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Riciclaggio: che cos'è e quando si configura il reato previsto dall'art. 648 bis del codice penale



Art. 648 bis del codice penale - Riciclaggio

Comma 1

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000.

Comma 2

Comma 3

Comma 4

Comma 5

Comma 6

Procedibilità: il reato di riciclaggio è procedibile d'ufficio.

Prescrizione: il reato di riciclaggio si prescrive in dodici anni (per l'ipotesi prevista dal primo comma), in sei anni (per l'ipotesi prevista dal secondo comma).

Competenza: per il reato di riciclaggio è competente il tribunale collegiale nell'ipotesi prevista nel primo comma, il tribunale monocratico nell'ipotesi descritta dal secondo comma.



Udienza preliminare: per il reato di riciclaggio è sempre prevista l'udienza preliminare.

Arresto: per il reato di riciclaggio l'arresto è facoltativo.

Fermo: per il reato di riciclaggio il fermo è consentito solo nell'ipotesi descritta nel primo comma.

Custodia cautelare in carcere: per il reato di riciclaggio la custodia cautelare in carcere è consentita, tranne per l'ipotesi prevista dal quarto comma.

 

In questo articolo analizziamo l'elemento oggettivo e soggettivo del reato di riciclaggio previsto dall'art. 648 bis del codice penale, riportando le principali pronunce ed orientamenti della Suprema Corte di Cassazione.

Indice:


1. Che cos'è e come è punito il riciclaggio?

Il riciclaggio è un reato previsto dall'articolo 648 bis del codice penale e punisce chi sostituisce o trasferisce denaro (beni o altre utilità provenienti da delitto) o compie in relazione a tali beni altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Il reato di riciclaggio è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000.

Qualora il fatto riguardi denaro o cose prevenienti da contravvenzione la pena è la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 2.500 a euro 12.500.


2. Quando si configura il reato di riciclaggio

La condotta incriminata dal reato di riciclaggio consiste nel sostituire o trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo ovvero nel compimento altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa.

Nel concetto di sostituzione rientrano tutte le attività dirette alla c.d. "ripulitura" del denaro sporco, al fine di separarlo da ogni possibile collegamento con il reato presupposto che lo ha originato, quindi significa rimpiazzare il denaro o i valori sporchi con quelli puliti.

La condotta di trasferimento, invece, è una specificazione della sostituzione che colpisce le condotte di movimentazione (da un soggetto ad altro soggetto o da un luogo ad un altro) ai fini di ripulitura che si avvalgono di strumenti negoziali o giuridici e secondo la giurisprudenza di legittimità rileva penalmente anche il trasferimento materiale da un luogo ad un altro dei proventi illeciti ove ciò renda di fatto più difficoltosa l'identificazione dell'origine illecita.



Il riferimento, poi, al compimento di altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa consente colpire efficacemente gli autori di tale delitto visto che le tecniche di ripulitura possono essere le più fantasiose e articolate possibili.

In tutti i casi si tratta di reato istantaneo di mera condotta e di pericolo concreto per cui l'azione del soggetto attivo, che può essere chiunque, dovrà risultare concretamente idonea a dissimulare l'origine illecita dei proventi, non essendo necessario che si verifichi l'evento, ossia che si porti a termine la dissimulazione; occorre, quindi, che la condotta dia luogo ad una difficoltà nell'individuazione della provenienza delittuosa dei beni senza ovviamente determinare un'oggettiva impossibilità di accertare l'origine criminosa dei valori.

Nella giurisprudenza della Corte di cassazione, infatti, è costante l'insegnamento secondo il quale integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell'aggirare la libera e normale esecuzione dell'attività posta in essere.

Il delitto di riciclaggio si consuma con la realizzazione dell'effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche previste dall'art. 648 bis c.p., comma 1, (sostituzione, trasferimento o altre operazioni volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilità), non essendo invece necessario che il compendio "ripulito" sia restituito a chi l'aveva movimentato (Sez. 2, Sentenza n. 1857 del 16/11/2016 Ud. (dep. 16/01/2017 Rv. 269316 - 01).

Il delitto di riciclaggio è a forma libera e pertanto può essere integrato da qualsiasi condotta idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene ricevuto. Inoltre, la prima parte della norma incriminatrice tipizza, come condotta causalmente produttiva dell'evento di pericolo, il trasferimento: vocabolo, che non vi è ragione di interpretare quale sinonimo empirico di atto negoziale dispositivo della proprietà o del possesso.

Per contro, anche l'attività materiale di trasferimento da un luogo ad altro è idonea ad integrare il reato, ove valga a rendere di fatto più difficoltosa l'identificazione dell'origine illecita.

Tale appare, ad esempio, lo spostamento di un'autovettura provento di furto all'estero: ed in particolare in uno stato extracomunitario, per l'oggettiva diminuzione delle probabilità di risalire al reato presupposto ed all'avente diritto, dovuta alla recisione del collegamento con il luogo di provenienza" (cfr. Cass. Pen. Sez. II, 03.05.2007 n. 21667; conf. Cass. Pen. Sez. II, 15.05.2008 n. 23666; Cass. Pen. Sez. II, 14.12.2006 n. 104).



Si tratta di un reato a forma libera in virtù della previsione di chiusura - introdotta dalla riforma attuata dalla L. 328/1993 - che alle condotte di sostituzione o trasferimento, ha aggiunto qualsiasi altra operazione atta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene.

Con il termine "qualsiasi altra operazione" la norma si riferisce anche ad operazioni meramente materiali sui beni, purché siano tali da ostacolare in concreto l'identificazione della loro provenienza delittuosa; tuttavia ai fini della configurabilità di tale delitto non è sufficiente che il soggetto abbia il possesso del bene di illecita provenienza, alterato in modo da ostacolarne l'identificazione della provenienza medesima (Cass. Sez. 2 sent. 28759/16).

Il delitto di cui all'art. 648 bis c.p., comprendendo come elemento costitutivo il fatto di ricevere beni di provenienza delittuosa (condotta questa autonomamente punibile ai sensi dell'art. 648 c.p.), deve essere qualificato come reato complesso ai sensi dell'art. 84 c.p., sicché il delitto di ricettazione resta in esso assorbito.

La condotta di chi compia in relazione a tali beni delle attività volte ad ostacolarne la provenienza delittuosa (art. 648 bis c.p.), presuppone sul piano della logica, come anche su quello dell'interpretazione letterale della norma, la ricezione della res che si intende sostituire o trasformare (e dunque la condotta ricettiva punita dall'art. 648 c.p.).

Inoltre, a prescindere dal fatto di aver in comune l'elemento materiale della disponibilità della res di provenienza illecita, il rapporto di specialità tra le due norme è dimostrato anche dal diverso elemento soggettivo richiesto: il delitto di cui all'art. 648 c.p. richiede infatti una generica finalità di profitto, mentre quello di cui all'art. 648 bis c.p. lo scopo ulteriore di far perdere le tracce dell'origine illecita (cfr. Cass. pen., Sez. 2, Sentenza n. 33076 del 14/07/2016).

Sul punto sono in passato intervenute anche le Sezioni Unite della Cassazione che, chiamate a dirimere un contrasto interpretativo sui rapporti tra l'art. 416 bis c.p. e gli artt. 648 bis e 648 ter c.p., hanno tra le righe affermato che "la plurioffensività dei delitti di cui all'art. 648 bis e 648 ter c.p. costituisce uno dei profili che giustificano l'affermazione che il delitto di riciclaggio è speciale rispetto a quello di ricettazione" (cfr., in mento Cass. pen., SS.UU. n. 25191\2014).

Integrano il delitto di riciclaggio le condotte poste in essere per ostacolare l'identificazione della provenienza di un bene, compiendo attività che abbiano come risultato l'impossibilità di ricollegare il bene al proprietario che ne sia stato spogliato; l'art. 648 bis c.p. punisce sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente, sia quelle che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori, siano comunque di ostacolo per la ricerca della relativa provenienza delittuosa.


2.1 Differenza tra riciclaggio e ricettazione

L'art. 648 bis c.p. si pone in rapporto di specialità con l'art. 648 c.p., distinguendosi solo sotto il profilo soggettivo per il fatto che, mentre la ricettazione richiede, oltre alla consapevolezza della provenienza da delitto necessaria anche per il riciclaggio, solo una generica finalità di profitto, quest'ultimo delitto richiede la specifica finalità di far perdere le tracce dell'origine illecita.



Ciò non significa che sussista rapporto di specialità tra il reato di riciclaggio e quello di falso documentale, che può presentarsi come occasionale modalità di realizzazione del primo, ma non è assorbito in esso, in quanto, ai sensi dell'art. 84 c.p., intercorre un rapporto di complessità tra fattispecie solo quando sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro e non quando siano le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare un'occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati; con la conseguenza che in tanto è possibile parlare di una complessità eventuale in quanto sia la stessa legge a prevedere un reato come modalità eventuale di consumazione dell'altro (Cass. Pen. Sez. V, sent. 11.3.2004-7.4.04 n. 16267).

A tale proposito, occorre rimarcare come, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il discrimen fra il reato di riciclaggio di cui all'art. 648 bis c.p. e quello di ricettazione di cui all'art. 648 c.p. consista nella sussistenza di operazioni finalizzate ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene, attraverso un'attività che, con riferimento al caso delle autovetture, impedisca il collegamento delle stesse con il proprietario che ne è stato spogliato. Tale decodificazione del connotato peculiare del delitto di cui all'art. 648 bis c.p., postula che la diagnosi differenziale rispetto al delitto di ricettazione non possa effettuarsi sulla base del delitto presupposto e che le differenze strutturali fra i due reati debbano essere ricercate prima che nell'elemento soggettivo (dolo specifico di procurare un profitto a sé o ad altri nella ricettazione e dolo generico nel riciclaggio), proprio nell'elemento materiale e, in particolare, nella idoneità della condotta ad ostacolare la identificazione della provenienza del bene (cfr. Cass. Pen. sez. II sent. 38581/2007 Rv. 237989; sez. II sent. n. 13448/2005, Rv. 231053).

Si riportano di seguito alcune sentenze della Corte di Cassazione in tema di elemento oggettivo del reato di riciclaggio:


Integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione il proprio conto corrente per ostacolare l'accertamento della delittuosa provenienza delle somme da altri ricavate mediante frode informatica, consentendone il versamento su di esso e provvedendo, di seguito, al loro incasso. (Fattispecie in cui l'imputato, a seguito dell'abusivo accesso effettuato da altri nella home banking della persona offesa, ricevuti due bonifici con accredito delle somme illecitamente prelevate, aveva richiesto, nello stesso giorno, l'emissione di due vaglia postali, incassando il denaro provento del delitto di cui all' art. 640-ter c.p. - Cassazione penale , sez. II , 26/04/2023 , n. 19125).


3. Elemento psicologico del reato di riciclaggio

L'elemento soggettivo nel delitto di riciclaggio è rappresentato dal dolo generico ed infatti è sufficiente la consapevolezza concreta della provenienza della cosa da delitto (Cass. Sez. 2, Sentenza n., 546 del 07/01/2011 Ud. - dep. 11/01/2011- Rv. 249445).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il dolo del reato può essere integrato anche dal dolo eventuale in ordine alla provenienza illecita del denaro, non è sufficiente infatti che l'imputato abbia agito sulla base di un mero sospetto, ovvero di disattenzione, di noncuranza o di mero disinteresse verso la provenienza illegale delle somme ricevute e trasferite". (cfr. Cassazione penale sez. II, 17 giugno 2011, n. 25960)

Si riportano alcune pronunce della Suprema Corte sul punto:

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di trasformazione della stessa per impedire l'identificazione della sua origine delittuosa. (Fattispecie in tema di riciclaggio di un trattore con semirimorchio di provenienza furtiva attuato mediante sostituzione delle targhe - Cassazione penale , sez. II , 02/04/2019 , n. 27867).


4. Competenza e consumazione del reato di riciclaggio

Il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità, sicché risponde del delitto consumato il soggetto sorpreso ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un'autovettura cui risultino già asportate le targhe identificative e il blocco motore (Cassazione penale , sez. II , 04/03/2022 , n. 11277).



Secondo la Suprema Corte, in tema di riciclaggio commesso in parte all'estero, sussiste la giurisdizione italiana nel caso in cui il delitto sia realizzato con condotte frazionate e progressive tenute da soggetti distinti, quando anche solo un frammento dell'azione posta in essere da alcuni dei correi, intesa in senso naturalistico, si sia svolta nel territorio dello Stato. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretto il riconoscimento della giurisdizione italiana nel caso di consegna in Italia, da parte di alcuni imputati, di denaro costituente provento dei delitti di frode fiscale ed appropriazione indebita commessi in Italia, ad altri correi, che lo avevano poi trasportato all'estero e l'avevano versato su conti correnti accesi presso una banca straniera, ottenendo, infine, da una banca italiana, di fatto controllata da quella straniera, l'erogazione di finanziamenti per importi corrispondenti ai versamenti effettuati - Cassazione penale , sez. II , 10/12/2021 , n. 4583).

Nel caso in cui si tratti di riciclaggio di denaro tramite movimentazione trasfrontaliera di valuta, il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui si è realizzato il trasporto con modalità dissimulatorie, idonee ad ostacolare la rilevazione del transito ad opera delle autorità preposte ai valichi di confine e, conseguentemente, la provenienza illecita di tali provviste. (Fattispecie in cui il luogo di consumazione del reato è stato individuato in quello di materiale introduzione in Italia di denaro di provenienza illecita, occultato nel doppio fondo di autovetture, attraverso i valichi frontalieri con la Svizzera, anche se poi consegnato in plurimi e distinti luoghi del territorio nazionale - Cassazione penale , sez. I , 27/10/2021 , n. 43315).

Per ciò che concerne la determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica. (Fattispecie in cui il luogo di consumazione del reato è stato individuato in quello in cui era avvenuta l'iniziale consegna del denaro di provenienza delittuosa, destinato ad essere dapprima trasferito in altri luoghi del territorio nazionale, quindi fatto espatriare per l'impiego in operazioni di investimento - Cassazione penale , sez. II , 08/04/2021 , n. 38105).

Integra il reato di riciclaggio la condotta di colui che, non avendo concorso nel delitto presupposto non colposo, contribuisca alla realizzazione del delitto di autoriciclaggio da parte dell'autore del delitto-presupposto, in quanto il reato di cui all'art. 648-ter.1 cod. pen. è configurabile solo nei confronti dell'intraneus. (Fattispecie in cui l'imputato, dopo la commissione, da parte di un terzo, del delitto di peculato di prodotti destinati alla distribuzione gratuita, secondo le norme dell'Unione europea, concorreva con il predetto ad ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa di tale merce che, dopo la sostituzione dei contrassegni identificativi, veniva reimmessa nei circuiti commerciali - Cassazione penale , sez. II , 22/12/2020 , n. 16519).

In tema di riciclaggio, ai sensi dell' art. 170 c.p. , l'estinzione del reato presupposto non si estende al reato successivo, né nel caso di estinzione “originaria”, ovvero già maturata al momento dei fatti contestati ex art. 648-bis c.p. , né nel caso di estinzione sopravvenuta a questi ultimi. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato il motivo di ricorso inteso a far valere l'estinzione, in epoca anteriore alla condotta riciclatoria, dei reati tributari dai quali derivavano i proventi riciclati - Cassazione penale , sez. II , 12/10/2018 , n. 56379).

La consumazione del delitto di riciclaggio, che è un reato a forma libera attuabile anche con modalità frammentarie e progressive, può coincidere con il momento in cui i beni acquistati con capitali di provenienza illecita sono rivenduti dal reo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che, in relazione alla cessione di immobili acquistati con denaro di provenienza illecita, la successiva acquisizione di denaro “ripulito” non può qualificarsi come un mero post-factum non punibile - Cassazione penale , sez. III , 29/10/2014 , n. 3414).

Integra di per sé un autonomo atto di riciclaggio, poiché il delitto di riciclaggio è a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, attuabile anche con modalità frammentarie e progressive, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, ed anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato, ed acceso presso un differente istituto di credito. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato che il termine di prescrizione, trattandosi di reato continuato, decorre dalla data di ogni singolo prelievo o trasferimento documentalmente individuabile - Cassazione penale , sez. II , 07/01/2011 , n. 546).


5. Il tentativo nel reato di riciclaggio

Secondo un risalente orientamento, è configurabile il tentativo in relazione al delitto di riciclaggio, in quanto, nella vigente formulazione, la fattispecie non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Cassazione penale , sez. II , 11/12/2014 , n. 1960).

Si riportano due sentenze della Suprema Corte sul punto:

È configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di cui all' art. 648-bis c.p. , nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il tentativo di riciclaggio di valuta estera per essere stati individuati i soggetti da coinvolgere, il conto corrente bancario da utilizzare e le somme da reimpiegare, nonché predisposti i contratti da stipulare - Cassazione penale , sez. I , 22/02/2022 , n. 22437).


6. La confisca nel reato di riciclaggio

Per quanto concerne l'oggetto della confisca ex art. 648 quater c.p., in ipotesi di reato di riciclaggio di somme di denaro, sono emersi, in effetti, due differenti orientamenti giurisprudenziali di segno diverso.

Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale in tema di confisca per equivalente, il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza di quelle operazioni, esse sarebbero destinate ad essere sottratte definitivamente, in quanto provento del delitto presupposto. (Sez. F, Sentenza n. 37120 del 01/08/2019 Cc. (dep. 05/09/2019) Rv. 277288 - 01.



In questo filone si inserisce la successiva pronunzia che ha avuto modo di ribadire che in tema di confisca per equivalente, il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza di quelle operazioni, esse sarebbero destinate ad essere sottratte definitivamente, in quanto provento del delitto presupposto.

In senso difforme, è stato evidenziato come la confisca di valore, avendo natura sanzionatoria, partecipa del regime delle sanzioni penali e quindi non può essere applicata per un valore superiore al profitto del reato, travalicando, in caso contrario, il confine della pena illegale.

Sempre in conformità con l'indirizzo da ultimo indicato è stato affermato che in tema di riciclaggio, la confisca per equivalente del profitto del reato è applicabile solo con riferimento al valore del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal "riciclatore" - determinato in sede di accertamento giudiziale - e non sull'intera somma derivante dalle operazioni poste in essere dall'autore del reato presupposto, poiché, non essendo ipotizzabile alcun concorso fra i due responsabili dei diversi reati, la misura ablativa non può essere disposta per un importo superiore al provento del reato contestato. (Sez. 2 -, Sentenza n. 30899 del 15/07/2020 Cc. (dep. 05/11/2020) Rv. 280029 - 01.

In seno a tale ultima pronunzia è stato precisato che: "nel momento in cui si deve procedere al sequestro o alla confisca, il problema che il giudice deve porsi è duplice:

a) individuare e quantificare quale sia il profitto, il prodotto o il prezzo del reato del riciclaggio;

b) individuare il soggetto destinatario del provvedimento ablativo, e cioè chi e in quale misura si sia avvantaggiato del profitto - prodotto, prezzo del reato di riciclaggio;

c) se la confisca sia diretta o per equivalente.

Da ciò consegue che - in ossequio ai principi della proporzionalità e della corrispondenza fra importo confiscabile e vantaggio patrimoniale ricavato dal reato - una volta che sia provato che II riciclatore si è avvantaggiato solo del "prezzo del reato", il sequestro (e la successiva confisca) nei confronti del riciclatore, può essere disposto solo per "il prezzo" del reato, nel mentre nei confronti dell'autore del reato presupposto, può essere disposta la confisca per la restante parte relativa al vantaggio conseguito dall'aver perpetrato il reato presupposto".

E premesso di non condividere il principio affermato dalla citata Sez. F, n. 37120/ 2019 Rv. 277288 con la pronunzia da ultimo indicata è stato obiettato, rispetto a tale indirizzo, che: " il "riciclatore" non ha goduto in alcun modo dell'intera somma, posto che tra l'autore del reato presupposto ed il riciclatore, non è ipotizzabile alcun concorso: di conseguenza, non può essere utilizzato il principio solidaristico per confiscare al riciclatore il profitto conseguito dall'autore del reato presupposto, mancando il presupposto giuridico e cioè il concorso fra i due autori dei diversi reati. In realtà, una volta che sia la prova che il riciclatore si è avvantaggiato solo del "prezzo del reato", nel mentre del profitto/prodotto si è avvantaggiato l'autore del reato presupposto, è contrario ai principi generali che la confisca (per equivalente) avente ad oggetto l'intero profitto/prodotto del reato di riciclaggio debba essere fatta gravare sul solo "riciclatore": infatti, se il principio della solidarietà è condivisibile per il vantaggio derivato dalla commissione di un reato in concorso (sul cui profitto ogni concorrente può vantare, in astratto, la disponibilità esclusiva), così non è nel caso in cui manchi il concorso nel caso peculiare del riciclatore che si limita a trattenere per sé solo il prezzo del reato, restituendo la differenza all'autore del reato presupposto Non vi e', quindi, alcuna ragione per cui il "riciclatore" debba rispondere di tutta la somma riciclata, laddove, in realtà, ad avvantaggiarsene sia stato un terzo (l'autore del reato presupposto), perché si finirebbe per sanzionare il riciclatore (con una confisca per equivalente o diretta in caso di denaro) per un profitto di cui non ha mai goduto, contravvenendo, quindi, alla regola generale sottostante alle confische (in specie quella per equivalente) e secondo la quale la suddetta sanzione non può colpire il patrimonio dell'autore del reato in misura superiore al vantaggio economico derivatogli dalla commissione di un determinato reato".

La Seconda Sezione, con la sentenza 7503/2021, ha aderito al primo indirizzo che appare maggiormente in linea con le finalità ed i principi di cui alla Dec. 2001/500/GAI del 26 giugno 2001, Decisione quadro del Consiglio concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato e della direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo che costituisce un punto di riferimento per la applicazione della legge nazionale.

Va osservato che il legislatore, nei tempi più recenti, ha individuato nella misura della confisca obbligatoria e nella confisca per equivalente la soluzione al problema del nesso di pertinenzialità tra i beni appresi e il reato-fonte, introducendo la misura in diverse norme del codice penale (artt. 322-ter, 600-septies, 640-quater, 644, 648-quater e in disposizioni della legislazione speciale (art. 187 T.U.F., art. 2641 c.c., L. n. 146 del 2006, art. 11).

Sono state poi introdotte ipotesi di confisca c.d. "speciale", come quella prevista dalla L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies o quella prevista in materia di prevenzione dalla L. n. 575 del 1965, art. 2-ter.



E' noto che con il termine confisca si identificano misure ablative di diversa natura, a seconda del contesto normativo in cui lo stesso termine viene utilizzato, come già era stato affermato dalla Corte costituzionale: "la confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica, il suo contenuto è sempre la privazione di beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero anche di misura giuridica civile ed amministrativa".

Pertanto, ne consegue che non ne esiste una figura astratta e generica, dovendosi avere riguardo, di volta in volta, alla figura che emerge in concreto "la confisca così come risulta da una determinata legge".

Si riportano alcune sentenze sul punto:

In tema di riciclaggio, la confisca per equivalente del profitto del reato è applicabile solo con riferimento al valore del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore e non sull'intera somma derivante dalle operazioni poste in essere dall'autore del reato presupposto, poiché, non essendo ipotizzabile alcun concorso fra i responsabili dei diversi reati, la misura ablativa non può essere disposta per un importo superiore al provento del reato contestato (Cassazione penale , sez. II , 06/12/2022 , n. 2166).

(vedi anche)In tema di riciclaggio, la confisca per equivalente del profitto del reato è applicabile solo con riferimento al valore del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore - determinato in sede di accertamento giudiziale - e non sull'intera somma derivante dalle operazioni poste in essere dall'autore del reato presupposto, poiché, non essendo ipotizzabile alcun concorso fra i due responsabili dei diversi reati, la misura ablativa non può essere disposta per un importo superiore al provento del reato contestato (Cassazione penale , sez. II , 26/11/2021 , n. 2879).


7. I rapporti con gli altri reati

Analizziamo di seguito le principali sentenze della Corte di cassazione sul tema:

Il delitto di riciclaggio, in quanto reato a forma libera e a formazione eventualmente progressiva, realizzabile anche con più atti finalizzati ad ostacolare l'illecita provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, assorbe il delitto di trasferimento fraudolento di valori in forza della clausola di riserva di cui all' art. 512-bis c.p. nel caso in cui quest'ultimo costituisca un segmento della più articolata condotta riciclatoria (Cassazione penale , sez. II , 15/07/2022 , n. 38141).

Riciclaggio: sui rapporti con il reato di intestazione fittizia

Riciclaggio: differenze con il reato di ricettazione



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