attestavano la mancanza di elementi di accusa alla data delle dimissioni, ed il sopraggiungere di relazioni di servizio in loro danno solo in epoca successiva a tale accadimento.


Si smentiscono inoltre circostanze date per accertate in sentenza, quali il coinvolgimento di V. e l'assimilabilità della posizione di I. a quella dei T., che si ritengono inspiegabilmente sottratti all'arresto, malgrado specifici atti del processo dimostrassero la diversità della situazione.


Si contesta la decisione della Corte di non ammettere prove sopravvenute, rilevanti al fine di accertare la credibilità del teste, oltre che il travisamento di elementi di fatto, quali la collocazione della data di inizio dei rapporti personali del ricorrente con T., dopo il 2001, avvenuta in assenza di appigli negli atti processuali, posto che il teste ha riferito di rapporti fino al 2003-2004, indicazione che non consente di escludere l'ambito temporale indicato.


A tal fine si richiamano i plurimi rilievi svolti nell'atto di appello, e le testimonianze assunte che, secondo l'esponente, smentiscono i dettagli forniti dal teste di accusa, e ne pongono in crisi l'attendibilità, deduzioni che la Corte ha omesso di confutare.


2.2.4. Si denuncia violazione di legge processuale e vizio di motivazione riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni di P.V.D., sentito senza l'assistenza del difensore, pur in presenza del profilarsi di elementi a suo carico, oltre che vizio argomentativo sull'eccezione. Si segnala infatti che, essendosi il P.V.D. reso latore delle espressioni minacciose del D.G. e condividendone gli scopi, come dallo stesso affermato, questi doveva ritenersi suo concorrente nel reato. In conseguenza, esclusa l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal P.V.D., non ai sensi dell'art. 210 c.p.p. ma in qualità di testimone, doveva escludersi l'elemento ritenuto fondante in sentenza dell'affermazione di responsabilità.


2.2.5. Si segnala vizio di motivazione sia sull'eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni P.V.D., che sull'inutilizzabilità delle affermazioni di Da., in quanto de relato ed acquisite senza sentire il teste diretto, malgrado la specifica richiesta difensiva, in violazione dell'art. 195 c.p.p., comma 4.


Si deduce inoltre violazione di legge processuale con riferimento alla considerazione a fini decisori del provvedimento del Tribunale del riesame, non presente in atti, in quanto mai acquisito. Inoltre risultano utilizzati a fini decisori atti non contenuti nel fascicolo per il dibattimento, quali la denuncia e le sommarie informazioni testimoniali rese da P.V.D. e da I.S..


2.2.6. La contestazione di mancanza di motivazione riguarda anche la censura relativa all'esclusione dell'acquisizione della registrazione della conversazione tra T. e don F.A., ammessa in primo grado e poi inspiegabilmente revocata, decisione di cui si eccepisce l'illegittimità.


2.3. In relazione alle imputazioni di cui ai capi B) e C) si denuncia:


2.3.1. Violazione di legge processuale, per mancanza di correlazione tra l'accusa e la condanna, posto che questa ha limitato per il capo B) la responsabilità alla condotta illecita compiuta nel 2007, estranea alla contestazione, che risulta riferibile solo all'anno successivo, oltre che vizio di motivazione, inerente alla mancata confutazione di tale assunto, già espresso in appello.


Analoghi rilievi vengono svolti con riferimento al capo C) dell'imputazione, che prevede il richiamo all'attività di una società denominata Italia servizi srl facente capo a P.V.D., mentre nella sentenza si accerta la prospettata penalizzazione della diversa azienda di cui quest'ultimo era dipendente.


2.3.2. Erronea applicazione della legge penale per la mancanza di elementi costitutivi del reato di concussione contestato al capo B), che si sarebbe realizzato nella prospettazione di un intervento personale presso il P.m. titolare delle indagini a carico di Di., in cambio di una vacanza gratuita presso il centro vacanze da questi gestito. In tali condizioni manca la qualità di cui l'agente dovrebbe abusare per l'integrazione del reato, in quanto egli era privo della titolarità dell'indagine su cui avrebbe influito; inoltre la condotta minacciata - il mancato intervento presso il collega - non costituisce un atto illegittimo, ma doveroso, che non può integrare l'abuso di qualità. Ne consegue che, a tutto concedere, alla parte lesa veniva prospettata la possibilità di un vantaggio, non di un male ingiusto.


2.3.3. Anche in relazione ai capi B) e C) dell'imputazione si eccepisce inosservanza di norma stabilita a pena di inammissibilità, conseguente all'escussione di P.V.D. quale testimone, invece che quale imputato di reato connesso, condizione rilevante anche rispetto alle imputazioni richiamate, per correlazione con le accuse di cui al capo A). In relazione a tale profilo si denuncia anche carenza di motivazione, formulata esclusivamente con richiamo all'argomentazione del Tribunale del riesame, malgrado tale provvedimento non sia mai acquisito agli atti del procedimento.


2.3.4. Violazione di norma processuale, con riferimento all'utilizzazione a fini di prova delle dichiarazioni rese dal mar. Sa. su quanto acquisito attraverso l'audizione di Ta.Ro., in violazione dell'art. 195 c.p.p., comma 4.


2.3.5. Si eccepisce mancata assunzione di una prova decisiva, indicata a prova contraria, identificabile nel verbale di assemblea di condominio inerente all'attribuzione dell'attività di portierato, nonchè vizio di motivazione su tale eccezione. La prova offerta dimostra che per l'anno 2007 non vi era stata esclusione dall'attività di guardiania della società in cui prestava servizio P.V.D., circostanza che rivela l'insussistenza del fatto qualificante il reato, secondo quanto contestato.


Su tale aspetto si denuncia anche travisamento della prova, per aver il giudicante ritenuto Di. legale rappresentante della società di vigilanza, conferendogli un potere decisionale che non gli competeva.


2.3.6. Violazione di legge penale si segnala quanto all'integrazione del reato di cui al capo C), che individua l'evento dannoso nell'allontanamento di P.V.D. dal servizio di portierato, che i fatti hanno dimostrato insussistente, attività rispetto alla quale non è emersa alcuna prova della formulazione di minacce da parte dell'interessato, che non risulta aver prospettato, in alternativa alla richiesta di allontanare P.V.D., il riferito interessamento in favore di Di..


2.3.7. Si eccepisce travisamento della prova, con riferimento ad entrambe le imputazioni in esame, sottolineando che P.V.D. non ha riferito di minacce, ma solo convinzioni di Di. in merito alle conseguenze della sua permanenza in servizio. Si segnala che manca qualsiasi correlazione tra minaccia e vantaggio, costituito dal mancato pagamento delle vacanze, saldate dalla moglie del D.G.. La Corte ha utilizzato in chiave accusatoria le registrazioni di un colloquio tra Di. e P.V.D. senza contrastare l'eccezione di inutilizzabilità di tali acquisizioni, nè valutare nel concreto l'inconsistenza degli elementi emergenti dall'ascolto, ai fini probatori.


Si segnalano ulteriori discrasie delle risultanze sfociate in travisamento della prova e consistenti nella non corretta datazione del colloquio del collega B. con D.G.; nell'individuazione dell'effettivo fruitore delle vacanze presso il villaggio; nella ricostruzione delle presenze nel villaggio di D.G., verificata attraverso registri della società di vigilanza, non veritieri in quanto compilati da persone non più addette al servizio a quella data; nell'individuazione di elementi che escludono l'ipotesi di accusa - richiesta di penalizzare la società di P.V.D.- nei fatti non attuata; nella pretesa richiesta di allontanare la persona di P.V.D., il quale mai aveva abbandonato l'attività presso il villaggio turistico.


Ulteriore travisamento si denuncia quanto alle testimonianze rese da D.S. e R., poichè il primo, non conoscendo D.G., non può aver riferito sulla sua condotta, il secondo ha collocato nel 2008, periodo escluso dall'accertamento di responsabilità, i suoi ricordi sulla presenza dell'interessato nel villaggio, ricostruiti sulla base di annotazioni generiche inerenti alla presenza di ospiti del D.G., che ben potevano riferirsi in maniera riassuntiva, anche ad ospiti dei suoi familiari e non personali del ricorrente.


Si contesta inoltre il preteso riconoscimento di un ruolo politico del D.G., che, in tesi di accusa, avrebbe partecipato alle spartizioni degli incarichi che si sarebbero acquisiti dopo le elezioni convenute tra i rappresentanti del gruppo "Progetto comune", e si richiamano a tal fine le testimonianze dei presenti che hanno riferito della partecipazione di questi ad un solo incontro, nel corso del quale nulla si decise, condizione che esclude la fondatezza dell'assunto posto a base della sentenza. Le contrarie affermazioni contenute nel provvedimento sono fondate esclusivamente su quanto riferito da P.V.D. per il capo A), in relazione al quale egli è testimone solo dei tentativi, e per i capi B) e C) in cui egli riveste la qualità di teste de relato.


Con riguardo alla vacanza presso il villaggio "(OMISSIS)" risultano travisati i dati probatori, poichè si attribuisce ad un teste ( Sa.) l'accertamento della presenza D.G. per l'anno 2007 in appartamenti chiaramente assegnati per l'anno successivo, dato che non è possibile ricavare neppure da dichiarazioni di terzi informalmente assunti, che nulla hanno saputo riferire in argomento; al riguardo si segnalano le puntuali deduzioni contenute in atto di appello, non contrastate in sentenza.


2.4. In relazione al capo G) dell'imputazione, inerente alla corruzione di pubblici ufficiali tesa a riconoscere delle utilità a C. al fine di far ottenere in favore di D.G. la remissione di querela, oltre che la presentazione di una denuncia contenente una opposta ricostruzione dei fatti che attribuiva la responsabilità per fatti illeciti all'antagonista dell'odierno ricorrente si contesta:


2.4.1.Violazione processuale e vizio della motivazione conseguente alla mancata correlazione tra imputazione e sentenza, ritualmente eccepita in grado di appello e non contrastata, ed erronea applicazione della legge penale in quanto la fattispecie corruttiva ivi prevista vede di fatto favorito un privato - C. - e sua figlia mentre il pubblico ufficiale corrotto non avrebbe conseguito alcuna utilità; si assume ricostruito per l'effetto uno schema non riconducibile alla fattispecie ritenuta, ma al più a quella di abuso, posto che C. sarebbe stato avvantaggiato con atti illegittimi.


Riguardo ai fatti contestati si rileva la non corrispondenza degli elementi identificativi del procedimento il cui sviluppo risulterebbe alterato dalla condotta di C., e si contesta al D.G. una pressione esercitata su C. affinchè presentasse una nuova denuncia, con descrizione dei fatti illeciti che sarebbero stati compiuti da L., condotta rispetto alla quale non emerge lo svolgimento di attività ascrivibili al ricorrente.


In proposito nel ricorso si contesta travisamento della prova, opponendo alla ricostruzione in fatto contenuta in sentenza, fondata sul collegamento tra le denunce presentate da C., le loro correzioni e lo scambio di telefonate tra i soggetti protagonisti della vicenda, delle alternative chiavi di lettura, sulla base delle quali si segnala il vizio denunciato. In particolare, analizzando il contenuto delle telefonate, si esclude che possa ricavarsi la prova della pressione esercitata da D.G. su C., il quale in varie conversazioni esplicita il proposito di non desistere dall'intendimento di non rimettere la querela, cosicchè le conversazioni non possono essere utilizzate quale prova dell'accordo.


2.4.2. Si contesta, in relazione al medesimo capo, violazione di legge, quanto all'identificazione degli atti contrari ai doveri di ufficio realizzati dai pubblici ufficiali, caratterizzanti la fattispecie contestata. In particolare, si attribuisce una condotta omissiva al Sindaco in relazione ad un'attività - verifica della regolarità dell'esercizio commerciale gestito da C. presso il campo sportivo - di competenza del dirigente dell'Area 4, o l'accoglimento di una richiesta in sanatoria per conservare la gestione del bar, di competenza di altro organo, che non avrebbe potuto essere emessa, se non a seguito di gara ad evidenza pubblica.


Si segnala violazione del diritto di difesa, posto che è stata preclusa la produzione di documenti dimostrativi della legittimità edilizia della struttura in contestazione.


Quanto all'elargizione di un contributo del comune all'attività sportiva dell'associazione territoriale, poi confluito a C., si esclude la competenza della Giunta comunale, che non giustifica l'accusa mossa nei confronti del solo Sindaco del Comune, privo di potere decisionale autonomo; l'esecuzione di tale delibera è dipesa dalla determina dirigenziale, di competenza di altro funzionario, circostanza che esclude la sussistenza di un atto contrario ai doveri di ufficio in capo al Sindaco, contrariamente a quanto espresso nel capo di imputazione.


Analogamente si contesta la sussistenza di un atto contrario compiuto dal comandante dei vigili, relativo ad un ritardo nella notifica delle contravvenzioni, in quanto competente a tale adempimento erano i Carabinieri che hanno elevato il verbale, e l'ipotetico ritardo non avrebbe mai potuto assumere effetto sanante di contravvenzioni inerenti alla somministrazione di bevande da parte della figlia di C., condizione che smentisce l'ipotesi di accusa.


2.4.3. Si contesta vizio di motivazione con riferimento all'impugnazione delle ordinanze del Tribunale che, revocata la precedente ammissione, non hanno disposto l'acquisizione di registrazioni di conversazioni secondo l'elencazione contenuta a fg 176 del ricorso.


Si segnala inoltre mancata assunzione di prova decisiva, nel presupposto dell'incompletezza dell'istruttoria, decisione che viola il diritto di difesa.


2.5. In relazione a tutti i capi di accusa si censura inoltre:


- violazione di norma processuale conseguente all'utilizzazione di atti estranei al giudizio, quali l'ordinanza del Tribunale del riesame, e le dichiarazioni rese nel corso delle indagini da P.V.D., non acquisite al processo;


- mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento ad istanze proposte successivamente alle acquisizioni ex art. 507 c.p.p. e loro integrazioni, nonchè proposte ai sensi dell'art. 603 c.p.p. e correlato vizio di motivazione, con particolare riferimento all'omessa acquisizione di documenti, anche sopravvenuti, ed all'incongrua motivazione fornita sulla pretesa completezza del materiale istruttorio acquisito, che ignora che la natura sopravvenuta delle questioni offerte imponeva l'applicazione dell'art. 603 c.p.p., comma 2; si articolano le medesime censure anche con riguardo alla mancata acquisizione di documenti rilevanti sul capo C), in quanto dimostrativi della falsità delle accuse di P.V.D., che la Corte ha escluso con motivazione contradittoria, ove mette in luce l'astratta rilevanza delle prove offerte, per poi negarne l'acquisizione.


2.6. In riferimento ai capi B), C) e G) si contesta violazione di legge, per essere state acquisite ed utilizzate registrazioni prive della verifica di conformità all'originale, in violazione della L. n. 48 del 2008, artt. 8 e segg.; violazione di legge processuale per la mancata considerazione delle osservazioni alla consulenza, esposte dall'esperto di fiducia; violazione di legge processuale per l'avvenuta acquisizione di documentazione, costituita dalla registrazione, senza l'osservanza delle prescrizioni di legge, superata da un improprio riferimento alla prova atipica, a cui non può rapportarsi il dato offerto, oltre che per la mancata escussione del consulente di parte, pur sollecitata dalla difesa a seguito dell'audizione del perito di ufficio; violazione di norma processuale e vizio della motivazione per omessa confutazione degli elementi a discarico offerti dal consulente di parte; difetto della motivazione con riguardo all'utilizzazione della prova derivante dalle registrazioni, malgrado i vizi dai quali è affetta, desumibili dalle osservazioni alla perizia disposta, di cui si denuncia il travisamento, con particolare riferimento all'impossibilità, denunciata dal perito, di individuare l'originale del supporto informatico ed accertare l'assenza di manipolazioni sulla registrazione utilizzata, malgrado a ciò specificamente sollecitato dal consulente di parte; si denuncia anche il travisamento, per aver attribuito agli accertamenti del luogotenente Ce. ed agli accertamenti del Ris risultati di identità con le voci confrontate, escluse dagli effettivi controlli, essendosi limitati tali approfondimenti a riscontrare analogie, poichè la verifica è stata circoscritta ad un accertamento linguistico, e non strumentale.


2.7. Con riferimento a tutti i capi di accusa si denuncia violazione di legge, per omessa analisi delle memorie difensive depositate, oltre che vizio di motivazione, con riguardo alle plurime censure inerenti alla mancata valutazione dei profili di inattendibilità delle dichiarazioni di P.V.D., superate dalla Corte con motivazione generica.


2.8. In relazione ai capi 1) e 2) si deduce:


2.8.1. Violazione di legge ed omessa assunzione di prova decisiva derivante dalla mancata valutazione delle plurime testimonianze acquisite sull'episodio della minaccia di L. al figlio del ricorrente, accertamento che ha costituito il presupposto dell'imputazione sub G), e si contesta la mancata acquisizione della sentenza pronunciata medio tempore, e delle registrazioni di conversazioni, acquisite successivamente alla proposizione dell'appello, che costituiscono prova sopravvenuta.


2.8.2. Sul capo 2) si denuncia violazione di norma sostanziale e vizio di motivazione con riferimento alla natura diffamatoria dell'affermazione contenuta nel volantino, non riferibile con certezza al L., e non riguardante espressioni in sè dimostrative di illecito, costituendo la condotta, secondo la previsione del capo di imputazione, espressione di lotta politica, in relazione al quale vi è una più ampia valutazione del criterio di offensività e continenza. Si segnala che la Corte ha fondato il proprio convincimento sulla non veridicità di quanto esposto nel volantino, senza svolgere alcun reale accertamento sul punto.


Si contesta vizio di motivazione quanto ad una serie di elementi inerenti alla valutazione di credibilità dei testi, attinenti alle circostanze dell'azione, e travisamento della prova, con riferimento all'individuazione di una versione ritenuta più attendibile fornita dai Carabinieri sul controllo eseguito presso il bar (OMISSIS), in merito sulla ricerca di volantini, e sulla presenza di una doppia versione della denuncia, attribuibile alle pressioni di D.G., che non trova riscontro negli atti, e non risolve il punto inerente alla rispondenza ai fatti della seconda relazione, emersa nel procedimento parallelo che ha portato alla condanna di L..


Si rileva inoltre violazione di norma processuale e vizio di motivazione derivante dalla mancata analisi di tali risultanze.


Si censura da ultimo mancata assunzione di prova contraria, a fronte dell'acquisizione, avvenuta solo in dibattimento tramite la testimonianza L., dell'identificazione a sua cura del D.G. in uno dei distributori dei volantini ritenuti diffamatori, circostanza mai emersa prima, su cui non è stato consentito esercitare il diritto alla controprova.


2.9. Con memoria depositata il 22/07/2017, corredata di allegati, si reitera la valutazione di non corretta analisi delle emergenze processuali, da parte dei giudici di merito, analisi che si ritiene viziata da pregiudizio, e si segnalano gli elementi di segno contrario desumibili dall'intervenuto procedimento di assoluzione da parte del CSM dalle accuse mosse nei confronti del P.m. A., oltre che dalla sopraggiunta archiviazione delle notizie di reato inerenti alle false testimonianze trasmesse dal Tribunale di primo grado per l'ulteriore corso, con riferimento a tutte le deposizioni ritenute inattendibili.


Si deduce la sottovalutazione dell'assenza di riscontri alla ricostruzione fornita da P.V.D., con riferimento ai modi ed ai tempi degli incontri con D.G., ed all'inesistenza di rancore di quest'ultimo nei confronti del primo, stante l'inconsistente riscontro ottenuto sull'esistenza di una registrazione della denuncia di questi per i fatti del 2001, che, contrariamente a quanto ritenuto, non è mai risultata presente, oltre che l'insussistenza di riscontro alla presenza di una ricostruzione fornita dal P.V.D. al Da., secondo quanto da questi riferito, in mancanza di segnalazione di tale attività da parte del primo.


Richiamandosi tutte le censure già formulate in relazione al capo A), si segnala l'ingiustificata esclusione delle nuove prove, costituite, tra l'altro, dalla registrazione di una conversazione P.V.D.- T. nel corso della quale il primo negava di averlo mai minacciato, o di essere stato al corrente dello sviluppo del procedimento c.d. Valentino.


Richiamate le censure già proposte quanto ai capi B) e C), si contesta la mancata acquisizione della registrazione Pu.- C., dalla quale è dato ricavare che il primo non era mai stato depositarlo della registrazione che P.V.D. assume di aver da lui ricevuto, oltre che la smentita di ulteriori circostanze offerte da quest'ultimo nel corso della sua deposizione, che fondava la sollecitazione dell'assunzione testimoniale del primo in grado di appello.


In relazione al capo G), oltre a richiamare le deduzioni già svolte in ricorso, si segnala che manca la prova della consapevole adesione dei pubblici ufficiali alla pattuizione intercorsa tra D.G. e C..


Si richiamano le contestazioni inerenti all'affidabilità delle registrazioni contestando la decisione di non assumere quale teste Pu.Vi. sentito con indagini difensive, la cui ricostruzione è stata offerta quale prova nuova.


Inoltre, al di là di un richiamo ad argomenti già sviluppati nel ricorso, si contesta la correttezza della valutazione delle prove risolta dai giudici di merito, realizzata in violazione del principio di cui all'art. 192 c.p.p. e la mancata valutazione delle memorie e documenti allegati, prodotti dalla difesa.


3. Con il ricorso proposto nell'interesse di D.I. si deduce:


3.1. Violazione di legge processuale, del diritto alla prova contraria e vizio di motivazione con riferimento alla mancata acquisizione, ai sensi degli artt. 121 e 234 c.p.p., della documentazione offerta dalla difesa in primo grado.


3.2. Violazione di legge, quanto alla pretesa unicità dell'immediata esecutorietà della delibera di giunta del 30/10/2008, effetto pienamente legittimo, costantemente applicato dall'amministrazione comunale per la maggioranza delle delibere, come si è tentato di dimostrare attraverso la produzione documentale, illegittimamente non acquisita.


Si segnala inoltre che viene attribuita al sindaco la responsabilità per tale illegittimità, malgrado non sussista la sua competenza al riguardo.


3.3. Violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla valutazione delle prove acquisite, intervenuta sulla base di presupposti non accertati - quali la pretesa abusività edilizia della struttura presso cui si svolgeva l'attività del C. - desunti non dall'analisi della documentazione offerta dalla difesa, ma da conversazioni dell'interessato, sottoposte a registrazione; dalla pretesa illegittimità dell'erogazione del contributo economico, verificata prescindendo dalle opposte attestazioni degli organi deliberanti ed attribuendo la responsabilità dell'attività al sindaco che non riveste alcun potere al riguardo.


3.4. Violazione di legge, quanto all'identificazione degli elementi costitutivi del reato configurato, in relazione al quale non è individuato nè il corrotto, nè l'attività illecita a questi rapportata, poichè manca il privato che corrompe il corrotto. Anche sotto questo profilo si segnala la mancanza dell'attività materiale a lui ascrivibile, posto che non risulta il compimento di atti illegittimi, e l'insussistenza di competenza specifica del sindaco a realizzare gli atti considerati nel capo di imputazione.


Si denuncia travisamento della prova, sull'interpretazione di alcune comunicazioni intercorse tra il sindaco ed il D.G., e la deduzione dell'utilità del ricorrente nell'amicizia con quest'ultimo, che non può integrare il presupposto del reato, per la cui identificazione si impone l'acquisizione da parte del pubblico ufficiale di una utilità materiale non individuata.


3.5. Vizio di motivazione quanto all'esclusione delle attenuanti generiche, decisione giustificata con il ricorso a clausole di stile.


4. Nell'interesse di Pe.Ag. di cui è stata affermata la responsabilità per il reato di cui al capo G), la difesa eccepisce:


4.1. Violazione di legge processuale per genericità dell'accusa, eccezione proposta nei gradi di merito e respinta con motivazione che non ha dato conto della presenza di contestazioni inerenti il luogo, i tempi e le modalità esecutive dell'attività contestata.


4.2. Violazione di legge processuale per la mancata concessione di un termine a difesa a seguito di rinuncia al mandato del precedente difensore, comunicata pochi giorni prima; si contesta in particolare l'effetto sanante di tale nullità, desumibile dal disposto rinvio dell'esame del Pe., poichè tale cautela non ha consentito l'esercizio compiuto del diritto di difesa, quanto alle ulteriori attività realizzata a quell'udienza.


4.3. Vizio di motivazione con riguardo all'individuazione degli elementi di responsabilità a carico di Pe., già contestati in atto di appello, ed in alcun modo desumibili dalle intercettazioni e considerazioni espresse nella sentenza di primo grado, che mai fanno riferimento ad un intervento di questi, che compare in una sola occasione quale interlocutore telefonico di C., del quale raccoglie le confidenze, manifestando per di più la sua impossibilità di incidere sui fatti.


Si segnala che l'unico richiamo a lui astrattamente ascrivibile contenuto in una conversazione di C. nella quale quest'ultimo fa riferimento all'intervento di un segretario, non può essere necessariamente a lui attribuita, posto che a quella data egli aveva dismesso tale carica presso il comune, per assumere un diverso incarico all'interno dell'ASL.


4.4. Violazione di legge penale per la qualificazione del fatto; invero, volendo connettere l'attività attribuita al segretario alla condotta di Pe. questa a tutto concedere sarebbe intervenuta ad azione corruttiva già esaurita, integrando quindi la diversa ipotesi del delitto di favoreggiamento.


5. Con il ricorso proposto nell'interesse di P.F., ritenuto responsabile del reato di cui al capo G), si denuncia:


5.1. Vizio di motivazione, con riferimento a tutti gli elementi che, in tesi di accusa, avrebbero dovuto fondare la responsabilità, evidenziati in atto di appello, individuati nella sentenza di primo grado con richiamo a ricostruzioni probabilistiche e non basate su elementi di prova, vizi reiterati nella sentenza di appello, che risulta priva di analisi sugli elementi contrari. Su tali aspetti si segnala l'incerta partecipazione del P., identificato sulla base di un richiamo al "comandante" non riferibile a lui con sicurezza, in mancanza di elementi su sue dirette interlocuzioni con D.G., e con riferimento ad una condotta non rientrante nello schema tipico della fattispecie ritenuta.


Il dedotto intervento ad adiuvandum del P. si scontra con gli atti da lui realizzati, sulla sospensione dell'attività, disposta nei confronti dell'esercizio di C. fin dal 30/11/2009; il preteso intervento promesso - ritardo di una notifica di atto non emesso dai vigili - a tutto concedere, si configurerebbe come reato impossibile, poichè il compimento di tale attività non sarebbe dipeso dalla sua volontà, mentre in alcun modo si è argomentato sul dolo del reato, poichè non sono indicati gli atti dai quali poter desumere la consapevolezza del vantaggio di D.G., in quanto non risulta che P. fosse informato dei contrasti di questi con C..


Si segnala che la sentenza, a fronte della mancanza di una specifica confutazione degli argomenti difensivi, opera collegamenti interpretativi in chiave letteralmente probabilistica, in contrasto con la certezza richiesta per pervenire ad un accertamento di responsabilità, anche per effetto della mancata valutazione della chiave di lettura alternativa offerta dalla difesa, e della smentita diretta, proveniente da C., sull'identificazione dei suoi interlocutori nella circostanza oggetto di analisi.


Si richiama il provvedimento della Corte di legittimità in sede cautelare, che aveva già riscontrato la necessità dell'individuazione di una condotta connessa all'attività contestata da parte dei pubblici ufficiali, che si assume non identificata nella sentenza oggetto di impugnazione.


6. Nell'interesse di M.A., nei cui confronti si è dichiarato non doversi procedere per prescrizione in relazione al reato di cui al capo 2), ed è stata confermata la condanna alle statuizioni civili si denuncia:


6.1 Violazione di legge penale e processuale, per la mancata verifica dell'assenza di querela nei confronti dell'interessato, già eccepita nei gradi di merito.


6.2. Violazione di legge processuale, per avere l'A.G. di Potenza proceduto all'accertamento di un reato per cui era intervenuta un'ordinanza di archiviazione, dell'A.G. di Taranto, a seguito della quale non è sopraggiunto il provvedimento di riapertura indagini.


6.3. Violazione di legge penale e vizio di motivazione, quanto alla natura diffamatoria del contenuto del volantino, non scrutinata dalla Corte, che ha svolto illazioni sulla provenienza pubblica del denaro ipoteticamente utilizzato per i richiamati investimenti, prive di addentellati in atti processuali, il cui contenuto è stato per di più valutato senza analizzare la scriminante dell'esercizio di un diritto, connesso alla critica politica.


6.4. Vizi della motivazione riguardanti la valutazione delle prove, avvenuta attraverso la previa considerazione dell'orientamento politico dei dichiaranti, ritenuto condizionante solo per i testi della difesa; con l'analisi dei rapporti di parentela che li legava; con l'assunzione di conclusioni in ordine alla natura pubblica del denaro investito da L. non desumibile dal testo della comunicazione oggetto di imputazione; con il richiamo ad ipotesi ricostruttive, sia sull'attività di volantinaggio che sulla presenza di due relazioni di servizio al riguardo, di cui si assume l'alterazione, senza accertare se le conclusioni cui è pervenuta la seconda fossero o meno veritiere, posto che il suo redattore ne ha confermato la corrispondenza al reale.


6.5. Violazione di legge processuale e vizio della motivazione, sussistente già in relazione alla pronuncia di primo grado, con riguardo alla mancata valutazione degli atti del procedimento parallelo, instaurato a Potenza nei confronti del L., di cui è stata disposta l'acquisizione, ma delle cui risultanze è stata omessa la doverosa valutazione nel doppio grado di giudizio.


6.6. Violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) e vizio di motivazione con riguardo alla mancata ammissione di prova contraria sugli elementi acquisiti ai sensi dell'art. 507 c.p.p. e dell'art. 603 c.p.p., nella parte in cui è stata respinta la richiesta di rinnovazione del dibattimento formulata in relazione alla prova nuova. Tali istanze, proposte dal D.G., riverberano sulla posizione del ricorrente, coimputato del medesimo reato. Si sottolinea che le prove richiamate assumono tutte il carattere della decisività, come evidenziato nella memoria riportata testualmente nel ricorso, poichè tendenti a dimostrare che la prima querela non faceva alcun riferimento alla condotta di volantinaggio attribuita a D.G., come reso evidente dall'instaurazione del procedimento a Taranto in luogo che a Potenza, ai sensi dell'art. 11 c.p.p..


7. Nel ricorso proposto nell'interesse di V.A., ritenuto responsabile del delitto di favoreggiamento di cui al capo F), si deduce:


7.1. Violazione di legge inerente all'utilizzazione di materiale informatico privo della acquisizione degli originali, secondo quanto già espresso sub 2.7. ed in relazione al quale si contesta altresì la mancanza di cautele nell'utilizzazione da parte del CC, poichè questi non hanno garantito la custodia dei dati ivi contenuti, vizi che conducono all'accertamento di inutilizzabilità della perizia disposta su tali atti, in conformità a quanto prescritto dalla giurisprudenza di legittimità.


7.2. Violazione di legge processuale derivante dalla mancata considerazione delle osservazioni del consulente della difesa in ordine alla perizia G., che è stata posta a fondamento della decisione.


7.3. Violazione di norma processuale per mancata analisi dell'eccezione di inutilizzabilità della prova atipica, proposta nell'atto di appello.


7.4. Violazione processuale con riguardo alla mancata escussione del consulente di parte dopo aver acquisito la perizia ai sensi dell'art. 507 c.p.p., in conformità a quanto espresso sub 2.6.


7.5. Violazione processuale derivante dal mancato superamento delle valutazioni del consulente di parte, a favore anche del ricorrente, ricavabili dall'esame del CD contestato, argomento non contrastato in sentenza.


7.6. Violazione di legge processuale e vizio della motivazione inerenti all'inaffidabilità delle risultanze del CD in quanto privo dell'originale ed in presenza del pericolo di manipolazione, deduzioni fondate sulle censure del consulente, disattesa con motivazione generica, che non ha considerato le osservazioni proposte.


7.7. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione riguardanti la mancata acquisizione in appello di documenti provenienti dall'imputato, già offerti in primo grado ed ingiustamente non acquisiti, rilevanti al fine di decidere, istanze rispetto alle quali nessuno dei motivi di gravame proposti viene contrastato.


7.8. Violazione di legge processuale, del diritto alla prova contraria e vizio di motivazione in merito al rigetto delle istanze istruttorie formulate in atto di appello e nella memoria depositata su circostanze sopraggiunte rispetto alla sentenza di primo grado, di contrasto dei dati sui quali è stato fondato l'accertamento di responsabilità.


7.9. Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento all'accertamento dell'effettivo latore della registrazione della conversazione tra V. e D.F. al D.G., riguardante anche l'impugnazione dell'ordinanza del 27/05/2016.


7.10. Violazione di legge e vizio di motivazione inerente alla quantificazione della pena nella misura mediale tra il minimo ed il massimo e sull'esclusione dell'applicazione delle attenuanti generiche.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 ricorsi formulati nell'interesse di P. e M. sono fondati, mentre quello proposto nell'interesse di D.G. è fondato solo limitatamente al capo 2), secondo quanto verrà di seguito illustrato; le ulteriori richieste devono essere rigettate, con la conseguenza dell'accertamento dell'intervenuta prescrizione per la fattispecie di cui al capo A).


1.2. In via preliminare appare opportuno ricordare, alla luce del profluvio dei motivi di ricorso formulati da tutti i ricorrenti, sintetizzati nella parte narrativa secondo i principi fissati dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 che l'ambito di cognizione riconosciuto al ricorso di legittimità è rigorosamente delimitato all'analisi delle questioni di diritto, sostanziali e processuali, affrontate nel corso del giudizio di merito, oltre che della tenuta logica e completezza della motivazione illustrata nelle sentenze oggetto di impugnazione, con esclusione di qualsiasi rivalutazione autonoma da parte della Corte di legittimità degli elementi di prova su cui l'accertamento è fondato.


Ricordato che nel caso di specie bisogna rapportarsi ad una doppia conclusione conforme di merito, si deve rilevare, in via di inquadramento generale, che sarà oggetto di più analitica disamina in seguito, la ridondanza di molti dei motivi proposti, che contestano un'inesistente mancanza di motivazione sui rilievi formulati, e si sostanzia nella loro riproposizione, in assenza di un confronto concreto sui presupposti in fatto posti a sostegno della decisione dal giudice di merito. Tale situazione produce l'inammissibilità del motivo, stante la mancanza di elementi emergenti dagli atti, che possano qualificarsi ingiustamente non valutati, la cui segnalazione sia funzionale alla verifica della completezza argomentativa in questa sede.


2. Ciò premesso in linea generale, e ricordato che nel corso dell'udienza si è provveduto allo stralcio dell'esame del ricorso proposto nell'interesse di C., per la rilevata intempestività della notifica del decreto di citazione a giudizio in questa fase, conseguente all'assenza del termine libero di venti giorni, appare opportuno, anche per la natura parzialmente comune dei rilievi formulati da più ricorrenti, esaminare unitariamente le eccezioni di natura processuale, a fine di evitare ripetizioni e ridondanze espositive.


E' opportuno premettere in argomento, alla luce delle molteplici censure svolte con riguardo al difetto di motivazione su eccezioni processuali, che la Corte di legittimità è chiamata a valutare la fondatezza o meno del rilievo, non la pertinenza delle argomentazioni svolte al riguardo dal giudice di merito, posto che tale ultima verifica è delimitata esclusivamente all'analisi degli elementi di fatto, sulla quale solamente si incentra il controllo del percorso giustificativo (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011 - dep. 10/01/2012, Rossi e altri, Rv. 251496); come è stato autorevolmente osservato sulle eccezioni processuali quel che rileva è la decisione, non la giustificazione, cosicchè la verifica sollecitata non può che essere limitata al primo profilo.


2.1.1. Inosservanza di norma processuale e mancanza di motivazione in relazione alla mancata confutazione della prova contraria, secondo quanto specificato in atto di appello, in relazione a tutti i capi di accusa (pag.10 ricorso D.G.).


L'analisi di tale rilievo deve muovere dalla considerazione della struttura della motivazione, secondo i criteri normativamente tracciati dall'art. 546 c.p.p., comma 1. Secondo costante interpretazione le deduzioni argomentative della decisione non devono svilupparsi con riferimento a tutte le allegazioni difensive, poichè è previsto un onere argomentativo circoscritto all'individuazione delle prove decisive, ed all'inattendibilità delle prove contrarie, ove queste siano direttamente incidenti sulle prime, che segua un discorso ricostruttivo coerente attraverso l'illustrazione delle tappe del processo decisionale, secondo un criterio di rilevanza degli elementi e di conseguenzialità logica; in tale prospettiva, fondata sulla previsione normativa richiamata, e sulla sua costante interpretazione, non può qualificarsi vizio della motivazione la mancata analisi di osservazioni difensive, ancorchè supportate da documentazione, ove non direttamente incidenti sul percorso ricostruttivo del giudicante, rispetto al quale deve sempre soccorrere, al fine dell'individuazione di rilevanza, l'analisi della portata scardinante delle opposte osservazioni.


Tracciato in tal senso il perimetro dell'approfondimento rimesso al giudice d'appello, si deve concludere che la ricostruzione contenuta nella sentenza impugnata risulta corretta, mentre appaiono generici i rilievi, inerenti alla pretesa nullità del provvedimento per mancata analisi delle testimonianze indicate nell'atto di impugnazione, stante il loro implicito superamento, alla luce dei contrasti insanabili con quanto diversamente emergente.


In particolare la sentenza, in relazione al capo A), fonda il suo accertamento, oltre che su quanto riferito da P.V.D., sottoposto a vaglio critico, anche sulla registrazione delle affermazioni di T., che confermano il dato inerente all'incontro S.- Tr.Po. di cui aveva parlato il primo, registrato con atto a sorpresa, e da ciò trae logicamente l'inattendibilità di quanto in senso opposto dichiarato da T.D.; vengono a tal fine richiamati dalla difesa contenuti autonomi di quella conversazione, senza considerare la parte attinente al richiamo dell'incontro S.- Tr.Po. presso l'azienda agricola del primo avvenuto alla presenza di P.V.D. (fg 28 sentenza impugnata), che è stata ritenuta determinante, in quanto diretta conferma del racconto del teste.


Se ne trae che, contrariamente all'assunto, nella pronuncia risulta evidenziato il percorso ricostruttivo alla luce del quale si è ritenuto di superare le prove contrarie sulla base di tale assorbente risultanza. Ed è bene rimarcare al riguardo, alla luce delle contestazioni svolte sul punto, che le richiamate affermazioni di T. sono state qualificate "veraci", contrapponendole a quelle offerte nella testimonianza resa, non in ragione di una scelta priva di giustificazione, ma per effetto della loro genesi quale atto a sorpresa, ed alla chiarezza del riferimento, non potendo ravvisarsi sotto tale profilo alcuna contraddizione con l'implicita valutazione di inattendibilità delle ulteriori affermazioni offerte.


I richiami contenuti nel ricorso ad altra parte della medesima conversazione dalla quale dovrebbe desumersi una opposta risultanza non analizzano le chiare circostanze che emergono dallo stralcio considerato nella sentenza, ed esattamente rispondente a quanto riferito dal teste P.V.D., circostanza che smentisce la contraddittorietà della motivazione o il dedotto travisamento della prova.


Si ignora inoltre sul punto quanto già richiamato nella sentenza di primo grado in merito all'incompatibilità delle testimonianze che escludevano la possibilità di incontri serali di D.G., richiamando intercettazioni che dimostravano opposte abitudini (pag. 86 della sentenza di primo grado), che proprio in quanto considerate dirimenti al riguardo, tracciano il percorso entro il quale doveva svolgersi la contestazione.


Per assonanza attinente al tipo di contestazione, che esula dal percorso ricostruttivo posto a base della decisione, appare opportuno segnalare in questa sede che analoga deviazione argomentativa attinge la contestazione inerente alla mancata acquisizione delle prove in ordine al possesso di una diversa auto da parte di S. nel periodo di riferimento rispetto a quella indicata da P.V.D.: la sentenza di primo grado in proposito esplicita un dato rilevante, facendo richiamo alle dichiarazioni di D.G. secondo quanto sarà precisato in seguito sub 3.1.2., risultanza con la quale la difesa non si confronta al fine di superarla, ed in relazione alla quale, conseguentemente, emerge la mancanza di pertinenza della prova contraria offerta.


Le ulteriori prove, che si assumono ignorate nel giudizio di secondo grado con riferimento a tale capo di accusa, vengono elencate contestandone l'interpretazione offerta, senza negare la presenza delle espressioni, dalle stesse ricavabili, sulla base delle quali il primo giudice pervenne alla sua decisione, confermate in appello, cosicchè quel che si contesta è la valutazione di tali emergenze nel senso auspicato, non la presenza di risultanze contrarie alle conclusioni raggiunte, con queste incompatibili.


In particolare, si deve richiamare la deduzione inerente alla mancata considerazione della registrazione T.- F., di cui il primo giudice ha revocato l'ammissione, ed al cui contenuto si annette importanza scardinante il complesso ricostruttivo, valutazione contrastata da quanto emerge dall'esame delle prove, ove si fa riferimento alla risoluta negazione, da parte di T. di aver mai esplicitato il motivo della sua decisione al prelato; risulta inoltre che quest'ultimo ha dichiarato nel corso delle indagini, in verbale acquisito con il consenso delle parti, secondo quanto dato conto nel ricorso (fg 55), di non aver acquisito informazioni da T. in proposito, cosicchè il dato probatorio ben poteva valutarsi superfluo, sulla base di quanto ritenuto dal Tribunale.


Nessuna nullità può ascriversi alla decisione sul punto: la difesa, nulla obiettando all'atto del provvedimento di revoca di assunzione delle prove già ammesse, implicito nel provvedimento di ammissione delle prove ex art. 507 c.p.p. che può intervenire solo all'esito dell'istruttoria, ha sollecitato l'acquisizione della registrazione solo dopo l'ordinanza richiamata, che non prevedeva l'approfondimento istruttorio sulla specifica circostanza; pertanto correttamente il Tribunale ha ritenuto di dover valutare tale allegazione probatoria sotto l'aspetto della assoluta necessità al fine di decidere, respingendola con argomentazione che si sottrae alle censure formulate, anche in quanto ampiamente condivisa dal giudice d'appello.


In relazione al capo in esame la difesa di D.G. ha eccepito violazione processuale derivante dall'utilizzazione delle dichiarazioni Da., maresciallo dei CC che ha affermato in dibattimento di aver raccolto le confidenze di P.V.D. nell'anno 2003, in relazione alle pressioni formulate da D.G., finalizzate allo scioglimento del consiglio comunale; tale sanzione processuale discenderebbe dalla previsione dell'art. 195 c.p.p., comma 4.


In realtà, a quel che è dato ricavare dagli atti, risulta che il Da. abbia acquisito le confidenze del P.V.D. al di fuori di un contesto di attività di ufficio, che rifiutandosi di verbalizzarle ha privato il suo interlocutore della possibilità di dare inizio ad un accertamento sul punto; ne consegue che, proprio per il divieto opposto alla verbalizzazione, tali dichiarazioni devono considerarsi assunte al di fuori dall'ambito di una indagine, non essendoci alcuna notizia di reato pregressa.


Nella situazione di fatto tratteggiata nella sentenza, e non contestata quanto alla fedeltà della ricostruzione, emerge l'assenza di un procedimento in corso, cosicchè mancano gli estremi identificativi della condizione procedurale richiamata nell'art. 195 c.p.p., comma 4 ritenuta essenziale da precedenti della Corte di legittimità, al fine di circoscrivere la sanzione processuale dell'inutilizzabilità (Sez. 6, n. 1764 del 09/10/2012 - dep. 15/01/2013, Naso e altro, Rv. 254180; Sez. 1, n. 27979 del 30/03/2016, Pomatico, Rv. 268333; Sez. 1, Sentenza n. 15760 del 20/01/2017, Capezzera Rv. 269574).


Manifestamente infondata in fatto è l'eccezione inerente all'omessa motivazione della revoca dell'ammissione della prova derivante da specifiche registrazioni (fg. 175 ricorso D.G.), poichè, contrariamente a quanto dedotto, la Corte d'appello contrasta l'assunto della mancata motivazione, e conclude per la condivisione di quanto espresso sul punto dal Tribunale in argomento; i motivi non vengono contestati nel ricorso, che deduce una carenza argomentativa, smentita da quanto richiamato.


2.1.2. Alle medesime considerazioni deve giungersi con riferimento alle prove che si ritengono non analizzate, inerenti al capo B) dell'imputazione.


Anche in questo caso il ricorrente non segue il percorso ricostruttivo delle sentenze di merito, che fondano le loro conclusioni oltre che su quanto riferito da P.V.D., sulle risultanze della registrazione del colloquio tra questi e Di.Ma.. Queste ultime sono state ritenute attendibili non solo per i motivi tecnici più avanti esaminati, ma anche per il loro contenuto, posto che i suoi specifici riferimenti di temporali (quanto alla data di primo contatto con D.G., ricostruibile con riferimento ai ballottaggi per le elezioni comunali), e ad atti del procedimento a carico di Di.Li. - riguardanti le modalità di notificazione ed il loro sviluppo temporale - difficilmente conoscibili da persone estranee; l'attendibilità delle dichiarazioni desumibili dalla registrazione risulta riscontrata dalla presenza di un diritto di godimento di alloggi della struttura l'estate 2007 da parte della famiglia D.G., che supera la specifica confutazione delle testimonianze richiamate dalla difesa su singole componenti di tale ricostruzione poichè ad essa non si rapportano, evidenziandone, implicitamente l'inattendibilità.


In via esemplificativa, anticipando quanto verrà osservato nell'analisi delle specifiche imputazioni, l'esame delle sentenze di merito evidenzia l'irrilevanza, nella ricostruzione complessiva dei fatti, del sollecitato accertamento sulla presenza personale di D.G. presso il villaggio "(OMISSIS)" nell'estate 2007, posto che, sulla base delle stesse allegazioni difensive, la moglie risulta aver fruito, almeno in parte, del soggiorno, in quanto se ne segnala la corresponsione del corrispettivo, connesso alla presenza di un regolare contratto.


E' stato seguito lo stesso percorso ricostruttivo quanto al capo C). In entrambe le sentenze di merito in relazione a tale imputazione si richiama la conversazione registrata, ove Di. denuncia una situazione diversa da quella che si assume a fondamento delle censure contenute in ricorso, poichè entrambi gli interlocutori fanno riferimento alla possibilità di superamento del problema insorto richiamando un contratto ancora da perfezionare, cosicchè, rispetto a tali emergenze, risulta evidenza la mancanza di contrasti con le risultanze documentali offerte dalla difesa sulla collocazione temporale della conclusione del contratto per la vigilanza del complesso; analogamente irrilevanti risultano le testimonianze a confutazione dell'individuazione della causa del contrasto di Di. con P.V.D., a fronte di conversazioni che evidenziano la natura non volontaria della decisione sollecitata al Di..


Anche su tale profilo, in luogo che seguire la ricostruzione posta a base della decisione, per escluderne la correttezza, si oppone la mancata illustrazione della validità di percorsi alternativi, la cui irrilevanza per superare la decisione avversata è evidenziata proprio dalla natura alternativa della prospettazione, e non dall'incompatibilità della risultanza, che deve invece caratterizzare la prova contraria.


Il limite richiamato risulta ancora più evidente con riguardo alla chiave di lettura offerta dalla difesa sul capo G), ove - senza considerare il contenuto delle registrazioni tra presenti e delle intercettazioni telefoniche valorizzate in sentenza a conferma dei contatti C.- D.G., l'anomalia amministrativa del contributo riconosciuto di fatto a quest'ultimo, e del procedimento che ha condotto alla formazione, a cura del primo, della denuncia in danno di L. - si deduce la mancata considerazione delle testimonianze acquisite su aspetti inerenti ai rapporti tra le parti, l'attività amministrativa del comune di (OMISSIS), la legittimità della struttura presso cui la famiglia C. esercitava la gestione del bar, elementi tutti che, per la loro genericità, non sono in grado di superare neppure le risultanze delle intercettazioni C.- Pe. e gli accertamenti conseguenti, malgrado la loro natura dirimente al fine di tratteggiare la correlazione con i fatti oggetto di contestazione. Anche in questo caso quindi, si rivendica non l'analisi di prove contrarie, ma di singole risultanze alternative ed autonome rispetto a quanto ritenuto rilevante nella pronuncia di primo grado e richiamato in quella d'appello a sostegno della conferma delle valutazioni di merito.


Sotto tale profilo risultano inconferenti le conversazioni, richiamate nel ricorso - riferite al merito della vicenda - dalle quali si assume poter desumere lo svolgimento di una opposta attività di pressione da parte di L., con relativa promessa di vantaggi, poichè, anche la loro capacità dimostrativa attiene a diversa circostanza, non alla negazione di quanto emerge dai dati valutati: anche al riguardo viene denunciata la mancata confutazione di percorsi ricostruttivi autonomi, dimostrativi al più di una pari capacità di pressione ascrivibile alle due parti in contesta, non l'inattendibilità dei dati posti a base della decisione, a cui non si rapportano le prove che si assumono ingiustamente ignorate.


L'infondatezza del rilievo assume maggiore evidenza con riferimento alla deduzione difensiva, inerente alla mancata valutazione dei testi a discarico sulla ricostruzione degli accadimenti di cui ai capi 1) e 2).


Infatti, con particolare riferimento alla mancata valutazione delle deposizioni rese dinanzi al giudice di pace da testimoni oculari dello scontro sulla cui valenza nel procedimento di dirà in seguito - si dimostra la natura alternativa del percorso ricostruttivo, sul quale si rivendica una specifica motivazione, posto che la pronuncia di primo grado aveva già, in maniera non specificamente contestata, dato conto dell'ampia attività di inquinamento delle dichiarazioni assunte al riguardo, individuando sia costanti pressioni presso le forze dell'ordine per ottenere una ricostruzione a sè favorevole, posta in essere dal D.G., e da questi realizzata anche con ricorso a forme di accertamento eseguito al di fuori dello schema legale (si veda attività Le. fg 56 inerente alla verbalizzazione delle dichiarazioni di C.), sia la realizzazione di forme di pressione diretta, attraverso iniziative di carattere giudiziario, sia con il ricorso alla deposizione di testi inesistenti per loro stessa ammissione, come nel caso di D'.. Ne discende che la ricostruzione è del tutto estranea all'ambito dell'analisi tracciato dalle pronunce di merito e si snoda attraverso il richiamo a testimonianze alternative, che non superano la valutazione delle prove acquisite, aspetto sul quale entrambi i giudici di merito sono pervenuti ad analoga conclusione.


2.1.3. I medesimi rilievi vengono sviluppati nel settimo motivo di ricorso proposto nell'interesse di V., e nel primo motivo formulato nel ricorso nell'interesse di D., atti in cui si censura la mancata acquisizione e considerazione della documentazione offerta in primo grado, ritenuta non rilevante e la condivisione di tale decisione della Corte territoriale.


Anche in questo caso la pertinenza della deduzione va valutata alla luce della ricostruzione contenuta nella sentenza che, a proposito dell'analisi dei rapporti D.G.- V., e della verifica di un trattamento favorevole, considera due specifici procedimenti sul cui sviluppo si è svolta l'istruttoria, in relazione ai quali individua delle decisioni contradittorie del D.G., sbilanciate in entrambi i casi a favore di V., rispetto al trattamento riconosciuto ai coimputati; in tale contesto ricostruttivo si inserisce l'intervento di V. presso D.F., di cui è stata acquisita la registrazione presso D.G., per desumere la sussistenza del reato.


Le produzioni offerte, inerenti, a quel che risulta dal ricorso, ad ulteriori attività di D.G. in danno di V., non attingono gli specifici accertamenti richiamati a fondamento della ricostruzione, cosicchè non incidono sulla presenza delle anomalie segnalate, e quindi esulano dal concetto di prova contraria, legittimando la valutazione di non pertinenza del dato probatorio offerto.


Nè a diverso avviso può pervenirsi seguendo l'impostazione difensiva che assume acquisibile, in assenza di una previa valutazione, qualsiasi documento proveniente dall'imputato, poichè è rimessa al giudice, in via preliminare, la delimitazione del diritto alla prova, attraverso l'individuazione di quelle manifestamente superflue o irrilevanti (art. 190 c.p.p., comma 1) disposizione funzionale a garantire la possibilità di incanalare l'istruttoria in un ambito non estensibile a campi estranei al nucleo dell'accertamento, in mancanza della quale si produrrebbero inevitabili ricadute sulla funzione stessa dell'accertamento processuale; in tal senso l'argomentazione del primo giudice, letta alla luce delle ricostruzioni contenute in sentenza, condivise dal giudice d'appello, offrono una giustificazione esauriente, e risultano insindacabili in questo grado (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246585).


Le medesime considerazioni possono ripetersi con riguardo alle censure proposte nell'interesse di D., posto che le memorie offerte contenevano esclusivamente l'illustrazione della documentazione allegata, inerente alla provvisoria esecutorietà delle delibere di giunta, aspetto che, per quanto si dirà in seguito, nell'analisi dei motivi proposti nell'interesse del ricorrente, è risultata del tutto irrilevante ne(percorso decisionale seguito.


2.2. In relazione a tutti i capi di accusa la difesa di D.G. ha contestato la mancanza di correlazione tra accusa e sentenza, derivante dalla modifica degli elementi di fatto contenuti nell'imputazione.


Anche tale profilo risulta manifestamente infondato. Devono ribadirsi in argomento i principi fissati dalla Corte di legittimità, nella sua più autorevole composizione, (Sez. U, Sentenza n. 16 del 19/06/1996, imp. Di Francesco, Rv. 205619, con successive conformi Sez. 2, Sentenza n. 17565 del 15/03/2017 imp. Beretti, Rv. 269569) che ha stabilito che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, nei suoi elementi essenziali, idonea a produrre un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione, da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; con la conseguenza che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel confronto meramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione deve ritenersi del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso lo sviluppo processuale, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi sull'oggetto dell'imputazione, che può dirsi mutata solo ove si verifichi una trasformazione o sostituzione delle condizioni che rappresentano gli elementi costitutivi dell'addebito, e non già quando il mutamento riguardi profili non essenziali per l'integrazione del reato e sui quali l'imputato abbia avuto modo di difendersi nel corso del processo. Tali principi, già correttamente richiamati nella pronuncia oggetto di impugnazione, risultano aver guidato il giudizio svolto al riguardo.


Invero, nel caso concreto, come specificamente si vedrà in relazione ai singoli capi di accusa per i quali la censura è stata formulata, il mutamento riguarda limitati elementi di fatto; in particolare, quanto al capo A), a fronte di una imputazione che individua P.V.D. quale unico tramite della richiesta concussiva, si è accertato in sentenza che la condotta è poi giunta a consumazione solo attraverso l'intervento di S., che si sarebbe realizzato con l'intermediazione del primo, cosicchè il dato non solo non risulta mutato nei suoi elementi essenziali, ma ha costituito oggetto di specificazione nel corso del giudizio, e rispetto ad esso risultano acquisite ed espresse specifiche difese dell'accusato, secondo lo schema legale sopra richiamato.


Manifestamente infondata è l'eccezione riguardante il capo B), che trova origine nel presupposto che si sia accertata la responsabilità per una condotta estranea al capo di imputazione, in quanto riferita ad un diverso arco temporale rispetto a quello contestato.


L'eccezione valorizza il dato che nell'indicazione del capo di accusa si faccia riferimento ad un alloggio ottenuto in godimento nel 2008, laddove nell'indicazione della data di consumazione si considera la condotta risalente al 2007, il che rivela che si contesta anche l'attività illecita dell'anno precedente, cronologia del contestato illecito rispetto alla quale è si è ampiamente dispiegata la difesa di merito, attraverso deduzioni e offerte di elementi di contrasto a tale ipotesi, riguardanti proprio la realizzazione della condotta più risalente.


Basterà osservare che la contestata registrazione P.V.D.- Di., formata nel luglio 2007 sulla base dei dati cronologici ivi riferiti, non avrebbe ragion d'essere se non rispetto ad una condotta, la richiesta dell'uso di un appartamento nel complesso residenziale, appena formulata e rispetto al suo contenuto si è ampiamente dispiegata l'attività difensiva delle parti.


Le circostanze esposte giustificano le conclusioni di infondatezza dello specifico rilievo, sotto entrambi i profili.


Infondata è anche l'eccezione inerente al capo C). La tesi di accusa -aver il D.G. ottenuto l'estromissione di P.V.D. dal lavoro di guardiania - è formulata nel capo di accusa riferendo la dipendenza della parte lesa da una società, titolare del servizio, che si è rivelata non corretta. Il dato, anche in questo caso, risulta irrilevante, sulla base degli accertamenti di merito svolti, che hanno approfonditamente scandagliato l'elemento di fatto rilevante - costituito dall'intervento del ricorrente D.G. sul libero esercizio dell'attività lavorativa di guardiania da parte di P.V.D. nel centro vacanze gestito dalla società di cui risulta socio Di. - cosicchè, anche in questo caso la diversità del fatto verificato, limitata all'individuazione del titolare dell'attività in cui favore la parte lesa prestava servizio, non risulta incidente sull'ampiezza del diritto di difesa, in conformità ai principi di diritto richiamati, di cui ha fatto buon governo il giudice di appello, pervenuto alle medesime conclusioni.


Inammissibile per genericità, oltre che manifestamente infondata, risulta la censura inerente alla mancanza di corrispondenza del fatto accertato rispetto alla contestazione, formulata in relazione al capo G).


In realtà il capo di accusa disegna compiutamente l'individuazione dei pubblici ufficiali, identificabili in D. e P., che si indicano concorrenti con D.G., ritenuto terzo beneficiario, cosicchè non è dato cogliere quale elemento di fatto sia mutato rispetto all'originaria contestazione, che, nel prevedere le accuse di cui agli artt. 319-319 ter c.p., è stata convalidata limitatamente al primo reato già nel giudizio di primo grado, sulla base della constatazione della mancata interferenza dell'azione in atti giudiziari, ed è stata circoscritta la responsabilità alla condotta attribuita ai pubblici ufficiali D. e P., specificamente individuata nel capo di imputazione: l'eccezione di nullità della sentenza per mutamento della contestazione in violazione del disposto di cui all'art. 521 c.p.p. risulta quindi manifestamente infondata.


2.3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche riguardo all'eccezione che verte sulla pretesa inutilizzabilità delle dichiarazioni di P.V.D..


Ricordato che questi ha denunciato di essere stato il tramite delle pressioni presso T., che hanno generato l'imputazione di cui al capo A), da parte del ricorrente D.G., si osserva nel ricorso che, in sede di indagine dinanzi al P.m., per quel che è dato desumere dagli atti, a domanda dell'inquirente questi aveva dichiarato che all'epoca faceva parte del medesimo schieramento politico che avrebbe ispirato la condotta di D.G., cosicchè egli ne aveva condiviso gli scopi, elemento di fatto che, secondo la prospettazione, lo qualificava come persona sottoponibile alle indagini; la circostanza avrebbe imposto per la sua audizione le cautele previste dall'art. 63 c.p.p., non attuate, con la conseguente inutilizzabilità di quanto acquisito.


La censura è infondata nel merito. Come è stato già osservato dal giudicante l'inutilizzabilità si riferisce a circostanze di fatto emerse nel corso dell'audizione, non preventivabili, cosicchè la regola di giudizio applicabile in questi casi non avrebbe prodotto l'inutilizzabilità erga omnes di quanto affermato, ma solo quella in danno del P.V.D., emergente dalle sue dichiarazioni, secondo quanto stabilito dall'art. 63 c.p.p., comma 1.


Inoltre, come è dato ricostruire dall'analisi delle sentenze di merito, il P.V.D. è stato escusso in dibattimento nel corso del presente giudizio quale testimone in epoca successiva a tali dichiarazioni, e prima della sua escussione non è stata eccepito alcunchè dalle parti presenti riguardo alla sua qualità di indagato, o di persona sottoponibile alle indagini, pur essendo queste consapevoli del materiale contenuto nel fascicolo del P.m., diversamente dal Collegio giudicante.


Il dato riferito supera in fatto la valenza della contestazione, posto che la sanzione di inutilizzabilità, di natura squisitamente processuale, non può che attingere lo specifico atto, non quanto offerto dal dichiarante anche in diverso contesto, cosicchè l'intervenuta acquisizione di ulteriori dichiarazioni dibattimentali, in mancanza di censure inerenti alla qualità del deponente ed alla necessità di nominare un difensore, esclude che possa assumere rilievo anche la prospettata inutilizzabilità di atti che non sono stati posti a base dell'accertamento dei fatti.


Risulta infondata, in fatto ed in diritto anche l'eccezione inerente al difetto di motivazione sotto tale profilo.


Oltre a quanto già richiamato in punto di eccezioni processuali si deve osservare che sull'esistenza di tale motivazione non possono condividersi le censure proposte, che si incentrano sul dato che questa sarebbe costituita da un rinvio al contenuto di un atto estraneo al procedimento, il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, dinanzi al quale l'eccezione era stata originariamente formulata, atto per questo valutato inutilizzabile.


A prescindere dalla considerazione che l'inutilizzabilità è vizio che riguarda esclusivamente le prove e la loro possibilità di fondare una legittima valutazione di fatto, secondo quanto espressamente stabilito dall'art. 191 c.p.p., si deve ricordare che la modalità argomentativa del giudicante sul punto è qualificabile quale motivazione per relationem a cui può legittimamente farsi ricorso, per univoca giurisprudenza, alla presenza di tre condizioni identificabili: in un'argomentazione che faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; in un rimando che fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; nel richiamo ad un diverso atto che, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione (principio pacifico; da ultimo, per tutte Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv. 261839).


Tutti gli elementi elencati risultano presenti nella specie. In particolare, la relativa eccezione è stata proposta in primo grado, ed anche nel ricorso, negli esatti termini già esposti in sede cautelare, ed in ragione di ciò manca la necessità di un approfondimento ulteriore rispetto a tale esplicitazione, condizione che consente di escludere l'incompletezza del rinvio, e di valutarlo non satisfattivo delle esigenze giustificative dell'interessato.


Inoltre sul piano formale, quel che è ancora più rilevante, è che l'atto fosse conosciuto dal D.G., in quanto espresso a conclusione del procedimento cautelare di merito dallo stesso instaurato, cosicchè, pur ipotizzando una non rituale considerazione di atto non acquisito formalmente nell'ambito del fascicolo per il dibattimento, il dato risulterebbe inidoneo a privare di legittimità il rinvio, posto che quel che rileva è la conoscenza o la conoscibilità da parte dell'interessato dell'atto a cui il giudicante ha fatto riferimento, condizione pacificamente esistente, per quanto appena riferito.


Del tutto generico è l'assunto che siano stati utilizzati al fine della decisione il contenuto di atti estranei al fascicolo per il dibattimento, desunto dal richiamo a fg 45 della sentenza a dichiarazioni rese da P.V.D. nel corso delle indagini; in senso contrario, si deve osservare che il giudice di merito, alla luce della richiamata presenza di precedenti audizioni, e della mancata contestazione svolta nel corso dell'esame in contradittorio di elementi contrastanti, ben può desumere una valutazione di coerenza del narrato, mentre manca qualsiasi riferimento specifico che consenta di concludere che siano stati esaminati i relativi atti; in senso contrario a fg 104 della sentenza di primo grado si dà conto dell'ovvia circostanza che i verbali delle dichiarazioni rese da P.V.D. nel corso delle indagini non fanno parte del fascicolo del dibattimento, cosicchè l'espressione contestata non può che esser frutto della deduzione logica illustrata, direttamente derivante dall'intervenuta acquisizione della deposizione in dibattimento, nel contraddittorio delle parti che, al contrario, tali atti conoscevano e che avrebbero dovuto, in quella sede, evidenziarne le contraddizioni rispetto a quanto offerto in giudizio.


Per uniformità di argomento appare opportuno segnalare in questa sede che sul punto che la difesa, nelle contestazioni di merito delle risultanze delle prove, inferisce la non credibilità di P.V.D. dalla mancata corrispondenza di quanto da questi riferito sull'episodio del capo A) e quanto offerto sul punto dal teste Da.; in realtà tale ipotetico contrasto non emerge da specifiche risultanze di prova, che è essenziale richiamare ove se ne contesti la mancata valutazione.


Il medesimo vizio, segnalato quanto alle dichiarazioni di I. a fg 178 del ricorso D.G., che ancorchè generico sul punto, può intendersi riferito alle dichiarazioni da questi rilasciate il 07/05/2009, all'a.g. di Potenza, atto cronologicamente estraneo al processo che, qualche rigo prima nella sentenza in esame (fg 31) risulta acquisito al fascicolo. Pur dovendosi accertare l'effettiva inutilizzabilità del dato, poichè non emerge che l'interessato sia stato sentito sul punto ed il relativo verbale sia stato sottoposto a contestazione, deve per contro rilevarsi che il suo contenuto, ancorchè citato in sentenza, proprio alla luce del rimando al suo contenuto, risulta del tutto estraneo alla decisione, posto che di esso si richiama una conversazione con T.D., nella quale egli faceva riferimento alle dimissioni presentate dal consiglio comunale, manifestando disappunto, senza indicare le ragioni della sua determinazione, dato del tutto neutro ai fini della decisione sul capo A), riguardante la circostanza.


2.4. Per quel che riguarda la mancata acquisizione delle prove offerte sulla scarsa credibilità di P.V.D., costituita da registrazioni dalle quali si dovrebbero ricavare ammissioni di questi, dinanzi a persone non identificate, della falsità dei suoi apporti si deve richiamare la considerazione che la stessa possibile qualificazione di tali dati quali prove sopravvenute elemento di novità ha costituito oggetto di contestazione nel corso dell'udienza di appello in cui vennero offerti approfondimenti, dato essenziale al fine di valutare la fondatezza del rilievo processuale, e tale qualificazione non risulta sostenuta da alcun elemento di conferma, attinente all'effettiva sopravvenienza di tali elementi, oltre che al contesto nel quale tali dati sarebbero stati acquisiti.


La circostanza, anche per la genericità del rilievo in argomento, esclude la fondatezza dell'eccezione difensiva, fondata sull'applicabilità della disposizione di cui all'art. 603 c.p.p., comma 2.


Non risulta esplicitata infatti quale condizione di fatto, al di là del dato temporale, possa aver determinato la natura sopravvenuta del dato conoscitivo, acquisito tramite le dichiarazioni rese al difensore da Pu., laddove era chiaro fin nel corso del procedimento di primo grado da P.V.D. che questi fosse stato il suo tramite per entrare in possesso delle registrazioni offerte a sostegno delle sue accuse, posto che non risulta illustrato nel ricorso l'impedimento alla sollecitazione all'audizione testimoniale nel corso del dibattimento di primo grado; il dato richiamato esclude la validità di quanto argomentato dalla difesa in ordine al diverso canone valutativo rivendicato.


Analoga osservazione deve formularsi quanto agli ulteriori elementi di prova, di cui è stata sollecitata l'assunzione nel corso di svolgimento della fase di discussione del giudizio di appello, poichè, al di là del dato cronologico, attinente all'intervenuta acquisizione dei dati nella fase immediatamente precedente a quel giudizio, non risulta contestualizzata la natura sopravvenuta degli spunti di approfondimento offerti.


La circostanza di fatto non risulta sufficiente a far inquadrare la richiesta nell'ambito della disposizione di cui all'art. 603 c.p.p., comma 2; diversamente opinando sarebbe possibile, in spregio ai principi costituzionali di immediatezza, speditezza, e ragionevole durata, addurre indefinitamente dati conoscitivi ulteriori, suscettibili di bloccare lo sviluppo del procedimento.


Nel caso di specie si assume che le persone di cui è stata richiesta l'audizione, abbiano sentito dal P.V.D. riferire sulla non veridicità di quanto denunciato, ma non si indicano contesti e tempi della rivelazione, o i rapporti sottostanti tra le parti, che permettano di valutare, al fine di considerare la natura sopravvenuta del dato, l'impossibilità di allegazione precedente.


Come già osservato in relazione all'acquisizione con indagini difensive delle dichiarazioni di Pu. anche per tali ulteriori allegazioni, di cui non è identificata l'accidentalità della scoperta, la natura dei rapporti tra le parti in colloquio ed i relativi contesti e l'impossibilità di precedente allegazione, deve ripetersi la medesima considerazione; la difesa si è limitata a richiamare i tempi dell'acquisizione, non l'occasione della stessa che, anche sulla base delle contestazioni svolte nel corso dell'udienza dinanzi alla Corte d'appello, risulta rimandabile ad un'iniziativa di indagini a cura delle parti, suscettibili quindi di essere svolta in precedenza.


Il dato offerto quindi, più che all'individuazione di prove attiene all'indicazione di un tema di indagine - la generica credibilità di P.V.D. - su cui si offre non una prova opposta su un dato scardinante la ricostruzione di accusa, ma elementi idonei a innestare un'ulteriore indagine sul punto; basti pensare alla smentita, parziale già per la stessa prospettazione, emergente dalle confessioni che si assumono raccolte presso P.V.D., ed alla mancata documentazione tecnica inerente alla genuinità delle registrazioni, oltre che, come già evidenziato, alla mancata contestualizzazione della natura forzosamente sopravvenuta delle acquisizioni, per escludere la ricorrenza della valutabilità del dato offerto quale prova nuova. La mancata identificazione di tali elementi di fatto rendono generiche le eccezioni svolte in merito all'inquadrabilità delle allegazioni nell'alveo dell'art. 603 c.p.p., comma 2.


Sul punto deve richiamarsi quanto già chiarito dalla Corte di legittimità relativamente all'ambito nel quale può considerarsi sopravvenuta la testimonianza, identificabile solo nell'ipotesi di condizioni di impedimento concreto alla sua assunzione in precedenza, derivante, ad esempio dall'irreperibilità del teste, superata solo successivamente (Sez. 2, n. 41810 del 27/09/2013, Coroneo, Rv. 257339), o ad altre circostanze impeditive. Cosicchè, sotto questo profilo, deve escludersi carattere di novità ai dati offerti che, essendo stati assunti su iniziativa della difesa, che non ha allegato impedimenti di fatto alla loro tempestiva acquisizione, non possono ritenersi sopravvenuti.


Correttamente quindi, a fronte di tali mancate specificazioni, la Corte ha svolto la valutazione di non indispensabilità al fine di decidere dell'allegazione offerta, che si contesta solo per il mancato riferimento al criterio di giudizio di cui all'art. 603 c.p.p., comma 2, i cui presupposti devono escludersi.


Del resto, proprio la convergenza dei plurimi elementi di prova, di cui si è dato conto nella pronuncia, esclude l'incertezza del dato che rende indispensabile l'allargamento del campo di valutazione, presupposto del provvedimento previsto dall'art. 603 c.p.p., comma 1.


E' bene rimarcare che l'argomentazione a sostegno della verifica di credibilità di P.V.D. contenuta nella sentenza di primo grado, richiamata in quella di secondo grado, risulta particolarmente analitica e supportata da elementi di conferma, e dalla puntuale smentita dei dati offerti in senso contrario, proveniente anche da parte dello stesso D.G., o degli altri testi - si veda in particolare l'analisi sull'incongruenza della versione complessivamente offerta da Di. sui rapporti tra le parti -. In tal senso del tutto eccentrico rispetto alla realtà processuale risulta il richiamo ad un precedente della Corte di legittimità in argomento (segnatamente la pronuncia della Sez. 6, n. 21314 del 05/03/2015, Casamonica e altri, Rv. 263565) attinente ad un procedimento definito con il rito abbreviato sulla base della valorizzazione dei risultati di indagini, risultate poi inquinate, condizioni neppure rapportabili alla situazione concreta, ove, come già sottolineato, vi è stato un amplissimo approfondimento istruttorio, esteso anche a circostanze non direttamente attinenti ai fatti contestati, e quindi ad elementi indiretti sulla credibilità dei testi, che, per quanto detto, non risulta smentito dalle prove offerte, che non attengono agli specifici elementi oggetto di accertamento.


La decisione impugnata quindi resiste alle censure formulate, anche sotto tale profilo.


Irrilevante nel merito, per quanto si dirà, è la censura inerente alla mancata assunzione di prova contraria riguardo alla circostanza della distribuzione dei volantini attribuita da L. al D.G. solo in dibattimento, per effetto della decisione di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p..


2.5. In relazione al vizio processuale denunciato ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) si deve ricordare che questo è circoscritto alla mancata assunzione di prova contraria decisiva offerta nel corso del giudizio di primo grado, e richiesta ai sensi dell'art. 495 c.p.p., comma 2, secondo quanto testualmente previsto dalla disposizione richiamata.


Tale vizio risulta denunciato a fg 104 del ricorso D.G. in relazione alla mancata acquisizione del verbale di assemblea condominiale, e si rapporta la richiesta, intervenuta solo nel secondo grado, a(mutamento della contestazione intervenuta sul capo C).


In realtà l'eccezione risulta infondata anche in relazione ai suoi presupposti legittimanti, oltre che in punto di decisività.


Quanto a(primo profilo si deve smentire la correlazione della circostanza di fatto con l'elemento nuovo ritenuto in sentenza, poichè contrariamente a quanto esposto, a(di là della diversa qualificazione della società datrice di lavoro, la circostanza inerente all'influenza del Di. sulle determinazioni del condominio, e quindi la rilevanza delle deliberazioni sul punto e della loro collocazione temporale, emerge già dalla contestazione contenuta nel decreto che ha disposto il giudizio, sicchè la prova contraria avrebbe dovuto essere sollecitata già in primo grado.


Nel merito inoltre la prova, alla luce delle argomentazioni contenute in sentenza, non risulta decisiva, posto che, come già osservato, dalla conversazione P.V.D.- Di., che ha costituito il riferimento probatorio sul dato di fatto, emerge che il contratto di cui si parla sarebbe stato concluso successivamente, mentre all'epoca del colloquio risultava formata solo un'offerta più favorevole, che sarebbe stato difficile respingere al fruitore del servizio, malgrado l'esigenza sopraggiunta, cosicchè il dato di prova offerto verte su un elemento di fatto non rilevante rispetto alle accuse.


2.6. L'eccezione formulata a pag. 179 del ricorso D.G., inerente alla violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e), coinvolge sia la decisione di non assumere le prove contrarie già ammesse, sia quella di non acquisire le ulteriori prove richieste ai sensi dell'art. 507 c.p.p. sia la decisione della Corte territoriale, in ordine all'ammissione di nuove prove.


Quanto al primo profilo è evidente che i dati non acquisiti in primo grado esulano dal concetto di prova nuova o sopravvenuta, quanto alle circostanze che ne costituiscono l'oggetto, cosicchè l'analisi del giudicante si deve fermare a considerare la validità della valutazione svolta dai giudici di primo grado sulla pertinenza delle prove offerte rispetto agli elementi oggetto di indagine.


Si deve condividere, in ordine all'analisi della legittimità della decisione di revoca di prove già ammesse, quanto già sottolineato nella sentenza impugnata sulla piena rispondenza al modello legale della modificazione, nel corso del processo, di quanto in un primo tempo valutato sul piano probatorio, posto che la natura accusatoria del processo prevede che il giudice in sede di ammissione delle prove, non conoscendo il campo dell'accertamento, sia tenuto ad ammettere quanto risulta legalmente richiesto, salvo ad operare nel corso del procedimento una scrematura dei dati offerti, in ragione del successivo delinearsi del campo dell'accertamento, secondo quanto disegnato dalle disposizioni di cui all'art. 493 c.p.p., e art. 495 c.p.p., comma 4.


Peraltro la richiesta di assunzione di tali prove non è avvenuta prima della chiusura dell'istruttoria, manifestata dalla decisione collegiale assunta ai sensi dell'art. 507 c.p.p., ma ha seguito di tale provvedimento, con il che deve valutarsi che si sia concretizzata una sollecitazione all'assunzione di nuove prove ai sensi della disposizione citata, correttamente esclusa sulla base dei criteri di necessità dell'acquisizione fissati dalla disposizione richiamata.


In tal senso, conseguentemente, deve valutarsi corretta la decisione del Tribunale, anche in relazione alle istanze connesse audizione di D'., sentito ex officio dal Tribunale, posto che il dato offerto, attinente alla sua condizione di lavoro nel periodo di riferimento, era già stato oggetto di opposta allegazione documentale da parte della difesa, e di connessa valutazione da parte del Collegio, il che supporta la determinazione di carenza di rilievo di ulteriori elementi sul punto.


Quanto alla richiesta di prova contraria, sollecitata con l'acquisizione della deposizione di S., a smentita di quanto riferito da P.V.D. nel corso del dibattimento di primo grado, si deduce carenza argomentativa nella pronuncia di appello, contraddetta da quanto in tale provvedimento osservato a fg 17 con specifico richiamo alla motivazione delle ordinanze istruttorie espresse dal primo giudice, in relazione al cui sviluppo illustrativo nessun rilievo viene formulato nel ricorso, che ripropone in questa sede l'istanza di merito, senza superare le deduzioni espresse a sostegno dell'opposta decisione. Tale richiesta risulta, per l'effetto, inammissibile per genericità.


Riservando l'analisi delle osservazioni specifiche inerenti al tema di indagine, svolte con riguardo alle singole contestazioni, si deve in questa sede segnalare con riferimento alle ulteriori prove contrarie sollecitate, in particolare in relazione ai capi G), 1) e 2) - segnatamente sulla vicenda del bar (OMISSIS), che ha avuto influenza l'accertamento inerente a quelle imputazioni- che sul piano processuale non può che concludersi per l'inconsistenza della censura ove formulata rispetto ai dati assunti a seguito del provvedimento del giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 507 c.p.p..


Se in relazione a tali acquisizioni sussiste il diritto di dedurre la prova contraria, tale attività postula una valutazione di specificità dell'allegazione riguardante la connessione di questa con quanto ulteriormente acquisito; l'istanza di ammissione integra a tutti gli effetti una richiesta ai sensi dell'art. 495 c.p.p., comma 2, ma, ai fini del vaglio di ammissibilità, sotto il profilo della non manifesta superfluità o irrilevanza ai sensi dell'art. 190 c.p.p., la parte istante ha l'onere di indicare specificamente i temi sui quali verte la controprova richiesta, atteso che quest'ultima, a differenza di quella articolata su temi indicati dalle parti, deve riferirsi ai fatti sui quali il giudice ha ritenuto indispensabile il supplemento istruttorio ai fini della decisione (da ultimo, in senso conforme Sez. 5, n. 28597 del 07/04/2017, Pennestri ed altro, Rv. 270242).


Su tale profilo è mancante l'approfondimento, sia in sede di illustrazione di merito, che del motivo di ricorso proposto, risolvendosi la richiesta nell'assunzione di prove ulteriori rispetto ad un accadimento complesso - inerente alla vicenda del volantinaggio che ha fondato l'imputazione di cui ai capi 1) e 2) rispetto al quale quanto acquisito ai sensi dell'art. 507 c.p.p. riguardava elementi - quali lo stato di occupazione del teste D'. - già valutato nella sentenza di primo grado anche sulla base della documentazione prodotta dalla difesa (fg 618 sentenza cit.), secondo quanto già riferito.


2.7. Le medesime considerazioni devono formularsi anche per quel che attiene alle richieste di prove nuove offerte dalla difesa V., a sostegno dell'inattendibilità della contrapposizione D.F. - V., posto che la ricostruzione contenuta in sentenza non è fondata su tale profilo, ma sul contenuto di una conversazione trovata in possesso di D.G..


Sui punti richiamati, a fronte della contestata mancata valutazione dei dati di prova offerti, risulta espressa con ordinanza collegiale del 27/05/2016 una valutazione di irrilevanza dei medesimi ai fini del decidere, richiamata in sentenza, il cui contenuto valutativo il ricorso non considera, così ricadendo nel vizio già in precedenza segnalato, riguardante la sollecitazione in questa sede, attraverso una infondata censura di carenza argomentativa, di una diversa valutazione di merito, estranea all'ambito di analisi delineato per il giudizio di legittimità.


2.8. Sull'inutilizzabilità delle dichiarazioni Sa. su quanto acquisito da Ta.Ro. si è segnalata in ricorso la mancata valutazione dell'eccezione, che ha condotto a raccogliere elementi dalle affermazioni dell'ufficiale di p.g., pur non essendosi provveduto all'assunzione del teste diretto, sollecitata dalla parte.


Invero, all'interno dell'approfondimento inerente alla presenza di D.G. nel complesso (OMISSIS) nell'arco delle stagioni estive degli anni 20072008 la pronuncia richiama quanto acquisito dall'ufficiale presso il teste Ta., senza provvedere all'escussione di quest'ultimo, in violazione dell'art. 195 c.p.p., comma 4.


Per contro, la conseguente inutilizzabilità della prova risulta del tutto irrilevante al fine di decidere. Rilevato che l'affermazione di responsabilità del D.G. è stata circoscritta alla sola annualità del 2007, il dato storico della fruizione di un alloggio nel complesso da parte della sua famiglia per tale periodo appare del tutto pacifico, anche alla luce delle ammissioni difensive, e segnatamente le dichiarazioni dell'interessato, con cui, per altri versi, si rivendica l'intervenuto pagamento della prestazione; ne consegue che anche l'esclusione del dato di prova, evidenziato solo nella pronuncia di appello, ed impropriamente richiamato in sentenza a conforto di tale verifica, oltre che i dati relativi alle risultanze del registro di presenze, anch'esso irrilevante, alla luce di quanto evidenziato, consentono di sostenere la conclusione in fatto raggiunta dai giudici di merito al riguardo, pur escludendo gli elementi di prova contestati.


2.9. Infondata risulta l'eccezione inerente alla mancata assunzione della prova contraria, costituita dal verbale di assemblea del condominio afferente all'attribuzione dell'attività di portierato al P.V.D., astrattamente idonea ad escludere il fondamento dell'accusa di cui al capo C).


Bisogna rilevare che sulle istanze istruttorie formulate in primo grado la Corte d'appello ha formulato un rilievo preliminare ed assorbente di intempestività della richiesta. Si osserva a fg 18 della pronuncia richiamata che tutte le richieste integrative sono state formulate ad istruttoria già chiusa, dopo l'ampliamento di indagine disposta ex officio con l'audizione dei testi D'. e s., escussi per acquisire elementi in relazione all'accusa di cui ai capi 1) e 2), cosicchè la prova contraria avrebbe potuto trovare ingresso esclusivamente in relazione ad acquisizioni connesse a tali audizioni. L'osservazione risulta coerente con i tempi processualmente stabiliti per evitare un'incontenibile dilatazione dell'ambito dell'accertamento, che richiede che si seguano le scansioni processuali previste, a meno che non sia dimostrata la natura sopravvenuta del dato o della sua rilevanza, sula base di emergenze probatorie intervenute nel corso del procedimento.


Per di più la censura risulta chiaramente infondata nel merito; richiamato il dato, pacifico, che per prova contraria debba intendersi qualsiasi elemento idoneo a scardinare la portata dimostrativa della opposta acquisizione, e che rispetto a quest'ultima, vada valutata la rilevanza sia della dimostrazione diretta che del suo contrario, basterà por mente alla circostanza che dall'analitica ricostruzione contenuta nella sentenza della specifica situazione lavorativa di P.V.D. contenuta ai ffgg. 226 e segg. della pronuncia di primo grado, mai si considera la vicenda contrattuale, ma la sua presenza in loco, secondo quanto viene in rilievo proprio in ragione delle registrazioni acquisite, già richiamate.


Il dato, chiaramente ricavabile dagli atti, dà conto della non corretta qualificazione della prova allegata quale contraria e legittima la sua mancata acquisizione, sottraendo in fatto la pronuncia censurata dai vizi denunciati.


2.10. Anche le censure formulate in relazione all'utilizzazione delle registrazioni acquisite in assenza dell'originale risultano infondate.


Bisogna ricordare che tali contestazioni raggiungono le captazioni realizzate dalle parti private di loro iniziativa, nel corso dello svolgimento dei fatti, e sono state offerte a sostegno della veridicità di quanto da loro affermato. Il richiamo alla disposizione inerente agli accertamenti svolti su iniziativa dell'autorità titolare delle indagini, quindi, risulta del tutto eccentrico rispetto alla situazione concreta.


Come più volte affermato dalla Corte di legittimità (sul punto da ultimo Sez. 6, Sentenza n.31342 del 16/03/2011, imp. Renzi, Rv. 250534 e precedentemente Sez. 3, Sentenza n. 10970 del 09/02/2006, Zanetta, Rv. 234563) con riferimento alla registrazione fonografica di un colloquio telefonico ad opera di uno dei partecipi allo stesso, questa è prova documentale rappresentativa di un fatto storicamente avvenuto, pienamente utilizzabile nel procedimento a carico dell'altro soggetto che ha preso parte alla conversazione, previa valutazione della sua mera affidabilità; cosicchè tali risultanze non possono che essere valutate quale prova documentale, in relazione alle quali si pone, al pari di qualsiasi prova di tale natura, un obbligo di accertamento di genuinità dell'atto.


Il giudice di merito, al di là di un improprio riferimento alla qualificazione di tale produzione quale prova atipica, risulta aver fatto buon governo di tali principi, poichè, accertata l'utilizzabilità astratta di tali atti, anche quando non siano costituiti dagli originali, per la mancanza di una preclusione all'uso processuale di copie dei documenti (Sez. 2, n. 22184 del 22/05/2007, Rigo, Rv. 237017; Sez. 2, n. 36721 del 21/02/2008, Buraschi e altro, Rv. 242083; Sez. 2, n. 52017 del 21/11/2014, Lin Haihang, Rv. 261627) si è posto il problema della valutazione di attendibilità, sia sul piano tecnico - riguardante la verifica inerente alla pretesa interpolazione dei dati contenuti nei files audio, valutabile sulla base della continuità e congruenza delle registrazioni offerte, - sia sul piano della corrispondenza delle voci registrate alle caratteristiche espressive dei conversanti, come individuati dal teste che aveva posto a disposizione tali atti, ed ha risolto positivamente entrambi gli accertamenti grazie al contributo tecnico del perito ed all'analisi svolta dal Luogotenente Ce. del RIS. Ne consegue che la valutazione di attendibilità del dato documentale risulta svolto in pieno ossequio alle esigenze accertative richieste, condizione che impone di escludere la fondatezza dei rilievi sul punto.


In fatto è bene rilevare, a fronte dell'analiticità delle censure formulate rispetto alla perizia G., che non è dato rilevare alcuna contraddizione alle risposte da questi fornite ove, da un canto, esplicita che, sia per i mezzi tecnici usati per l'originaria captazione, che per la natura del supporto usato per la copia non è possibile escludere la manipolabilità della copia rispetto all'originale, e la conclusione opposta, poichè tra i due quesiti sussiste la stessa differenza che si rinviene tra l'ipotesi teorica astratta e la verifica della situazione concreta.


Cosicchè è del tutto pacifico che se manca l'originale non può escludersi la manipolazione della copia, ma è altrettanto logico che, in particolare all'interno di files audio, le interpolazioni siano apprezzabili alla luce del complesso delle risultanze, come avvenuto nella specie, stante la concordanza di risultato di tutti i dati tecnici, testuali, di natura macroscopica, oltre che linguistici, fonetici (si veda il richiamo espresso dal luogotenente Ce. alle modalità di espressione di alcune lettere di cui si riferisce a fg 289 della sentenza di primo grado) e fonometrici eseguiti; pertanto le risposte fornite dal perito e dal tecnico che ha valutato la conformità delle voci a quelle dei conversanti indicati, sull'affidabilità del dato è conseguenza di approfondimenti specifici, sulla cui inidoneità dimostrativa nulla è stato eccepito.


Le censure del consulente della difesa, riportate nel ricorso V., ancora una volta risultano astratte: si rileva che le copie presenti nel fascicolo possono essere differenti tra di loro, poichè l'utilizzazione di un programma di riproduzione in luogo di un altro, o la diversificazione della frequenza utilizzata per la riproduzione può creare delle difformità tra le copie; ma se ciò può essere accolto sul piano tecnico, quel che non è dato comprendere è la rilevanza di tali osservazioni sulla captazione di un discorso di senso compiuto, nel quale, per la difformità di strumenti usati, non risulta dedotta la presenza frasi incomprensibili su una copia e non sull'altra, cosicchè, ancora una volta, occorre rapportare la teoria esposta alla rilevanza nel caso concreto, in relazione alla quale la congruenza degli elementi acquisiti, sotto i plurimi profili già richiamati, è stata verificata e non è stata specificamente posta in discussione.


Nè può condividersi il rilievo proposto con generico riferimento ai documenti informatici, conseguente alla mancata verificazione della tracciabilità degli accessi sugli stessi, e sulla loro modalità di conservazione. Contrariamente a quanto assunto nelle impugnazioni al riguardo, e segnatamente in quella proposta nell'interesse di V., il precedente della Corte di legittimità ivi citato (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, Branchi e altri, Rv. 266477), nel rilevare la presenza dell'obbligo della p.g. di rispettare protocolli di comportamento con riferimento alla preservazione della genuinità del documento informatico comunque acquisto, sottolinea la mancata previsione di inutilizzabilità per l'inosservanza di tali regole, in ragione di quanto del resto emerge dall'art. 354 c.p.p., richiamando esclusivamente ad una necessità di verifica concreta della mancanza di alterazioni successive, e di controllo inerente alla possibilità di accertare la data di formazione dell'atto e degli eventuali accessi successivi, ove rilevanti ai fini probatori; cosicchè nella specie, ove risulta al riguardo esclusivamente la presa in carico da parte degli inquirenti di registrazioni già formate da privati, l'operazione che ne è seguita, secondo quanto descritto dal mar. Sa., è la loro duplicazione per garantirne la conservazione, secondo l'ordinario procedimento noto a tutti coloro i quali utilizzano lo strumento informatico a tal fine.


La circostanza, emersa dalla richiamata audizione, che il CD ricevuto non sia stato custodito seguendo particolari cautele, quali la sigillatura, non risulta da sola idonea ad escluderne la valenza dimostrativa, all'atto in cui non è neppure dedotto, a sostegno di un'ipotetica rielaborazione successiva del dato, che la copia eseguita dagli agenti risulti difforme da quanto loro consegnato, proprio in conseguenza di una custodia realizzata in mancanza di particolari cautele.


Non a caso, a fronte dell'eccezione svolta, il diverso profilo appena richiamato nell'impugnazione esplicita le sue ragioni solo reiterando la deduzione inerente alla ritenuta insopprimibilità, a fini probatori, dell'acquisizione dell'originale, assunto, per quanto già esposto, superato da uniforme giurisprudenza espressa in casi analoghi; nè risultano pertinenti i richiami contenuti nel precedente invocato a sostegno dell'eccezione all'impossibilità per la mancata applicazione dei protocolli stabiliti di ricostruire compiutamente tutti gli accessi sul dato. Invero nel caso che ci occupa, diversamente che in quello di riferimento, non si deve valutare un dato contabile, modificabile in maniera non controllabile con accessi successivi, poichè la prova è costituta da files audio in cui vi è stata, oltre che un'analisi del contesto della registrazione e della congruenza delle affermazioni, anche una verifica vocale, cosicchè la registrazione degli accessi successivi, in mancanza di elementi concreti dai quali ricavare una attività manipolativa, risulta del tutto irrilevante ai fini dimostrativi.


Ne consegue che, anche in difetto della documentazione sugli accessi non possano scaturire effetti sull'attendibilità della prova rappresentata dall'accertamento eseguito, che costituisce l'unica verifica imposta in argomento.


Da ultimo prive di effetto dimostrativo della pretesa alterazione risultano le osservazioni formulate riguardo alla circostanza che la registrazione inizi con una risposta, senza riportare la domanda, poichè è ben possibile che materialmente la riproduzione sia stata avviata a discorso già iniziato, poichè quel che rileva è la congruenza e continuità di quanto impresso nel supporto, unico dato astrattamente idoneo a garantire la mancanza di alterazioni sotto questo profilo, e rispetto al quale non risulta individuato uno specifico intervento manipolatore rivelato sul piano tecnico o dalla mancanza di congruenza logica.


2.11. Si deve escludere fondamento all'eccezione, formulata nell'interesse di D.G. e V., inerente al preteso vizio della decisione, in quanto assunta in mancanza dell'audizione del consulente della difesa, in relazione alle valutazioni sull'attendibilità delle registrazioni.


Contrariamente a quanto prospettato risulta che il perito, al quale è stato richiesto un approfondimento istruttorio nel corso del giudizio di primo grado, svolto nel contradittorio delle parti, si è confrontato con le censure formulate sul tema di indagine dal consulente di parte, circoscritte non ad un'analisi di metodo sull'approfondimento svolto, ma ad un contesto generale inerente alla manipolabilità attratta del dato informatico ed al concetto stesso di originale, ed ha fornito le giustificazioni tecniche delle sue conclusioni, e risposto a tutte le domande formulate al riguardo nel contraddittorio delle parti.


Preliminarmente bisogna rilevare che, come risulta dalla sentenza, e non specificamente contrastato nel ricorso, il consulente di parte non ha assistito al materiale svolgimento dell'attività tecnica - l'audizione delle registrazioni e la loro sottoposizione ad analisi, non potendo considerarsi tale la mera presenza all'incontro preliminare ed alla formulazione di quesiti sull'inquadramento generale della materia, che prescindeva dall'oggetto specifico dell'analisi e si limitava alle sue premesse metodologiche - e, dopo aver posto un quesito tecnico generale sulla possibilità di valutare la manipolazione dei reperti in assenza dell'originale nell'ambito del primo incontro fissato con il perito, che si è riservato di fornire una spiegazione, ne ha contestato le conclusioni sulla base di criteri astratti, rapportati al caso concreto solo per effetto del richiamo al criterio posto a fondamento del suo assunto teorico, costituito dall'inidoneità dell'esame di una registrazione in assenza dell'originale, per l'impossibilità di valutarne l'attendibilità.


Tale essendo il contenuto del suo apporto, posto che non ha potuto constatare la presenza di alterazioni rilevabili o di concreti dati contrari alla ritenuta attendibilità del documento, la mancata audizione del consulente di parte non appare suscettibile di viziare la decisione, atteso che, rispetto all'espletamento della perizia, le osservazioni del consulente non possono qualificarsi prova contraria, sia sul piano sostanziale, per il limite derivante dalla mancanza di connessione concreta già evidenziata, che su quello formale.


Inoltre, sotto tale ultimo profilo si deve ricordare che tale strumento non costituisce in sè un mezzo di prova, ma una modalità interpretativa del dato di prova, in relazione alla quale risultano acquisiti, con il costante riferimento critico della difesa, elementi di analisi sui quali nessun nuovo apporto risulta essere stato ignorato, per effetto della mancata assunzione diretta del consulente di parte.


Per quanto esposto non è dato ravvisare la violazione denunciata, stante la piena espressione delle obiezioni difensive, ed il suo esame da parte del giudicante, pur in assenza dell'audizione del consulente di parte, in relazione al cui mancato apporto non è stato segnalato il depauperamento concreto di uno specifico dato conoscitivo.


Contrariamente a quanto ritenuto nel ricorso proposto nell'interesse di V. non risulta eccentrico, rispetto alle risultanze, il richiamo al precedente della Corte di legittimità in materia, richiamato a sostegno della propria decisione dalla Corte territoriale (Sez. 6, n. 12610 del 14/01/2010, Costi, Rv. 246725) in quanto anche in quella sede il consulente di parte si era limitato ad offrire una ricostruzione teorica dei dati sulla base dei quali assumeva dovesse svolgersi l'accertamento, situazione che ha condotto a valutare l'irrilevanza della mancata audizione al fine della corretta analisi del dato di prova; in senso analogo (Sez. 6, Sentenza n. 27928 del 01/04/2014, Cappelli, Rv.261641) si è ritenuta superflua l'audizione del consulente ove questi, pur presenziando alle operazioni, non abbia svolto alcuna attività di sollecitazione o di contestazione nei confronti del perito, dovendosi intendere essenziale tale audizione solo in riferimento alle osservazioni riguardanti le modalità concrete di esecuzione dell'incarico, non le premesse metodologiche, compiutamente illustrate negli atti prodotti, superate dall'applicazione dei principi in tema di prova informatica, univocamente seguiti in giurisprudenza, secondo quanto in precedenza illustrato. Ciò esclude fondamento alla premessa in fatto delle deduzioni del consulente - inerenti alla inidoneità della prova costituita dalla copia ove non sia possibile compararla con l'originale- richiamo che dà conto in maniera esauriente, proprio per la contestazione della premessa, della irrilevanza forense dei rilievi formulati.


Ne discende l'infondatezza del rilievo in rito formulato sul punto, anche sotto il profilo della mancanza di motivazione, posto che il riferimento contenuto a fg 19 della sentenza impugnata alle caratteristiche dei colloqui dà conto dei motivi per i quali è stata disattesa l'ipotesi della manipolazione nel caso concreto; invero, anche alla luce delle osservazioni svolte dal consulente della difesa, testualmente richiamate nel ricorso, è dato rilevare come queste non si confrontano con la valutazione complessiva derivante dalla convergenza dei dati valutativi - mancato riscontro in fatto di elementi di cesura nel discorso, suscettibili di suggerire interpolazioni successive; specifiche caratteristiche linguistiche riferite dal luogotenente Ce., congruenza dei dati storici emergenti dalle conversazioni - elementi tutti apprezzati nella sentenza, che di fatto superano le osservazioni inerenti alle singole possibilità di interventi funzionali all'alterazione del dato.


Non appaiono congruenti i richiami operati nell'atto di impugnazione alle modalità di rilievo e conservazione di elementi di prova, quali i reperti su cui svolgere l'esame del DNA, che non si rapportano alla fattispecie in esame, posto che in quel caso l'analisi tecnica fonda da sola il risultato di compatibilità con il reperto, mentre la registrazione viene esaminata anche sulla base del contesto nel quale risulta acquisita, ed in forza del riscontro degli elementi di fatto in essa contenuti, condizione che consente di limitare l'analisi ad una valutazione di compatibilità e non di assoluta corrispondenza, che si impone solo nell'ipotesi di unicità del dato di prova.


2.12. Priva di specificità è la censura riguardante la mancata analisi delle memorie difensive depositate di cui al punto 2.8. della narrativa. Sul punto deve richiamarsi quanto già esposto in punto di ampiezza della motivazione. Secondo costante interpretazione le deduzioni argomentative della decisione non devono svilupparsi con riferimento a tutte le allegazioni difensive, atteso che, in senso opposto è tracciato un onere argomentativo solo con riferimento all'individuazione delle prove decisive, ed all'inattendibilità delle prove contrarie, poichè le considerazioni devono seguire un discorso ricostruttivo coerente, illustrando le tappe del processo decisionale, secondo un criterio di rilevanza degli elementi e di conseguenzialità logica; in tale prospettiva, fondata sulla previsione normativa richiamata, e sulla sua costante interpretazione, non può costituire vizio della motivazione la mancata analisi di osservazioni difensive, ove non direttamente incidenti sul percorso valutativo seguito.


La ricostruzione sul punto dà conto della correttezza della sentenza impugnata e della connessa genericità del rilievo, inerente alla pretesa nullità del provvedimento per mancata analisi delle memorie difensive e della documentazione offerta, poichè non emergono elementi sulla decisività di quanto ivi rilevato, e sulla loro incidenza diretta nella smentita del percorso ricostruttivo seguito nel provvedimento impugnato. Nè censurabile risulta la mancata acquisizione della documentazione offerta in allegato a tali atti, inerenti alle prove assunte sul medesimo oggetto in diversi procedimenti, atteso che la valutazione di atti del procedimento parallelo passa attraverso un'analisi sulla complessa attività accertativa ivi svolta, che può rivelarsi incompatibile con una opposta conclusione solo ove integralmente coincidente alle risultanze acquisite nel diverso procedimento ed immotivatamente valutate in maniera difforme, stante la mancanza di un rapporto di pregiudizialità tra le diverse pronunce.


A questo proposito risulta non pertinente il richiamo a precedente della Corte di legittimità, illustrato in ricorso e nella memoria aggiuntiva (Sez. 6, n. 33519 del 04/05/2006 - Acampora e altro, Rv. 234400 e successive conformi tra cui Sez. 5, Sentenza n. 11905 del 22/01/2010, imp. D.R., Rv.246550) che, contrariamente a quanto allegato, pur riconoscendo la natura di documento delle sentenze di altri procedimenti non irrevocabili, e ritenendo la valutabilità degli atti ivi raccolti, esclude che possa vincolare l'analisi valutativa svolta dal diverso giudice precisando che questa deve involgere i dati di prova di cui il giudicante legittimamente dispone, sottoponendoli alla valutazione critica secondo la regola generale di cui all'art. 192 c.p.p.. Tale ricostruzione appare muoversi in senso opposto a quanto allegato dalla difesa.


La circostanza attinente all'identità della piattaforma accertativa non emerge dalle allegazioni, mentre, in senso contrario dalle sentenze di merito è dato ricavare una corposa attività di inquinamento probatorio svolta dalle parti proprio con riferimento agli episodi di cui ai capi 1) e 2), che hanno poi generato successive imputazioni, cosicchè gli accertamenti sopraggiunti in procedimenti paralleli sui medesimi fatti, a fronte dell'intervenuto svolgimento di una autonoma attività istruttoria, non consentono di escludere la legittimità dell'approdo a diverse conclusioni nel caso concreto. Tale accertamento si sostiene in forza della logica analisi svolta nel provvedimento, del resto confutata non nel suo percorso giustificativo, ma solo per il richiamo alle autonome risultanze nel diverso giudizio.


Irrilevante, per quanto si dirà nel merito, è la censura inerente alla mancata assunzione di prova contraria riguardo alla circostanza della distribuzione dei volantini attribuita da L. al D.G. solo in dibattimento, per effetto della decisione di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p..


Non risultano fondati neppure i rilievi svolti nel ricorso con riferimento alla mancanza di argomentazione in ordine alla contestata credibilità di P.V.D., e correlativamente, alla mancata considerazione ed acquisizione delle prove offerte sul punto.


In senso opposto militano le analisi svolte nella sentenza di appello (fg 37 e segg.) fondate sull'esame complessivo del narrato e sul richiamo a specifici elementi di confronto a quanto riferito, secondo quanto già sottolineato a fg 76 del medesimo provvedimento - desumibili segnatamente dagli apporti testimoniali di Da., Vi., Br., D.S., e dalla presenza di documenti, tra cui quelli inerenti al P.V.D., di cui è stato constatato il possesso, non logicamente giustificato, nel corso della perquisizione nell'abitazione di D.G. - il che esclude la mancata motivazione sul punto.


Quel che si contesta in proposito è l'assenza di confutazione di elementi di diversa natura, che hanno portato la difesa ad opposte conclusioni, senza confrontarsi con le analisi svolte sul punto emergenti già dalla sentenza di primo grado - si veda in particolare l'analisi sull'inconsistenza scardinante dell'individuazione della data di primo contatto processuale tra D.G. e P.V.D. (fg 104) o sulla presenza di riunioni degli amici di D.G., al rientro dalla sua attività (fg 85) -. Rispetto a tale contestazione non può che richiamarsi quanto già esposto in punto di contenuto della motivazione, che deve fermarsi alle confutazioni inerenti al percorso giustificativo, la cui completezza e tenuta logica è sottoposta al vaglio di questa Corte, e non contenere necessariamente la demolizione di tutte le ipotesi alternative che, prescindendo dalla considerazione dei dati su cui è fondata la decisione, evochino difformi ed alternativi scenari, che si rivelano, proprio per l'autonomia del campo di analisi, privi di decisività.


Mette conto in questa sede, per conseguenzialità logica, di occuparsi delle censure sviluppate sulla base delle allegazioni inerenti ai successivi sviluppi del procedimento disciplinare nei confronti del P.m. A., e dei procedimenti per falsa testimonianza instaurati nei confronti dei testi escussi in primo grado in questo giudizio.


Sul primo profilo è sufficiente osservare che le conclusioni favorevoli raggiunte dalla sezione disciplinare - nei termini della mancata dimostrazione dell'infondatezza della ricostruzione della difesa del magistrato in quella sede era inerente alla presenza di una traccia scritta delle conversazioni tra quest'ultimo e Da. e st., in ordine a quanto denunciato su quanto si verificava nel comune di (OMISSIS) e sul ruolo rivestito in proposito dal dott. D.G..


Tale conclusione risulta irrilevante al fine di scardinare l'ipotesi di accusa in quanto, posto che non risulta raggiunta alcuna certezza opposta in merito all'assenza di una relazione, ancorchè informale, secondo quanto testualmente espresso nella documentazione offerta, risultando concluso quel giudizio con un proscioglimento per mancanza di elementi univoci di verifica dell'accusa, quel che rileva è che la conclusione non smentisce la presenza di un colloquio tra l'inquirente ed gli ufficiali di p.g., smentita che non emergeva neppure dalla ricostruzione testimoniale considerata in sentenza, ove si dava conto che la negazione non riguardava l'incontro, di cui il P.m. aveva un ricordo, ancorchè vago, ma la sua documentazione, che avrebbe dovuto costituire un supporto di credibilità. Il dato consente di escludere la prospettata inaffidabilità del narrato di Da. e st. sull'argomento, che si vorrebbe trarre dalla decisione richiamata, confermando quanto logicamente desunto da tale accadimento, in ordine alla natura risalente nel tempo della segnalazione di P.V.D., ed alla sua ritrosia a formalizzare una denuncia, considerazione che è stata posta logicamente in antitesi rispetto alla pretesa volontà calunniatrice e che ha avuto rilievo esclusivamente nella prova di resistenza logica dell'analisi sulla sua credibilità.


La circostanza rivela che l'approfondimento probatorio, lungi dall'essere realizzato con approssimazione, si è estenso alla ricerca anche dei possibili interessi alternativi del denunciante.


2.13. In merito alle eccezioni di natura processuale formulate nell'interesse di Pe., deve escludersi la genericità dell'accusa, posto che l'indicazione del suo intervento nell'ambito della complessiva condotta corruttiva realizzata, risulta pienamente definita dall'istruttoria svolta, che ha analizzato le conversazioni intercettate, dalle quali emerge il contatto da questi intrattenuto contestualmente con il privato C. ed il D.G., al fine di concludere l'accordo su cui risulta ricostruita la contestazione, rispetto al quale si è ampiamente sviluppato il contraddittorio tra le parti, consentendo l'esplicazione del diritto di difesa; come già illustrato in argomento sub 2.2., tale estremo esclude il vizio contestato.


Nel senso dell'infondatezza dell'eccezione deve concludersi anche in relazione al dedotto vizio inerente alla mancata concessione di un termine a difesa, a seguito della rinuncia al mandato del precedente difensore.


Al di là del dato segnalato in sentenza, riguardante la prosecuzione dell'udienza esclusivamente per accertamenti non pertinenti direttamente la posizione di Pe., ed al rinvio disposto per lo svolgimento all'attività istruttoria che lo riguardavano, che già delineano l'assenza di una violazione sostanziale del diritto di difesa, si deve osservare che la rinuncia al mandato difensivo non ha effetto fino a che non sia garantita l'efficace difesa da parte del sostituto, operativa solo a seguito della acquisita conoscenza degli atti, alla scadenza del termine concesso, cosicchè l'assistenza dell'interessato in quel lasso temporale risulta essere stata assicurata dal precedente difensore (Sez. 2, n. 15778 del 17/03/2015, P.G. in proc. Corrado, Rv. 263831), risultando precluso, proprio perchè incompatibile con la concessione del termine al nuovo difensore, esclusivamente lo svolgimento di attività inconciliabile con tale riconoscimento (Sez. 5, Sentenza n. 38239 del 06/04/2016, imp. G., Rv. 267787), quale la definizione del procedimento, non sopraggiunta in quell'udienza.


2.14. Risulta infondata l'impugnazione dell'ordinanza istruttoria di primo grado in merito alla mancata acquisizione dei documenti tendenti a provare la presenza di iniziative giudiziarie assunte da D.G. in danno di V.; invero è pertinente il giudizio attinente al difetto di rilevanza del dato di prova offerto, posto che la sentenza incentra la ricostruzione non sulla presenza di un rapporto genericamente amicale tra i due, ma su specifici elementi tratti dalla gestione di due procedimenti penali specifici che lo avevano visto coinvolto (fg 370 della sentenza di primo grado), in relazione ai quali soltanto avrebbe potuto delinearsi una astratta pertinenza di dati documentali opposti.


Per di più si deve sottolineare la necessità di circoscrivere le censure proposte in argomento dalle difesa, fondate sulla pretesa di dimostrazione contraria di qualsiasi circostanza latamente riguardante i rapporti tra le parti in giudizio, che la considerazione svolta per contestualizzare i rapporti D.G. V., costituisce nel percorso ricostruttivo solo una premessa di inquadramento, stante quanto emerge sulla condotta svolta da V. nell'interesse di D.G. dai dialoghi registrati tra il primo e D.F., di cui vi è dato ampio conto nella pronuncia di primo grado, richiamati in quella impugnata, che danno conto dell'interesse perseguito dal V. a ridimensionare le accuse rivolte al D.G. e ad acquisire informazioni in suo favore.


La mancata argomentazione specifica alla censura formulata nella pronuncia, per quanto già esposto in punto di argomentazione dei rilievi processuali, non è quindi idonea a porne in discussione la validità.


3. Passando all'analisi dei rilievi di merito si deve considerare in linea generale che l'accertamento di responsabilità è intervenuto, in maniera conforme, nel doppio grado del giudizio di fatto, condizione che restringe l'ambito di intervento della Corte di legittimità.


La deducibilità del travisamento della prova in tal caso può profilarsi esclusivamente nell'ipotesi di alterazione del dato dimostrativo relativo ad una prova valutata per la prima volta nel giudizio di appello, e ritenuta dirimente al fine di decidere; tale delimitazione si fonda sull'incompatibilità logico concettuale di una alterazione del dato di prova eseguita conformemente da giudici diversi. Infatti, come è stato, da ultimo, chiaramente ribadito in argomento "Nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado" (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 - dep. 20/02/2017, La Gumina e altro, Rv. 269217). Ed è bene segnalare preliminarmente che, a fronte del copioso riferimento a tali vizi contenuto nei ricorsi, in mancanza delle richiamate condizioni legittimanti, sulla base di tali premesse sistematiche si evidenzia la difficoltà di ravvisare il vizio lamentato, la cui prospettazione, inerente a tutti i passaggi argomentativi della pronuncia impugnata, denota la sollecitazione ad una autonoma decisione di merito, incompatibile con l'ambito delle deduzioni rilevabili in questa sede.


Analogamente deve concludersi quanto al dedotto vizio di carenza argomentativa.


Come ritenuto da risalente (Sez. 1, Sentenza n. 9539 del 12/05/1999, imp. Commisso ed altri, Rv.215132), ma costante giurisprudenza, il vizio di mancanza della motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., lett. e), deve risultare dal testo della sentenza e consistere nell'assenza di argomentazione su un punto decisivo della causa sottoposto al giudice di merito, mentre non è ravvisabile nella mancata confutazione di un argomento relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene in un'ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, ove questa contenga una risposta implicita all'osservazione della parte; e nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono. Cosicchè non può ritenersi carente la motivazione nell'ipotesi di mancata confutazione del singolo rilievo difensivo che si ponga in chiave di lettura alternativa dei fatti, ove tale interpretazione non dimostri la sua inconciliabilità logica con quanto diversamente ritenuto dal giudicante.


Il dato interpretativo richiamato risulta estremamente rilevante all'atto in cui quasi tutte le censure formulate muovono da un'autonoma ricostruzione di singoli particolari ricostruttivi dei fatti, non dotati di autonoma capacità scardinante il ragionamento seguito dal giudicante e, per contro, ignorano quanto in senso opposto ritenuto dirimente, come meglio si vedrà in relazione alle singole accuse.


3.1. capo A) la concussione contestata a D.G..


3.1.1. La fattispecie riguarda le pressioni che il D.G., titolare di una inchiesta riguardante l'attività di spaccio di stupefacenti che veniva esercitata presso la discoteca gestita da Tr.Po., fratello di un assessore comunale dello schieramento politico avverso a quello vicino al pubblico ufficiale, avrebbe esercitato sul consigliere comunale, al fine di ottenerne le dimissioni, funzionali alla caduta dell'amministrazione; tali pressioni, dopo iniziali, ripetute istanze tendenti allo scopo rimaste prive di risultato, sarebbero consistite nel prefigurare la possibilità di provvedimenti coercitivi, personali e reali, rispettivamente in danno della nipote del T. e dell'attività economica facente capo al fratello, ventilati direttamente a quest'ultimo.


In fatto l'episodio è stato ricostruito ritenendo realizzate, a cura di P.V.D., una serie di pressioni sulla determinazione dell'amministratore, rivelatosi inizialmente impenetrabile, che successivamente avevano subito una forzatura nel senso indicato, consentendo di ottenere lo scopo.


La circostanza che l'atto pubblico, alla cui formazione era condizionata la pressione, fosse costituito da iniziative di natura discrezionale, impone di considerare la soggezione del privato rispetto a tali eventi, in quanto essi realizzano un danno in sè, a prescindere dalla loro legittimità, posto che la dimostrazione dell'eventuale violazione di legge realizzata con l'imposizione illegittima della misura sopraggiunge a conseguenze pregiudizievoli già verificate, cosicchè nelle condizioni date il privato risulta alla mercè di un potere pubblico che lo stesso esercente delinea, sulla base dell'accusa, come svincolato da criteri legali.


Deve considerarsi quindi che la prospettazione di una influenza illecita sulla determinazione in materia ponga già il privato in condizione subordinata, senza possibilità di valorizzazione del perseguimento di un vantaggio ritraibile, realizzabile con libera determinazione, non profilandosi alcuna seria alternativa di legalità, all'atto in cui si prospetti una valutazione che prescinde dall'obbiettiva ed imparziale analisi dei fatti.


Considerato che, sulla base della prospettazione accusatoria, risulta ipotizzato un intervenuto volto ad escludere l'arresto della nipote del T., ed il sequestro della struttura economica del fratello di questi, che non poteva che assumere, quale logico contraltare, un'attività opposta nell'ipotesi di mancata realizzazione delle finalità personali perseguite dal pubblico ufficiale, posto che solo in quest'ottica si giustifica l'esplicitazione del proposito e la sollecitazione al compimento di un'attività auspicata, deve convenirsi che correttamente tale condotta sia stata qualificata come minaccia, ravvisandovi la costrizione inerente alla fattispecie contestata nella disposizione dell'attuale testo dell'art. 317 c.p. in senso conforme all'interpretazione resa dalla Corte di legittimità nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013 - dep. 14/03/2014, Maldera e altri, Rv. 258470) per i casi in cui non sia stata offerta una alternativa concreta di libertà dell'azione al soggetto destinatario delle illecite richieste.


La pronuncia richiamata ha chiarito che è necessario valutare caso per caso "le contingenze relazionali connesse all'esercizio del potere discrezionale del pubblico agente. Il prospettare costui, in maniera del tutto estemporanea e pretestuosa, l'esercizio sfavorevole del proprio potere discrezionale, al solo fine di costringere il privato alla prestazione indebita, integra certamente la minaccia di un danno ingiusto, in quanto non funzionale al perseguimento del pubblico interesse, ma chiaro indice di sviamento dell'attività amministrativa dalla causa tipica. In questa ipotesi, il privato è certamente vittima di concussione, in quanto si "piega" all'abuso, proprio per scongiurarne gli effetti per lui ingiustamente dannosi".


Applicando tali principi astratti a(caso di specie non può che apprezzarsi che anche il riferimento, in cambio dell'attività sollecitata, di un intervento in favore della vittima implicitamente contiene la prospettazione di uno opposto nel caso contrario, di tale concretezza da richiamare, in via preliminare, una sostanziale ampia libertà di azione in attività che dovrebbe essere improntata alla più assoluta imparzialità, e veniva circostanziata dalla percezione delle modalità di esercizio del potere da parte del D.G., come è dato evincere dal contenuto del commento "questi sono pazzi" espresso nell'occasione da Tr.Po. ed a cui ha fatto riferimento P.V.D..


Nè appare possibile attribuire una valenza escludente il reato ai richiami svolti dalla difesa in merito alla mancanza di utilità diretta per D.G. per l'attività compiuta; nella sentenza impugnata si è dato conto della natura risalente nel tempo delle mire politiche dell'interessato, con richiamo a tale attività parallela desumibile dalle perquisizioni eseguite presso la sua abitazione e del materiale ivi rinvenuto, del tutto eccentrico rispetto alla sua attività professionale ed invece legato alla vita politica di (OMISSIS), e si delinea, sulla base di tutti gli elementi di fatto che successivamente saranno illustrati, proprio la netta contrapposizione tra L. ed il ricorrente; cosicchè negare utilità alla caduta dell'amministrazione da questi guidata, che secondo la contestazione risultava funzionale ad ottenere il riconoscimento politico nel territorio, ampiamente utilizzato successivamente, risulta contestazione del tutto sganciata dagli elementi di conferma acquisiti ed illustrati nel provvedimento impugnato.


3.1.2. Ciò premesso in diritto deve convenirsi per la correttezza della valutazione degli elementi di fatto posti a base della decisione nel provvedimento impugnato, in relazione al cui contenuto non viene espressa da parte della difesa una censura che riguardi l'intero percorso ricostruttivo, ignorato nella sua parte determinante.


Sul punto è necessario segnalare che l'ipotesi accertata nella sentenza riguarda, da ultimo, l'incontro coadiuvato da P.V.D., tra S. ed il fratello di T.D., diretto interessato all'attività economica sulla quale si incentrava l'accertamento penale in corso; la percezione da parte del primo, all'esito dell'incontro, di una condizione di paura presso l'operatore economico per le conseguenze dell'azione prospettata; la decisione di dimissioni da parte di T. dall'incarico pubblico rivestito in stretta successione temporale con tale accadimento, iniziativa che, in tesi di accusa, costituiva l'obiettivo perseguito da D.G..


La difesa, soffermandosi sull'utilizzabilità delle dichiarazioni di P.V.D., sul piano processuale, per quanto detto infondato, e sulla loro credibilità sostanziale, oltre che sulla mancanza di percezione diretta da parte di questi delle pressioni esercitate, non affronta le risultanze poste a base della pronuncia nella loro integralità, ed in particolare ignora quanto emerge dalla captazione delle affermazioni di T.D. nella sala di aspetto della caserma dei Carabinieri in via immediatamente antecedente al momento in cui sarebbe stata svolta la sua audizione. Questi, prima di essere sentito, in netto contrasto con quanto successivamente formalmente dichiarato, ammise che S. aveva preso contatti con il fratello perchè bisognava andare a firmare (ffgg. 131 sentenza di primo grado e 28 sentenza di secondo grado), ed ha così fornito un solido riscontro a quanto dichiarato a riguardo da P.V.D.; tale elemento di prova non risulta considerato nel ricorso, anche al solo fine di illustrare la rilevanza rispetto ad essa della mancata assunzione delle ulteriori prove sollecitate, che in tal modo non rivestono, neppure in linea astratta, valenza idonea a superare la risultanza. E' bene rimarcare in proposito che della chiara affermazione riferita nè il teste T.D., nè la difesa hanno offerto una alternativa, coerente spiegazione.


La circostanza rende ragione della mancata acquisizione delle prove richieste, che proprio in quanto non incidenti sul richiamato profilo decisivo, non possono considerarsi contrarie a quelle assunte, e correlativamente evidenziano la natura di merito delle censure formulate in proposito.


Malgrado la natura assorbente di tale risultanza, ed il silenzio serbato al riguardo nella, per altri versi, analitica impugnazione, per completezza si deve rilevare che non risulta corretta la qualificazione della testimonianza di P.V.D. quale teste de relato, atteso che se è vero che tale potrebbe profilarsi il suo riferimento al contenuto specifico della conversazione intercorsa tra S. e Tr.Po., a cui il teste non ha direttamente assistito, a diversa conclusione deve giungersi per quel che attiene ai fatti immediatamente antecedenti e successivi a tale incontro, posto che il teste ha dichiarato di aver accompagnato Tr.Po. all'incontro con il primo, e di aver sentito direttamente il commento spaventato di questi immediatamente dopo il colloquio; dati sulla base dei quali, attraverso una complessiva analisi, agevolata dalla coordinazione logica dei fatti di cui è stato partecipe, si è giunti all'accertamento di responsabilità. Cosicchè, la sollecitata audizione diretta di S., a fronte della negatoria sull'esistenza di tale incontro da parte di Tr.Po., contrastante con quanto dallo stesso affermato in condizioni nelle quali riteneva di non essere sentito, nulla avrebbe potuto aggiungere sul punto. La difesa ha impugnato in appello l'ordinanza del Tribunale che ha respinto, tra l'altro la richiesta di audizione di S., istanza sollecitata ai sensi dell'art. 507 c.p.p., in relazione alla quale è stata espressa una motivazione di insussistenza di assoluta necessità al fine di decidere, che trova riscontro nella ricostruzione richiamata.


Le deduzioni fornite in argomento nella sentenza impugnata, contrariamente all'assunto difensivo, risultano coerenti con le risultanze e conseguentemente insuscettibili delle censure formulate, che si caratterizzano per sostanziarsi in inammissibili sollecitazioni ad una rivalutazione di merito;


peraltro risulta generica l'allegazione inerente alla sopravvenienza del dato di prova nel corso del giudizio di primo grado, che avrebbe giustificato la tardiva richiesta della prova testimoniale S., poichè non viene indicato quando tale nuova deduzione sia emersa nel corso dell'audizione P.V.D., nè risulta formulata dalla difesa una contestazione al riguardo rispetto a pregresse dichiarazioni, che evidenzi la dedotta qualità di elemento nuovo.


Le osservazioni astratte, inerenti all'impossibilità di ricondurre l'azione di convincimento presso T.D. all'iniziativa di D.G., anche non volendo ritenere provata la circostanza espressa al riguardo da P.V.D. circa l'intervento diretto del ricorrente nel corso delle riunioni del gruppo che si tenevano presso lo studio di Gi.Pi., oblitera il dato che emerge univocamente, in ordine al costante interessamento di D.G. all'attività politica di (OMISSIS), desumibile non solo dalle affermazioni di P.V.D., ma anche dagli elementi di prova citati dai fgg 23 e segg della sentenza impugnata e dai ffgg 34 e segg. di quella di primo grado che colloca l'inizio dell'interesse politico almeno al 2000 ed individua quale finalità concorrente della condotta in esame il rancore nutrito nei confronti di L., che lo aveva pubblicamente avversato; dalla connessione temporale tra la minaccia esercitata e lo svolgimento dell'indagine ai danni dei familiari di T. - posto che l'informativa di reato risulta pervenuta in Procura il 30/10/2001 con la ricezione della notizia di reato, la cui preesistente conoscenza, connessa ai tempi di emersione delle dichiarazioni di un collaboratore si pongono in relazione con la conoscenza degli atti da parte del P.m. che coordinava le indagini e con il progressivo l'incentrarsi degli elementi di accusa nei confronti dei componenti della famiglia T. -; dalla correlazione temporale tra l'incontro con S. e P.V.D. e la decisione di presentare le dimissioni, che solo a quella data ha fiaccato le resistenze del più volte sollecitato amministratore.


Si segnala inoltre che, contrariamente a quanto sottolineato nel ricorso, la sentenza di primo grado dà conto a fg 91 che P.V.D., nel corso dell'udienza dibattimentale ha riferito che più volte si parlò con D.G., anche alla presenza di S., della necessità di convincere T. alle dimissioni, cosicchè il richiamo al cambio di strategia deciso in comune cui si riferisce la sentenza di secondo grado, non risulta desunto da dato probatorio inesistente.


Sugli elementi di fatto richiamati entrambe le pronunce di merito hanno fornito una ricostruzione coerente, con la quale il ricorso non si confronta.


Quanto alla data dell'incontro T.- S., contrariamente a quanto segnalato in ricorso, non è dato ricavare dalle pronunce di merito alcuna contraddizione dalle dichiarazioni di P.V.D. che, senza indicare un giorno preciso (colloca l'evento "credo" agli inizi di settembre), ha connesso i suoi ricordi ad una data successiva all'ultimazione della vendemmia, attività eseguita la quale Tr.Po. soleva recarsi in Germania per l'acquisto di un'auto con il ricavato (fg 88 e segg. sentenza di primo grado). All'accadimento, consueto, viene riferita la necessità di attendere il suo ritorno per eseguire l'ambasciata, cosicchè, considerata la nota stagionalità dell'attività agricola indicata, i dati forniti rendono compatibile la contiguità temporale tra l'avvertimento offerto e la decisione di dimissione formalizzata il 01/10/2001, escludendo l'elemento distonico segnalato sul punto dal difensore, non ricavabile dagli atti valutati rilevanti ai fini della decisione.


Nello stesso senso muovono le ulteriori censure proposte in relazione alla mancata assunzione di prove tendenti a negare la possibilità dell'incontro riferito, che, oltre a non confrontarsi con le emergenze dell'intercettazione già richiamata, specifica sul punto, ignorano anche i passaggi argomentativi di segno opposto, desumibili dalle sentenze di merito. Ci si riferisce in particolare alla prova offerta e non disposta, in merito alla tipologia dell'autovettura in uso a S. che, secondo la difesa, sarebbe identificabile in mezzo di tipo diverso da quello riferito da P.V.D., che non si rapporta a quanto riscontrato dalle stesse parole di D.G. sul punto. Si deve segnalare che dal fg 90 della sentenza di primo grado emerge che S., in una occasione nella quale era in compagnia di D.G., aveva utilizzato proprio il tipo di autovettura descritto da P.V.D. per raggiungere il luogo dell'incontro, secondo quanto riferito dallo stesso ricorrente, cosicchè la dimostrazione che S. in quel lasso temporale avesse a disposizione un diverso automezzo, non consentirebbe di superare il dimostrato accesso anche alla Fiat Punto segnalata, condizione che esclude l'effetto scardinante della ricostruzione accusatoria all'allegazione sul punto e la valutazione di indispensabilità del dato di prova offerto. Inoltre, sempre in argomento, la contestazione inerente alla mancata considerazione della prova testimoniale di un componente della scorta di D.G., che ha negato di aver mai rilevato la presenza di persone in attesa sotto la sua abitazione, non si confronta con quanto segnalato nella sentenza di primo grado in merito alle tracce delle convocazioni telefoniche sotto la sua abitazione, dopo l'orario di ufficio, che riguardavano l'interessato (fg 86 della sentenza di primo grado) rispetto alla cui idoneità dimostrativa nulla risulta osservato.


Manifestamente infondate e di merito risultano le censure inerenti alla mancata considerazione dell'irrilevanza giuridica delle dimissioni di T., per la necessità di attribuirvi effetto dalla data di protocollazione, epoca in cui era già sopraggiunta l'analoga decisione di ulteriori assessori, che rendeva inevitabile lo scioglimento del consiglio comunale.


L'osservazione ignora il richiamo contenuto nella sentenza di primo grado alla connessione temporale tra l'incontro S.- Tr.Po. e la risoluzione del fratello T.D., nel senso opposto a quanto dallo stesso espresso fino a quella data; la singolare tempistica e modalità di formalizzazione della decisione (in tempo di notte presso lo studio di un notaio dell'entourage di D.G. come si ricava da fg. 156 sentenza di primo grado); la qualificazione come strumentale della protocollazione delle dimissioni di altri - Pe.Ag. e Ca.An., unici consiglieri che presentarono le dimissioni direttamente in Comune - in ordine cronologico anteriore.


La difesa fonda l'eccezione di violazione di legge riguardante il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 141, comma 1, lett. b), n. 3 su un dato storico, l'individuazione delle dimissioni di T. come le tredicesime in ordine di tempo, considerata la data di protocollazione, quale unico riferimento corretto a tal fine, erroneamente indicato nella sentenza di secondo grado e storicamente smentito dalle prove assunte. Risulta al contrario dagli accertamenti svolti (deposizione Sa. di cui si dà conto a fg 157 della sentenza di primo grado) che le dimissioni di T. furono registrate in ingresso agli atti del comune prima di quelle dei nove consiglieri che avevano presentato le dimissioni dinanzi al notaio con otto mesi di anticipo, senza depositarle presso l'amministrazione. Ciò dimostra che, proprio in forza della disposizione richiamata, le dimissioni di T. solo astrattamente non risultavano determinanti, ma si sono rivelate tali per formalizzare anche quelle già depositate dinanzi al notaio, ma non consegnate in Comune, riferibili a consiglieri sul cui apporto decisionale già non si poteva contare; tale significativo dato si ricava dalle dichiarazioni di Ca.An., che proprio dalla presenza di soli undici consiglieri, insufficienti a deliberare ove T. si fosse astenuto per conflitto di interesse, risulta aver tratto la sua convinzione di sostanziale inagibilità dell'organo amministrativo, che lo avrebbe indotto a presentare le dimissioni.


Il dato di prova, chiaramente riportato nella sentenza di primo grado, smentisce la pretesa irrilevanza della decisione T..


Quanto al secondo aspetto, al di fuori di qualsiasi rivisitazione di ordine alla natura ed entità degli indizi a carico dei familiari di T. nel procedimento c.d. Valentino, attribuito alla valutazione del P.m. D.G., quel che di dirimente viene segnalato in sentenza, e non contrastato nel merito, è che T. Paola risultava coinvolta nell'attività illecita nell'informativa dei Carabinieri, ed inspiegabilmente è stata sottratta anche all'adempimento formale dell'iscrizione nel registro degli indagati o alla trasmissione degli atti che la riguardavano alla Procura del Tribunale per i minorenni imposta dalla sua età all'epoca dei fatti, contestazione rispetto alla quale nulla in senso direttamente contrario risulta dedotto, cosicchè le ulteriori allegazioni, poste a fondamento delle prove sollecitate al riguardo, circa la minore o maggiore gravità indiziaria a sostegno della richiesta di misura cautelare, risultano eccentriche rispetto alle esigenze dimostrative derivanti dagli elementi di valutazione considerati.


Ancora, su tale profilo, viene considerata in sentenza la segnalazione fatta da P.V.D., e poi dallo stesso non formalizzata, presso il maresciallo Da., che generò un'iniziativa di questi e del cap. st. presso la locale procura della Repubblica, che non ritenne di intervenire, ma richiese un approfondimento di indagine tre anni dopo.


Come già espresso in sede di analisi delle censure processuali è stato valorizzato nella memoria, depositata dal ricorrente prima dell'odierna udienza, l'accertamento liberatorio inerente alla responsabilità personale del P.m. investito della notizia di reato cui era stata imputata l'inattività, sul piano disciplinare; si attribuisce in particolare valenza escludente il fatto contestato all'intervenuta verifica della correttezza dell'operato dell'inquirente, prosciolto dalle accuse mosse dinanzi al Csm.


In realtà, come già osservato, sia il contenuto del provvedimento prodotto, che la ricostruzione logica degli eventi, possono incidere sulla valutazione della condotta di quel P.m, non sulle conseguenze pratiche dell'episodio, posto che non emerge dalle risultanze la falsità di quanto riferito. Al contrario, dagli atti si ricava la conferma della presenza di una segnalazione informale di P.V.D., di gran lunga antecedente nei tempi a quella cristallizzata successivamente, non tradottasi in attività idonea a consentire l'inizio dell'azione penale, cosicchè il dato valutativo connesso a tale accadimento, inerente all'esclusione dell'intento calunnioso, rimane integro. Per esigenze di completezza si segnala che nella ricostruzione dei fatti neppure il ricorrente pone in dubbio il dato segnalato in sentenza, secondo cui i carabinieri responsabili della segnalazione vennero sollecitati oltre tre anni dopo dai responsabili dell'ufficio di Procura alla formalizzazione della segnalazione (attività verificata sulla base delle affermazioni dei P.m. interessati secondo quanto chiarito ai ffgg 139 e segg. della pronuncia di primo grado e 39 della pronuncia di secondo grado) emersa da dichiarazioni rilasciate dal cap. st. nel corso di diverso procedimento, dato che fornisce conferma dell'effettività degli accadimenti, che, a fortiori, non possono essere superati dalla decisione amministrativa prodotta, nè dalla deduzione di fatto inerente al mancato rinvenimento della relazione di servizio redatta al momento della segnalazione dai CC, posto che il dato da provare - antecedenza della segnalazione rispetto alla denuncia formalizzata - rimane integro e delimitato nella sua valenza dimostrativa ad un elemento di natura logica, e non diretto rispetto alle emergenze in contestazione.


I dati accertati su cui risultano fondate le decisioni risultano idonei a sostenere la legittimità dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice di appello, contestati con l'odierno ricorso, in quanto dimostrativi di una mancanza di rilevanza della ricostruzione difensiva che si intendeva offrire.


Quanto alla contestazione inerente alla mancata acquisizione della registrazione del colloquio tra T. e don F.A., non può che richiamarsi quanto già espresso sub 2.1.1.


Rispetto alle richiamate emergenze non risulta assumere alcun rilievo la corretta datazione dei rapporti dei rapporti T.D.- D.G. posto che la sentenza fa riferimento ad un rapporto di conoscenza tra le parti successivo agli eventi, per inferirne un contesto di credibilità dei fatti antecedenti, non per smentire la chiave di lettura offerta dalla difesa circa l'asserita incompatibilità tra la forza di pressione ed i rapporti di amicizia. Cosicchè la pretesa alterazione delle risultanze, oltre che generica ed estranea alla valutazione del presente giudizio, risulta anche irrilevante al fine di decidere.


Si deve richiamare sul punto quanto già richiamato sub 2. sull'ampiezza della motivazione.


3.1.3. Sulla base degli elementi esposti, esclusa la fondatezza dei motivi di ricorso riguardo al capo in esame, e conseguentemente la possibilità di pervenire ad un proscioglimento in fatto, deve prendersi atto della maturazione del termine massimo di prescrizione in data 06/06/2017 - considerata quale epoca di consumazione quella della presentazione delle dimissioni, risalenti al 01/10/2001, rispetto alla quale i quindici anni massimi scadevano il 01/10/2016, da maggiorarsi di mesi otto e giorni cinque per la sospensione disposta nell'arco dei giudizio di merito - e quindi da intendersi maturata il 06/06/2017; tate data è successiva alla proposizione dell'impugnazione, che, in conseguenza dei rilievi in rito formulati, non può qualificarsi geneticamente inammissibile.


Per l'effetto su tale capo deve, in riforma della pronuncia impugnata, annullarsi la sentenza senza rinvio, per l'estinzione del reato, con conseguente eliminazione della pena determinata in relazione a tale imputazione.


3.2. Il capo B).


3.2.1. In via preliminare si deve confermare la correttezza sul piano astratto della contestazione del delitto di concussione. E' noto che tale reato possa profilarsi anche con l'abuso della qualità, e non necessariamente della funzione; il testuale dato normativo trova riscontro diretto nella contestazione, che a tale modalità di condotta fa richiamo, cosicchè la circostanza che il D.G., secondo l'ipotesi di accusa, avrebbe ventilato la propria influenza su un atto proveniente dal suo ufficio, ma non di sua personale competenza, non esclude la possibilità di qualificare le circostanze emerse nei termini giuridici ritenuti in sentenza, contrariamente a quanto prospettato in ricorso.


L'opposta prospettazione difensiva espressa nell'impugnazione, che ritiene essenziale la diretta competenza del pubblico ufficiale perchè si realizzi la condotta, lascia del tutto indefinita l'individuazione dell'elemento differenziale tra abuso della funzione o della qualità, e risulta smentita dall'univoca interpretazione della Corte di legittimità in argomento (Sez. 6 Sentenza n. 8512 del 13/01/2017, Di Riso, Rv. 269427; Sez. 6, Sentenza n. 10604 del 12/02/2014, Ramello, Rv. 259896; Sez. 6, n. 45034 del 09/07/2010, Pentimalli, Rv. 249030).


L'ipotesi delittuosa, secondo la contestazione, prevede la richiesta da parte del D.G., rappresentante molto noto della locale Procura della Repubblica, di un soggiorno gratuito in una abitazione del complesso residenziale facente capo al Di., quale contropartita all'interessamento presso il collega, per evitare conseguenze pregiudizievoli all'attività economica gestita da quest'ultimo, su cui risultava nota la presenza di indagini.


Riconosciuta nella possibilità di intervento presso un componente dell'ufficio l'abuso di qualità, deve altresì individuarsi nella prospettazione formulata la sussistenza di una coercizione, e non di una induzione. Anche in questo caso l'iniziativa giudiziaria che, in tesi di accusa, ci si proponeva di scongiurare, era di natura discrezionale, con effetti immediati e potenzialmente devastanti per l'interessato sul piano economico, cosicchè la sua capacità di resistenza non poteva che considerarsi annullata, posto che anche la concreta possibilità di dimostrare la piena legittimità dell'attività oggetto di accertamento, ponendosi in chiave postuma e temporalmente non ravvicinata rispetto ad interventi in danno, per gli insopprimibili tempi processuali, sarebbe sopraggiunta solo a conseguenze negative già verificatesi, come è dato cogliere dalle parole del Di. nel suo sfogo con P.V.D., che evidenziano non la consapevolezza della conclusione di un accordo conveniente, ma il timore di negative conseguenze economiche che ne avrebbero pregiudicato la continuità di azione rispetto alle quali non avrebbe avuto vie di uscita alternative.


Come già evidenziato nella pronuncia di primo grado (fg 277) Di. si mostra convinto della legittimità dell'intervento edilizio realizzato, in esercizio da sette anni e mai oggetto di contestazioni in precedenza, sicchè percepisce gli accertamenti proprio come un abuso ed un pretesto per ottenere qualcosa da lui, elemento di fatto che evidenzia il rapporto di forza esistente tra le parti, e dimostra la corretta qualificazione del reato.


3.2.2. La prova di responsabilità, anche in questo caso, non promana esclusivamente dalla ricostruzione di P.V.D., che assume di aver ricevuto al riguardo le confidenze del Di., come mostra di ritenere la difesa, le cui censure si incentrano su tale risultanza, ma anche dalle parole dell'imprenditore, oggetto di registrazione da parte di P.V.D., che a questi ha esplicitato la natura minatoria della condotta tenuta, posto che, a fronte della rassicurazione sulla possibilità di rivolgersi al D.G. per ogni necessità, espressa proprio in concomitanza dell'inizio delle indagini, era stata veicolata attraverso un terzo accompagnatore dell'odierno ricorrente, la richiesta di alloggio per i mesi estivi, prontamente riconosciuta.


Sulla genuinità del dato tecnico in linea formale si è già detto.


Positivamente deve concludersi anche per quel che riguarda la valutazione dell'attendibilità concreta del dato. Il perito, espressamente interrogato sul punto, ha chiarito di aver valutato, al fine di escludere alterazioni del documento offerto, la concludenza logica del discorso, incompatibile con l'ipotesi di interpolazioni, e la qualità della voce del Di., sotto l'aspetto linguistico, con particolare riferimento a modalità di espressione di alcune consonanti, potendo spingere l'accertamento ulteriore solo fino al livello FFO consentito dalla frequenza a cui la registrazione è stata effettuata. Si è chiarito che, sia pure non complete rispetto alle astratte possibilità, per i motivi tecnici accennati, tutte le verifiche svolte hanno offerto un dato di piena compatibilità tra le voci in comparazione (fg. 289 sentenza di primo grado).


Come evidenziato in sentenza, e solo parzialmente considerato nel ricorso, risulta inoltre importante, al fine della corretta individuazione temporale e personale delle circostanze riferite, il richiamo che il conversante, identificato nel Di., opera alla ricezione il giorno prima della conversazione dell'informazione di garanzia ed alla data di fissazione dell'interrogatorio del fratello, ricadente qualche giorno dopo, elementi che logicamente potevano essere noti solo a lui e risultano perfettamente coincidenti con quanto emerge dagli atti di quel procedimento; il significativo dato storico non risulta contestato in ricorso.


Sul punto nell'atto si prospetta solo l'assenza del diretto destinatario della comunicazione - il fratello di Di.Ma. - alla data di ricezione dell'atto, la cui consegna risulta curata infatti presso la madre, ma non si contrasta l'assunto logico che, stante l'avvenuto ritiro, e la rilevanza della comunicazione, l'atto ben può essere stato letto direttamente dai familiari, e riferito all'interessato prima del suo rientro; tale ricostruzione logica risulta confermata dalla conoscenza della data dell'interrogatorio, non altrimenti spiegabile se non con una piena consapevolezza di quanto stava accadendo, secondo già valutato coerentemente dai giudici di merito.


Cosicchè il dato tecnico e logico appaiono convergenti e coerentemente ricostruiti nella sentenza, e risultano contestati con valutazioni parziali e deduzioni fondate sull'autonoma rivalutazione di circostanze non dirimenti, che denunciano l'intervenuta sollecitazione a difformi conclusioni in questa sede.


Ci si riferisce in particolare alla contestazione inerente alla effettiva fruizione dell'abitazione estiva da parte di D.G., effettuata attraverso richiami a circostanze irrilevanti. Come in precedenza sottolineato non è dato apprezzare l'importanza di un accertamento inerente all'effettività di tale estremo ove contestualmente si rivendica la mancanza di gratuità del contratto, facendo leva sulla sua formalizzazione, con la registrazione ed il pagamento della prestazione sopraggiunto nell'autunno inverno del 2007, a cura della moglie del D.G..


In proposito coerentemente la sentenza ha escluso la valenza di tale pagamento ai fini di escludere la richiesta di una prestazione gratuita, per la sua tardività ed estraneità alle forme di riconoscimento di corrispettivo, posto che solitamente gli accordi per l'utilizzo di una casa vacanze non segue tali tempistiche; nè risulta dimostrata in senso contrario che tale particolare modalità di condotta fosse invece solitamente seguita dall'imprenditore nella gestione dei suoi affari. A conferma del dato opposto risulta nella richiamata registrazione che Di. qualifica D.G. suo ospite (fg. 185 sentenza primo grado).


E' appena il caso di sottolineare che, a fronte dei plurimi elementi di riscontro richiamati in sentenza, la negazione da parte di Di. della pressione illecita, ed il disconoscimento della propria voce registrata, non ha trovato conforto in giustificazioni alternative degli elementi dissonanti con la rivendicata legittimità d'azione, elementi rispetto alla cui ipotetica sottovalutazione solamente potrebbe profilarsi un vizio argomentativo, non illustrato sotto tale aspetto nel ricorso. Nè può assumere rilievo l'accertamento inerente all'effettiva presenza personale di D.G. nel villaggio nel corso di quell'estate, verifiche su cui si incentrano le critiche della difesa, e le sollecitazioni di approfondimenti istruttori. A fronte del capo di accusa, che si riferisce alla richiesta di D.G. di un'utilità per sè o per la famiglia e della piena comunanza di interessi trai coniugi, desumibile sia dal coinvolgimento della moglie nell'attività politica di questi, che della commistione anche degli atti inerenti a ciascuno di essi, rivendicata da D.G. per giustificare il possesso di alcuni documenti difficilmente conciliabili con la sua attività istituzionale, accertare se questi frequentasse o meno il villaggio (OMISSIS) in quell'estate risulta irrilevante, cosicchè correttamente risulta respinta, sulla base dei criteri di cui all'art. 495 c.p.p. l'offerta di dati sulla pretesa inattendibilità delle annotazioni in ordine all'ingresso degli ospiti in quel villaggio.


Le obiezioni difensive svolte riguardo all'ipotesi di accusa in esame, muovono da quanto offerto da Di., dalla mancanza di potere decisionale in capo allo stesso, che possono assumere valenza solo escludendo dalle risultanze probatorie la richiamata registrazione, nella quale si dà conto ampiamente della circostanza che, al di là dell'intestazione formale, Di.Ma. era direttamente interessato alla gestione del villaggio.


Peraltro tali obiezioni formali non considerano il dato, ammesso anche da D.G. (fg 32 della sentenza), che effettivamente egli si rivolse a Di.Ma., e non all'amministratore della società per richiedere la disponibilità di un alloggio.


Contrariamente a quanto espresso nel ricorso, i giudici di merito hanno valutato la deposizione di Di., che ha negato l'esistenza dei contatti e delle pressioni che emergono dalla registrazione, ed hanno fornito una congrua esplicitazione delle determinazioni sulla sua inattendibilità (in tal senso vedi l'analisi svolta nella sentenza di primo grado ai ffgg. 197 e segg ed ai fgg. 34 e 36 della sentenza impugnata), analisi in relazione alle quali la difesa non deduce specifiche prove di segno opposto, ma lamenta la mancata acquisizione di dati probatori non dirimenti, non dotati di forza dimostrativa contraria, che conseguentemente assumono valenza di censure di merito, estranee all'ambito di cognizione del giudizio di legittimità.


3.3. Il capo C).


3.3.1. La fattispecie in esame è ricostruita con riferimento alla pressione subita da Di., la cui attività produttiva era sottoposta a controllo, diretta a liberarsi della collaborazione di P.V.D., che si assume inviso al D.G., pressioni sulla cui esistenza militano le pesanti espressioni usate da Di. nel corso della conversazione registrata in ordine alle richieste di D.G., ed alla sua necessità di assecondarlo, stante la sua potente capacità di influenza sul collega B. che, secondo il conversante era "sotto di lui", e per l'impossibilità di porre un argine alle sue richieste, circostanza espressa con un riferimento testuale - "questi sono pazzi" - alla ingestibilità della situazione secondo le regole ordinarie di civile convivenza (fg 265 sentenza di primo grado).


Procedendo sul punto in forza dell'ordine delle questioni proposte nell'impugnazione, deve escludersi l'esistenza del travisamento della prova, in relazione alle capacità gestorie di Di.Ma. nel villaggio turistico, essendone solo socio. A parte ogni considerazione inerente alla rilevabilità del vizio in presenza del doppio accertamento di merito, l'irrilevanza in fatto del rilievo è data da quanto già espresso sub 3.2. Per contro, nella parte in cui la contestazione riguarda il potere di incidere del Di. sulle decisioni in ordine alla presenza di P.V.D. il dato non si confronta con quanto emerge dalla sentenza impugnata, che ha accertato che alla conversazione seguì l'allontanamento della persona di P.V.D. dal villaggio, non esclusione del contratto, sulla cui conclusione egli non possedeva alcuno strumento giuridico di incidenza.


L'ulteriore censura, attinente all'impossibilità di ravvisare il reato contestato per la mancata individuazione dell'utilità della condotta per il pubblico ufficiale: soccorre, al fine di contrastare la tesi difensiva, la costante interpretazione della Corte di legittimità in argomento che, a fronte di una condotta costrittiva, individua il reato contestato in qualsiasi ritorno favorevole per l'agente, identificabile anche nella ricerca di posizioni di prestigio personale (Sez. 2, n. 45970 del 11/10/2013, Plotino, Rv. 257754), sicuramente ravvisabile nell'esclusione da possibili influenze nella zona di una persona, quale P.V.D., che in quel periodo si era opposto alla fazione politica della quale D.G. faceva parte.


Al di là delle imprecisioni in merito all'inquadramento giuridico dei rapporti contrattuali, poichè il lavoratore risulta nel capo di imputazione alle dipendenze di una società diversa da quella che in cui favore doveva stipularsi il contratto di vigilanza, imprecisione che, per l'avvenuta difesa nel merito, non ha prodotto una difformità tra accusa e sentenza, sul punto devono richiamarsi le dichiarazioni dell'interessato e del Di., anche in questo caso oggetto di registrazione. Si deve ricordare il sostegno ricevuto all'inquadramento dei fatti offerto dalle affermazioni di tale Vi. che, sia pure in epoca antecedente agli episodi richiamati, aveva già constatato l'avversione nutrita da D.G. nei confronti di P.V.D., desunta sia da particolari condizioni, che da specifici riferimenti all'ostracismo dal quale questi era circondato, acquisito da colloqui con persone dell'entourage di D.G. (vedi fg 39 della sentenza) tanto da aver ricevuto una segnalazione specifica da Di. in merito alle difficoltà derivanti dal rapportarsi con P.V.D., connesse ai suoi contrasti con D.G., esplicitategli nel corso di un incontro organizzato a Gravina proprio da quest'ultimo.


Le risultanze richiamate in sentenza hanno offerto anche tracce di un interessamento successivo ai fatti contestati di D.G. dalle sorti del P.V.D., che emerge in maniera chiara e non altrimenti giustificata, dalla documentazione rinvenuta nel possesso del ricorrente durante la perquisizione disposta nelle sue pertinenze. Su tale complessa vicenda e sugli elementi di conferma di quanto ricostruito, tratti anche da circostanze accertate durante la perquisizione eseguita presso D.G., rispetto alle quale non risultano offerti coerenti chiavi di lettura alternative da parte dell'interessato, è sufficiente rimandare alle giustificazioni rese a fg. 38 e segg della pronuncia impugnata, che ricostruiscono tutta la complessa vicenda riguardante l'attività di lavoro del P.V.D. e la documentazione inerente all'interessamento di D.G. alle pratiche amministrative proposte in suo danno.


Tali elementi di conferma delle risultanze probatorie contestate, vengono del tutto ignorate nel ricorso, ove si omette anche la considerazione delle conferme che si ricavano da quanto offerto in dibattimento dal teste D.S., chiaramente valutato a fg 42 in sentenza (la cui deposizione è richiamata testualmente a fg 296 della pronuncia di primo grado), il quale ha chiarito di aver notato l'assenza di P.V.D. dal villaggio e di aver chiesto informazioni al riguardo al Di. così apprendendo circostanze in ordine al motivo dell'allontanamento del P.V.D., che si pongono in linea con quanto da questi riferito nel corso della registrazione.


Le obiezioni proposte dalla difesa risultano non fornite della capacità di scardinare l'impianto accusatorio: in particolare mentre si ignora la deposizione D.S., si segnala la contraddizione apparente ricavabile dalla registrazione, in ordine alla già intervenuta conclusione del contratto di vigilanza con la ditta a cui faceva capo P.V.D. all'epoca del colloquio, fondata su una specifica espressione del Di., senza confrontarsi con quanto complessivamente emerge dal prosieguo della conversazione, ove si fa chiaro riferimento ad una procedura ancora in corso, nell'ambito della quale era già noto che l'assegnazione non poteva che essere riconosciuta alla società di cui era dipendente di P.V.D., che aveva effettuato l'offerta più bassa, circostanza in linea con quanto ricavabile dalla citata deposizione D.S. sulla mancanza di P.V.D., non sulla diversa assegnazione dell'attività alla società che aveva formulato la migliore offerta, rispetto a quanto programmato.


Quel che rileva sul punto è che il dato ricavabile da tale indicazione - la mancanza in loco di P.V.D. - è coincidente con quanto allo stesso viene chiesto nel corso della conversazione registrata, cioè la necessità di allontanarsi personalmente dal villaggio, a prescindere dall'assegnazione del lavoro alla società alle cui dipendenze lavorava, cosicchè le prove di cui la difesa denuncia la mancata assunzione, non possono definirsi contrarie rispetto agli elementi di prova ritenuti rilevanti, sui quali si fonda il doppio accertamento di merito, e non consente di riconoscere la dedotta illegittimità della decisione.


3.4. Con riferimento al motivo di ricorso formulato nell'interesse di D.G. ed illustrato da pag. 109 e segg., fondato sulla manifesta illogicità della motivazione derivante travisamento della prova, oltre che richiamare quanto già chiarito in generale sui limiti della rilevabilità del vizio, si deve osservare che la stessa modalità espressiva, coinvolgendo la reintepretazione di un complesso di elementi probatori posti dalla sentenza a fondamento della decisione, o che si assumono illegittimamente non valutati, evidenzia l'estraneità dell'eccezione rispetto alla natura del vizio, che come già chiarito si sostanzia nell'attribuzione alla prova di un significato contrastante con le emergenze documentali, mentre quel che si contesta è l'intero percorso ricostruttivo, censura manifestamente estranea all'ambito di cognizione attribuita alla Corte di legittimità.


3.5 Il capo G).


3.5.1. Preliminarmente, anche alla luce delle richieste del P.g. di udienza, deve ribadirsi la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti, secondo lo schema ricostruttivo tratteggiato nel capo di imputazione.


Si deve ricordare che la corruzione è reato bilaterale, che prevede un accordo tra privato e pubblico ufficiale a prestazioni reciproche, la cui illiceità è costituita dalla mercificazione, anche attraverso il compimento di atti astrattamente conformi alla legge (nell'ipotesi di cui all'art. 318 c.p.), dell'esercizio della pubblica funzione.


Sotto tale profilo, e prima ancora di analizzare le prove sul punto, si deve precisare che non è dato identificare nell'attività costituente oggetto dell'accusa, il meno grave reato di abuso di ufficio, che prevede l'illegittimità dell'atto pubblico, intenzionalmente realizzata per favorire qualcuno, poichè tale azione illecita residuale si configura quando non sia identificata la pattuizione di un corrispettivo. La contestazione espressa nel capo di imputazione indica invece chiaramente la presenza di un contratto sinallagmatico, sostenendo in linea astratta la connessa contestazione.


Lo schema tipico del reato prevede un accordo tra pubblico ufficiale e privato, che può essere diretto o intermediato da terzi, che si qualificano concorrenti dell'attività illecita, ove consapevoli degli elementi costitutivi della condotta.


Nell'ipotesi di accusa il privato è identificabile nel C., il quale, a seguito di attività favorevole al D.G., costituita dalla remissione della querela e dalla presentazione di denuncia a carico di L., oltre che di una successiva integrazione di tale atto, avrebbe ottenuto la promessa della sanatoria dell'illegittimità della sua attività economica, sia sul piano edilizio che amministrativo, attraverso l'intervento del sindaco D., e del comandante dei vigili urbani, P., oltre che la liquidazione di un importo in denaro con delibera consiliare.


L'ampiezza della disposizione incriminatrice, che prevede la correlazione tra il compimento - o l'omissione - di atto dell'ufficio e la ricezione o la promessa di utilità per sè o per un terzo, impone di escludere la fondatezza dei motivi di ricorso della difesa, che assumono l'impossibilità giuridica di configurare la fattispecie in mancanza di una utilità diretta del pubblico ufficiale, posto che l'indispensabilità di tale correlazione diretta è smentita dal testo della disposizione, ove si richiama anche l'incidenza di utilità ottenute in favore del terzo.


Del resto, proprio nel procedimento in esame, nel corso del giudizio incidentale in tema cautelare, la Corte di legittimità (Sez. 6, Sentenza n. 27204 del 05/07/2011) è già intervenuta per verificare la correttezza giuridica dell'accusa, concludendo positivamente per la sua configurabilità astratta, mentre ha disposto l'annullamento con riferimento esclusivo alla mancanza di approfondimento di fatto in ordine alla partecipazione al reato dei concorrenti necessari (i pubblici ufficiali). Cosicchè quel che rileva per verificare l'esistenza della fattispecie tipica, è l'accertamento della consumazione della condotta da parte dei concorrenti necessari - privato e pubblico ufficiale - oltre che degli specifici apporti individuali dei compartecipi, risultando già risolto in senso positivo l'accertamento di astratta configurabilità del reato di cui all'imputazione, secondo la ricostruzione che in questa sede non può che ribadirsi, in quanto pienamente condivisa.


Alla luce di quanto esposto, si deve concludere per l'inconsistenza del motivo di ricorso formulato nell'interesse di D.G., illustrato a pag. 143 e segg. con il quale si contesta la violazione di legge, con riferimento all'individuazione degli elementi costitutivi del reato, posto che si sviluppa attraverso una lettura personale degli elementi di prova e la disarticolazione della loro correlazione temporale e causale, pur pienamente illustrata nella sentenza, con il cui contenuto sostanzialmente non si rapporta.


3.5.2. Gli elementi di prova sulla sussistenza della fattispecie contestata si ricavano dalle congiunte risultanze emergenti dalle dichiarazioni di Da. e P.V.D., coadiuvate dalla registrazione eseguita, nonchè dalle esplicite risultanze delle intercettazioni telefoniche che danno conto delle circostanze di fatto, inerenti agli incontri, emergenti dai discorsi del C. con i primi due, e dagli stretti e ravvicinati collegamenti tra D.G. e C., intermediati da Pe., finalizzati ad ottenere dal privato la remissione di querela prima, e la formazione di una denuncia in danno di L., successivamente, condotta quest'ultima sviluppatasi in due tempi successivi, intervallati dalla costanza dei collegamenti C.- Pe. e, correlativamente, Pe.- D.G..


E' rilevante segnalare, a riprova della natura concordata di tale ultima attività, la progressione illecita di cui è fornita una dettagliata descrizione a fg 56 e segg della pronuncia impugnata, che ha visto formarsi l'atto che avrebbe dovuto promanare da C., in epoca precedente alla sua presentazione in Caserma, per effetto di un accordo sui tempi dell'azione intervenuto in precedenza, che per imprevisti sopraggiunti non era stato rispettato. Tali elementi non risultano analizzati dalla difesa, che anche in questo caso segue un percorso alternativo di verifica della fondatezza dell'accusa riguardante singoli profili, ed ignora la ricostruzione posta a base della pronuncia, che costituisce il perimetro entro il quale devono svilupparsi i rilievi sottoponibili all'esame di legittimità.


In relazione a tali accuse infatti, al di là della contestazione in diritto, infondata per quanto rilevato, si censura la valutazione delle prove, non dimostrandone la scarsa tenuta logica, attraverso un'opposta ricostruzione di fatto, estranea all'ambito di cognizione rimesso al giudizio di legittimità.


In particolare, si contesta la realizzazione di violazioni edilizie nell'edificazione del chiosco nel quale veniva gestita l'attività di C., la cui mancata constatazione da parte delle autorità amministrative avrebbe costituito uno dei corrispettivi della condotta illecita concordata, lamentando la mancata acquisizione di prove sul punto, senza affrontare quanto accertato in sentenza in merito alla sopravvenuta declaratoria di prescrizione di tali violazioni (fg.60 sentenza di secondo grado), il cui intervento dà conto dell'impossibilità di concludere per l'insussistenza in fatto delle accuse, rivendicata dalla difesa; si ignora anche il chiaro riferimento a tali violazioni proveniente dalla parole di C., registrate sia nelle conversazioni tra presenti che nelle intercettazioni, che dimostra la mancanza di rilevanza del tema di prova offerto opposto sul punto.


Viene inoltre contestata la ritenuta illegittimità del contributo economico riconosciuto dal Comune di (OMISSIS) in favore di tale m., responsabile dell'associazione sportiva (OMISSIS), beneficiaria dell'erogazione, di fatto immediatamente attribuita da questi alla disponibilità di C., svolgendo considerazioni autonome rispetto alle circostanze ritenute indicative di tale verifica, costituite in particolare, oltre che alla mancanza di causale di tale arricchimento del privato, dall'inconsueta rapidità nella deliberazione, assunta il giorno dopo la richiesta, in mancanza di istruttoria (fg 64 della sentenza impugnata), deduzioni rispetto alle quali si è chiesto di provare elementi di fatto autonomi, quali la naturale immediata esecutorietà degli atti amministrativi del comune di riferimento, senza indicare il rilievo del dato ai fini dell'accertamento, che non si coglie stante l'estraneità della considerazione dell'aspetto formale rispetto alle conclusioni raggiunte nella pronuncia contestata.


Le deduzioni difensive non considerano quanto valorizzato in sentenza, desunto dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, che registrano sia il rapporto diretto tra C. e D.G., intermediato da Pe., sia le aspettative di C., in relazione alla regolarizzazione della propria posizione, per come da questi riferite nei suoi colloqui con la figlia, aspetti che offrono pieno confronto agli estremi di fatto posti a base della contestazione, che in alcun modo vengono raggiunte da specifiche analisi confutative della difesa.


Peraltro, la corrispondenza al reale di tali assicurazioni, come già osservato nella pronuncia, è dimostrata dalla circostanza che nessuna iniziativa di controllo venne svolta dalle autorità locali, se non a seguito dell'intervento degli inquirenti lucani, che ha reso inevitabile un'iniziativa in danno di C. solo nel dicembre 2009, malgrado la natura risalente nel tempo delle violazioni, la consapevolezza di esse, e della necessità di una loro regolarizzazione, tentata fin dal luglio dello stesso anno, che emerge proprio dalle conversazioni dell'interessato che sollecitava l'emissione di un provvedimento amministrativo favorevole, dopo la protocollazione della sua richiesta.


Rispetto alle prove desunte dalle conversazioni, di cui non è stata offerta una chiave di lettura alternativa che possa assumersi ingiustamente non valutata nel corso del giudizio di merito, il ricorso offre richiami inerenti a circostanze autonome di natura formale - quale la pretesa carenza di legittimazione del pubblico ufficiale coinvolto rispetto al potere decisionale attinente alla delibera che si assume illecita - che non tengono in alcun conto nè della diretta partecipazione dell'interessato all'azione, che emerge dalle risultanze, nè del condizionamento reciproco sulla deliberazione degli atti, che ben può realizzarsi nello svolgimento concreto dell'azione amministrativa. Si vuole segnalare che, al di là del centro di imputazione formale dell'azione istruttoria e propositiva dell'atto, sulla base di specifiche competenze, accade nei fatti che possa essere suggerita al funzionario competente la soluzione da praticare, a cui suggello sopraggiunge un'attività deliberativa collegiale riconducibile anche al sindaco.


Ne consegue che, ritenuta dimostrata l'attività imputata a D.G. e C. dalle prove segnalate, si deve ritenere accertato anche il concorso di D., sulla base degli elementi che saranno espressi analizzando la sua posizione, che appare sufficiente richiamare per non appesantire l'esposizione.


Il dato evidenzia la sussistenza di un accordo concluso tra tutti i partecipi, che costituisce elemento condizionante la decisione dell'organo collegiale formalmente deliberante, e sostiene logicamente l'ipotesi di accusa, sulla base delle prove coerentemente valutate dai giudici di merito le cui determinazioni si sottraggono alle censure, di mero fatto, formulate.


3.6. Il capo 1).


3.6.1. In relazione ai fatti accaduti dinanzi al bar (OMISSIS), cui si collega la contestazione inerente alla diffamazione in danno dei componenti della famiglia L. - in particolare L.R. ed i figli Lo.An. e Lo.Pi. - cui è stato attribuito un intervento aggressivo non riscontrato nei fatti, deve rilevarsi che l'impugnazione, deducendo la mancata valutazione dei testi a difesa, cumulativamente indicati nel loro numero, non nella loro valenza dimostrativa, non si confronta con le argomentazioni spese in ordine alla pesante azione di inquinamento delle prove, illustrata nelle sentenze di merito rispetto ad alcune dichiarazioni testimoniali, il cui accertamento non viene contestato attraverso la confutazione degli elementi dimostrativi utilizzati dal giudicante, ad eccezione che per il teste di cui si contesta la qualità di disoccupato.


L'accusa rivolta a L.R. nelle dichiarazioni rilasciate da D.G. all'indomani degli accadimenti sull'intimidazione da questi realizzata nei confronti del figlio Pasquale, particolarmente odiosa in quanto formulata secondo la prospettazione dal responsabile della struttura educativa frequentata dal minore, e quindi correttamente ritenuta mirata a screditare l'immagine del candidato nell'immediatezza delle elezioni nella sua correttezza professionale, non risulta confermata dalla ricostruzione degli accadimenti acquisita dalle testimonianze, che hanno collocato la presenza nel minore distante dal luogo ove si svolse il battibecco, cosicchè il suo coinvolgimento risulta contrastante con il logico sviluppo dei fatti; nella pronuncia si dà conto che nel parallelo procedimento si accertò anche l'inattendibilità degli elementi di contorno forniti al riguardo dal D.G., che riferì di un timore del ragazzo nel recarsi a scuola nei giorni successivi, incompatibile con la sospensione dell'attività scolastica risalente a quattro giorni prima dell'evento denunciato (fg 21 della sentenza impugnata), richiamo che offre conferma l'inattendibilità degli elementi di contorno dell'evento descritto forniti dall'interessato, del tutto ignorati nel ricorso.


La pronuncia di primo grado ai ffgg.562 e segg. si dilunga inoltre nell'illustrare l'attività di inquinamento delle prove posta in essere dal D.G., sia la sera stessa dei fatti, nel corso della quale gli venne garantito l'accesso e la permanenza negli uffici dei CC intervenuti, sia quando provvide a sollecitare le richieste di chiarimenti in merito alle relazioni di servizio già formulate ai CC relazionanti, in vista del procedimento instaurato dinanzi al giudice di pace di Potenza, ed analizza tutte le incongruenze ed incompatibilità delle difformi versioni rese, dietro le quali si individua, per fermarsi ai casi più rilevanti, nelle deposizioni dei verbalizzanti e di tale s., un chiaro intervento di D.G., risultanze queste ultime di cui il ricorso non opera alcuna contestazione, deducendo al riguardo solo la mancata considerazione dei testi di segno opposto.


Allo stesso tempo nessun contrasto diretto risulta essersi verificato tra i figli di L. ed il M., al quale rivolse parole di rimprovero solo L.R., pertanto anche sotto questo profilo le false accuse che, per la verità, avrebbero dovuto più correttamente essere qualificate come calunnia, risultano funzionali all'offesa del loro onore, in vista della competizione elettorale in corso.


Nessuna incidenza sui fatti contestati nel capo in esame assume l'autonomo accertamento di responsabilità ai danni di L.R. da parte del giudice di pace di Potenza, e la parziale conferma sopraggiunta da parte del Tribunale di Potenza, non munita della forza di irrevocabilità, prodotta per estratto in allegato alla memoria depositata in questa sede, stante l'autonomia degli accertamenti di fatto e la mancata considerazione in ricorso della presenza di immotivate, opposte considerazioni sulle medesime risultanze probatorie oggetto delle censure; al contrario, come si è dato conto nella pronuncia di primo grado (fg 609), la difesa non ha chiesto nel presente procedimento l'escussione dei testi sentiti in quel giudizio, malgrado per alcuni le stesse modalità di assunzione nel corso delle indagini - acquisite dal mar. Le., risultato in collegamento con D.G., pochissimi giorni dopo i fatti, il 1/6, senza una delega di indagine avrebbe suggerito l'opportunità di un'assunzione diretta per la loro valutazione autonoma nel contraddittorio delle parti, in questo procedimento.


Ed ancora una volta, mentre nulla viene osservato al riguardo, si contesta la mancata acquisizione della prova offerta sulla smentita dello stato di disoccupazione di D'., che era tra i testi convocati dinanzi a Le., e risulta escusso ai sensi dell'art. 507 c.p.p. sulla cui rilevanza non possono che richiamarsi le osservazioni svolte sub 2.6.


In proposito si deve conclusivamente rilevare l'eccentricità delle osservazioni difensive rispetto agli elementi valutati rilevanti al fine di decidere, che rivendicano la presenza numerica dei molteplici testi a proprio favore, sorvolando su tutti gli elementi concreti, indicati nella doppia verifica di merito, in ordine alle pesanti ingerenze dirette esercitate da D.G. sin dalla redazione delle relazioni di servizio, oltre che con l'invio agli interessati di richieste di precisazioni e chiarimenti, sia da ultimo con l'esercizio di attività di pressione indiretta - come la richiesta di risarcimento sollecitata ai firmatari della dichiarazione di solidarietà in favore del L., ampiamente analizzata nella sentenza di primo grado - elementi tutti che danno conto della circostanza che la valutazione di alcune testimonianze ritenute credibili, rispetto ad altre non è avvenuta immotivatamente, ma sulla base di considerazioni logiche quanto alla loro coerenza interna, e soprattutto sulla base della valorizzazione dell'assenza di loro interessi territoriali - si veda in particolare il teste Fico, trasferito all'estero e risulta conseguentemente coerentemente motivata.


Rispetto a tali valutazioni, richiamate nella pronuncia di secondo grado, nessuna osservazione specifica è mossa, posto che le censure si rivolgono alla pretesa irrazionale asimmetria dell'analisi, smentita da quanto rilevato, e quindi ancora una volta involge censure in fatto.


3.6.2. Come dedotto nel corso del presente giudizio la difesa ha prodotto le certificazioni relative alla mancanza di iscrizioni a carico delle persone per le quali era stata trasmessa la notizia di reato inerente alla falsa testimonianza da parte del Tribunale.


La circostanza, contrariamente all'assunto difensivo, non priva di fondamento la decisione, che basata sulla verifica di inattendibilità delle dichiarazioni offerte.


Deve a questo proposito richiamarsi il principio di autonomia dell'accertamento accolto nel nostro ordinamento processuale a seguito della riforma, derivante dalla disposizione dell'art. 2 c.p.p. per escludere che tra situazione descritta possa sussistere l'incompatibilità logico giuridica, idonea a privare di sostegno la ricostruzione contenuta nella sentenza.


Il sistema indicato impone al giudice di pervenire ad una decisione con una valutazione autonoma e verificabile nella sua tenuta logica sulla base delle prove acquisite, rimettendo a diversa autorità l'approfondimento sulla configurabilità di una eventuale ipotesi di reato.


Si vuole segnalare quindi che nell'odierno sistema il giudice del procedimento nel quale sono state raccolte le prove ha ampia autonomia valutativa in merito al loro esito, che non viene posta in discussione neppure nell'ipotesi di verifica di insussistenza del reato di falsa testimonianza, ipotizzato in relazione a prove non ritenute affidabili.


Cosicchè la condizione descritta non risulta in alcun modo dimostrare l'insostenibilità logica della valutazione espressa sulle prove dai giudici di merito, unico ambito valutativo che potrebbe residuare in proposito, poichè non emerge neppure un'allegazione inerente alla perfetta sovrapponibilità delle emergenze acquisite al riguardo, e l'irragionevolezza di una opposta conclusione.


3.6.3. A diversa conclusione deve pervenirsi quanto alla fattispecie di cui al capo 2) per motivi di ordine sostanziale.


L'accusa rivolta al D.G. ed al M. riguarda l'intervenuta distribuzione di volantini che suggestivamente evocavano - sulla base di un'assonanza del marchio dell'azienda con il cognome dell'antagonista - la possibilità che il L. avesse eseguito un investimento in territorio estero, condizione di fatto che nulla rivela in merito all'illiceità dell'attività economica o del capitale investito o anche solo l'inopportunità di tale impresa e la sua ricaduta in punto di considerazione sociale; la ricostruzione, fondata sul testo letterale della comunicazione che si assume distribuita, presente in atti, ed evocata nelle pronunce di merito, non risulta espressiva di una lesione dell'onore della parte offesa, ma, al più, di un'insinuazione in grado di danneggiarlo in giornata di silenzio elettorale, che avrebbe potuto giustificare la contestazione del reato speciale dal D.P.R. 15 maggio 1960 n. 570, art. 86 in conseguenza dell'astratta suggestionabilità degli elettori.


A riprova della richiamata carenza dell'elemento costitutivo del reato vi è la considerazione svolta in sentenza sulla possibilità di deviazione di fondi pubblici al fine di eseguire gli investimenti richiamati, espressa ad integrazione di una analisi sull'illegittimità della condotta attribuita, non legittimata dalle acquisizioni. Invero, come accennato, i richiami testuali contenuti nel foglio distribuito, ai quali deve necessariamente limitarsi la valutazione, non contengono alcun riferimento al riguardo cosicchè la sua distribuzione non può connettersi ad una chiara finalità di offesa dell'onore.


Se, sulla base della costante giurisprudenza in argomento, deve convenirsi che integra la lesione della reputazione non solo l'attribuzione di un fatto illecito, perchè posto in essere contro il divieto imposto da norme giuridiche, assistite o meno da sanzione, ma anche la divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della "communis opinio". (Sez. 5, n. 40359 del 23/09/2008, P.C. in proc. Cibelli, Rv. 241739, nonchè, più recentemente Sez. 5, Sentenza n. 18982 del 31/01/2014,imp. Mauro e altro, Rv. 263167; Sez. 5, Sentenza n. 4672 del 24/11/2016, dep. 31/01/2017, imp. Fiaschetti e altro, Rv. 269269), non può che rilevarsi che le pronunce di merito non si sono fondate su elementi concreti nell'individuare quale violazione di natura etica possa rapportarsi alla presenza di un investimento all'estero, tanto che solo la pronuncia di secondo grado ha ritenuto di richiamare circostanze di fatto, ritenendole ipoteticamente rilevanti, di cui non vi è traccia nel testo oggetto della diffusione contestata.


Per l'effetto, in ragione di tali rilievi, non superati da opposte deduzioni contenute nella pronuncia impugnata, ritenuta la possibilità di applicare una formula di proscioglimento, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., deve disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente a tale capo, per insussistenza del fatto, con revoca delle statuizioni civili connesse a tale imputazione.


3.7. Alla luce delle considerazioni svolte, per effetto del disposto annullamento, la pena inflitta al D.G. deve essere rideterminata in anni otto di reclusione, escludendosi quella determinata in relazione al capo A), di cui è stata accertata la prescrizione.


4.La posizione di D..


4.1. Richiamate le considerazioni già svolte sub 3.4. in relazione agli elementi costituitivi del delitto di corruzione, ed alla dimostrazione della fondatezza dell'ipotesi di accusa, oltre che all'insussistenza della denunciata violazione del diritto di prova contraria, conseguente alla mancata acquisizione della memoria offerta di cui si è già detto sub 2.1.3, deve concludersi per il rigetto dell'impugnazione proposta nell'interesse di D. che, in relazione alle ulteriori censure, si sostanzia in deduzioni in fatto, estranee all'ambito di valutazione del giudizio di legittimità.


In particolare, del tutto irrilevante è la deduzione inerente alla pretesa violazione di legge conseguente alla mancata considerazione della natura consueta dell'immediata esecutorietà delle delibere di giunta, che escluderebbe l'illegittimità ritenuta rispetto alla decisione di riconoscimento in favore di m. del contributo confluito al C., posto che, come già evidenziato sub 3.5.2. nell'accertamento di secondo grado tale estremo di fatto non è stato in alcun modo considerato al fine della verifica di regolarità dell'atto, cosicchè l'eccezione risulta eccentrica, e per questo irrilevante, rispetto all'effettivo contenuto della pronuncia impugnata di cui nel ricorso si ignorano gli ulteriori accertamenti posti a sostegno della decisione. Il dato evidenzia inoltre la mancanza di pertinenza dei documenti, la cui produzione è stata offerta al fine di dimostrare l'assunto in fatto, allegati alla memoria difensiva che si basava esclusivamente sulla valorizzazione dei documenti prodotti, secondo quanto già illustrato sub 2.1.3.


Analogamente di mero fatto risultano i richiami all'estraneità alla sfera di competenza dell'interessato dei provvedimenti sospetti di parzialità, posto che questi non contrastano quanto ricavato nella sentenza, e segnatamente a fg 61, dalle intercettazioni, sulla stretta interconnessione dell'attività del sindaco rispetto all'azione dell'assessore competente, ce., circostanza che dimostra l'irrilevanza del dato formale delle materie attribuite, per portare alla luce la commistione di interessi rivelata dai collegamenti richiamati.


Inoltre, quel che più rileva ai fini della configurazione della fattispecie, il coinvolgimento nell'accordo concluso nell'interesse di D.G. è dimostrato dalla registrata presenza di D. al secondo incontro tra questi ed il C., secondo quanto riferito da quest'ultimo in una delle conversazioni captate di cui si contesta la genuinità, la cui attendibilità è invece specificamente confermata da quanto è risultato annotato dallo stesso D.G. negli appunti rinvenuti in suo possesso (fg 59 della pronuncia impugnata), incontro funzionale al componimento degli interessi nel senso poi successivamente sviluppato. Tale risultanza, tanto più significativa per la fonte di provenienza, non risulta giustificata in maniera alternativa dall'interessato, malgrado l'elevata considerazione attribuitagli nella pronuncia impugnata al fine di dimostrare della fondatezza dell'ipotesi di accusa, poichè appare del tutto ignorata nell'impugnazione.


4.2. La violazione di legge ed il vizio di motivazione denunciato con riferimento all'analisi dei presupposti di fatto della contestazione non si confrontano con il contenuto effettivo dell'accertamento che, contrariamente all'assunto espresso nell'impugnazione, non si basa, per la verifica dell'abusività dell'opera, solo sul contenuto dell'intercettazione, ma sulla già richiamata declaratoria di prescrizione del reato, oltre che sulle iniziative di controllo assunte a seguito dell'intervento degli inquirenti di Potenza; analogamente, come già chiarito, l'illegittimità del contributo ricevuto da C. e la sua attribuzione alla volontà del sindaco è stata tratta, oltre che dalla connessione temporale tra la deliberazione del contributo - del 30/10/2008- e la formazione della denuncia da parte di questi in danno di L. - databile al 28/09/2008 anche dall'atipicità del procedimento (istruito e deciso nelle ventiquattro ore successive alla presentazione della domanda), nonchè dal richiamato diretto coinvolgimento di D. nelle interlocuzioni con C., emergenze che vengono ignorate nel ricorso, che opera un richiamo a prospettazioni alternative, estranee all'ambito valutativo del presente giudizio.


4.3. Quanto alla contestazione in merito all'individuazione degli elementi costitutivi del reato non può che richiamarsi quanto già espresso sub 3.5.1., con particolare riferimento alla non essenzialità nell'individuazione di un interesse personale del pubblico funzionario corrotto, che ben può agire, per espressa previsione normativa, nell'interesse di un terzo. E nella specie, la stretta commistione di interesse emergente tra il ricorrente ed il D.G., unitamente al provato coinvolgimento del D. negli incontri con C., cui si è fatto richiamo, oltre al coinvolgimento diretto nella tenuta dei contatti C.- D.G. proprio di Pe., segretario del sindaco, forniscono ampia dimostrazione di tale commistione, che logicamente sostiene l'ipotesi di accusa, sulla quale si richiede una difforme valutazione di fatto, estranea all'ambito di cognizione del giudizio di legittimità.


4.4. Prive della necessaria specificità risultano le deduzioni inerenti al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Sul punto si denuncia il richiamo a clausole di stile da parte del giudicante, che ha fatto riferimento in punto di determinazione della pena al disvalore dei fatti, alla personalità degli autori, desunta dal modus operandi, ed alla mancanza di elementi processuali favorevolmente valorizzabili; il ricorrente, senza contrastare la sussistenza delle condizioni valutate al fine della decisione, nè segnalare indicatori opposti di segno positivo, portati alla conoscenza dell'a.g. ed ingiustificatamente pretermessi nella valutazione complessiva, esprime, anche sul punto, una censura tendente a sollecitare una non consentita valutazione del merito, in luogo che sulla coerenza valutativa, con deduzione estranea all'ambito del ricorso di legittimità.


5. Ricorso proposto nell'interesse di Pe.Ag..


5.1. Richiamato quanto già espresso sub 2.13. in merito alle censure in rito formulate, deve escludersi la fondatezza del ricorso anche nel merito poichè, a fronte di una rilevante attività di intercettazione che lo coinvolge quale tramite diretto ed evidente, per la conseguenzialità logico temporale delle comunicazioni, tra D.G. e C., questo risulta fondato su di una contestazione sganciata da tali profili, che si muove nel disegnare un ridimensionamento del ruolo rivestito, anche dal punto di vista quantitativo, e si scontra con quanto appena segnalato, desumibile nella sua conseguenzialità logica ricavabile dai ffgg 57 e segg della pronuncia.


Rispetto agli elementi di accusa così individuati manca qualsiasi valutazione specifica di segno opposto, mentre, a sostegno del vizio argomentativo sulla responsabilità si segnalano elementi di fatto - quali la natura non pubblica della sua funzione all'epoca dei fatti, e l'impossibilità di attribuirgli la qualifica di segretario - che potrebbero aver rilievo ove l'identificazione fosse avvenuta solo sulla base della qualifica, ricostruzione come si è accennato inesistente, mentre non risulta contestata l'attribuzione al Pe. delle conversazioni intercettate sulla base delle quali, in via esclusiva, si è pervenuti all'affermazione di responsabilità, rimaste indenni da qualsiasi censura, anche sugli aspetti interpretativi.


5.2. Anche l'ulteriore rilievo - che rivendica la qualificazione del fatto contestato come favoreggiamento in luogo che come corruzione - traccia una prospettazione autonoma dei fatti, riferendosi ad un intervenuto realizzato a fatti corruttivi già consumati, che in nulla si rapporta nè alla cronologia degli interventi realizzati, nè alla loro funzione, come ricostruiti nella pronuncia impugnata. Basterà richiamare al riguardo il determinante intervento di Pe. per la convocazione di C. al fine di proporre la denuncia in danno di L., adempimento slittato per l'imprevista irreperibilità di C., durata una settimana, e la frenetica attività realizzata in proposito dal ricorrente, incaricato di rintracciarlo, di cui egli forniva immediato conto al D.G., per escludere la correttezza della sollecitata riqualificazione, che ha quale presupposto l'esaurimento della condotta corruttiva, nella specie ancora in evidente corso di esecuzione, stante la perdurante aspettativa, da parte di C. degli atti amministrativi di sanatoria edilizia e riguardanti l'esercizio dell'attività pubblica illecita, costituente il corrispettivo dell'atto corruttivo convenuto, di cui vi è traccia nelle conversazioni intercettate.


6. Il ricorso proposto nell'interesse di P..


Come già anticipato coglie invece nel segno il ricorso proposto nell'interesse di P.. Richiamata la circostanza che a suo carico è stata elevata la contestazione di cui al capo G), in relazione alla quale si assume concretizzata la sua attività nell'intervento assicurato in favore di C., al fine di regolarizzare la situazione inerente alla gestione del chiosco di ristoro, si deve segnare che le pronunce di merito traggono elementi di conferma della sua partecipazione esclusivamente dal contenuto delle comunicazioni intercorse tra C. e sua figlia, nell'ambito delle quali il primo espone le sue aspettative, per come garantitegli dal "comandante", identificato nel P., con riferimento alla lentezza che sarebbe stata impressa alla notifica di un atto, poi non risultato di competenza dei VVUU di (OMISSIS), diretti dal ricorrente.


A fronte della genericità del riferimento tratto dal colloquio, che testualmente appare riferibile ad una funzione, ma che potrebbe anche riguardare un ruolo attivo, ancorchè privo di ufficialità, ed alle specifiche contestazioni sul punto, mosse in relazione alla competenza diretta e la possibilità di incidere sulla notifica di un atto non proveniente da quell'ufficio, la sentenza non individua quali concreti elementi di fatto sostengano l'identificazione nel P. della persona evocata, limitandosi i due provvedimenti di merito a richiamare una ricostruzione logica in termini di verosimiglianza che, oltre al generico dato testuale, è corroborata dalla considerazione della pluriennale amicizia ammessa dall'interessato con D.G., oltre che dalla compatibilità astratta delle funzioni rivestite con quanto si ritiene promesso, circostanza quest'ultima valutata senza contrastare le deduzioni difensive al riguardo; non sono state poste in rilievo inoltre la presenza di evidenze inerenti all'effettività delle comunicazioni di C. con P., idonee a dimostrarne l'univocità ricostruttiva.


Tale valutazione non risulta in alcun modo convalidata da ulteriori dati probatori che possano giustificare l'identificazione e risulta priva della necessaria verifica sulla connessione di quanto promesso, con la controprestazione richiesta da D.G., per consentire di connettere l'ipotetica attività contraria ai doveri di ufficio ascrittagli, all'accordo concluso da C. con questi, di cui l'atto contrario riferibile al P. deve necessariamente risultare una consapevole controprestazione, affinchè possa sostenersi la contestazione concorsuale.


In particolare, se tale dato è emerso, quanto al D., dalla sua partecipazione agli accordi intercorsi tra C. e D.G., in ragione dell'incontro realizzato tra i tre, un simile coinvolgimento non è stato valorizzato dal giudicante riguardo al P., malgrado l'essenzialità dell'accertamento ai fini della verifica dell'apporto concorsuale.


Nè a colmare tale lacuna argomentativa può supplire la valorizzazione della condotta successiva all'intervento dei CC di Potenza sulla struttura gestita da C., posto che si tratta di valutazione postuma, non idonea a sostenere un vuoto dimostrativo dell'azione preesistente.


La carenza argomentativa segnalata impone l'annullamento della sentenza impugnata sul punto, con rinvio alla Corte di appello di Salerno per nuovo giudizio inerente al capo della sentenza riguardante P..


7. Ricorso nell'interesse di M..


Come già anticipato sub 3.6.3., in via preliminare, anche rispetto all'analisi delle eccezioni di natura procedurale, deve prendersi atto che l'accusa formulata non è rapportabile allo schema tipico del reato, in quanto attribuire l'esecuzione di leciti investimenti all'estero non risulta attività idonea a minarne l'onorabilità della persona a cui queste insinuazioni si riferiscono, in mancanza di qualsivoglia riferimento alla natura illecita della fonte economica di approvvigionamento, o dell'oggetto economico dell'attività intrapresa, o all'illiceità del suo esercizio da parte della persona offesa, indicata quale investitore.


Il dato già illustrato, che risulta assorbente dei rilievi procedurali, impone l'annullamento senza rinvio della sentenza sul punto, comprensiva del capo civile, inerente alla condanna del M. al risarcimento in favore di L.R..


8. Ricorso nell'interesse di V..


8.1. Richiamate le osservazioni inerenti all'infondatezza delle censure processuali, sulla pretesa inutilizzabilità del materiale informatico posto a sostegno dell'ipotesi di accusa per mancanza degli originali ed incompletezza dell'analisi sulle controdeduzioni offerte sul punto dal consulente di parte, di cui si è già illustrata l'infondatezza, deve concludersi nel medesimo senso anche in relazione alle contestazioni riguardanti la mancata acquisizione del materiale istruttorio offerto in primo grado e non ammesso, ed a quello sopraggiunto, non acquisito in appello.


Quanto al primo profilo è necessario osservare che il giudice di primo grado risulta aver respinto, rispettivamente con le ordinanze del 17/03 e 03/04/2014 le acquisizioni documentali, fornendo sulla sua decisione una chiara giustificazione sia in merito all'irrilevanza dei dati offerti, che alla loro intempestività, alla non affidabilità per mancanza del crisma di autenticità, oltre che per la mancanza della caratteristica di assoluta necessità, essenziale in ragione della fase processuale nella quale furono offerti.


Riguardo all'offerta di dati nuovi in fase di appello non può che richiamarsi quanto espresso sub 2.4. riguardo alla mancata individuazione della sopravvenienza delle risultanze, nei termini della loro impossibilità di acquisizione precedente, che non è dato desumere neppure dalla natura stessa dei fatti posti a fondamento dell'istanza, costituita da deposizioni e registrazioni acquisite in circostanze non chiarite neppure nell'odierno ricorso, al fine di sostenere la necessità di acquisizione ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 2.


8.2. Le ulteriori censure che contestano la sussistenza di elementi comprovanti la responsabilità di V. per il delitto contestato prescindono dall'esposizione degli elementi di conferma dell'accusa emergente dalla pronuncia oggetto di impugnazione.


Seppure deve darsi conto che entrambe le sentenze di merito operano al riguardo amplissimi richiami ad elementi di contestualizzazione della vicenda, per certi versi ridondanti rispetto al nucleo centrale dell'accusa, deve rilevarsi che l'elemento fondamentale, sulla base del capo di imputazione, è costituito dall'accertamento della circostanza che V. si è incontrato con D.F. per convincerlo a non assumere atteggiamenti di sfavore nei confronti di D.G. nel procedimento a suo carico, dimostrata dalla reperita registrazione e dal suo contenuto, oltre che dalla perfetta coincidenza di quanto risulta essere stato esercitato da V. in situazioni analoghe.


Preliminarmente nessuna contraddizione emerge dal richiamo, contenuto nella premessa della sentenza di primo grado a fg 9 e seg. in ordine alla mancata dimostrazione di un favoritismo di D.G. nei confronti di V., posto che l'inciso "non sono emerse le ragioni per le quali D.G. ritenne di dover riservare al V., per due volte un trattamento di favore", contrariamente a quanto ritenuto nel ricorso, non esclude la presenza di tali trattamenti, del resto illustrati nel prosieguo, ma dà conto solo della mancata individuazione di una giustificazione alternativa, di natura tecnica, circostanza che esclude in radice la possibilità di individuare un vizio strutturale nella motivazione.


Rispetto al richiamato nucleo costitutivo dell'accusa le osservazioni della difesa, che segnalano un vizio di motivazione non colgono nel segno; in particolare, nessuna affermazione contenuta in sentenza legittima la deduzione che dall'avvenuta consegna del CD al D.G. si tragga la prova del favoreggiamento; come già rilevato il capo di accusa individua la condotta nella presenza del colloquio, di cui la registrazione costituisce solo la dimostrazione.


Risulta meramente allegato dalla difesa che alla registrazione possa aver provveduto il terzo, il difensore di D.F., posto che dall'esame delle sue risultanze, secondo quanto riportato in atti, emerge che questi intervenne solo nel corso del colloquio (vedi fg 385 della sentenza di primo grado ove V. dice "mo che viene Pi." (avv. Pu.Pi. ndr), cosicchè il suo sopraggiungere non sostiene tecnicamente la possibilità di captazione della prima parte della conversazione a sua cura; peraltro, anche tale profilo non appare rilevante, posto che l'essenza del favoreggiamento è nel contenuto della conversazione, oltre che nella rilevazione di altri interventi della medesima natura in circostanze analoghe, condizione che logicamente esclude un'iniziativa autonoma, inconsapevolmente ed indirettamente utile per D.G., secondo quanto logicamente valutato dai giudici di merito.


Peraltro, conferma dell'intervento di V. nella formazione della registrazione si trae, oltre che dalla deduzione logica richiamata, dalle dichiarazioni rese dallo stesso D.G., nella seconda ricostruzione resa in argomento, ove individua nel V. colui il quale manifestò a Pe. la presenza della captazione, consentendogli di provvedere alla duplicazione che poi venne trovata il suo possesso.


La conferma dell'ipotesi di accusa - essersi V. speso nell'interesse di D.G.- viene tratta nella sentenza logicamente non solo dall'analisi del suo contenuto, ma anche dall'intenzione resa nota all'interlocutore di investimenti comuni, ipotesi praticabile previa disponibilità del D.F. a seguire i consigli impartiti; tale intenzionalità favoreggiatrice è inoltre rafforzata dalla presenza di altre due occasioni - la conversazione con I. e quella con C. - contenente le medesime sollecitazioni, tendenti a salvaguardare la posizione processuale del D.G. - condotte che, sia pure poste chiaramente in luce nella sentenza impugnata, risultano ignorate nell'impugnazione.


Tali richiami rafforzano in chiave logica quanto acquisito nella situazione richiamata, ed anche in questo caso, non vengono contrastati nel ricorso, con riguardo al loro contenuto.


Le contestazioni non si confrontano con gli specifici elementi desumibili dalla conversazione che, pur tra ulteriori divagazioni inerenti all'inquadramento del contesto, hanno costituito il fondamento delle deduzioni dei giudici di merito, e si risolvono pertanto in un'inammissibile sollecitazione ad una autonoma valutazione di merito.


8.3. Inammissibili in quanto generiche risultano le censure in punto pena, posto che la determinazione della sanzione in misura mediana rispetto alla sanzione edittale è sostenuta logicamente con il richiamo alla natura della violazione, che sulla base della contestazione e degli accertamenti svolti, richiamati in sentenza, è stata valutata ricorrente nella condotta del V., oltre che con il riferimento alla valenza dimostrativa della pericolosità desumibile dai suoi precedenti penali, condizioni che correttamente legittimano la quantificazione personalizzata della sanzione, ai sensi dell'art. 133 c.p., in relazione alla quale si segnala esclusivamente la pretesa di una diversa determinazione in fatto.


9. D.I., Pe.Ag. e V.A., i cui ricorsi sono stati integralmente rigettati, devono essere condannati al pagamento delle spese processuali del grado.


Il solo D.G. è tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza delle parti civili in questo grado, liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri fissati per i compensi professionali, e considerata l'identità della posizione delle parti civili Lo.Pi. e Lo.An..


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al capo A) ascritto a D.G.M.P., perchè estinto per prescrizione nonchè al capo 2), ascritto al medesimo, ed a M.A., perchè il fatto non sussiste; revoca le statuizioni civili relative a tale ultimo capo.


Annulla la sentenza impugnata da P.F. in relazione al capo G) e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Salerno.


Rigetta nel resto il ricorso di D.G.M.P. e ridetermina la pena in anni otto di reclusione.


Rigetta il ricorso di D.I., Pe.Ag. e V.A., che condanna al pagamento delle spese processuali.


Condanna inoltre D.G.M.P. alla refusione delle spese di rappresentanza in questo grado delle parti civili L.R., che liquida in Euro 3.500,00; Lo.An. e Lo. Pierfrancesco, che liquida in Euro 4.300,00, comprese l'aumento del 20%; P.V.F., che liquida in Euro 4.000,00; somme maggiorate tutte delle spese generali, nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.


Così deciso in Roma, il 8 agosto 2017.


Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017



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