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Articolo a cura di Salvatore del Giudice.

Avvocato penalista esperto in diritto penale, codice antimafia, responsabilità amministrativa degli enti, Cedu ed Interpol.

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Truffa: Guida completa al reato previsto dall'art. 640 del codice penale aggiornata al 2024

Reati contro il patrimonio


 

Art. 640 del codice penale - Truffa

Comma 1

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro [381 c.p.p.].

Comma 2

Comma 3


 

Procedibilità: Il reato di truffa è procedibile a querela, d'ufficio solo nelle ipotesi descritte nel secondo comma.

Competenza: Per il reato di truffa è competente il tribunale in composizione monocratica.

Prescrizione: Il reato di truffa si prescrive in 6 anni.

Udienza preliminare: Per il reato di truffa è prevista l'udienza preliminare solo nelle ipotesi descritte nel secondo comma.

Arresto: Per il reato di truffa l'arresto è facoltativo.

Fermo: Per il reato di truffa il fermo non è consentito.

Custodia cautelare in carcere: Per il reato di truffa la custodia cautelare in carcere è consentita solo nelle ipotesi descritte dal secondo comma.


 

Il reato di truffa

Indice:

1. Che cos'è la truffa? 

2. Come è punita la truffa? 

3. Esempi di truffa 

4. Quando si configura il reato di truffa? 

5. Elemento soggettivo del reato di truffa

6. Tentativo nel reato di truffa

7. Procedibilità del reato di truffa

8. La truffa aggravata

9. Truffa contrattuale

10. Truffa online

11. I rapporti tra la truffa e gli altri reati 


1. Che cos'è la truffa?

L’art. 640 c.p., previsto al capo II del libro II del Codice Penale tra i “delitti contro il patrimonio mediante frode”, disciplina il reato di truffa.

La truffa ex art. 640 c.p. è un reato comune e, in quanto tale, può essere commesso da chiunque ponga in essere la condotta descritta dalla norma.

La fattispecie incrimina chiunque, inducendo taluno in errore mediante artifici o raggiri, procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto, a cui corrisponde il danno di colui che subisce l’indebita sottrazione patrimoniale.

Si ritiene unanimemente che la truffa sia un reato plurioffensivo: nonostante si trovi nel codice penale tra i delitti contro il patrimonio, il bene giuridico che la norma incriminatrice tutela non si esaurisce nel patrimonio della vittima del reato, poiché ad essere pregiudicata dal delitto di truffa è anche la capacità di libera e autonoma scelta del destinatario, una volta che sia indotto artificiosamente in errore dall’autore del reato.

La condizione di errore in cui la vittima del reato di truffa viene tratta rende tale reato possibile solo a condizione che il soggetto passivo del reato (quindi, la vittima) cooperi, anche se la sua volontà risulta condizionata dall’errore o dall’inganno: sicché la truffa viene comunemente inquadrata tra i reati c.d. “a cooperazione artificiosa della vittima” poiché giammai si verificherebbe l’evento di danno se la vittima non prestasse la propria collaborazione, ancorché inconsapevolmente, alla realizzazione del fine perseguito dal soggetto che realizza la condotta vietata dall’art 640 c.p.

In forza di questi presupposti, per esempio, commette il reato di truffa chi, fingendo un coinvolgimento sentimentale, induce taluno a compiere atti di disposizione patrimoniale in proprio favore (si pensi all’acquisto di un immobile), con l’inganno di un imminente progetto di vita comune ma, poi, una volta realizzato il proprio scopo di lucro, lo abbandoni (a tal proposito si veda la sentenza della Corte di Cassazione del 6 giugno 2019, n. 25165).

2. Come è punita la truffa?

L’art. 640 c.p., al I comma, prevede per la fattispecie semplice di truffa la pena della reclusione da sei mesi a tre anni unitamente ad una multa che oscilla da un importo minimo di €51 ad un importo massimo di €1.032.

Il comma 2 dell’art. 640 c.p. prevede, invece, pene più severe in relazione alle fattispecie aggravate di truffa: in tali ipotesi la reclusione va da uno a cinque anni mentre la sanzione pecuniaria (cioè la multa) da €309 ad €1.549.

3. Esempi di truffa

Si propongono, di seguito, due esempi di contestazioni elevate per il reato di truffa ex art. 640 c.p.


Esempio n.1

"Tizio, imputato per il reato di cui: all'art. 640 c.p., "perché, con artifici e raggiri - consistiti nel pubblicare sui siti web (…) un annuncio di vendita di un'autovettura __, quindi nell'intrattenere uno scambio di corrispondenza telefonica con Caio - che aveva risposto all'annuncio - dall'utenza cellulare n. __, nonché nel fargli visionare e provare il veicolo che si trovava parcheggiato nei pressi del complesso condominiale denominato__, infine nel fornirgli il numero di IBAN __, sul quale effettuare il pagamento - così inducendo in errore (…) che effettuava il versamento della somma richiesta senza, però, ottenere la consegna del bene, mentre il D.Po. si rendeva successivamente irreperibile, si procurava l'ingiusto profitto, con altrui danno, della somma di euro 15.000.

In __, in data __."

Esempio 2

"Tizio, del reato previsto e punito dagli artt. 61 n. 5, 110 e 640 comma 2 n. 2-bis del codice penale, per essersi, mediante artifici e raggiri, consistiti nel vendere tramite la rete internet a Caio due ruote di bicicletta da corsa, facendosi accreditare il corrispettivo di 300,00 euro sulla carta (…) senza spedire gli oggetti e rendendosi irreperibile all'acquirente, inducendo in errore lo stesso Caio.

Con l'aggravante di aver approfittato delle circostanze di luogo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto tramite contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente, né l'esistenza del bene offerto.

In __, il __."

4. Quando si configura il reato di truffa?

Non si verifica il delitto di truffa se l’autore del reato non pone in essere atti di raggiri o artifici volti a trarre in errore o in inganno la vittima.

L’art. 640 c.p. non specifica in cosa debbano consistere gli artifici o i raggiri ma si limita ad indicare quali effetti debbano produrre sulla vittima di truffa: è ormai pacifico che l’artificio consista in qualsivoglia forma di espediente che alteri la percezione della realtà da parte della vittima e che il raggiro consista in qualsiasi, purché ingannatoria, modalità di manipolazione del soggetto.

In forza di ciò, si ritiene che il reato di truffa sia un reato a forma vincolata: si realizza solo a condizione che il soggetto ricorra alle modalità (i raggiri o gli artifici) descritte dall’art. 640 c.p.

L’induzione in errore o in inganno del soggetto passivo del reato che ne consegue costituisce l’elemento che qualifica tale fattispecie incriminatrice. Come ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 27 aprile 2007 n. 16568, ciò che identifica il delitto di truffa – e lo distingue da altre figure di reato affini – è l’induzione in errore che si verifica nel momento in cui il soggetto che tiene il comportamento vietato prospetta a taluno, al fine di convincerlo a realizzare atti di disposizione del proprio patrimonio, una falsa rappresentazione della realtà. Lo stato di induzione in errore, quale elemento costitutivo della fattispecie di truffa, deve essere oggetto di uno specifico e approfondito accertamento da parte del giudice di merito perché, qualora non dovesse sussistere, verrebbe meno lo stesso delitto di truffa.

Il soggetto che realizza il delitto di truffa tende al fine di procurare a sé (o ad altri) un ingiusto profitto.

Per ingiusto profitto di cui all’art. 640 c.p. s’intende un’utilità di qualsivoglia natura che al soggetto (o a chi per esso) non spetterebbe. L’indebita apprensione di un profitto da parte del soggetto agente provoca un consequenziale danno a chi lo subisce, come espressamente si legge nel comma I dell’art. 640 c.p. Secondo la giurisprudenza costante, il danno subito dalla vittima di truffa deve necessariamente consistere in una diminuzione patrimoniale e non può avere altra natura.

Si realizza, quindi, il delitto di truffa previsto dall’art. 640 c.p. se il soggetto agente percepisce un’indebita utilità che provoca uno speculare danno al patrimonio della vittima.

La truffa è tradizionalmente ritenuta un reato istantaneo e di danno.

Ciò significa che si realizza nel momento in cui la vittima pone in essere l’atto di disposizione patrimoniale in favore dell’autore del raggiro o dell’artificio.

Giova specificare che, qualora lo stesso soggetto, ricorrendo a più e diversi inganni, si faccia consegnare dalla stessa vittima più somme di denaro (o altre utilità) in tempi e in luoghi diversi, non si configura un’unica condotta criminosa ma si realizzano più reati di truffa. Il momento in cui si consuma il reato di truffa coincide, quindi, con il momento in cui si verifica l’effettivo pregiudizio economico per la vittima.

Se mancano la verificazione del danno patrimoniale per la vittima e il ricavo del profitto da parte dell’autore della condotta, il reato di truffa resta confinato allo stadio del tentativo.

In base a questo principio, nell’ambito della cd. truffa contrattuale, il reato si consuma non nel momento in cui il contratto sia stato stipulato per effetto degli artifici o raggiri, ma nel momento in cui al contratto si sia data esecuzione: deve, pertanto, ritenersi realizzata la truffa al momento della diminuzione del patrimonio della vittima e, specularmente, del conseguimento del relativo profitto da parte dell’autore del reato.

Può capitare che l’atto di sottrazione patrimoniale non si realizzi in un unico momento ma sia dilazionato nel tempo: è l’ipotesi che da un unico accordo negoziale, ottenuto raggirando la controparte (nonché vittima), discendano plurimi atti di distrazione patrimoniale.

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, in ipotesi cd. truffa ad evento frazionato, la consumazione del reato coincide con il momento in cui la vittima pone in essere il primo della serie di atti dispositivi del proprio patrimonio. È in quel momento che si realizza compiutamente il reato di truffa.

Si ritiene, però, possibile che talvolta la fattispecie di truffa assuma la configurazione di un reato a consumazione prolungata: ogni volta che, mediante un’unica condotta di raggiro, il profitto consista in un’erogazione distribuita nel tempo (ad esempio, a cadenza mensile), il momento consumativo del reato di truffa coincide con il momento in cui è stata eseguita l’ultima prestazione, a condizione che la condotta di frode che ha originato il danno e il profitto resti unica (altrimenti si configurano tanti reati di truffa quante sono le frodi che hanno indotto di volta in volta la vittima in inganno).

Si faccia il caso di una frode pensionistica: un soggetto che abbia tratto in inganno l’ente previdenziale e risulti beneficiario dell’accredito pensionistico, erogato alla fine di ogni mese, sarà responsabile del reato di truffa aggravata: il momento di consumazione si individua all’atto del versamento dell’ultimo rateo pensionistico (e, quindi, nella data di cessazione dei pagamenti).

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

5. Elemento soggettivo del reato di truffa

L'elemento soggettivo del delitto di truffa è costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l'inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall'agente come conseguenze possibili, anziché certe della propria condotta, e tuttavia accettati nel loro verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio, il che rende priva di rilevanza la specifica finalità del comportamento o il motivo che ha spinto l'agente a realizzare l'inganno (Cassazione penale , sez. II , 21/03/2012 , n. 24645).

Sempre sul tema, la Suprema Corte ha sostenuto che l'elemento che imprime al fatto dell'inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo –, rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice distrettuale aveva assolto gli imputati sul presupposto che l'intento ingannatorio, volto a carpire la fiducia della controparte in ordine alla stipulazione di un contratto definitivo di compravendita immobiliare, tacendo maliziosamente la crisi finanziaria dell'impresa alienante, era escluso dalla circostanza che, dopo la conclusione del preliminare, gli stessi avevano completato i lavori, si erano attivati per ottenere la regolarizzazione urbanistica e l'agibilità dell'immobile, depositando altresì l'importo pagato dagli acquirenti su conti dell'impresa - Cassazione penale , sez. II , 13/09/2019 , n. 39698).

6. Tentativo nel reato di truffa

Come si è detto in precedenza, la truffa consiste in un'attività diretta a persuadere con l'inganno con "induzione mediante artifizi o raggiri".

Questa fraudolenta attività induttiva deve essere idonea a determinare, in termini di causalità psicologica, l'errore del soggetto passivo, cui consegue, in ultima analisi, il danno patrimoniale.

Nella forma tentata, non si verifica l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto, con correlativo danno alla persona offesa.

Finchè non sfocino nell'evento finale, gli artifizi o raggiri idonei ex ante a ingannare la potenziale vittima integrano il tentativo di truffa, come tale punibile. Nel caso di specie, il tentativo di truffa si è esplicato in raggiri idonei a tentare di convincere la persona offesa a versare il denaro richiesto.

Recentemente, la Suprema Corte ha affermato che configura il tentativo del reato di truffa la condotta della persona che non risulti idonea a trarre in inganno la persona offesa quando questa memore di altri tentativi di furto, date le dinamiche della condotta, abbia contattato la polizia e fatto in modo che il prevenuto venisse colto presso l'azienda ed in possesso di una ridotta quantità di merce, immediatamente restituita.

Tuttavia, l' idoneità della condotta posta in essere dal soggetto agente a trarre in inganno la vittima esclude l' applicabilità del reato impossibile.

Secondo pacifici orientamenti giurisprudenziali, il presupposto del delitto di truffa tentata è costituito dalla possibilità di indurre in errore un soggetto dotato di media intelligenza mediante artifizi o raggiri in astratto idonei allo scopo (cfr. Cass. sez. VI, n.1399/1982).

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

7. Procedibilità del reato di truffa

L’ultimo comma dell’art. 640 c.p. stabilisce che il reato di truffa è procedibile a querela della persona offesa. E, tuttavia, qualora il soggetto realizzi una delle condotte aggravate di cui al II comma, numeri 1), 2), 2-bis), dell’art. 640, anche il regime di procedibilità ne risente e diventa d’ufficio, sempre che la truffa risulti aggravata da taluna delle circostanze indicate dall’art. 640 c.p. stesso.Prima della riforma del 2018, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 640 c.p., la procedibilità sarebbe stata di ufficio tutte le volte che la truffa fosse stata aggravata da qualunque altra circostanza prevista all’interno del Codice Penale (il regime di procedibilità di ufficio del reato di truffa era, quindi, molto esteso).

Il decreto legislativo n. 36 del 2018 ha operato una modifica dell’ultimo comma dell’art. 640 c.p. che ha reso il regime di procedibilità della truffa aggravata complessivamente più favorevole per chi compie tale reato: è previsto, ad oggi, il regime di procedibilità d’ufficio soltanto qualora la truffa sia aggravata ai sensi del II comma – numeri 1), 2), 2-bis) – dell’art. 640 c.p. [si vd. sopra §1.6] oppure ai sensi del I comma, numero 7), dell’art. 61 c.p. o qualora la circostanza che aggrava la pena sia ad effetto speciale.

La circostanza di cui al I comma, numero 7, dell’art. 61 c.p. aggrava il reato di truffa quando il danno patrimoniale subito dalla vittima sia stato di rilevante entità, mentre le circostanze ad effetto speciale sono tutte quelle che comportano un aumento di pena di oltre 1/3.

Fuori da questi specifici casi, pertanto, il reato di truffa può essere perseguito esclusivamente se la parte offesa decide di sporgere querela.

Esiste una notevole differenza tra il regime di procedibilità a querela di parte e quello d’ufficio.

La querela costituisce, al tempo stesso, condizione di procedibilità, per cui non è possibile procedere alla sottoposizione dell’autore del reato di truffa ad un procedimento penale, se non è pervenuta la querela della persona offesa, e condizione di punibilità per cui, qualora il querelante dovesse decidere di ritirare la querela in un primo momento presentata (tecnicamente si tratta della cd. rimessione di querela), il reato dovrà essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 129 c.p.p. per intervenuta rimessione di querela (in questo senso si è espressa la Cassazione con la sentenza del 27 gennaio 2021 n. 3434).

Ne consegue che, in caso di remissione di querela, l’autore del reato non può essere punito, neanche qualora abbia realmente commesso il fatto di reato.

È significativamente diversa, invece, l’ipotesi in cui il reato di truffa – come stabilisce l’ultimo comma dell’art. 640 c.p. – sia procedibile d’ufficio: se ad un’Autorità Giudiziaria (e cioè ad una Procura) giunge notizia della possibile commissione del reato di truffa, ove aggravata, non c’è bisogno che la parte offesa sporga querela ai fini della sottoposizione alle indagini penali dell’autore del reato e, quindi, ai fini della sua condanna, una volta accertato durante il processo che sia responsabile del reato di truffa.

Con la cd. Riforma Cartabia, il reato di truffa è procedibile a querela nelle ipotesi base e in quelle aggravate dal danno patrimoniale di rilevante entità (nuovo comma terzo dell’art. 640 c.p.), mentre è procedibile d’ufficio nelle ipotesi aggravate speciali previste nel comma 2 dell'art. 640 c.p.

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

8. La truffa aggravata

Il comma 2 dell’art. 640 c.p. prevede un aumento sanzionatorio – la reclusione da uno a cinque anni e una multa da €309 a €1.549 – per le ipotesi in cui si realizzi una delle seguenti circostanze aggravanti:

1. se il fatto è commesso ai danni dello Stato o di un altro ente pubblico (o con il pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare).

Se il soggetto passivo (e cioè la vittima) del reato di truffa dovesse essere un ente pubblico e, pertanto, dovesse verificarsi che il soggetto agente (cioè, colui che pone in essere il comportamento sanzionato) lucri un indebito profitto ai danni delle casse pubbliche, rappresentando una realtà distorta, la pena sarà aumentata della misura indicata.

Si ponga il caso di un dirigente medico che attesti falsamente la sua presenza all’Ospedale (il fenomeno del cd. “fraudolento assenteismo” o dei cd. “furbetti del cartellino” ultimamente in cima alle cronache giudiziarie). La Pubblica Amministrazione subisce un danno di carattere patrimoniale derivante dalla mancata erogazione della prestazione lavorativa da parte del dirigente: il medico ha conseguito un profitto ingiusto consistente nel ricavo di maggior tempo libero dal lavoro mentre, al contempo, l’amministrazione ha subito un danno ai sensi dell’art. 640 c.p. e ciò in quanto la (mancata) prestazione lavorativa del medico ha valore patrimoniale. In questo caso, secondo la Corte di Cassazione (sentenza dell’8 luglio 2019, n. 29628), il medico commette il reato di truffa aggravata ai sensi del numero 1, comma 2, dell’art. 640 c.p.

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità.

Si tratta della cd. truffa vessatoria: qualora il soggetto agente prospetti alla vittima l’eventualità che corra un pericolo – che non sussiste in realtà – nell’ipotesi in cui non ceda alle richieste avanzate, si realizza la circostanza aggravante prevista dal comma II, numero 2, dell’art. 640 c.p.

È il caso, ad esempio, di chi millanta di poter prevenire gravi malattie ricorrendo a rituali di magia: ingenerare il pericolo immaginario di una grave malattia al fine di convincere il soggetto a sottoporsi a pratiche di prevenzione a pagamento integra il delitto di truffa aggravata ai sensi del comma II, numero 2, dell’art. 640 c.p.

Soggiace alla stessa pena colui che convinca o induca la vittima di truffa a corrispondergli un’utilità rappresentandole il dovere di eseguire l’ordine disposto da un’autorità (ad esempio, l’autorità giudiziaria).

Si ipotizzi, ad esempio, che un soggetto si trasvesta da Carabiniere e si presenti alle porte di un’abitazione privata esponendo un (falso) ordine di perquisizione domestica.

Si immagini, poi, che il soggetto, intento ad eseguire la (falsa) perquisizione, sottragga alla vittima una consistente cifra di denaro e i preziosi gioielli custoditi nella cassaforte aperta dalla vittima stessa alla richiesta dei presunti pubblici ufficiali.

Questa vicenda, realmente verificatasi, è stata il presupposto di un’importante sentenza con cui la Corte di Cassazione ha chiarito la distinzione tra il delitto di truffa aggravata ai sensi del comma 2, numero 2, dell’art. 640 c.p. e il delitto di estorsione di cui all’art. 629 c.p. Se la richiesta alla vittima si accompagna ad una minaccia o all’esercizio di violenza, si configura senz’altro il più grave reato di estorsione; quando l’autore del reato di truffa, invece, si limita ad esibire un falso ordine dell’Autorità al fine di trarre in inganno il destinatario, la Cassazione ritiene che si configuri la truffa aggravata ai sensi del numero 2, II comma, dell’art. 640 c.p., se il soggetto lascia credere che l’ordine non dipenda da lui ma da un altro organo. Si configura, però, il reato di estorsione tutte le volte in cui l’autore del reato faccia sembrare che sia stato lui ad emettere l’ordine e che sia sempre lui ad avere l’obbligo di eseguirlo.

Qual è, quindi, la differenza tra truffa aggravata ed estorsione?

Nel primo caso, l’autore della truffa paventa alla vittima un falso pericolo che dipende da terzi (e non da sé, quindi) così da trarla in errore. Nel secondo caso, il danno è minacciato dall’autore del reato stesso, sicché la vittima ha la percezione che, se non cede alle pretese, il danno si verificherà certamente ed immediatamente, perché dipende unicamente dalla volontà dell’autore del reato.

2-bis. se il fatto è commesso in presenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61 numero 5 c.p.;

L’art. 61 c.p. al numero 5) stabilisce che la pena per la truffa commessa è aggravata se l’autore del reato ha approfittato volontariamente di condizioni (di tempo, ad esempio a notte fonda, di luogo, come Internet, o inerenti alla persona, come ad esempio l’età) che non abbiano consentito (o abbiano limitato) le possibilità di difesa della vittima: è la circostanza aggravante della cd. minorata difesa.

Per esemplificare, si pensi ad una truffa commessa ai danni di una persona molto anziana: in tal caso potrebbe essere contestata all’autore del reato di truffa l’aggravante in questione.

E, tuttavia, la giurisprudenza precisa che non è sufficiente l’età avanzata della persona offesa ai fini dell’aggravio di pena, dovendosi accertare che l’età corrisponde ad una condizione di indebolimento delle facoltà cognitive che impediscono una obiettiva valutazione della realtà (si veda, tra le tante, la sentenza della Corte di Cassazione del 17 settembre 2008, n. 39023).

La giurisprudenza tende a riconoscere questa aggravante anche qualora la truffa si realizzi online, come nel caso di chi si attribuisca falsamente le generalità di un soggetto diverso, mediante la creazione e l’utilizzo di un account di posta elettronica, e induca la vittima a farsi cedere le proprie credenziali di accesso telematico alla banca, per poi svuotarle il conto. L’autore della truffa, in questo caso, si vale di una condizione che agevola la manipolazione della vittima, poiché la falsa identità dell’autore del reato, in quanto virtuale, riduce la possibilità del truffato di avvedersi dell’inganno.

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

9. Truffa contrattuale

Una species della truffa disciplinata ex art. 640 c.p. è la cosiddetta "truffa contrattuale", nella quale il soggetto attivo inganna intenzionalmente l'altra parte coinvolta in un'operazione commerciale o finanziaria per ottenere un vantaggio illegittimo.

La truffa contrattuale può avvenire attraverso la manipolazione di informazioni, la falsificazione di documenti, l'inganno o altre condotte poste in essere durante la stipula o l'esecuzione di un contratto.

La truffa contrattuale è stata oggetto di una lunga e complicata operazione interpretativa da parte della giurisprudenza, che ne ha forgiato uno statuto peculiare capace però di inserirsi nel modello di incriminazione di cui all'art. 640 c.p..

Ciò posto, si rappresenta che la fattispecie in parola viene a configurarsi allorquando il soggetto agente, mediante artifizi o raggiri adoperati durante la formazione di un negozio giuridico, induce il soggetto passivo (rectius: la vittima) a concludere il negozio stesso.

Appare oltremodo evidente che, il reato di truffa contrattuale viene a sussistere in tutti quei casi in cui il contraente vittima, a seguito dell'artificio e del raggiro altrui, conclude un contratto recante condizioni a lui sfavorevoli che, in condizioni ordinarie che prescindono dall'inganno subito dall'altra parte contraente, non avrebbe accettato.

L'inganno - così come definito precedentemente - può essere perpetrato in qualsiasi momento dell'iter formativo del contratto, dalla fase delle trattative a quella prodromica che sia comunque influente sulla volizione dei soggetti, o addirittura a quella dell'esecuzione che costituisce l'antitesi del comportamento secondo buona fede, imposto alle parti contraenti dalle norme del codice civile. Alla luce di quanto affermato, emerge sin da subito l'elemento di discrimen tra dolus bonus e dolus malus, da cui discende l'esistenza di un vizio del consenso idoneo a rendere il contratto invalido e che sconfina nell'ambito dell'art. 640 c.p. rappresentando il punto focale per determinare o meno la rilevanza penale della condotta del contraente.

E, infatti, bisogna prestare notevole attenzione agli elementi necessari ai fini della configurazione della fattispecie in parola dal momento che, ai fini della configurabilità del reato di truffa, non è sufficiente la mera violazione del dovere di buona fede, ma è necessario quel quid pluris capace di consolidare la circostanza ingannevole in cui versa il soggetto passivo.

Tuttavia uno dei temi maggiormente dibattuti in ordine al reato di truffa contrattuale riguarda il momento consumativo della stessa.

Sul punto, la giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che giacché reato istantaneo e di danno, quello di truffa contrattuale si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore faccia seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo; e, dunque, esso si concretizza non già allorquando il soggetto passivo assume, per effetto di artifizi e raggiri, l'obbligazione quanto piuttosto nel momento in cui viene a concretarsi l'effettivo conseguimento del vantaggio da parte del soggetto contraente attivo e la definitiva perdita di tipo patrimoniale del cosiddetto contraente raggirato (Cfr. Cass. pen. Sez. II Sent., 16/12/2011, n. 47421; Cass. pen. Sez. II Sent., 28/04/2017, n. 31652; Cassazione Penale, Sez. II, 23 maggio 2018 - ud. 9 maggio 2018 -, n. 23080).

Recentemente, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 17353/2020 è tornata ad affrontare il tema del momento consumativo della cosiddetta truffa contrattuale.

Il delitto di truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, il momento della cui consumazione - che segna il "dies a quo" della prescrizione - va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l'effettivo pregiudizio del raggirato in correlatone al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente.

Ha, pertanto, individuato il momento consumativo del reato nella percezione delle somme asseritamele destinate all'investimento e, invece, accreditate sui conti correnti dell'imputato e dagli stessi successivamente prelevati.

La Corte prosegue osservando come "il delitto di truffa commesso dall'intermediario finanziario che, senza autorizzatone, percepisca denaro da privati da investire in operazioni finanziarie ha, invero, natura di reato istantaneo e si consuma al momento della diminuzione patrimoniale e dell'ingiustificato arricchimento quando le parti abbiano concluso contratti di mandato singoli, in forza dei quali l'autore del reato, ottenuto il versamento delle somme, effettua l'investimento, mentre va considerato a consumatone prolungata quando, a fronte di un accordo iniziale, il cliente effettui periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo".

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

10. Truffa online

La truffa online, nota anche come frode online o cyber truffa, è un tipo di truffa che viene realizzata attraverso l'utilizzo di internet.

Nel caso di truffe online, il soggetto attivo del reato sfrutta il web e l'anonimato che caratterizza il mondo online per raggirare le persone, ottenere informazioni personali, ottenere indebitamente somme denaro o in generale trarre in inganno le vittime.

Le truffe online vengono generalmente commesse mediante l'utilizzo delle più note piattaforme di social media (facebook, instagram, tik tok, linkedin) per inviare messaggi (DM) fraudolenti o pubblicare annunci ingannevoli al fine di frodare gli utenti.

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

11. I rapporti tra la truffa e gli altri reati

Il soggetto che realizza il reato di truffa può contestualmente incorrere nella realizzazione di altri reati.

Pensiamo ad esempio ad un delitto di falso.

Questa condizione si realizza tutte le volte che il raggiro o l’artificio siano consistiti nella presentazione di atti (documenti o dichiarazioni) falsi.

Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, il soggetto risponderà di entrambi i reati, in forza del principio per cui i delitti di falso e la truffa tutelano beni giuridici diversi (la pubblica fede gli uni e il patrimonio e il libero consenso l’altro).

Ciò significa che, anche se il falso è stato commesso al fine di realizzare il reato di truffa, al soggetto dovrà infliggersi la pena relativa alla violazione più grave aumentata fino al triplo (è l’istituto del concorso materiale di reati disciplinato dal I comma dell’art. 81 c.p.), proprio per adeguare la risposta sanzionatoria alla duplicità dei fatti di reato commessi.

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:


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