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Guida in stato di ebbrezza: finisce in un dirupo dopo una rotatoria, sussiste l'aggravante del 2-bis


Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

In tema di guida in stato di ebbrezza, ai fini della configurabilità dell'aggravante di aver provocato un incidente stradale, prevista dall' art. 186, comma 2-bis, cod. strada , è necessaria la sussistenza di un nesso di strumentalità-occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l'incidente, non potendosi giustificare un deteriore trattamento sanzionatorio a carico di chi, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale privo di ogni connessione con il suo stato di alterazione alcolica. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza della circostanza aggravante in oggetto in un caso in cui il conducente, in prossimità di una rotatoria, era uscito di strada e finito in un dirupo, e non erano emerse cause del sinistro diverse dal suo stato di ebbrezza - Cassazione penale , sez. IV , 13/12/2018 , n. 14267)

Fonte: Ced Cassazione Penale



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La sentenza

Cassazione penale , sez. IV , 13/12/2018 , n. 14267

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 aprile 2018 la Corte d'Appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Macerata con cui P.M. è stato ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), commi 2 bis e 2 sexies, perchè essendosi posto alla guida di un'autovettura in stato di ebbrezza alcolica- con tasso alcolemico accertato mediante etilometro, pari a gr/l. 2,55 alla prima misurazione ed a gr/l. 2,57 alla seconda prova- aveva provocato un sinistro stradale, con l'aggravante di avere commesso il fatto in ora notturna.


2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, formulando tre distinti motivi.


3. Con il primo si duole della violazione della legge penale in relazione all'art.


186 C.d.S., comma 2 lett. c) e del vizio di motivazione. Osserva che la sentenza, confermando la decisione di primo grado ha omesso, benchè sollecitata dal gravame, di comporre il contrasto fra l'accertamento strumentale del tasso alcolemico e l'assenza di sintomi esterni dello stato di ebbrezza corrispondenti alla concentrazione alcolemica di cui alla lett. c) della norma incriminatrice. Ricorda che detti indici sono riportati nella Tabella descrittiva dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica di cui all'art. 6 D.L. n. 117 del 2007 conv. con L. n. 160 del 2007 e che con riferimento all'ipotesi più grave, corrispondente al livello superiore a gr/l. 1,6, i sintomi esterni vengono indicati in stordimento, aggressività, stato depressivo, apatia, letargia, compromissione grave dello stato psicofisico, comportamenti aggressivi e violenti, difficoltà marcata a stare in piedi o a camminare, stato di inerzia generale, ipotermia, vomito. Rileva che gli agenti verbalizzanti hanno dato atto esclusivamente della presenza di alito vinoso e linguaggio sconnesso, indici compatibili con lo stato di ebbrezza lieve. Assume che l'incompatibilità fra la descrizione dei sintomi oggetto di verbalizzazione e la misurazione strumentale del tasso alcolemico, in assenza di spiegazioni non fornite dalla Corte, non può che condurre all'esclusione di ipotesi diverse da quella di cui alla lett. a) dell'art. 186 C.d.S., comma 2.


4. Con il secondo motivo fa valere la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, per avere la sentenza, da un lato, qualificato come incidente l'evento occorso, pur in assenza del coinvolgimento di altri veicoli o di persone, dall'altro, omesso ogni accertamento sulla dinamica del sinistro, al fine di verificare se l'uscita di strada del veicolo condotto da P. fosse correlata allo stato di ebbrezza o fosse dovuta ad altre cause. Sostiene che, in ogni caso, il semplice coinvolgimento in un sinistro stradale non prova la responsabilità dell'imputato nella sua causazione.


5. Con l'ultimo motivo lamenta la violazione delle norme processuali, con riferimento all'art. 192 c.p.p., avendo la Corte assegnato valore probatorio al silenzio tenuto dall'imputato in ordine alle modalità di accadimento dell'evento, pur rientrando detto comportamento processuale nella garanzia della strategia difensiva tutelata dall'ordinamento.


6. Conclude per la sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità, secondo i criteri previsti dall'art. 186 C.d.S., comma 9 bis.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.


2. Il primo motivo è manifestamente infondato.


3. La Corte territoriale, investita della questione relativa alla corrispondenza fra gli esiti delle prove spirometriche e la sintomatologia descritta dagli agenti verbalizzanti (alito vinoso e linguaggio sconnesso), chiarisce che sebbene l'esame strumentale non costituisca prova legale, esso costituisce nondimeno prova certa del livello di alterazione alcolica nel caso in cui non venga posto in dubbio il corretto funzionamento dell'apparecchiatura utilizzata per effettuare il test o la correttezza della procedura utilizzata.


4. Ora, al di là di ogni considerazione sulla genericità del motivo proposto, che ripete la doglianza già introdotta con l'atto di appello, senza confrontarsi con la risposta fornita dal giudice di secondo grado, va rilevato che a fronte della mancanza di corrispondenza fra accertamento strumentale e descrizione dei sintomi, per dare prevalenza ai secondi è necessario che venga posto in dubbio la validità del primo.


5. La prova etilometrica a mezzo di alcoltest, infatti, è dotata di validità scientifica fondata sulla metabolizzazione dell'etanolo e sulla sua reperibilità nell'aria alveolare, misurabile attraverso il prodotto dell'espirazione. L'esito della verifica, dunque, laddove l'apparecchiatura utilizzata sia omologata e cioè abbia le caratteristiche previste dal Decreto Ministeriale del 22 maggio 1990, n. 196 e non presenti difetti di funzionamento, ha valore di evidenza del tasso alcolemico. La misurazione, che deve essere ripetuta due volte ai sensi dell'art. 379 Reg. esc. C.d.S., determina, infatti, un dato di natura tecnica il cui significato scientifico viene meno solo qualora lo strumento o la modalità utilizzata per il suo uso siano difettosi od erronei.


Va qui ribadito che il test alcolimetrico non costituisce prova legale, nel senso di prova la cui attendibilità non è rimessa alla valutazione del giudice, ma esso costituisce, nondimeno, una prova di tipo tecnico- scientifico - cioè fondata su una legge scientifica a mezzo di misurazione con apparecchiatura tecnica omologata-che per cedere il passo ad un diverso accertamento o addirittura per escludere ogni possibilità di accertamento, deve perdere il suo carattere o perchè svolta con uno strumento inidoneo o perchè mal effettuata. In altri termini, posto che un accertamento non strumentale riveste ampi margini di soggettività, relativi alla descrizione di sintomi esterni dello stato di ebbrezza, solo quando la verifica oggettiva (tecnico-scientifica) sia inidonea a registrare correttamente la situazione, si porrà a questione della desumibilità della prova dello stato di ebbrezza da elementi di natura sintomatica. Quando, nondimeno, ciò non accada e non siano eccepiti, nè emergano vizi strumentali o procedurali invalidanti l'alcoltest, la prova conserva la sua validità e la descrizione dello stato psico-fisico verbalizzata dagli operanti che hanno effettuato il controllo, costituisce elemento confermativo della misurazione scientifica. Nel caso di specie la valutazione della sovrapponibilità degli indici sintomatici alla misurazione è implicita nella motivazione della Corte, che fa riferimento non solo all'esito della prova strumentale, ma alla documentazione in atti, e cioè anche a quella parte del verbale di accertamenti urgenti ove vengono sinteticamente descritti i sintomi.


6. Il secondo motivo ed il terzo motivo debbono essere respinti.


7. Ora, va premesso che in ordine alla configurabilità dell'aggravante prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, esiste presso questa Corte un contrasto interpretativo. Secondo alcune sentenze, infatti, per affermarne la sussistenza "è necessario che l'agente abbia provocato un incidente e che, quindi, sia accertato il coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro, non essendo sufficiente il mero suo coinvolgimento nello stesso. (Sez. 4, n. 33760 del 17/05/2017 - dep. 11/07/2017, Magnoni, Rv. 27061201 Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013 - dep. 13/09/2013, Callegaro, Rv. 25620901), mentre, per altre, non è richiesto l'accertamento del nesso eziologico tra l'incidente e la condotta dell'agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell'agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l'incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo. (Fattispecie in cui il conducente di un'auto in stato di ebbrezza alcoolica aveva tamponato violentemente un veicolo antagonista che si era arrestato sulla corsia di sorpasso dell'autostrada). (Sez. 4, n. 54991 del 24/10/2017 - dep. 07/12/2017, Fabris, Rv. 27155701; Sez. 4, n. 36777 del 02/07/2015 - dep. 10/09/2015, Scudiero, Rv. 26441901).


Nel definire la nozione normativa di incidente stradale si è fatto riferimento, in primo luogo, al significato letterale del termine, secondo cui è tale qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di pericolo per la collettività, sottolineando che una simile definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada, come risulta dagli obblighi di segnalazione che il regolamento prevede (art. 356) per il caso di incidente che provochi ingombro della carreggiata, al di là di ogni danno a cose o persone. Ma anche dal fatto che allorchè il legislatore ha ritenuto di diversificare i comportamenti e le conseguenze collegati a un incidente, ciò ha fatto espressamente, come ad esempio nell'art. 189 C.d.S. che stabilisce comportamenti e sanzioni diverse a secondo delle conseguenze che derivano dall'incidente stesso (Sez. 4, n. 47276 del 06/11/2012 - dep. 06/12/2012, Marziano).


Su questa base, ai fini dell'integrazione dell'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, è stato ritenuto che "nella nozione di incidente stradale siano da ricomprendersi, tanto l'urto del veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti nè i danni alle persone nè i danni alle cose, con la conseguenza che -per affermarne la sussistenza- è sufficiente qualsiasi, purchè significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012 -dep. 31/10/2012, Pititto, Rv. 25373401).


Cosi ricostruita la nozione deve condividersi il giudizio della Corte di appello sulla configurabilità dell'incidente, ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2 bis), anche nell'ipotesi di mera uscita di strada, senza coinvolgimento di altri mezzi o persone.


Per ricondurre l'evento alla condotta va, tuttavia, ulteriormente verificata la sussistenza del nesso di strumentalità-occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l'incidente, non potendo certamente giustificarsi l'inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico del guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sè oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di alterazione alcolica del soggetto.


8. Su questo punto, la Corte introduce una motivazione sintetica, ma esaustiva, poichè chiarito che il P. finì in un dirupo, dirigendosi fuori strada, anzichè impegnare la rotatoria, e dato atto che la ricostruzione dell'evento è emersa dalle dichiarazioni testimoniali di uno degli operanti intervenuti, ha ritenuto che, in mancanza di ogni ulteriore chiarimento da parte dell'interessato sulla sussistenza di cause esterne e diverse, il prodursi del sinistro fosse riferibile allo stato di alterazione alcolica del ricorrente. Contrariamente a quanto ritenuto dal medesimo, infatti, la sentenza impugnata non assegna alcun valore probatorio al silenzio serbato dall'imputato, ma preso atto dell'assenza di una diversa origine del sinistro, neppure ipotizzabile a fronte del silenzio dell'unico soggetto che avrebbe potuto indicarla, laddove sussistente, ha deciso sulla base delle evidenze istruttorie.


9. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2018.


Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019



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