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Riciclaggio: il dolo è provato dall'omessa indicazione della provenienza della cosa ricevuta


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di riciclaggio

La massima

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di trasformazione della stessa per impedire l'identificazione della sua origine delittuosa. (Fattispecie in tema di riciclaggio di un trattore con semirimorchio di provenienza furtiva attuato mediante sostituzione delle targhe - Cassazione penale , sez. II , 02/04/2019 , n. 27867).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 02/04/2019 , n. 27867

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 19 dicembre 2018, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Venezia ha parzialmente confermato, limitatamente ai delitti di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di reati contro il patrimonio (appropriazione indebita o truffa) e di riciclaggio l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona in data 27 novembre 2018 con la quale era stata applicata nei confronti di P.S. la misura cautelare personale della custodia in carcere.


2. Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell'indagato, deducendo:


2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con riferimento alla mancanza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. in relazione ai reati di cui agli artt. 416 e 648-bis c.p. (rispettivamente capi A ed F della rubrica delle imputazioni).


Rileva, innanzitutto, la difesa del ricorrente che, quanto al reato associativo, difetterebbero gli elementi del pactum sceleris e della affectio societatis e che, in particolare, quest'ultimo elemento non può essere desunto dal mero allestimento di mezzi ed attività finalizzate alla consumazione dei singoli reati-fine.


Il Tribunale del riesame si sarebbe limitato con poche parole ad affermare la consapevolezza dell'indagato di appartenere ad un sodalizio criminale nulla dicendo sulla problematica che ci si troverebbe non in presenza di un reato associativo quanto piuttosto in presenza di un concorso in singoli reati (nel caso di specie trattasi di due truffe commesse in un brevissimo arco temporale).


Quanto, poi, al contestato reato di riciclaggio non risulta dall'ordinanza impugnata alcuna disamina circa la gravità indiziaria a carico del P. in relazione allo stesso e ciò nonostante che in udienza la difesa dell'odierno ricorrente avesse ampiamente argomentato sul punto.


2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione alla sussistenza del concreto ed attuale pericolo di reiterazione delle condotte criminose ex art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c).


Secondo la difesa del ricorrente, difetterebbero nel provvedimento impugnato i necessari riferimenti alla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari che hanno portato all'applicazione della massima misura custodiale coercitiva essendo il P. incensurato, non avendo i carichi pendenti dello stesso portato ad alcun seguito giudiziario ed avendo lo stesso sempre lavorato come barista con normalità di vita e di condotta.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e svolge principalmente censure di merito.


E', anzitutto, necessario ricordare i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.


Secondo l'orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l'ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonchè del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo, la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760).


2. Quanto alla gravità indiziaria circa la sussistenza del reato associativo in contestazione all'indagato il Tribunale del riesame, dopo avere adeguatamente ricostruito le emergenze procedimentali, ha evidenziato una serie di elementi non solo idonei alla corretta configurabilità dei reati-fine ma anche in relazione alla sussistenza del reato di cui all'art. 416 c.p.: ha descritto un'organizzazione, sia pure rudimentale, di strumenti e mezzi al servizio del contesto associativo quali la creazione di una compagine sociale appena due mesi prima dei fatti, nonchè la creazione della ditta "Autotrasporti Romano" avente oggetto sociale diverso da quello poi svolto e con sede secondaria risultata fittizia, la creazione di plurimi documenti falsi necessari per la conclusione dei contratti di trasporto, la ricerca di mezzi di trasporto (non solo di provenienza furtiva ma anche ai quali erano state apposte false targhe) e di luoghi di stoccaggio delle merci provento delle azioni delittuose e, da tali elementi, con motivazione non manifestamente illogica, ha rilevato come tale apparato fosse funzionale alla commissione di una serie indeterminata di truffe (solo per una serie di elementi imponderabili dagli indagati fermatesi a due).


3. Quanto all'elemento soggettivo della affectio societatis del P. in ordine alla partecipazione al reato associativo, lo stesso risulta emergente dalla serie di condotte attribuite all'indagato nell'ordinanza impugnata alla luce dei ruoli rivestiti dallo stesso non solo quale socio e legale rappresentante della "Global Artis", prossima all'azienda Zavatier & C. Logistica all'interno della quale venivano rinvenuti 33 bancali di merce sottratta attraverso la consumazione delle attività delittuose, ma anche quale soggetto che ebbe a presenziare allo scarico della predetta merce ed il cui numero di telefono è stato rinvenuto nel documento di trasporto della merce de qua. Ancora, il P. è stato riconosciuto in foto dal titolare dell'azienda Eco Frant ed indicato come colui che lo aveva preventivamente contattato per ottenere la disponibilità allo stoccaggio provvisorio della merce.


Alla luce degli elementi descritti, anche in questo caso con motivazione congrua e non manifestamente illogica, il Tribunale del riesame ha spiegato la consapevolezza della partecipazione del P. al patto associativo chiarendo che "altrimenti non si spiega perchè si sia dato così da fare per cercare luoghi, diversi da quelli nella sua diretta disponibilità ove far confluire i prodotti".


Sul punto deve solo essere ricordato che, come ha già avuto modo di precisare già in tempi remoti questa Corte Suprema, "ai fini dell'accertamento dell'elemento psicologico del soggetto agente, essendo la volontà ed i moti dell'anima interni al soggetto, essi non sono dall'interprete desumibili che attraverso le loro manifestazioni, ossia attraverso gli elementi esteriorizzati e sintomatici della condotta.... Ne deriva che i singoli elementi e quindi anche quelli soggettivi attraverso cui si estrinseca l'azione, inerenti al fatto storico oggetto del giudizio, impongono una loro analisi la quale, essendo pertinente ad elementi di fatto, costituiscono appannaggio del giudizio di merito, non di quello della legittimità che può solo verificare la inesistenza di vizi logici, la correttezza e la compiutezza della motivazione, l'assenza di errori sul piano del diritto, così escludendosi in tale sede un terzo riapprezzamento del merito" (Sez. 1, sent. n. 12726 del 28/09/1988, dep. 1989, Alberto, Rv. 182105).


4. Il discorso appena effettuato ha, ovviamente la stessa valenza anche per quello che concerne il contestato reato di riciclaggio essendo stato acclarato che sul trattore e semirimorchio di provenienza furtiva menzionati in atti erano state sostituite le targhe ed essendo pacifico in giurisprudenza che "si configura il delitto di riciclaggio anche nell'ipotesi di mera sostituzione della targa di un autoveicolo proveniente da furto, in quanto si tratta di condotta univocamente diretta ad ostacolare l'identificazione delittuosa (del veicolo)" (Sez. 2, n. 56391 del 23/11/2017, Quattrocchi, Rv. 271553).


Circa il coinvolgimento dell'odierno ricorrente nel reato di riciclaggio appare sufficiente rilevare che i mezzi oggetto del reato di riciclaggio erano nella disponibilità della compagine associativa (e quindi anche del P.) e che lo stesso - come correttamente rilevato nell'ordinanza impugnata - essendosi avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del Giudice non risulta aver fornito alcun elemento per consentire una diversa valutazione anche circa l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 644-bis c.p..


Infatti, con un principio già dettato in materia di ricettazione ma perfettamente estensibile nel caso in esame a quello di riciclaggio, questa Corte di legittimità (per tutte, Sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265) ha già avuto modo di chiarire che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; in tal modo, non si richiede all'imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell'origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l'indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Sez. U, n. 35535 del 12/7/2007, Ruggiero, Rv. 236914).


5. Infine, anche con riguardo alle esigenze cautelari ed alle modalità di contenimento delle stesse, l'ordinanza impugnata risulta caratterizzata da una motivazione adeguata.


Il Tribunale del riesame risulta avere, infatti, valutato tutto il contesto nel quale sono state realizzate le condotte delittuose ed avere ritenuto, anche alla luce delle pendenze ed ai precedenti dell'indagato una concretezza del pericolo di reiterazione delle condotte delittuose.


La difesa del ricorrente si è limitata ad affermare ma non a documentare che il P. ha una attività lavorativa e non ha precedenti penali.


Quanto alla attualità delle esigenze cautelari, è sufficiente rilevare che i fatti-reato in contestazione sono prossimi al momento applicativo della misura cautelare e che riguardano tra l'altro un reato associativo caratterizzato da un'evidente proiezione nel futuro delle condotte delittuose. Va, pertanto, ribadito il principio secondo il quale "in tema di misure cautelari personali, il pericolo di reiterazione del reato di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), deve essere non solo concreto - fondato cioè su elementi reali e non ipotetici - ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del "periculum libertatis" nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell'accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull'esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una "specifica occasione" per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice.


6. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


7. Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter, - che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 comma 1-bis.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.


Così deciso in Roma, il 17 giugno 2019.


Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2019


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