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Riciclaggio: l'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di riciclaggio

La massima

L'elemento soggettivo del delitto di riciclaggio (art. 648 bis cod.pen.) è integrato dal dolo generico che consiste nella coscienza e volontà di ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa dei beni e nella consapevolezza di tale provenienza (Cassazione penale , sez. V , 02/02/2017 , n. 25924).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. V , 02/02/2017 , n. 25924

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Bologna ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado nei confronti dell'imputato, che l'aveva condannato alla pena di giustizia per i reati di cui agli artt. 56,628,477-482 c.p.art. 648 c.p., riqualificando il primo nel delitto di tentativo di furto aggravato dalla violenza sulle cose, fatti di (OMISSIS).


1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa dell'imputato, che ha lamentato l'illogicità della motivazione riguardo alla valutazione indiziaria. La motivazione avrebbe ritenuto autosufficienti per gravità e precisione ciascuno degli indizi a carico dell'imputato, con riferimento all'affermazione di compatibilità tra il suo DNA e quello repertato su un cappello attribuito ad uno dei partecipi al fatto criminoso e con riferimento alle impronte papillari.


1.1 Tramite il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all'art. 648 bis c.p. e vizio di motivazione riguardo alla ritenuta responsabilità dell'imputato. Nessuna prova sarebbe stata acquisita per il concorso del giudicabile nelle attività preparatorie del delitto in parola, con particolare riferimento all'elemento psicologico del reato.


1.2 Il mancato riconoscimento delle circostanze generiche è stato oggetto del terzo motivo di ricorso per violazione della legge penale, art. 62 bis c.p.. I giudici di merito le avrebbero negata per il comportamento processuale dell'imputato, che però si era semplicemente avvalso del diritto di difendersi.


All'odierna udienza il PG, Dr. ORSI, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso e l'avvocato Bergamasco per l'imputato ha insistito per l'accoglimento.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.


1. primo motivo di ricorso, infatti, sooto la veste del vizio di motivazione illogica, ha proposto censure nel merito del ragionamento probatorio sviluppato dai giudici bolognesi ed, in primis, deve osservarsi che la conferma della dichiarazione di responsabilità del giudicabile è avvenuta tramite l'uso del metodo razionale di valutazione complessiva del materiale indiziario e non, come affermato dal ricorrente, attraverso un giudizio di autosufficienza di ciascuno degli indici esaminati.


1.1 Quanto all'esame del DNA sul berretto, la motivazione ha spiegato la presenza dei cosiddetti "picchi" non riferibili all'imputato con la possibile degradazione del materiale da esaminare, che, peraltro, non aveva inficiato la chiarezza dell'esito dell'accertamento, a causa della prevalenza netta del materiale attribuibile al ricorrente.


1.2 La spiegazione circa la valenza probatoria delle impronte digitali del ricorrente su oggetti pertinenti al telefono, che i complici avevano dato al coimputato G. non è illogica, nè contraddittoria. Sul punto i Giudici di Appello hanno plausibilmente illustrato i motivi per i quali non erano state rilevate impronte dello stesso G. ed hanno richiamato le osservazioni del primo Giudice circa la scarsa verosimiglianza delle giustificazioni addotte dal giudicabile circa la presenza delle sue impronte sul libretto di istruzioni e sulla copertura del portacellulare; essi hanno aggiunto, a sostegno del discorso sviluppato, che B. aveva ricordato solo di aver toccato quegli accessori ma null'altro aveva saputo chiarire circa la situazione in cui il contatto sarebbe avvenuto concludendo, in maniera logicamente ineccepibile, per la pretestuosità delle dichiarazioni del giudicabile.


1.3 Può infine aggiungersi che la motivazione, in coerenza del corretto metodo di giudizio d'insieme delle prove adottato, ha dato peso agli esiti degli accertamenti riguardanti le celle agganciate dai telefoni cellulari degli imputati la sera precedente il delitto, che erano site tutte nella zona di abitazione del ricorrente, a sua volta prossima ai luoghi ove erano stati consumati i furti delle auto usate dagli autori del delitto per portarsi sul luogo ove il tentativo di furto al bancomat sarebbe stato perpetrato.


2. Quanto al secondo motivo di ricorso deve registrarsi che la condotta attribuita all'imputato è stata quella della sostituzione delle targhe dell'autovettura rubata con altre attribuite ad un diverso veicolo, che integra una fattispecie di riciclaggio, essendo, all'evidenza, idonea a nascondere la provenienza delittuosa del bene e a tale scopo finalizzata; ex multis Sez. 2, Sentenza n. 30842 del 03/04/2013 Ud. (dep. 18/07/2013) Rv. 257059.


2.1 La censura inerente l'elemento soggettivo del delitto ha ignorato che alla sua integrazione è sufficiente il dolo generico, che nel caso in esame doveva investire sia la consapevolezza dell'origine delittuosa del veicolo, sia la volontà di compiere le attività di dissimulazione della stessa. Sez. 4, sentenza n. 6350 del 30/01/2007 ud (dep. 15/02/2007) rv. 236111, non essendovi necessità di uno scopo di profitto da parte dell'agente, come invece nella ricettazione.


2.2 Al contrario di quanto prospettato dal ricorrente la motivazione ha dato conto delle ragioni per le quali l'imputato era cosciente dell'origine furtiva della vettura usata per recarsi sul luogo del delitto e della sostituzione delle targhe, avendo sottolineato in proposito la necessità del ricorso a tali prassi illecite per coloro che devono compiere un reato, essendo, pertanto, nel contesto probatorio ricostruito dai processi, tutti i concorrenti consapevoli e concordi sia nell'usare l'auto rubata, sia nel sostituirne la targhe a scopo dissimulatorio dell'origine illecita.


3. Il terzo motivo di ricorso non si è confrontato con la chiara spiegazione data dai Giudici alla negatoria delle attenuanti generiche, giustificata attraverso la contiguità dell'imputato a contesti malavitosi di livello elevato, desumibile dalla preordinazione di mezzi e dalla organizzazione dei plurimi reati per cui è giudizio, nonchè dal comportamento processuale del giudicabile, legittimo ma mutevole a seconda dei risultati di indagine conosciuti; a sua volta, suscettibile di legittimo apprezzamento - nella specie negativo - da parte dei Giudici del merito.


Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2017.


Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017




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