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Diffamazione: giornalista non punibile se la notizia è mutuata dal provvedimento giudiziario


Corte di Cassazione

La massima

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria è configurabile, qualora la notizia sia mutuata da un provvedimento giudiziario, quando l'attribuzione del fatto illecito ad un soggetto sia rispondente a quella presente negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione, sia sotto il profilo dell'astratta qualificazione che della sua concreta gravità, con la conseguenza che essa non è invocabile se il cronista attribuisca ad un soggetto un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello per cui si indaga, idoneo a cagionare una lesione della reputazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non scriminata l'attribuzione ad un soggetto di una condotta di bancarotta fraudolenta nell'ambito di un'indagine relativa ad un fallimento del valore di circa 100 milioni di euro, a fronte di un'imputazione di ricettazione prefallimentare di beni del valore di 900 mila euro - Cassazione penale sez. V - 29/01/2020, n. 13782)


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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 03/12/2018 la Corte di Appello di L'Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Pescara, che aveva condannato G.K. e B.S. per i reati, rispettivamente, di diffamazione a mezzo stampa di cui all'art. 595 c.p., comma 3, e di omesso controllo, ha assolto gli imputati perchè il fatto non costituisce reato.


La contestazione riguardava l'articolo, redatto dalla giornalista G.K., pubblicato il (OMISSIS) sul quotidiano "(OMISSIS)", avente ad oggetto il procedimento per il c.d. crack del gruppo A., nel quale si esponeva che il K., genero di A., in quanto marito di una delle due figlie, fosse coinvolto, quale consigliere di amministrazione della (OMISSIS) s.r.l. (holding del gruppo A.), nei reati di bancarotta fraudolenta, anzichè nel reato di ricettazione prefallimentare di cui alla L. Fall., art. 232.


La Corte territoriale ha ritenuto che l'errore contenuto nell'articolo costituisse una marginale inesattezza, in quanto il K. era stato effettivamente imputato nel processo concernente il fallimento della (OMISSIS), sia pure per l'ipotesi di ricettazione fallimentare, pur sempre annoverabile tra i reati fallimentari, e senza che si fosse determinata una diversa o maggiore lesione della reputazione.


2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte civile K.A.G., Avv. Roberta Contini, deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.


2.1. Violazione di legge in relazione all'esclusione della diffamazione: premette che l'occhiello dell'articolo aveva ad oggetto la "(OMISSIS)", il titolo "(OMISSIS)", ed il sommario "(OMISSIS)", mentre nel testo veniva indicato anche il farmacista K., marito di A.F., quale persona accusata di bancarotta fraudolenta, e che l'udienza preliminare per il crack di oltre 100 milioni si sarebbe celebrata il 20 agosto.


Sostiene il ricorrente di non essere mai stato imputato per bancarotta fraudolenta nel procedimento relativo alla (OMISSIS), che ha riguardato unicamente A.M.V., la moglie S.A.M. e la figlia C., non anche F. (moglie dell'odierno ricorrente), ma soltanto per il reato di cui alla L. Fall., art. 232, in qualità di amministratore della (OMISSIS) s.r.l., ed in relazione alla ricettazione di circa 900 mila Euro; la (OMISSIS) non ha mai fatto parte della (OMISSIS), ed il fatto contestato - la ricezione di somme di denaro per un importo di 622 mila Euro - è diverso dalla bancarotta fraudolenta per un importo notevolmente superiore, di circa 100 milioni di Euro.


L'articolo giornalistico non menziona neppure la AGK, addebitando fatti riferibili ad altro processo penale, sicchè non si tratterebbe di una marginale inesattezza, ma dell'attribuzione di un fatto diverso e ben determinato: il K. non ha mai fatto parte del C.d.a. della (OMISSIS), nè ha mai ricoperto cariche nelle varie società della holding, nè è mai stato imputato di bancarotta fraudolenta; l'articolo giornalistico ha invece ingenerato l'erroneo convincimento nei lettori che la maggior parte delle somme descritte fosse stata distolta dalle società fallite proprio dal K., che le avrebbe ricevute dall' A. in quanto genero subentrante nella gestione delle aziende del gruppo; al contrario, il K. non è mai subentrato nella gestione, nè ha ricevuto le quote.


Tanto premesso, sostiene che per riconoscere l'esercizio del diritto di cronaca la notizia divulgata debba essere vera, e, quando mutuata da un provvedimento giudiziario, debba essere fedele al contenuto del provvedimento; nel caso in esame, al contrario, la notizia pubblicata è diversa, attribuendo una condotta sostanzialmente diversa da quella contestata negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione. Mancherebbe anche l'attualità della notizia, in quanto l'udienza preliminare si sarebbe celebrata oltre cinque mesi dopo (20.9.2012).


2.2. Vizio di motivazione per travisamento, essendosi trattato non già di una marginale inesattezza, ma dell'attribuzione di fatti diversi; del resto, il K. non era stato rinviato a giudizio, essendo il decreto di rinvio a giudizio del 30.10.2012, ma era stato solo fissata l'udienza preliminare.


Il reato di bancarotta fraudolenta e quello di ricettazione fallimentare differiscono non solo per il trattamento sanzionatorio, ma anche per la diversa carica lesiva della reputazione, legata all'attribuzione di un fatto diverso.


3. Con memoria pervenuta il 27.11.2019 il difensore degli imputati ha chiesto il rigetto del ricorso


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.


2. La sentenza impugnata, riformando la decisione di condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto che l'errore contenuto nell'articolo giornalistico costituisse una marginale inesattezza, in quanto il K. era stato effettivamente imputato nel processo concernente il fallimento della (OMISSIS), sia pure per l'ipotesi di ricettazione fallimentare, pur sempre annoverabile tra i reati fallimentari, e senza che si fosse determinata una diversa o maggiore lesione della reputazione.


3. Al riguardo, giova preliminarmente richiamare gli approdi della giurisprudenza di questa Corte in tema di esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, quale scriminante del reato di diffamazione.


E', infatti, consolidato il principio secondo cui, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale (Sez. 5, n. 41099 del 20/07/2016, Carrassi, Rv. 268149); ai fini dell'operatività dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, non determinano il superamento della verità del fatto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale (Sez. 5, n. 28258 del 08/04/2009, Frignani, Rv. 244200, che, in applicazione di questo principio, ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto integrata l'esimente di cui all'art. 51 c.p., nei confronti del giornalista e direttore di un giornale per la pubblicazione di un articolo concernente l'applicazione della custodia cautelare nei confronti di un chirurgo per il reato di cessione di stupefacenti, nel quale gli si attribuiva la paternità di un conversazione, non presente nel testo dell'ordinanza cautelare, del seguente tenore: "sbrigati, mi serve quella cortesia, non ho più tempo, devo operare" considerato che l'ordinanza cautelare descriveva detto medico come assiduo assuntore di sostanze stupefacenti, facendo, inoltre, espresso riferimento ad operazioni chirurgiche effettuate sotto l'effetto dell'eroina e che, pertanto, la notizia era vera e di sicura rilevanza pubblica mentre le espressioni attribuite al medico non erano idonee a stravolgerla, trattandosi di mere inesattezze e, pertanto, di coloritura del nucleo essenziale di notizia relativa a fatto grave e allarmante); in tema di diffamazione a mezzo stampa, per l'operatività della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., è necessario che la verità oggettiva dei fatti, intesa come rigorosa corrispondenza alla realtà, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l'essenza e la sostanza dell'intero contenuto informativo della notizia riportata; i dati superflui, insignificanti ovvero irrilevanti, ancorchè imprecisi, in quanto non decisivi nè determinanti, cioè capaci da soli di immutare, alterare, modificare la verità oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell'esercizio del diritto di informazione ed escludere l'operatività della causa di giustificazione (Sez. 5, n. 37463 del 21/09/2005, Amici, Rv. 232324, che non ha ritenuto idonea ad escludere l'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, a fronte della notizia vera dell'arresto di un soggetto per plurimi episodi di concussione, l'addizione di notizie imprecise sul numero delle persone concusse - 60 anzichè 38 come indicato nella ordinanza cautelare - nonchè sulla entità degli illeciti proventi - 300 milioni di lire anzichè, come affermato nel provvedimento coercitivo, non superiori ai cento milioni).


Ciò posto quanto alla irrilevanza di modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale, vanno chiariti altresì in confini del concetto di mera inesattezza.


Al riguardo, è stato affermato che, in tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca (nella specie giudiziaria) qualora il titolo dell'articolo attribuisca alla persona offesa nei cui confronti penda un procedimento penale - una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione; nè, a tal fine, rileva l'estraneità del titolo al resoconto giudiziario esposto nell'articolo, in quanto il titolo di un articolo di stampa può assumere carattere diffamatorio non solo per il suo contenuto intrinseco ma anche per la sua efficacia suggestiva rispetto al testo dell'articolo, in specie ove esso ne travisi e amplifichi il contenuto (Sez. 5, n. 4558 del 09/12/2010, dep. 2011, Mauro, Rv. 249264); non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, nei confronti del direttore responsabile di un quotidiano nel quale sia pubblicato un articolo non firmato che affermi, contrariamente al vero, che nei confronti di un presidente dei revisori dei conti di una banca, si svolgano indagini per il reato di appropriazione indebita anzichè per il delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza, ex art. 2638 c.c.; non è, infatti, irrilevante per la reputazione di un soggetto l'attribuzione di un fatto illecito diverso da quello su cui effettivamente si indaga (Sez. 5, n. 5760 del 04/12/2012, dep. 2013, Goisis, Rv. 254970); inoltre, non sussiste l'esimente del diritto di cronaca nel caso in cui il giornalista abbia affermato, contrariamente al vero, l'avvenuto esercizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto soltanto sottoposto a indagini preliminari (Sez. 5, n. 13702 del 17/12/2010, dep. 2011, Bellavia, Rv. 250256).


Pertanto, in tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste qualora essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, sicchè è sufficiente che l'articolo pubblicato corrisponda al contenuto degli atti e dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, non potendo richiedersi al giornalista di dimostrare la fondatezza delle decisioni assunte in sede giudiziaria (Sez. 5, n. 43382 del 16/11/2010, Lillo, Rv. 248950, che ha altresì precisato che il criterio della verità della notizia deve essere riferito agli sviluppi di indagine ed istruttori quali risultano al momento della pubblicazione dell'articolo e non già secondo quanto successivamente accertato in sede giurisdizionale).


4. Tanto premesso, la sentenza impugnata non risulta aver fatto buon governo dei principi giurisprudenziali appena richiamati.


Invero, l'aver divulgato la notizia - non corrispondente al vero - che nei confronti del K. fosse stato richiesto il rinvio a giudizio in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta commessi nell'ambito del c.d. crack del "gruppo A.", per un valore approssimativo di 100 milioni di Euro, mentre nei confronti dell'odierno ricorrente - genero dell' A., in quanto marito di A.F. - la richiesta di rinvio a giudizio concerneva la diversa fattispecie di c.d. ricettazione fallimentare di cui alla L. Fall., art. 232, commessa in qualità di amministratore della (OMISSIS) s.r.l. in relazione ad un importo di circa 900 mila Euro, non appare circoscrivibile ad una modesta e marginale inesattezza che riguardi semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale dello stesso.


In tal modo risulta, infatti, attribuita una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione, sia sotto il profilo della astratta qualificazione - atteso che la ricettazione fallimentare, anche nei limiti edittali previsti (da 1 a 5 anni di reclusione), è ritenuta normativamente meno grave dei reati di bancarotta fraudolenta (puniti con la pena da 3 a 10 anni di reclusione) -, sia sotto il profilo della concreta gravità del fatto - in quanto, a fronte dell'attribuzione di un coinvolgimento in un crack finanziario di circa 100 milioni di Euro, l'odierno ricorrente risultava invece accusato della distrazione di circa 900 mila Euro


Va dunque ribadito che non è irrilevante per la reputazione di un soggetto l'attribuzione di un fatto illecito diverso da quello su cui effettivamente si indaga o in relazione al quale viene esercitata l'azione penale (Sez. 5, n. 5760 del 04/12/2012, dep. 2013, Goisis, Rv. 254970; Sez. 5, n. 4558 del 09/12/2010, dep. 2011, Mauro, Rv. 249264), e che, in tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste qualora essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso (Sez. 5, n. 43382 del 16/11/2010, Lillo, Rv. 248950).


5. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.


Spese di parte civile al definitivo.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Spese di parte civile al definitivo.


Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.


Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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