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Rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza per territorio ex art. 24-bis: inammissibile se di carattere esplorativo (Cass. pen. n.11400/23)


Competenza penale

La massima

In tema di rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza per territorio ex art. 24-bis c.p.p., è inammissibile la rimessione della questione avente carattere meramente esplorativo, con la quale, a fronte della prospettazione di più soluzioni, la decisione sia demandata alla Corte di cassazione.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 14/12/2023, n.11400

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5 aprile 2023, il Tribunale di Treviso ha rimesso alla Corte di cassazione la questione concernente la competenza per territorio tempestivamente eccepita dalla difesa dell'imputato De.Gr. nell'ambito del procedimento penale a suo carico per il reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen.

Premette il rimettente che:

1.1.si procede nei confronti del Gr.De. (e degli altri imputati, Ge.Cl., Gu.Al., Ro.Bi. e Ma.Al.) per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;

1.2. costoro, mediante le società/imprese da essi legalmente rappresentate, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e mediante l'allestimento di mezzi e attività continuative di gestione, in violazione della disciplina vigente in materia di gestione di rifiuti non pericolosi, avrebbero gestito ingenti quantitativi di rifiuti costituiti da abbigliamento usato (CER 20.01.10) di spettanza del solo soggetto pubblico/concessionario (Co. Spa, costituita parte civile);

1.3. in particolare, il Gr.De., per conto della propria impresa "As." con sede legale in Conselve (PD), avrebbe provveduto, con propri mezzi debitamente iscritti all'albo dei gestori ambientali, alla raccolta di abbigliamento usato mediante posizionamento sul suolo privato o soggetto ad uso pubblico di contenitori mobili di raccolta, per i quali si ritiene non fosse stata richiesta alcuna autorizzazione, successivamente stoccando l'abbigliamento così ottenuto presso la propria sede operativa di Conselve (PD), non ancora autorizzata per tale specifica fase di gestione (domanda in corso di istruttoria), provvedendo successivamente, in totale assenza di regolare rapporto con il concessionario pubblico del servizio, alla ulteriore cessione dei rifiuti alle società legalmente rappresentate dagli altri imputati: "Ba. Srl" con sede in Montemurlo (PO), "Eu.Re." di Ma.Al., con sede in Bagnoregio (VT), "Sa." di Se.Br., Bi. e Ro., con sede in Prato;

1.4. il Gr.De., inoltre, è imputato anche del reato di truffa aggravata, connesso al reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen. che esercita la vis actrativa sia perché più grave sia perché di competenza dell'autorità giudiziaria distrettuale ai sensi dell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.;

1.5. Ge.Cl. è anch'egli imputato di analoga attività svolta sotto le insegne della società "Ge. Srl" con sede in Bagnoli di Sopra (PD); tuttavia, chiarisce il rimettente:

1.5.1. Ge. non è imputato in concorso con altri del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;

1.5.2. risulta che fosse in possesso di comunicazioni e/o iscrizioni ai fini della raccolta, trasporto (peraltro, per una "classe" di utenza inferiore a quella realmente gestita), messa in riserva e recupero dei rifiuti urbani recanti CER 20.01.10 (abbigliamento usato);

1.5.3. gli si imputa di avere provveduto, con propri mezzi, alla raccolta di abbigliamento usato mediante posizionamento sul suolo privato o soggetto ad uso pubblico di contenitori mobili per i quali non risulta fosse stata richiesta la relativa autorizzazione al posizionamento all'autorità competente, con successivo prelievo e stoccaggio del predetto abbigliamento presso la propria sede legale/operativa senza che fosse in essere qualsivoglia rapporto/autorizzazione/incarico intercorso con la "Co. Spa";

1.5.4. tale attività di abusiva raccolta risulta, stando all'accusa, accertata in provincia di Treviso ed altre non meglio specificate province e regioni limitrofe;

1.5.5. è imputato del medesimo reato di truffa aggravata contestato al capo C in concorso con il Gr.De.;

1.6. quest'ultimo, con apposita memoria ha riproposto l'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Padova in favore dell'AG Toscana, eccezione già sollevata dinanzi al giudice per l'udienza preliminare, ma da questi rigettata, alla quale si sono associate tutte le difese;

1.7. secondo la tesi difensiva la condotta integrante il reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen., sarebbe culminata e si sarebbe infine realizzata con il conferimento del vestiario presso le sedi degli acquirenti, site in parte nella provincia di Prato, in parte nella provincia di Viterbo;

1.8. la competenza, in particolare, si radicherebbe presso l'AG Toscana in considerazione del fatto che le prime cessioni di vestiario sarebbero state realizzate nel mese di marzo 2010 in favore della società "Ba. Srl".

Tanto premesso, il Giudice rimettente non condivide tale ricostruzione e ritiene altresì erronea la competenza territoriale del Tribunale di Treviso, in composizione monocratica, dinanzi al quale sono stati tratti a giudizio indistintamente tutti gli imputati.

In particolare, osserva il rimettente:

(i) nella provincia di Treviso si è perfezionata solo la fase della raccolta degli indumenti;

(ii) tale fase risulta essersi perfezionata, stando all'imputazione, anche in altre province limitrofe della regione Veneto e, quanto al Ge., anche fuori Regione, in luoghi non meglio specificati dall'accusa;

(iii) la successiva fase dello stoccaggio si è invece sicuramente realizzata, mediante "accentramento" in provincia di Padova, dove hanno sede le imprese del Gr.De. e del Ge. e dove tutti i rifiuti raccolti nelle varie province (non solo quella di Treviso) venivano stoccati, per essere poi ulteriormente ceduti - come semplice merce - alle altre società dislocate fuori Regione.

Ne consegue - prosegue il rimettente - che il luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile deve essere individuato in Conselve (PD), quanto al Gr.De. e ai suoi coimputati, e in Bagnoli di Sopra (PD), quanto al Ge.. In tali luoghi ha avuto corso la gestione illecita del maggior quantitativo di rifiuti, poiché proprio in quelle sedi operative, coincidenti con le sedi legali, venivano concentrati e poi smistati tutti quantitativi di vestiario illecitamente trattati.

Nel circondario di Padova, conclude il Tribunale, si registra la compresenza di tutti i requisiti propri del delitto "abituale" di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in particolare la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo.

2. Il Procuratore generale della Corte di cassazione con requisitoria scritta ha chiesto che venga dichiarata l'incompetenza del Tribunale di Treviso a favore di quella del Tribunale di Padova.

3. Con memoria del 5 dicembre 2023 il difensore di De.Gr., Avv. Matteo Gerbisi, ha replicato alle conclusioni del PG insistendo per l'accoglimento della propria eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Treviso con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, quale AG distrettuale competente ai sensi dell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La rimessione è inammissibile.

2. In termini generali, deve osservarsi, in premessa, che il nuovo istituto del "rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, per la decisione sulla questione della competenza per territorio", disciplinato dall'art. 24-bis cod. proc. pen, è stato introdotto nell'ordinamento dall'art. 4, comma 1, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in attuazione del disposto dell'art. 1, comma 13, lett. n) della legge delega 27 settembre 2021, n. 134. A mezzo di tale strumento, viene offerta la possibilità - al giudice procedente, che si trovi a dirimere una questione inerente al tema della competenza per territorio - di rimettere, d'ufficio o su istanza di parte, la relativa questione alla Corte di cassazione; tale rimessione provoca un esito preclusivo, quanto alla possibilità di prospettare nuovamente la medesima questione nel corso del procedimento.

Il nuovo istituto riveste una funzione strumentale, rispetto al raggiungimento del fine di una intangibile definizione del tema della competenza per territorio, in modo che risulti scongiurato il pericolo della inutile celebrazione di processi, fondati su una errata attribuzione di competenza, con il quale si sono voluti "evitare casi, che si sono verificati, in cui l'incompetenza, tempestivamente eccepita, è stata riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo" (cfr. Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 40, che ha anche evidenziato che "l'introduzione di un istituto che consente alla Corte di risolvere in via definitiva la questione relativa alla competenza, mettendo così il processo "in sicurezza", risponde evidentemente anche al principio costituzionale dell'efficienza e della ragionevole durata del processo").

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione si presenta come meccanismo risolutivo preventivo che si aggiunge, quindi, agli ordinari strumenti di impugnazione nel sistema della definizione della questione sulla competenza territoriale. A differenza del conflitto ex art. 30 cod. proc. pen., la natura anticipatoria e preventiva dello strumento del rinvio pregiudiziale affida la decisione sulla rimessione al giudice procedente, dotato di maggiore ambito di scelta rispetto a quello investito da una precedente decisione in conflitto.

Il primo comma dell'articolo, letto congiuntamente al sesto, individua i presupposti del rinvio pregiudiziale, i soggetti legittimati ed i termini entro cui la questione concernente la competenza per territorio dev'essere rimessa alla Corte di cassazione: "Prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa, anche d'ufficio, alla Corte di cassazione. Entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, può essere, altresì, rimessa alla Corte di cassazione la questione concernente la competenza per territorio riproposta ai sensi dell'articolo 21, comma 2" - comma 1 -. "La parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento" - comma 6. I termini previsti per la presentazione della richiesta di rinvio incidentale, anche a seguito di rilievo d'ufficio, sono previsti a pena di decadenza e coincidono in sostanza con quelli stabiliti dal codice di rito per eccepire l'incompetenza per territorio: sino alla conclusione dell'udienza preliminare e, laddove essa manchi, in sede di espletamento delle formalità di apertura del dibattimento ai sensi dell'art. 491, comma 1, cod. proc. pen. (per i procedimenti a citazione diretta a giudizio, il termine dedicato all'espletamento delle formalità ex art. 491 cod. proc. pen. è anticipato all'udienza predibattimentale introdotta dall'art. 544-bis cod. proc. pen.). Anche la reiterazione della richiesta ricalca la disciplina in tema di eccezione di incompetenza per territorio: la richiesta rigettata in prima istanza può essere ripresentata entro e non oltre il termine previsto dall'art. 491, comma 1, cod. proc. pen.

Inoltre, la formulazione dell'eccezione di incompetenza per territorio del giudice procedente formulata dalla parte deve essere sempre associata alla contestuale richiesta di rimessione della questione alla decisione della Corte di cassazione, realizzandosi, in assenza, una preclusione per la riproposizione della questione nel corso del procedimento. La nuova norma in esame, poi, attribuisce al giudice il potere discrezionale di valutare la meritevolezza della richiesta e l'opportunità del rinvio. Come già affermato da questa Corte, nell'architettura dell'art. 24-bis cod. proc. pen. il giudice procedente "può" - non deve - rimettere la questione alla Corte di cassazione, se sceglie di utilizzare il rinvio pregiudiziale, deve motivare e spiegare le ragioni di questa sua scelta e, quindi, prendere esplicita posizione sull'eccezione sollevata dalla parte. La norma di nuovo conio non fornisce espressamente indicazioni sul vaglio che deve compiere il giudice che "pronuncia ordinanza", ma "si tratta di un provvedimento che, alla luce dell'art. 125 cod. proc. pen., deve essere motivato a pena di nullità e che si inserisce nel quadro delle disposizioni che regolano le decisioni sulla competenza (Sez. 1 n. 22336 del 03/05/2023, Piredda, non massimata).

Ed è stato rimarcato da questa Corte come, al fine di definire il potere discrezionale del giudice, debba essere valorizzata la ratio della norma (evitare che l'eccezione di incompetenza territoriale tempestivamente sollevata venga respinta, ma resti come un "vizio occulto" del processo, con la possibilità che essa, accolta nei gradi successivi, determini la caducazione dell'attività processuale svolta medio tempore e la necessità di ricominciare l'iter processuale), tenendo anche conto che la relazione finale della "Commissione Lattanzi" ha suggerito, in ossequio ai principi costituzionali dell'efficienza e della ragionevole durata del processo, di "responsabilizzare il giudice di merito" nella valutazione del rinvio incidentale alla Corte regolatrice per la definizione della questione sulla competenza territoriale, orientando la scelta "solo al cospetto di questioni di una certa serie", in modo da evitare potenziali usi strumentali dell'istituto derivanti da un automatismo defaticante connesso alla formulazione della eccezione (cfr. in termini Sez. 1, n. 22319 del 2023, non massimata).

La "serietà" della questione costituisce, quindi, il requisito implicito della fattispecie in esame. La norma di nuovo conio convive con il preesistente sistema normativo della competenza territoriale e vi si affianca con la funzione di prevenire l'ingresso al sistema dei conflitti di competenza, quando la questione è "seria": la discrezionalità del giudice, sia nell'ipotesi della richiesta di parte che della rimessione d'ufficio, è una discrezionalità vincolata alla "serietà" della questione di competenza.

Il Giudice, investito della questione o che intenda rilevarla d'ufficio, è tenuto, ai fini della ammissibilità del rinvio a motivare la propria determinazione compiendo una preliminare delibazione di non manifesta infondatezza della questione e prospettando l'impossibilità di risolverla mediante l'utilizzo degli ordinari strumenti. Ne discende che il giudice può disporre, a pena di inammissibilità, il rinvio pregiudiziale, anche d'ufficio, con congrua motivazione, quando dubiti seriamente della propria competenza e sempre che la parte non sia decaduta dalla facoltà di riproporre la questione di competenza nel corso del processo. Deve, allora, osservarsi che la ratio dell'istituto rende evidente che è preclusa la rimessione ex art. 24-bis cod. proc. pen., allorquando il giudice sia certo della propria competenza o incompetenza, dovendo in tal caso, adottare il consequenziale provvedimento sulla base degli istituti previgenti: se ritiene la questione fondata dovrebbe dichiarare immediatamente la propria incompetenza, diversamente se è convinto della manifesta infondatezza della questione dovrebbe rigettare l'eccezione. Ed è evidente che il giudice si troverà a rimettere la questione quando la parte prospetti la sua incompetenza ed egli, invece, si ritenga competente: invero, se, al contrario, si ritiene incompetente, dovrà pronunciare sentenza di incompetenza (Sez. 1 n. 22326 del 03/05/2023, cit., Sez. 2 n. 285 del 20/06/2023 e Sez. 2 n. 30721/2023, non massimate).

Ed è, del pari evidente, che se la parte formula l'eccezione nell'udienza preliminare (o, se questa manchi, nel termine di cui all'art. 491, comma 1, cod. proc. pen.) senza chiedere il rinvio pregiudiziale e non potrà più riproporre in seguito l'eccezione, il giudice dovrà decidere secondo gli istituti preesistenti: se si ritiene incompetente emettere sentenza di incompetenza e se si ritiene competente rigetterà l'eccezione e la parte non potrà più sollevare doglianza; diversamente, si autorizzerebbe il giudice a chiedere un parere preventivo alla Corte tutte le volte che dubiti della competenza, senza che le parti si siano neppure dolute, e si finirebbe per interpretare il rinvio pregiudiziale come una sorta di delega del giudice di merito al giudice di legittimità per la soluzione della questione di competenza, come uno strumento indeterminato e dispersivo, che rischia di risultare inidoneo a raggiungere l'obiettivo che la norma ha inteso perseguire (così, in motivazione, Sez. 3, n. 41594 del 06/07/2023, Rv. 285114 -01).

La giurisprudenza di questa Corte è dunque costante nell'affermare il principio secondo il quale, in tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio ex art. 24-bis cod. proc. pen., introdotto dall'art. 4, comma 1, D.Lgs.. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice, investito della questione o che intenda rilevarla "ex officio", è tenuto, ai fini dell'ammissibilità del rinvio, a motivare la propria determinazione, analizzando la questione e compiendo una preliminare delibazione di non manifesta infondatezza della stessa, così da prospettare l'impossibilità di risolverla mediante l'utilizzo degli ordinari strumenti normativi (Sez. 1, n. 46466 del 22/09/2023, Rv. 285513 - 01; Sez. 5, n. 43304 del 07/07/2023, Rv. 285233 - 01; Sez. 6, n. 31809 del 10/05/2023, Rv. 285089 - 01; Sez. 6, n. 20612 del 12/04/2023, Rv. 284720 - 01).

Nel caso in esame, l'ordinanza di rimessione ha carattere inammissibilmente esplorativo avendo demandato alla Corte di cassazione di decidere quale, delle tre soluzioni prospettate/sia fondata, una delle quali, peraltro, formulata dallo stesso Giudice il quale, però, avrebbe potuto e dovuto dichiararsi incompetente e trasmettere gli atti all'AG ritenuta territorialmente competente piuttosto che chiedere al Giudice di legittimità di disinnescare il rischio di "attività processuali a vuoto".

3.In ogni caso, il Collegio osserva quanto segue.

3.1. Il delitto di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen. è reato comune che può essere commesso di chiunque (nel senso che si tratta di fattispecie monosoggettiva, Sez. 3, n. 4503 del 16/12/2005, dep. 2016, Samarati, Rv. 233292 - 01; Sez. 3, n. 15630 del 12/01/2011, Costa, Rv. 249984 - 01; Sez. 3, n. 36119 del 30/06/2016, Gavillucci, Rv. 267760 - 01).

3.2. La condotta consiste, alternativamente, nel cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare, o comunque gestire abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.

3.3. Tali condotte non sono sufficienti a integrare la fattispecie delittuosa: è altresì necessario che siano poste in essere: a) con più operazioni; b) attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative. In assenza di tali requisiti la condotta del cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare, o comunque gestire abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti non integra il delitto in questione. E' sufficiente, però, che anche una sola delle fasi di gestione dei rifiuti avvenga in forma organizzata, in quanto, come detto, la norma incriminatrice indica in forma alternativa le varie condotte che, nell'ambito del ciclo di gestione, possono assumere rilievo penale (Sez. 3, n. 43710 del 23/05/2019, Gianino, Rv. 276937 - 01).

3.4. Nella definizione di gestione, rientra qualsiasi forma di gestione dei rifiuti, anche l'attività di intermediazione e commercio, che sia svolta in violazione delle disposizioni in materia (Sez. 3, n. 28685 del 04/05/2006, Buttone, Rv. 234931 - 01, secondo cui la condotta delittuosa non può ritenersi agganciata alla nozione di "gestione" di cui all'art. 183, lett. n, del D.Lgs. n. 152 del 2006, né limitata ai casi in cui l'attività venga svolta al di fuori delle prescritte autorizzazioni).

3.5. Il requisito dell'allestimento di mezzi richiede, a sua volta, la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo (Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016, Serrao, Rv. 268920 - 01). Non si richiede, tuttavia, l'esistenza di una struttura operante in modo esclusivamente illecito, ben potendo l'attività criminosa essere inserita in un contesto comprendente anche operazioni commerciali riguardanti i rifiuti svolte con modalità lecite (Sez. 3, n. 47870 del 19/10/2011, Giommi, Rv. 251965 - 01; Sez. 3, n. 26614 del 12/07/2012, dep. 2016, Trervisan, Rv. 257075 - 01, secondo cui il trasporto ordinario e continuativo di propri rifiuti non pericolosi, costituente parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa, integra la fattispecie criminosa di cui all'art. 260 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 se effettuato in assenza di iscrizione dell'impresa all'albo nazionale dei gestori ambientali, ancorché nelle forme semplificate di cui al comma ottavo dell'art. 212 del decreto medesimo).

3.6. In quanto necessariamente caratterizzato da una pluralità di condotte, alcune delle quali, come detto, se singolarmente considerate, potrebbero non costituire reato, il delitto di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen. ha natura di "reato abituale proprio" che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie (Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016, Serra, Rv. 268920 - 01; Sez. 3, n. 44629 del 22/10/2015, Bettelli, Rv. 265573 - 01) e si consuma con la cessazione dell'attività organizzata finalizzata al traffico illecito (Sez. 3, n. 16036 del 28/02/2019, Zoccoli, Rv. 275395 - 02; Sez. 3, n. 44629 del 2015, Bettelli, cit.).

3.7. La competenza, è stato affermato, deve essere individuata nel luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile (Sez. 3, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati, Rv. 248145 -01; Sez. 3, n. 46705 del 03/11/2009, Caserta, Rv. 245605 - 01).

3.8. L'art. 8 cod. proc. pen. non detta regole specifiche per la individuazione del giudice competente a conoscere il reato abituale, stabilendo il primo comma che la "competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato".

3.9. In mancanza di riferimenti normativi specifici, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la competenza per territorio per il reato abituale deve essere determinata in relazione al luogo in cui il comportamento diviene riconoscibile e qualificabile come penalmente rilevante (Sez. 5, n. 3042 del 09/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278149 - 01, che, in tema di delitto di atti persecutori, ha individuato il "locus commissi delicti" in quello nel quale il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dall'art. 612-bis cod. pen.; nello stesso senso, Sez. 5, n. 16977 del 12/02/2020, S., Rv. 279178 -01). Tale principio è stato affermato anche in tema di maltrattamenti in famiglia (Sez. F, n. 36132 del 13/08/2019, G., Rv. 276785 - 01; Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013, B., Rv. 257461 - 01); per Sez. 6, n. 24026 del 26/03/2019, L., Rv. 276752 - 01, invece, la competenza per territorio si radica innanzi al giudice del luogo di realizzazione dell'ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato di maltrattamenti in famiglia; nello stesso senso, Sez. 6, n. 3032 del 16/12/1986, Rv. 175315 - 01, espressamente richiamata da Sez. 6, n. 24026 del 2019, cit.).

3.10. Anche con riferimento al reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen. si è affermato che la competenza deve essere individuata nel luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile (Sez. 3, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati, Rv. 248145 -01; Sez. 3, n. 46705 del 03/11/2009, Caserta, Rv. 245605 - 01; fa riferimento al luogo in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite Sez. 3, n. 48350 del 29/09/2017, Perego, Rv. 271798 - 01).

3.11. La questione deve essere necessariamente risolta alla luce del dato normativo (art. 8 cod. proc. pen.) che, come detto, fa riferimento al "luogo di consumazione del reato".

3.12. Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti si consuma, come già detto, mediante la realizzazione anche di una sola delle condotte alternativamente tipizzate dalla fattispecie: a) la cessione; b) la ricezione; c) il trasporto; d) l'esportazione; e) l'importazione; f) la gestione dei rifiuti.

3.13. La abusività e la pluralità delle condotte e l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate qualificano la rilevanza penale del fatto sicché la pluralità delle condotte è da sola insufficiente a integrare la fattispecie; è altresì necessario che la quantità di rifiuti trattati sia ingente.

3.14. L'ingente quantità deve riferirsi al quantitativo complessivo di rifiuti trattati attraverso la pluralità delle operazioni svolte, anche quando queste ultime, singolarmente considerate, possono essere qualificate di modesta entità (Sez. 3, n. 39952 del 16/04/2019, Radin, Rv. 278531 - 02; Sez. 3, n. 46950 del 11/10/2016, Sepe, Rv. 268667 - 01). Il requisito della ingente quantità, però, non può essere desunto automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell'abusiva gestione di rifiuti (Sez. 3, n. 12433 del 15/11/2005, dep. 2006, Costa, Rv. 234009 - 01; Sez. 6, n. 30373 del 18/03/2004, Ostuni, Rv. 229946 - 01).

3.15. Sez. 3, n. 358 del 20/11/2007, dep. 2008, Putrone, Rv. 238558 - 01, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 260, D.Lgs. n. 152/2006, per violazione dell'art. 25 Cost. sul presupposto dell'asserita indeterminatezza del concetto di "ingente quantità di rifiuti", essendo al contrario senz'altro possibile definire l'ambito applicativo della disposizione tenuto conto che tale nozione, in un contesto che consideri anche le finalità della norma, va riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni, anche se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero essere di entità modesta (nel senso che il termine "ingente" deve riferirsi all'attività abusiva nel suo complesso, ovvero al quantitativo di rifiuti complessivamente gestito attraverso la pruralità di operazioni, che considerate singolarmente potrebbero anche essere qualificate quali modeste, Sez. 3, n. 40827 del 06/10/2005, Carretta, Rv. 232348 - 01).

3.16. Le condotte del cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare, o comunque gestire ingenti quantitativi di rifiuti sono qualificate dalla loro abusività.

3.17. La natura abusiva qualifica anche la condotta di altri delitti contro l'ambiente (artt. 452-bis, 452-quater, 452-sexies c.p.). In termini generali, la condotta è "abusiva" non solo quando viene svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quando è posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo, Rv. 269491 - 01; Sez. 3, n. 46710 del 29/04/2016, P., Rv. 268020 - 01; parla di abuso del titolo amministrativo di cui si ha la disponibilità, Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015 - 02).

3.18. Con specifico riferimento al delitto di cui all'art. 452-quaterdecies c.p., il requisito della abusività deve essere interpretato in stretta connessione con gli altri elementi tipici della fattispecie, quali la reiterazione della condotta illecita e il dolo specifico d'ingiusto profitto. Ne consegue che la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito determinante per la configurazione del delitto che, da un lato, può sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall'attività autorizzata (Sez. 3, n. 358 del 2008, cit.; Sez. 5, n. 40330 dell'I 1/10/2006, Pelimi, Rv. 236294 - 01, secondo cui sussiste il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto - cosiddetta attività clandestina -, ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati e accompagnati da bolle false quanto a codice attestante la natura del rifiuto, in modo da celarne le reali caratteristiche e farli apparire conformi ai provvedimenti autorizzatori dei siti di destinazione finale; nello stesso senso, Sez. 3, n. 40828 del 06/10/2005, Fradella, Rv. 232350 - 01; secondo Sez. 3, n. 33089 del 15/07/2021, Centro Servizi Ambiente, Rv. 282101 - 01, la verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime, assume rilievo al fine dell'accertamento della abusività della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata la violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest'ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime); dall'altro, il requisito della abusività può risultare insussistente quando la carenza dell'autorizzazione assuma rilievo puramente formale e non sia causalmente collegata agli altri elementi costitutivi del traffico (Sez. 3, n. 44449 del 15/10/2013, Ghidoli, Rv. 258326 - 01, che, in applicazione di tale principio, ha annullato il sequestro preventivo di un "residence" turistico, disposto sulla base di mere irregolarità degli impianti preposti al trattamento dei reflui fognari e delle acque di scarico; Sez. 3, n. 52838 del 2016, cit., che ha ritenuto integrato il reato in questione a carico di un soggetto, titolare di regolare autorizzazione per i propri impianti a ricevere e trattare rifiuti e provvedere all'integrale recupero degli stessi, qualora tecnicamente possibile, attraverso una lavorazione finalizzata al recupero o al reimpiego in altro ciclo produttivo della parte riutilizzabile, mentre soltanto la parte non recuperabile poteva essere destinata allo smaltimento, il quale, invece, contrariamente all'attestazione alle industrie conferenti i rifiuti della loro messa in riserva con finalità di recupero attraverso i propri impianti, si era disfatto dei rifiuti medesimi, trasportandoli e conferendoli ad altri impianti).

3.19. In tema di spedizione di rifiuti, per esempio, si è affermato che, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen., costituisce spedizione illegale di rifiuti quella effettuata mediante dichiarazione dei soli rifiuti per cui sussiste un obbligo generale di informazione ai sensi dell'art. 3, par. 2, del Regolamento CE n. 1013/2006, ma avente ad oggetto anche rifiuti diversi, per la cui spedizione sarebbe stato necessario il ricorso alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva ex art. 3, par. 1, dello stesso Regolamento (Sez. 3, n. 32737 del 18/09/2020, Capillo, Rv. 280026 - 01; nel caso scrutinato dalla Corte di cassazione si trattava di rifiuti tessili miscelati con rifiuti non rientranti nell'allegato III - c.d. Elenco verde - del Regolamento CE n. 1013/2006, ma inclusi nel successivo allegato IV, la cui destinazione all'esportazione non era stata preceduta da notifica e preventiva autorizzazione).

3.20. Ai fini della integrazione del reato non sono necessari un danno ambientale né la minaccia grave di esso; il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non è strutturato come reato d'evento. Né una diversa conclusione può trarsi dalla previsione del ripristino ambientale contenuta nel comma quarto del citato articolo che si riferisce alla sola eventualità in cui il pregiudizio o il pericolo si siano effettivamente verificati e, pertanto, non è idonea a mutare la natura della fattispecie da reato di pericolo presunto a reato di danno (Sez. 3, n. 19018 del 20/12/2012, dep. 2013, Accarino, Rv. 255395 -01; Sez. 3, n. 4503 del 2006, Samarati, cit.; Sez. 3, n. 791 del 25/05/2017, dep. 2018, Fasano, Rv. 272326 - 01, ne ha tratto argomento per affermare che la sospensione condizionale della pena può essere subordinata alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose per l'ambiente solo ove si sia accertata la specifica sussistenza di siffatte conseguenze).

3.21. In conclusione, ai fini della consumazione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è necessario aver riguardo al momento e al luogo nel quale si verificano tutti gli elementi tipici del reato.

3.22. Potrebbe dunque accadere che venga posta in essere una o più delle condotte tipiche che abbiano ad oggetto ingenti quantitativi di rifiuti ma senza l'allestimento di mezzi e attività continuative; così come potrebbe accadere che venga posta in essere una delle condotte tipiche con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate ma in relazione a limitate quantità di rifiuti.

3.23. Deve essere ulteriormente precisato che il requisito della quantità ingente di rifiuti gestiti non sempre si realizza con una sola condotta sicché quando tale requisito viene integrato solo a seguito della reiterazione delle condotte, quelle precedenti assumono la diversa qualificazione imposta dall'art. 452-quaterdecies cod. pen. sempre che siano poste in essere sin da subito attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative.

4. Nel caso di specie, la rubrica descrive il fatto nei termini indicati dal Tribunale: a) raccolta di rifiuti nel trevigiano; b) stoccaggio provvisorio in provincia di Padova; c) conferimento presso le aziende toscane.

4.1. Il Gr.De. postula la competenza dell'AG distrettuale fiorentina siccome luogo di concretizzazione dell'ingiusto profitto.

4.2. Si tratta di rilievo errato perché il conseguimento del profitto, come detto, non è necessario ai fini della consumazione del reato; il profitto costituisce la causa del delitto, il movente tipizzato della condotta che qualifica il fatto come

reato o lo diversifica da altre fattispecie criminose, ma non ne è elemento costitutivo.

4.3. Il Tribunale, invece, opta per il luogo nel quale sono stati stoccati i rifiuti escludendo però la fase della raccolta che sarebbe già di per sé sufficiente a integrare il delitto se, secondo la ricostruzione del giudice, essa avveniva con più azioni e con modalità organizzate.

4.4. E' errato confondere il luogo di stoccaggio con quello nel quale si sarebbe verificato il requisito nella quantità ingente di rifiuti, perché, in realtà, tale luogo rende solo fisicamente percepibile un dato che è comunque logicamente preesistente: se è lo stesso operatore a raccogliere e a stoccare i medesimi rifiuti non si vede perché la condotta del raccogliere (che precede quella dello stoccare) debba essere eliminata a favore di quella dell'ammasso; se l'ammasso costituisce l'unità di misura della quantità ingente dei rifiuti gestiti appare evidente che il reato si è già consumato attraverso le singole operazioni di raccolta (si veda al riguardo, Sez. 3, n. 40827 del 2005, cit.).

4.5. In questo senso è corretta l'obiezione difensiva per la quale il Tribunale di Treviso valorizza un solo segmento della condotta escludendo quella della raccolta che, si ribadisce, costituisce pur sempre una fase della gestione dei rifiuti.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile la rimessione della decisione sulla questione di competenza.

Dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Treviso per l'ulteriore corso.

Così deciso in Roma il 14 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2024.

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