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Concussione: le differenze con l'induzione indebita secondo le Sezioni Unite Maldera

Indice:


1. Introduzione

Le Sezioni Unite della Cassazione, nel delineare la differenza tra i reati di concussione per costrizione, di cui all'art. 317 c.p., e di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all'art. 319-quater c.p., hanno fissato un criterio generale molto netto: chiarendo che il delitto di concussione è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius" da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita; e che si distingue dal delitto di induzione indebita, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, Rv. 258470; in senso conforme, in seguito, tra le molte, Sez. 6, n. 9429 del 02/03/2016, Gaeta, Rv. 267277; Sez. 6, n. 32594 del 14/05/2015, Nigro, Rv. 264424; Sez. 6, n. 47014 del 15/07/2014, Virgadamo, Rv. 261008).

Tuttavia, in tale sentenza le Sezioni Unite hanno pure puntualizzato che la circostanza che il privato, destinatario della pretesa di una prestazione non dovuta, sia stato anche animato dal desiderio di perseguire un indebito vantaggio, non comporta sempre, in maniera "automatica", la configurabilità del delitto di cui all'art. 319-quater c.p..

E ciò perché, si è evidenziato, la realtà può proporre casi nelle quali l'applicazione di quel criterio generale necessita di un adeguamento, situazioni, per così dire "grigie" o "intermedie", nelle quali la differenziazione tra la minaccia di un danno antigiuridico e la prospettazione di un vantaggio indebito non è netta, potendo tali fattori coesistere.

La differenza tra i reati di concussione per costrizione, di cui all'art. 317 c.p., e di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all'art. 319-quater c.p., Casi, ad esempio, di minaccia-offerta, in cui "il pubblico agente non si sia limitato a minacciare un danno ingiusto, ma abbia allettato contestualmente il suo interlocutore con la promessa di un vantaggio indebito"; oppure casi di esercizio di un potere discrezionale "in forma pretestuosa", con uno "sviamento dell'attività amministrativa dalla causa tipica", nei quali occorre, si legge in quella sentenza, "un'approfondita ed equilibrata valutazione del fatto, cogliendo di quest'ultimo i dati più qualificanti idonei a contraddistinguere la vicenda concreta", per comprendere se "il vantaggio indebito annunciato abbia prevalso sull'aspetto intimidatorio, sino al punto da vanificarne l'efficacia".

Seguendo tale traccia, si è condivisibilmente specificato che integra il delitto di concussione, di cui all'art. 317 c.p., la condotta del dipendente dell'Agenzia delle entrate che, nella sua qualità di pubblico ufficiale, nel corso di una verifica fiscale, prima della contestazione di specifiche violazioni, richieda al soggetto sottoposto al controllo il pagamento di ingenti somme al fine di evitare prospettate severe sanzioni pecuniarie, quando la somma richiesta sia del tutto sproporzionata rispetto all'eventuale sanzione irrogabile (in questo senso Sez. 2, n. 37922 del 26/11/2020, Lunadei, Rv. 280468; v. anche Sez. 6, n. 30436 del 14/12/2017, dep. 2018, Lunadei, non mass.).

Alla luce di tali considerazioni va, dunque, ribadito il principio di diritto - di cui nel caso di specie è stata fatta applicazione dai giudici di merito - secondo il quale, qualora rispetto al vantaggio prospettato, quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell'utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell'azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio conseguito o conseguibile risulta integralmente assorbito dalla netta preponderanza del male ingiusto (Sez. 6, Sentenza n. 8963 del 12/02/2015, Maiorana, Rv. 262503)

Fonte: Cassazione penale , sez. VI , 28/09/2021 , n. 38863

Concussione per costrizione e induzione i indebita: le differenze secondo le Sezioni Unite Maldera.

2. Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite

La questione di diritto per la quale i ricorsi sono stati rimessi alle Sezioni Unite era la seguente: "quale sia, a seguito della L. 6 novembre 2012, n. 190, la linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione (prevista dal novellato art. 317 c.p.) e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità (prevista dall'art. 319 quater c.p., di nuova introduzione) soprattutto riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quella di induzione e alle connesse problematiche di successione di leggi penali nel tempo".


3. Il primo orientamento della giurisprudenza

Un primo indirizzo interpretativo, nell'affrontare la questione, dopo avere rilevato che i due delitti previsti dalle nuove norme citate sono l'effetto di una mera operazione di "sdoppiamento" dell'unica figura di concussione disciplinata dal previgente art. 317 c.p., senza l'integrazione di ulteriori elementi descrittivi, recupera gli approdi cui era pervenuta la pregressa giurisprudenza di legittimità, nel distinguere le "vecchie" ipotesi di concussione per costrizione o per induzione, ritenendoli ancora validi per individuare la linea di confine che separa le attuali ipotesi di concussione e di induzione indebita: la costrizione è ravvisabile nel comportamento del pubblico ufficiale che, ricorrendo a modalità di pressione molto intense e perentorie, ingenera nel privato una situazione di metus, derivante dall'abuso della qualità o della pubblica funzione, sì da limitare gravemente la libera determinazione del soggetto, ponendolo in una situazione di minorata difesa rispetto alla richiesta, esplicita o larvata, di denaro o di altra utilità; l'induzione, elemento oggettivo della nuova fattispecie di cui all'art. 319 quater c.p., si manifesta in un contegno del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, attraverso forme più blande di persuasione, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini il soggetto privato, consapevole dell'indebita pretesa e non indotto in errore dal pubblico agente, a dare o promettere a lui o a terzi denaro o altra utilità.

In sostanza, secondo tale orientamento esegetico, ciò che continua a distinguere la condotta induttiva da quella costrittiva è l'intensità della pressione prevaricatrice, non disgiunta dai conseguenti effetti che spiega sulla psiche del destinatario.

Nella prima, tale pressione si concretizza in una più tenue attività di suggestione, di persuasione o di pressione morale, che non condiziona gravemente la libertà di determinazione dell'indotto, il quale conserva - ed è per tale ragione punibile - un ampio margine di libertà di non accedere alla richiesta indebita proveniente dal pubblico agente; mentre, nella seconda, l'attività di pressione viene posta in essere con modalità più marcatamente intimidatorie, tali da provocare uno stato di soggezione in cui la libertà di autodeterminazione del concusso, pur non del tutto eliminata, finisce per essere notevolmente compressa, sì da rendere il destinatario dell'indebita pretesa "vittima" e, in quanto tale, non punibile.

In questa prospettiva, sia la condotta costrittiva che quella induttiva cagionano un danno al destinatario e nessun rilievo ha la circostanza che il pregiudizio negativo prospettato sia o meno conforme all'ordinamento giuridico.

Questa conclusione è ritenuta in linea con la voluntas legis, desumibile dalla utilizzazione, nelle due nuove e autonome disposizioni incriminatrici, delle identiche parole presenti nella fattispecie originaria, il che non consente di attribuire ad esse un diverso significato giuridico, dovendosi escludere che il legislatore possa avere trascurato il diritto vivente formatosi nella vigenza della fattispecie unitaria. In assenza, nelle nuove norme, di una espressa previsione circa il diverso significato da attribuire ai termini "costrizione" e "induzione", non è consentito all'interprete discostarsi dagli approdi ermeneutici maturati al riguardo. La punizione dell'indotto, prevista dall'art. 319 quater c.p., non legittima l'abbandono della pregressa impostazione, proprio perchè trova la sua ragion d'essere nel carattere più blando della pressione su di lui esercitata dall'agente pubblico, il che gli consente di resistere e, se non lo fa, è giusto che venga punito, anche se in modo più lieve rispetto all'induttore (Sez. 6, n. 28431 del 12/06/2013, Cappello, Rv. 255614; Sez. 6, n. 28412 dell'08/03/2013, Nogherotto, Rv. 255607; Sez. 6, n. 11942 del 25/02/2013, Oliverio, Rv. 254444; Sez. 6, n. 12373 dell'11/02/2013, Mariotti, non massimata; Sez. 6, n. 12388 dell'11/02/2013, Sarno, Rv.254441; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla, Rv. 255366; Sez. 6, n. 18968 dell'11/01/2013, Bellini, Rv. 255072; Sez. 6, n. 17285 dell'11/01/2013, Vaccaro, Rv. 254621; Sez. 6, n. 16154 dell'11/01/2013, Pierri, Rv. 254539; Sez. 6, n. 3093 del 18/12/2012, dep. 21/01/2013, Aurati, Rv. 253947; Sez. 6, n. 8695 del 04/12/2012, dep. 21/02/2013, Nardi, Rv. 254114).


4. Il secondo orientamento della giurisprudenza

Altra opzione ermeneutica, dando atto della difficoltà di individuare un preciso significato della parola "induzione", sottolinea che, sotto il profilo linguistico, mentre il verbo "costringere" è descrittivo di un'azione e del suo effetto, la voce verbale "indurre" connota soltanto l'effetto e non anche la maniera, che può essere la più varia, attraverso la quale questo effetto viene raggiunto. Evidenzia poi, sotto il profilo sistematico, che il termine induzione è presente in diverse fattispecie delittuose previste dal codice penale proprio per indicare il solo risultato dell'azione, che si concretizza attraverso le più diverse modalità, alternative e a volte incompatibili tra loro, quali la violenza, la minaccia, l'offerta o la promessa di una qualche utilità (art. 377 bis c.p.) ovvero la propaganda (art. 507 c.p.) o l'inganno (art. 558 c.p.). Aggiunge che la distinzione tra la disposizione dell'attuale art. 317 c.p., e quella del nuovo art. 319 quater c.p., è data dall'uso del termine "costringe" nella prima e del termine "induce" nella seconda: tali termini, già impiegati nel previgente art. 317 c.p., non erano stati oggetto di una approfondita riflessione circa il loro significato, data la loro equipollenza ai fini del trattamento della condotta di concussione, tanto che si ricorreva spesso, nell'articolazione dei capi d'imputazione, alla formula "costringeva o comunque induceva"; oggi la scissione delle due ipotesi criminose e il loro diverso trattamento, con particolare riferimento alla punibilità dell'indotto, impongono di superare l'evasivo criterio di verifica "soggettivizzante" del diverso grado di pressione morale e di ricercare un elemento oggettivo che sia in grado di offrire ai due concetti un tasso di maggiore determinatezza.

Sulla base di tale ricostruzione esegetica, si precisa testualmente che "compie il reato di cui all'art. 317 c.p., chi costringe e cioè chi, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, prospetta un danno ingiusto per ricevere indebitamente la consegna o la promessa di denaro o di altra utilità. Di converso,... compie il reato di cui all'art. 319 quater c.p., chi per ricevere indebitamente le stesse cose prospetta una qualsiasi conseguenza dannosa che non sia contraria alla legge. Nella prima ipotesi il pubblico ufficiale prospetta che egli, violando la legge, recherà un detrimento, nella seconda che questo detrimento deriva o è consentito dall'applicazione della legge". Nell'un caso, la costrizione consegue alla minaccia, intesa, secondo il linguaggio tecnico-giuridico (art. 612 c.p.), come prospettazione di un male ingiusto; nell'altro, non può parlarsi tecnicamente di minaccia, perchè il danno non è iniuria datum, manca quindi la costrizione, anche se il risultato viene comunque raggiunto, in quanto il soggetto privato è indotto alla promessa o alla consegna dell'indebito.

Tale interpretazione sarebbe legittimata inoltre da "un razionale assetto dei valori in gioco che non può essere trascurato": è ragionevole, infatti, la più severa punizione di chi prospetta un danno ingiusto rispetto a colui che prospetta un pregiudizio conseguente all'applicazione della legge; e, in questa ultima evenienza, è ragionevole la punizione anche del soggetto privato che, aderendo alla pretesa dell'indebito avanzata dal pubblico agente, persegue un proprio interesse ed orienta il suo agire nell'ottica del tornaconto personale, ponendo così in essere una condotta rimproverabile.

Conclusivamente, la linea di discrimine tra le due ipotesi delittuose risiederebbe nell'oggetto della prospettazione: danno ingiusto e cantra ius nella concussione; danno legittimo e secundum ius nella fattispecie dell'art. 319 quater c.p. (Sez. 6, n. 29338 del 23/05/2013, Pisano, Rv. 255616; Sez. 6, n. 26285 del 27/03/2013, A.r.p.a., Rv. 255371; Sez. 6, n. 16566 del 26/02/2013, Caboni, Rv.254624; Sez. 6, n. 13047 del 25/02/2013, Piccino Rv. 254466; Sez. 6, n. 17943 del 15/02/2013, Sammatrice, Rv. 254730; Sez. 6, n. 17593 del 14/01/2013, Marino, Rv. 254622; Sez. 6, n. 7495 del 03/12/2012, dep. 15/02/2013, Gori, Rv. 254021; Sez. 6, n. 3251 del 03/12/2012, dep. 22/01/2013, Roscia, Rv. 253938).


5. Il terzo orientamento della giurisprudenza

Un terzo orientamento giurisprudenziale, pur condividendo in premessa il primo indirizzo interpretativo, riconosce - nella consapevolezza della varietà delle dinamiche criminologiche - che non sempre è agevole differenziare nettamente la costrizione dall'induzione sulla base della maggiore o minore pressione psicologica esercitata dal pubblico agente e del grado di condizionamento dell'interlocutore, in quanto vi sono situazioni al limite (c.d. "zona grigia") nelle quali "non è chiaro nè è facilmente definibile se la pretesa del pubblico agente, proprio perchè proposta in maniera larvata o subdolamente allusiva, ovvero in forma implicita o indiretta, abbia ridotto fino quasi ad annullarla o abbia solo attenuato la libertà di autodeterminazione del privato".

S'impone quindi, secondo tale orientamento per così dire "intermedio" - che finisce col recepire anche il punto più qualificante del secondo indirizzo ermeneutico - la necessità di fare leva su un ulteriore elemento, che, con effetto integrativo, sia in grado di delineare una più netta linea di demarcazione tra i concetti di costrizione e di induzione. Tale indice integrativo va colto nel tipo di vantaggio che il destinatario della pretesa indebita consegue nell'aderire alla stessa.

Costui è certamente persona offesa di una concussione per costrizione se il pubblico ufficiale, pur non ricorrendo a forme eclatanti di minaccia diretta, lo abbia posto di fronte all'alternativa "secca" di condividere la richiesta indebita oppure di subire un pregiudizio oggettivamente ingiusto; non gli è lasciato, in concreto, alcun margine apprezzabile di scelta, è solo vittima del reato perchè, senza essere motivato da un interesse al conseguimento di un qualche vantaggio, si determina alla promessa o alla dazione esclusivamente per scongiurare il pregiudizio minacciato (certat de damno vitando).

Al contrario, il privato è coautore del reato ed è punibile nel caso in cui conserva un margine apprezzabile di autodeterminazione sia perchè la pressione del pubblico agente è più blanda, sia perchè ha interesse a soddisfare la pretesa del pubblico funzionario per ottenere un indebito beneficio, che finisce per orientare la sua decisione (certat de lucro captando).

In sostanza, il criterio discretivo tra la fattispecie di concussione e quella di induzione indebita è da individuare nel diverso effetto che la pressione del soggetto pubblico spiega sul soggetto privato, con la precisazione che, per le situazioni dubbie, deve farsi leva, in funzione complementare, anche sul criterio del vantaggio indebito perseguito dal secondo (Sez. 6, n. 20428 dell'08/05/2013, Milanesi, Rv. 255076; Sez. 3, n. 26616 dell'08/05/2013, M., Rv. 255620; Sez. 6, n. 21975 del 05/04/2013, Viscanti, Rv. 255325; Sez. 6, n. 11944 del 25/02/2013, De Gregorio, Rv. 254446; Sez. 6, n. 11794 dell'11/02/2013, Melfi, Rv. 254440).


6. I principi di diritto enunciati dalla Corte

La Corte, dopo una complessa ed articolata disamina, ha enunciato e seguenti principi di diritto:


- "il reato di cui all'art. 317 c.p., come novellato dalla L. n. 190 del 2012, è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o - più di frequente - mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sè, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il mah prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito";


- "il reato di cui all'art. 319 quater c.p., introdotto dalla L. n. 190 del 2012, è designato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno (purchè quest'ultimo non si risolva in induzione in errore sulla doverosità della dazione), di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perchè motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione";


- "nei casi c.d. ambigui, quelli cioè che possono collocarsi al confine tra la concussione e l'induzione indebita (la c.d. zona grigia dell'abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato, della minaccia-offerta, dell'esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale), i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro operatività dinamica all'interno della vicenda concreta, individuando, all'esito di una approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti";


- "v'è continuità normativa, quanto al pubblico ufficiale, tra la previgente concussione per costrizione e il novellato art. 317 c.p., la cui formulazione è del tutto sovrapponibile, sotto il profilo strutturale, alla prima, con l'effetto che, in relazione ai fatti pregressi, va applicato il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dalla vecchia norma";


- "l'abuso costrittivo dell'incaricato di pubblico servizio, illecito attualmente estraneo allo statuto dei reati contro pubblica amministrazione, è in continuità normativa, sotto il profilo strutturale, con altre fattispecie incriminatrici di diritto comune, quali, a seconda dei casi concreti, l'estorsione, la violenza privata, la violenza sessuale (artt. 629, 610 e 609 bis, con l'aggravante di cui all'art. 61 c.p., comma 1, n. 9);


- "sussiste continuità normativa, quanto alla posizione del pubblico agente, tra la concussione per induzione di cui al previgente art. 317 c.p., e il nuovo reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319 quater c.p., considerato che la pur prevista punibilità, in quest'ultimo, del soggetto indotto non ha mutato la struttura dell'abuso induttivo, ferma restando, per i fatti pregressi, l'applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio di cui alla nuova norma";


- "il reato di concussione e quello di induzione indebita si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l'extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l'accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l'incontro assolutamente libero e consapevole delle volontà delle parti";


- "Il tentativo di induzione indebita, in particolare, si differenzia dall'istigazione alla corruzione attiva di cui all'art. 322 c.p., commi 3 e 4, perchè, mentre quest'ultima fattispecie s'inserisce sempre nell'ottica di instaurare un rapporto paritetico tra i soggetti coinvolti, diretto al mercimonio dei pubblici poteri, la prima presuppone che il funzionario pubblico, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, ponga potenzialmente il suo interlocutore in uno stato di soggezione, avanzando una richiesta perentoria, ripetuta, più insistente e con più elevato grado di pressione psicologica rispetto alla mera sollecitazione, che si concretizza nella proposta di un semplice scambio di favori".


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Sentenza Maldera
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