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Guida in stato di ebbrezza: valido l'alcoltest effettuato dopo trenta minuti dalla condotta di guida


Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

In tema di guida in stato di ebbrezza, è immune da censure la motivazione della sentenza che, ai fini del riconoscimento della responsabilità per il reato di cui all' art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, ritenga provato lo stato di ebbrezza sulla base dei soli rilevamenti effettuati tramite alcoltest circa trenta minuti dopo la condotta di guida incriminata, in assenza di indici dell'inattendibilità del test (Cassazione penale , sez. I , 10/12/2020 , n. 8875).

Fonte: Ced Cassazione Penale



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La sentenza

Cassazione penale , sez. I , 10/12/2020 , n. 8875

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 5 febbraio 2020, il Tribunale di Nocera Inferiore, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza proposta nell'interessi di R.R. avente ad oggetto la declaratoria del diritto del medesimo alla notifica dell'estratto contumaciale della sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Salerno in data 8 febbraio 2019, confermativa di quella emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore il 20 aprile 2017, di condanna a carico del medesimo R., con conseguente affermazione della non esecutività della stessa e del suo diritto ad impugnarla.


Il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che ritualmente non fosse stato notificato a R. - siccome assente e non contumace in appello - l'avviso di deposito con l'estratto della sentenza (quello che suole definirsi l'estratto contumaciale), ai sensi dell'art. 548 c.p.p..


2. Avverso il provvedimento è stato proposto ricorso dal difensore di R. per ottenerne l'annullamento in forza di un unico motivo con cui denuncia la violazione dell'art. 548 c.p.p. e L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis.


Secondo la difesa, il giudice dell'esecuzione ha erroneamente ritenuto che fosse stata correttamente emessa la dichiarazione di assenza nel corso del giudizio di appello e, quindi, ritualmente omessa la notificazione dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza all'imputato, il quale non era comparso in quel giudizio, per cui R. aveva avuto notizia della sentenza solo quando il 18 luglio 2019 era stato raggiunto dalla notificazione dell'ordine di carcerazione.


Posto ciò, il ricorrente rimarca che, a differenza di quanto aveva affermato il giudice dell'esecuzione, l'applicazione della L. n. 67 del 2014, art. 15-bis non può farsi in modo limitato al comma 1 della norma, dovendo invece considerarsi anche il comma successivo, che ha conservato l'efficacia della disciplina della contumacia ai processi nei quali, alla data di entrata in vigore della legge, era stata dichiarata la contumacia dell'imputato e non era stato emesso il decreto di irreperibilità: esattamente come era accaduto nel processo in esame.


La conclusione sollecitata dalla difesa è, pertanto, nel senso che il giudice dell'esecuzione ha erroneamente omesso di rilevare che era necessario, al di là della qualificazione di R. come assente nel giudizio di appello, notificare al medesimo l'estratto contumaciale, ai sensi dell'art. 548 c.p.p., con conseguente illegittimità - in carenza di tale adempimento - della successiva dichiarazione di irrevocabilità della sentenza.


3. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, con le pronunzie consequenziali, dovendo ritenersi persistente la condizione di contumacia dell'imputato, già dichiarata nel 2011.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'impugnazione è da ritenersi fondata, nei sensi che seguono.


2. Si rileva che, a ragione dell'ordinanza impugnata, il giudice dell'esecuzione, dopo aver dato atto che la sentenza di primo grado era stata resa in contumacia dell'imputato, ha affermato che la relativa dichiarazione aveva valore solo per quel grado di giudizio, sicchè in grado di appello era stata dichiarata correttamente l'assenza dell'imputato, in accordo con l'art. 11 disp. att. c.c. e con la L. n. 67 del 2014, art. 15-bis: di conseguenza, la conclusione è stata che ritualmente non si fosse notificato a R., assente in appello, l'avviso di deposito con l'estratto della relativa sentenza, ex art. 548 c.p.p., comma 3, abrogato dalla L. n. 67 del 2014.


3. L'essenza della questione prospettata dal ricorrente mira all'accertamento della non esecutività della sentenza per l'omissione della notificazione dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza che competeva e - per quanto di ragione - compete al contumace.


3.1. Sul tema va innanzi tutto puntualizzato, più in generale, che il vizio nell'instaurazione del contraddittorio verificatosi nel giudizio di cognizione svolge rilievo in executivis soltanto nella misura in cui esso determini l'invalidità o l'omissione della notifica dell'estratto contumaciale, la quale non subisce alcuna preclusione collegata al giudicato (arg. ex Sez. 1, n. 7430 del 17/01/2017, Canalini, Rv. 269228 - 01, che ha applicato in principio all'ipotesi della nullità dell'elezione di domicilio annullando con rinvio l'ordinanza di rigetto - motivata in ragione dell'intervenuto giudicato - dell'istanza di un condannato volta a dedurre l'inefficacia del titolo esecutivo quale conseguenza dell'invalidità della notifica dell'estratto contumaciale della sentenza eseguita presso il difensore domiciliatario, invalidità derivante dalla nullità dell'elezione di domicilio).


Quando, per tale causa, sia integrata la nullità dell'ordine di esecuzione, il destinatario di esso ha titolo a farla valere mediante incidente di esecuzione che, in assenza di termini per la proposizione, può essere azionato in ogni tempo, salva la preclusione derivante dalla mera reiterazione di istanza già proposta o dall'acquiescenza al provvedimento suscettibile di contestazione (Sez. 1, n. 2727 del 30/11/2005, dep. 2006, Gallego Guerra, Rv. 235095 - 01). In ogni caso, per il riflesso sul regime impugnatorio, non va tralasciata la - rilevante - precisazione che, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione della sentenza da ritenersi contumaciale, la notificazione all'imputato dell'avviso di deposito con l'estratto di sentenza non può essere sostituita da alcun altro atto, pur se quest'ultimo ne contenga tutti gli elementi essenziali, per cui nemmeno la notificazione dell'ordine di esecuzione della pena detentiva potrebbe considerarsi atto equipollente all'avviso di deposito con l'estratto contumaciale di sentenza (Sez. U, n. 35402 del 09/07/2003, Mainente, Rv. 225362 - 01; fra le successive, Sez. 1, n. 50471 del 14/09/2018, Manto, Rv. 274527 - 01).


3.2. Se, dunque, è certo che, quando, a termini di disciplina processuale, l'imputato debba essere ritenuto contumace e non sia stato dichiarato tale, la mera omissione della dichiarazione di contumacia non integra ex se la nullità degli atti, non essendo essa prevista come ragione di invalidità dalle norme processuali, soprattutto con riferimento alla nullità di ordine generale, e non comportando, di per sè, un pregiudizio ai fini dell'intervento e dell'assistenza dell'imputato, è del pari assodato che all'imputato competono comunque i diritti processuali connessi alla situazione di contumacia e, primo fra tutti, la notificazione dell'atto di cui all'art. 548 c.p.p., comma 3, per i rapporti processuali in ordine ai quali la norma è da considerarsi ancora vigente.


In sostanza, laddove sussistano le condizioni per celebrare il processo senza la presenza dell'imputato, l'omessa o erronea adozione delle corrispondenti declaratorie formali (assenza o contumacia), siccome afferisce ad atto avente carattere esclusivamente dichiarativo, e non costitutivo, non determina di per sè la lesione del contraddittorio, ma per la stessa ragione non incide sulle garanzie riconnesse alla posizione effettiva dell'imputato, garanzie che restano intatte.


Va, in corrispondenza di questa distinzione, particolarmente sottolineato che l'erronea qualificazione - in relazione all'introduzione, in virtù della richiamata L. n. 67 del 2014, dell'istituto dell'assenza, sostitutivo, per un certo ambito, di quello della contumacia - della posizione dell'imputato, dichiarato assente invece che contumace, così come non cagiona di per sè la nullità degli atti processuali assunti senza lesioni specifiche del suo diritto di difesa, nemmeno determina il mutamento effettivo della posizione stessa, persistendo la sua qualificazione (in thesi) di imputato contumace, per gli effetti riconnessi dall'ordinamento a tale statuto.


3.3. Per tale ragione è stato condivisibilmente affermato - e merita di essere ribadito - il principio di diritto secondo cui integra un'ipotesi di non esecutività della sentenza, deducibile ai sensi dell'art. 670 c.p.p., l'omessa notificazione dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza di condanna emessa nei confronti di un imputato erroneamente dichiarato assente, anzichè contumace, in un processo in cui, ai sensi della L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis, comma 2, continuano a trovare applicazione le disposizioni anteriori all'entrata in vigore di tale legge, in quanto - ove pure il difensore non abbia eccepito innanzi al giudice della cognizione la violazione dell'indicata disciplina transitoria - la situazione sostanziale di contumacia dell'imputato impone comunque la notificazione dei predetti atti, a norma dell'art. 548 c.p.p., comma 3, la cui disciplina risulta vigente ratione temporis (Sez. 1, n. 1552 del 12/11/2018, dep. 2019, Guerrazzi, Rv. 274795 - 01).


Per la stessa ragione non può aderirsi alla diversa tesi, che pure ha raccolto consensi in sede di legittimità, secondo cui l'erronea dichiarazione di assenza in luogo della contumacia nei processi nei quali, ai sensi della L. n. 67 del 2014, art. 15 bis, comma 2, continuano a trovare applicazione le disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore dell'indicata legge, determina una nullità a regime intermedio, attinente all'intervento dell'imputato ex art. 178 c.p.p., lett. c), da eccepirsi immediatamente dal difensore (così, fra le altre, Sez. 3, n. 49584 del 27/10/2015, F., Rv. 265770 - 01).


Pare, invece, dirimente osservare che non si verte in tema di verifica della ritualità o meno degli accertamenti compiuti dal giudice procedente per stabilire, ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p. e ss., se fosse da dichiararsi o meno l'assenza dell'imputato, ambito questo in cui la corrispondente rilevazione, nei termini e limiti previsti dal codice di rito, impone l'accertamento e la declaratoria delle invalidità processuali. Si tratta invece di stabilire la sfera di operatività della disciplina relativa all'uno o all'altro istituto, derivando dalla corrispondente determinazione la configurazione dei diritti processuali generati in capo all'imputato dalla situazione processuale a lui esattamente riferibile: situazione che determina il paradigma normativo operante, sebbene essa non sia stata esattamente dichiarata.


4. Raggiunto questo approdo, è noto che, ai sensi della L. n. 67 del 2014, art. 15-bis, comma 1, introdotto dalla L. 11 agosto 2014, n. 118, le disposizioni istitutive dell'assenza si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado, con la rilevante specificazione, stabilita dall'art. 15-bis, comma 2, cit., che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità.


4.1. L'interpretazione di questa norma è nel senso le disposizioni introdotte dalla L. n. 67 del 2014 non si applicano, oltre che ai processi in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della L. n. 67, è stata emessa la sentenza di primo grado, anche a quelli ancora pendenti in primo grado, ma nei quali non sia stato emesso nei riguardi dell'imputato dichiarato contumace il decreto di irreperibilità (Sez. 1, n. 34911 del 27/06/2017, dep. 2018, Napoli, Rv. 273858 01; Sez. 1, n. 8654 del 21/12/2017, dep. 2018, Frezza, Rv. 272411 - 01; Sez. 2, n. 18813 del 10/01/2017, Popa, Rv. 269796 - 01; Sez. 6, n. 27540 del 03/06/2015, Tolentino Werastegui, Rv. 264052 - 01).


Se n'è tratto anche lo specifico corollario secondo cui sussiste l'obbligo di notificazione dell'estratto della sentenza contumaciale, unitamente all'avviso di deposito, qualora il giudizio di merito, a carico dell'imputato dichiarato contumace anteriormente alla data di entrata in vigore della L. n. 67 del 2014, sia stato definito dopo tale data ma prima della entrata in vigore della disciplina transitoria, di cui all'art. 15-bis della stessa legge, introdotto dalla L. n. 118 del 2014, sempre che la dichiarazione di contumacia non sia dipesa dalla presa d'atto di una formale irreperibilità non derivante da colpa (Sez. 1, n. 36343 del 16/03/2016, Capoccitti, Rv. 268265 - 01; Sez. 1, n. 20485 del 08/03/2016, Sannino, Rv. 266944 - 01).


4.2. Va, del resto, soggiunto che la situazione di contumacia, maturata nel processo, ha determinato una posizione tale da esprimere una qualificazione particolare del rapporto tra l'imputato non comparso e il procedimento che lo riguarda, collocata nella fase iniziale e costitutiva del rapporto processuale, con effetti permanenti, ove l'imputato non sia comparso fino alla definizione del processo; e la relativa situazione ha prodotto un effetto che permane in mancanza del suo superamento in virtù della comparizione dell'imputato, con sua tendenziale insensibilità al novum normativo.


Di conseguenza, la disciplina introdotta con la L. n. 67 del 2014, già nella sua articolazione originaria, doveva essere analizzata nelle sue concrete disposizioni in termini comparativi e in rapporto al complessivo livello di garanzia fornito, dato il dichiarato intento del legislatore italiano di adeguarsi ai contenuti delle decisioni della CEDU in tema di giusto processo; in tal senso, tale disciplina, anche prima della chiarificazione intervenuta con la L. n. 118 del 2014, era suscettibile di essere interpretata in senso conforme al principio che distingue la sfera di vigenza da quella di efficacia delle norme, valendo essa per i soli atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore.


Questa considerazione va fatta anche sulla traccia già fornita dalla Corte di legittimità nel suo consesso più autorevole allorquando, introdotta dalla L. n. 67 del 2014, era ancora in itinere la predisposizione della norma transitoria poi cristallizzatasi nell'art. 15-bis cit.: è stato, in particolare, sottolineato, con riferimento al rimedio della rescissione del giudicato regolato al tempo dall'art. 625-ter c.p.p., ma con sviluppo argomentativo riferibile all'intero impianto della correlativa riforma, che lo statuto normativo del nuovo procedimento in assenza "si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione.


Corrisponde del resto alla comune riflessione giuridica l'assunto per cui, dovendosi distinguere la sfera di vigenza delle disposizioni dalla sfera di efficacia (vale a dire, di applicabilità) delle norme, il fenomeno abrogativo, in mancanza di espresse previsioni in senso diverso - ascrivibili alla ipotesi della abrogazione c.d. "retroattiva" - non importa la cessazione dell'efficacia delle norme abrogate ma soltanto la loro incapacità di regolare situazioni nuove" (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992 - 01).


5. Nel caso in esame, il giudice dell'esecuzione ha dato correttamente atto della veste di contumace assunta da R. nel processo di primo grado innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, della sopravvenienza della L. n. 67 del 2014, con conseguente pronuncia della sentenza di primo grado resa nei confronti dell'imputato, restato contumace, e della sua mancata comparizione anche nel processo di appello, in cui l'imputato è stato invece dichiarato assente.


Alla stregua della disciplina richiamata, in particolare dell'art. 15-bis, comma 2, cit., e delle considerazioni in precedenza svolte, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto rilevare l'erronea qualificazione di R. nel grado di appello quale assente, essendo l'imputato da ritenersi contumace.


Ciò ha prodotto l'effetto che, ai sensi dell'art. 548 c.p.p., comma 3, egli aveva diritto alla notificazione dell'avviso di deposito e dell'estratto della sentenza: formalità dal cui perfezionamento sarebbe decorso il termine per impugnare - eventualmente - la sentenza, ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 2, lett. d).


Questo adempimento, però, non risulta essere stato effettuato laddove - contrariamente all'avviso espresso dal giudice dell'esecuzione - avrebbe dovuto esserlo.


L'omissione dell'adempimento - costituito dalla notificazione della sentenza resa nei confronti di imputato che, benchè dichiarato assente, versava giuridicamente in situazione di contumacia - ha determinato, pertanto, la non esecutività della sentenza stessa: non esecutività che l'ordinanza impugnata ha omesso di dichiarare evidenziando che si era proceduto in assenza a seguito di erronea applicazione del diritto transitorio e traendone le ineludibili conseguenze (v. Sez. 1, n. 1552 del 12/11/2018, dep. 2019, cit.; Sez. 1, n. 21735 del 22/12/2017, dep. 2018, Domanico, non mass.; Sez. 1, n. 20485 del 08/03/2016, cit.).


6. Il vizio emerso impone, ai sensi dell'art. 670 c.p.p., l'annullamento dell'ordinanza impugnata, relativamente al rigetto dell'istanza di dichiarazione di non esecutività della sentenza emessa dalla Corte di appello di Salerno, annullamento che va pronunciato senza rinvio, essendo risultata certa la mancata notificazione dell'atto previsto dall'art. 548 c.p.p., comma 3.


Occorre provvedere, quindi, alla conseguente dichiarazione di non esecutività della sentenza stessa, con la sospensione dell'esecuzione e la disposizione di cessazione degli effetti esecutivi dipendenti - e per quanto dipendenti - dal relativo titolo, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Salerno per l'effettuazione dell'adempimento risultato mancante, ossia la notificazione all'imputato dell'avviso di deposito e dell'estratto della sentenza emessa nella sua contumacia.


Vanno in pari tempo effettuate le comunicazioni di rito al Pubblico ministero competente per l'esecuzione.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata; dichiara non esecutiva la sentenza n. 165/19 emessa in data 8 febbraio 2019 dalla Corte di appello di Salerno nei confronti del ricorrente R.R. e ne sospende l'esecuzione; dispone la liberazione del R. in relazione a tale titolo, se detenuto per esso, e la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Salerno per la notificazione dell'estratto contumaciale al R..


Manda la Cancelleria per la comunicazione al P.m. competente per l'esecuzione.


Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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