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Truffa: condannato broker finanziario che effettuava operazioni di trading senza autorizzazione


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di truffa

La massima

Il delitto di truffa commesso dal broker finanziario che, senza autorizzazione, percepisca denaro da privati da investire in operazioni di trading mobiliare ha natura di reato istantaneo e si consuma al momento della diminuzione patrimoniale e dell'ingiustificato arricchimento quando le parti abbiano concluso contratti di mandato singoli, in forza dei quali l'autore del reato, ottenuto il versamento delle somme, effettua l'investimento mentre va considerato a consumazione prolungata quando, a fronte di un accordo iniziale, il cliente effettui periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo (c.d. piani di accumulo). (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza che aveva considerato a consumazione prolungata la truffa effettuata mediante sottoscrizioni di singoli contratti di mandato, individuando erroneamente l'avvenuta consumazione al momento della mancata restituzione delle somme versate all'intermediario - Cassazione penale, sez. II, 21/11/2019, n. 189).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale, sez. II, 21/11/2019, n. 189

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza in data 15 settembre 2016, trasmessa a questa corte il 7 giugno 2019, la corte di appello di Brescia confermava la sentenza del tribunale di Brescia datata 14-12-2015 che aveva condannato B.F. e R.O. alle pene di legge, in quanto ritenuti responsabili del delitto di concorso in truffa commesso in danno di R.A., oltre al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile.


1.2 Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati; la B., con ricorso personale del 28 ottobre 2016, deduceva errata applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b), perchè erroneamente si era ritenuta la stessa soggetto dedito all'intermediazione finanziaria visto che la stessa non aveva mai presentato alcuna credenziale relativa ad attività di intermediazione autorizzata. Dovevano pertanto ritenersi assenti gli artifici e raggiri del contestato delitto avendo la ricorrente prospettato i rischi connessi agli investimenti finanziari ed avendo agito senza vincolo di mandato.


1.3 Il R., con ricorso dell'avv.to Vittorini, lamentava:


- inosservanza ed errata applicazione della legge penale sotto il profilo della affermata configurabilità degli artifici e raggiri, difetto di motivazione e travisamento della prova, quanto alla ritenuta sussistenza di attività di promozione finanziaria senza autorizzazione che era stata erroneamente affermata, posto che i contratti di mandato erano stati previsti senza rappresentanza e gli investimenti venivano effettuati dalla stessa B. che aveva compiuto in proprio attività di trading senza che rilievo decisivo poteva assumere il contenuto del biglietto da visita del R. che aveva soltanto la funzione di facilitare i contatti tra le parti. Inoltre, errato era il giudizio di attendibilità delle persone offese che, comunque, avevano accettato il pericolo di investimenti ad alto profilo di rischiosità;


- violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), e vizio di motivazione quanto al ritenuto concorso del R. nei fatti, essendo mancante qualsiasi contributo causale, visto che le attività erano svolte dalla sola coimputata la quale era anche unica destinataria delle somme e che l'imputato, venuto a conoscenza delle perdite finanziarie della B., aveva cessato ogni ulteriore attività;


- inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, vizio di motivazione rilevante quanto alla ritenuta sussistenza del dolo pur a fronte della ignoranza della regolamentazione dell'attività di intermediazione finanziaria da parte del R. al momento dei fatti;


- inosservanza ed erronea applicazione della legge penale quanto alla individuazione del momento consumativo del reato di truffa che doveva essere fissato al momento della corresponsione delle somme, effettuata in tre distinte occasioni in esecuzione dei singoli contratti, non potendo ritenersi sussistere un'ipotesi di truffa a consumazione prolungata sicchè le prime due ipotesi (23-9-08 e 16-2-09) dovevano ritenersi prescritte alla data della sentenza di appello, mentre, alla terza dazione di somme del 2 ottobre 2009, era rimasto estraneo il R.;


- violazione di legge quanto alla ritenuta inammissibilità dell'eccezione in punto tardività della querela;


- difetto di motivazione con riferimento alla condanna al pagamento della provvisionale.


1.4 Con successiva nota datata 4 novembre 2019 il difensore del R. depositava in cancelleria l'atto di revoca della costituzione della parte civile Ariete nei confronti di entrambi gli imputati.


CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 I motivi di doglianza avanzati in entrambi i ricorsi e relativi alla affermazione di responsabilità in ordine al contestato delitto di truffa, sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.


Ed invero, quanto al motivo con il quale si deduce la errata qualificazione dell'attività svolta dagli imputati nei termini dell'intermediazione finanziaria, valgono le osservazioni svolte dai giudici di primo e secondo grado sul punto e ricavate da precisi elementi di prova sia orale che documentale. I giudici di merito, e quello di primo grado in particolare con le ampie osservazioni ed argomentazioni svolte sul punto alle pagine 6 e seguenti della sentenza, che in caso di doppia conforme costituisce un unico apparato argomentativo, hanno spiegato come entrambe le persone offese escusse in sede di istruzione dibattimentale avessero riferito che gli imputati ebbero a presentarsi come autorizzati all'attività di intermediazione finanziaria e tale elemento trova integrale conferma sia nel biglietto da visita consegnato dal R., che nello stesso contenuto dei contratti sottoscritti nei quali viene fatto riferimento proprio allo svolgimento di attività di trading per la quale la B. non aveva alcuna autorizzazione.


Sul punto, pertanto, le conformi valutazioni esposte dai giudici di merito escludono ogni fondatezza alla doglianza poichè correttamente si è ritenuto che l'essersi presentati quali soggetti esperti dei mercati finanziarne comunque autorizzati ad operare in questi settori regolamentati, costituisce artificio e raggiro integrativo del delitto di truffa.


Su un tema analogo, questa corte ha infatti ritenuto che integra il reato di abusivismo, previsto dal D.Lgs 24 febbraio 1998, n. 58, art. 166, la condotta del promotore finanziario che, anzichè limitarsi ai compiti a lui ordinariamente spettanti (quali la promozione dei prodotti finanziari e le connesse attività materiali volte a favorire la conclusione del contratto tra cliente e intermediario, per conto del quale opera, nonchè la limitata attività di consulenza, intesa ad orientare le scelte del risparmiatore), stipuli con il cliente un contratto di gestione degli investimenti finanziari e percepisca le somme all'uopo destinate. Il reato in questione può concorrere con il reato di truffa, stante la sostanziale differenza esistente tra le due fattispecie, in quanto l'abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l'interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonchè l'interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati; la truffa, invece, è reato di danno, che, per la sua esistenza, richiede l'effettiva lesione del patrimonio del cliente, per effetto di una condotta consistente nell'uso di artifizi o raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele (Sez. 5, n. 22419 del 02/04/2003, Rv. 224951). E la tesi del concorso dei due reati, uno dei quali neppure contestato nel caso in esame, risulta confermata anche da plurime successive pronunce tutte emesse in casi analoghi di esercizio di attività di investimento in titoli della finanza da parte di soggetti privati non iscritti all'albo e privi di qualsiasi autorizzazione (Sez. 2, n. 42085 del 09/11/2010, Rv. 248510).


Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso B. e del primo motivo del ricorso R..


2.2 In relazione al secondo e terzo motivo del ricorso R. va ricordato come secondo l'interpretazione di questa corte il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Inoltre ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595). Nel caso in esame non si ravvisa nè il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado nè, tantomeno, il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione; in particolare, il giudice di merito, ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni della difesa dell'imputato che in sostanza ripropongono motivi di fatto osservando che il compendio probatorio a carico del R. è costituito dalle dichiarazioni dei testimoni, assolutamente concordi sul ruolo dallo stesso svolto, oltre che dal contenuto davvero significativo del biglietto da visita che recava espressamente l'indicazione dell'imputato quale soggetto abilitato allo svolgimento di un'attività per la quale non aveva mai ottenuto alcuna autorizzazione. E tali elementi sono stati correttamente ritenuti indicativi della prova del dolo senza che possa avere rilievo la dedotta ignoranza della legge avendo anzi il ricorrente volontariamente agito benchè sprovvisto di qualsiasi abilitazione senza alcuna ignoranza scusabile.


2.3 Fondato è invece il quarto motivo del ricorso R. in tema di prescrizione dei reati che va applicato con effetto estensivo anche alla coimputata B.; ed invero, come già ampiamente segnalato dal giudice di primo grado con le osservazioni svolte alle pagine 10 e seguenti, le truffe risultano consumate nel momento della percezione delle somme da parte degli imputati e cioè alle date del 23 settembre 2008, del 16 febbraio 2009 e del 2 ottobre 2009. Secondo il costante orientamento di questa corte di cassazione il delitto di truffa si consuma nel momento in cui l'autore della condotta fraudolenta ottiene l'ingiusto profitto della propria attività criminosa (Sez. 2, n. 27833 del 07/05/2019, Rv. 276665). Tale soluzione trova una eccezione nelle ipotesi di truffa c.d. a consumazione prolungata quando la percezione dei singoli emolumenti sia riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento con la conseguenza che il momento della consumazione del reato - dal quale far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione - è quello in cui cessa la situazione di illegittimità (Sez. 2, n. 57287 del 30/11/2017, Rv. 272250). E si è anche chiarito che la truffa cosiddetta a consumazione prolungata, configurabile quando la frode è strumentale al conseguimento di erogazioni pubbliche il cui versamento viene rateizzato, e che si consuma al momento della percezione dell'ultima rata di finanziamento, necessita che tutte le erogazioni siano riconducibili all'originario ed unico comportamento fraudolento, mentre, quando per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima è necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente, devono ritenersi integrati altrettanti ed autonomi fatti di reato (Sez. 5, n. 32050 del 11/06/2014, Rv. 260496). Ne consegue che ai fini della individuazione della natura del reato di truffa commesso dal "falso" operatore finanziario, e cioè dall'intermediario che senza autorizzazione percepisca denaro da privati ai fini dell'investimento in operazioni di trading mobiliare, deve distinguersi la tipologia dei contratti stipulati dalle parti; ove le stesse abbiano concluso contratti di mandato singoli ed in forza dei quali a fronte di un versamento di somme di denaro l'autore del reato effettua l'investimento, si è in presenza di truffa di natura istantanea consumata al momento della diminuzione patrimoniale e dell'ingiustificato arricchimento. Ove invece a fronte di un accordo iniziale si preveda che il cliente tratto in inganno effettui periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo (c.d. piani di accumulo) potrà ritenersi l'ipotesi della truffa a consumazione prolungata.


L'applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta dichiarare la fondatezza dei proposti motivi in punto individuazione dei momenti consumativi dei fatti; invero non risulta nè che vi sia stato l'induzione in errore di un ente pubblico nè che a seguito dell'originario raggiro effettuato dagli imputati fossero stati previsti successivi periodici versamenti di somme di denaro. Risulta invece, secondo la pacifica descrizione dei fatti sulla quale si dilunga con attenzione il giudice di primo grado con le osservazioni svolte alle pagine 5 e seguenti della sentenza, che i versamenti vennero effettuati dalla persona offesa in occasione di tre distinti contratti in esecuzione dei quali l'Ariete consegnava, tramite R., somme di denaro alla B. per effettuare operazioni di trading.


Tale essendo la condotta, ha errato la corte di appello nell'affermare la natura di truffa a consumazione prolungata del fatto e nel determinare al marzo 2012, quando le somme non venivano restituite a seguito di rituale richiesta, il momento consumativo della truffa che invece deve essere fissato all'atto della diminuzione patrimoniale della vittima e dell'arricchimento ingiustificato degli imputati individuabile proprio nella data di esecuzione dei contratti stipulati sino ad ottobre 2009. Tale considerazione impone pertanto la declaratoria di prescrizione del reato di cui al capo a) per intervenuto decorso del tempo nei confronti di entrambi gli imputati essendo con evidenza decorso il termine prorogato di anni 7 e mesi 6 pur tenuto conto delle sospensioni disposte; ed infatti la fondatezza della doglianza proposta dal R. in tema di prescrizione ha determinato la prosecuzione del rapporto processuale anche nella presente sede di legittimità e la conseguente maturazione alla data odierna della causa estintiva del reato.


Inoltre, poichè i motivi di impugnazione proposti dal R. in tema di momento consumativo del reato di truffa e con i quali si è contestata la ricostruzione operata dalla corte di appello non hanno natura strettamente personale, involgendo accertamenti correlati alla natura del reato commesso ed al momento consumativo del fatto di truffa in concorso, deve ritenersi che possa farsi applicazione anche per la B. del fondamentale principio stabilito dall'art. 587 c.p.p., comma 1, in tema di estensione degli effetti dell'impugnazione proposta da più concorrenti nel reato con conseguente analoga declaratoria anche nei suoi confronti. Al proposito va fatta applicazione dell'orientamento di questa corte secondo cui l'inammissibilità dell'impugnazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione qualora un diverso impugnante abbia proposto un valido atto di gravame, atteso che l'effetto estensivo dell'impugnazione produce i suoi effetti anche con riferimento all'imputato non ricorrente (o il cui ricorso sia inammissibile) ed indipendentemente dalla fondatezza dei motivi dell'imputato validamente ricorrente, purchè di natura non esclusivamente personale, sia quando la prescrizione sia maturata nella pendenza del ricorso, sia quando sia maturata antecedentemente (Sez. 3, n. 16158 del 26/02/2019, Rv. 275403; Sez. 4, 11/11/2004, dep. 2005, n. 10180, Rv. 231133; Sez. 3 n. 10223 del 24/01/2013, Rv. 254640; Sez. 2, n. 33429 del 12/05/2015, Rv. 264139).


2.4 Quanto alle ulteriori doglianze proposte dal R., correttamente la corte di appello riteneva tardiva la doglianza in punto querela perchè mai proposta con i motivi di appello così che il relativo motivo non può per la prima volta essere dedotto nel presente giudizio di legittimità esponendo questa corte ad una ricerca ed analisi di elementi di fatto non consentita. Peraltro, deve ancora essere segnalato sul punto che la questione circa la dedotta tardività della condizione di procedibilità non ha alcun rilievo avuto riguardo al rilevante danno patrimoniale subito dalla vittima e sul quale si diffonde il giudice di primo grado e che determina pertanto la procedibilità d'ufficio del reato.


Tuttavia deve tenersi conto di un elemento sopravvenuto che impone la modifica delle statuizioni civili; difatti a seguito dell'intervenuta revoca della costituzione di parte civile depositata in cancelleria, i motivi relativi alle statuizioni civili rimangono assorbiti e delle stesse statuizioni va disposta la revoca. Al proposito, infatti, va fatta applicazione del principio secondo cui, in caso di revoca della costituzione di parte civile nel giudizio di legittimità, la Corte di cassazione, investita del ricorso proposto dall'imputato, deve rilevare, anche d'ufficio, la sopravvenuta estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale ed annullare senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute (Sez. 4, n. 3454 del 16/01/2019, Rv. 275195).


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di R.O. e, per l'effetto estensivo, anche nei confronti di B.F. perchè il reato è estinto per prescrizione.


Revoca le statuizioni civili dell'impugnata sentenza.


Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.


Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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