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Truffa: che cos'è e quando si configura il reato previsto dall'art. 640 del codice penale


Il reato di truffa


Art. 640 del codice penale - Truffa

Comma 1

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro [381 c.p.p.].

Comma 2

Comma 3

Procedibilità: Il reato di truffa è procedibile a querela, d'ufficio solo nelle ipotesi descritte nel secondo comma.

Competenza: Per il reato di truffa è competente il tribunale in composizione monocratica.

Prescrizione: Il reato di truffa si prescrive in 6 anni.

Udienza preliminare: Per il reato di truffa è prevista l'udienza preliminare solo nelle ipotesi descritte nel secondo comma.

Arresto: Per il reato di truffa l'arresto è facoltativo.

Fermo: Per il reato di truffa il fermo non è consentito.

Custodia cautelare in carcere: Per il reato di truffa la custodia cautelare in carcere è consentita solo nelle ipotesi descritte dal secondo comma.



 

In questo articolo analizziamo l'elemento oggettivo e soggettivo del reato di truffa, riportando le principali pronunce ed orientamenti della Suprema Corte di Cassazione.


Indice:



1. Che cos'è la truffa?

L’art. 640 c.p., previsto al capo II del libro II del Codice Penale tra i “delitti contro il patrimonio mediante frode”, disciplina il reato di truffa.

La truffa ex art. 640 c.p. è un reato comune e, in quanto tale, può essere commesso da chiunque ponga in essere la condotta descritta dalla norma.

La fattispecie incrimina chiunque, inducendo taluno in errore mediante artifici o raggiri, procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto, a cui corrisponde il danno di colui che subisce l’indebita sottrazione patrimoniale.

Si ritiene unanimemente che la truffa sia un reato plurioffensivo: nonostante si trovi nel codice penale tra i delitti contro il patrimonio, il bene giuridico che la norma incriminatrice tutela non si esaurisce nel patrimonio della vittima del reato, poiché ad essere pregiudicata dal delitto di truffa è anche la capacità di libera e autonoma scelta del destinatario, una volta che sia indotto artificiosamente in errore dall’autore del reato.

La condizione di errore in cui la vittima del reato di truffa viene tratta rende tale reato possibile solo a condizione che il soggetto passivo del reato (quindi, la vittima) cooperi, anche se la sua volontà risulta condizionata dall’errore o dall’inganno: sicché la truffa viene comunemente inquadrata tra i reati c.d. “a cooperazione artificiosa della vittima” poiché giammai si verificherebbe l’evento di danno se la vittima non prestasse la propria collaborazione, ancorché inconsapevolmente, alla realizzazione del fine perseguito dal soggetto che realizza la condotta vietata dall’art 640 c.p.

In forza di questi presupposti, per esempio, commette il reato di truffa chi, fingendo un coinvolgimento sentimentale, induce taluno a compiere atti di disposizione patrimoniale in proprio favore (si pensi all’acquisto di un immobile), con l’inganno di un imminente progetto di vita comune ma, poi, una volta realizzato il proprio scopo di lucro, lo abbandoni (a tal proposito si veda la sentenza della Corte di Cassazione del 6 giugno 2019, n. 25165).


2. Come è punita la truffa?

L’art. 640 c.p., al I comma, prevede per la fattispecie semplice di truffa la pena della reclusione da sei mesi a tre anni unitamente ad una multa che oscilla da un importo minimo di €51 ad un importo massimo di €1.032.

Il comma 2 dell’art. 640 c.p. prevede, invece, pene più severe in relazione alle fattispecie aggravate di truffa: in tali ipotesi la reclusione va da uno a cinque anni mentre la sanzione pecuniaria (cioè la multa) da €309 ad €1.549.



3. Esempi di truffa

Si propongono, di seguito, due esempi di contestazioni elevate per il reato di truffa ex art. 640 c.p.


Esempio n.1

"Tizio, imputato per il reato di cui: all'art. 640 c.p., "perché, con artifici e raggiri - consistiti nel pubblicare sui siti web (…) un annuncio di vendita di un'autovettura __, quindi nell'intrattenere uno scambio di corrispondenza telefonica con Caio - che aveva risposto all'annuncio - dall'utenza cellulare n. __, nonché nel fargli visionare e provare il veicolo che si trovava parcheggiato nei pressi del complesso condominiale denominato__, infine nel fornirgli il numero di IBAN __, sul quale effettuare il pagamento - così inducendo in errore (…) che effettuava il versamento della somma richiesta senza, però, ottenere la consegna del bene, mentre il D.Po. si rendeva successivamente irreperibile, si procurava l'ingiusto profitto, con altrui danno, della somma di euro 15.000.

In __, in data __."


Esempio 2

"Tizio, del reato previsto e punito dagli artt. 61 n. 5, 110 e 640 comma 2 n. 2-bis del codice penale, per essersi, mediante artifici e raggiri, consistiti nel vendere tramite la rete internet a Caio due ruote di bicicletta da corsa, facendosi accreditare il corrispettivo di 300,00 euro sulla carta (…) senza spedire gli oggetti e rendendosi irreperibile all'acquirente, inducendo in errore lo stesso Caio.

Con l'aggravante di aver approfittato delle circostanze di luogo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto tramite contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente, né l'esistenza del bene offerto.

In __, il __."


4. Quando si configura il reato di truffa?

Non si verifica il delitto di truffa se l’autore del reato non pone in essere atti di raggiri o artifici volti a trarre in errore o in inganno la vittima.

L’art. 640 c.p. non specifica in cosa debbano consistere gli artifici o i raggiri ma si limita ad indicare quali effetti debbano produrre sulla vittima di truffa: è ormai pacifico che l’artificio consista in qualsivoglia forma di espediente che alteri la percezione della realtà da parte della vittima e che il raggiro consista in qualsiasi, purché ingannatoria, modalità di manipolazione del soggetto.

In forza di ciò, si ritiene che il reato di truffa sia un reato a forma vincolata: si realizza solo a condizione che il soggetto ricorra alle modalità (i raggiri o gli artifici) descritte dall’art. 640 c.p.

L’induzione in errore o in inganno del soggetto passivo del reato che ne consegue costituisce l’elemento che qualifica tale fattispecie incriminatrice. Come ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 27 aprile 2007 n. 16568, ciò che identifica il delitto di truffa – e lo distingue da altre figure di reato affini – è l’induzione in errore che si verifica nel momento in cui il soggetto che tiene il comportamento vietato prospetta a taluno, al fine di convincerlo a realizzare atti di disposizione del proprio patrimonio, una falsa rappresentazione della realtà. Lo stato di induzione in errore, quale elemento costitutivo della fattispecie di truffa, deve essere oggetto di uno specifico e approfondito accertamento da parte del giudice di merito perché, qualora non dovesse sussistere, verrebbe meno lo stesso delitto di truffa.

Il soggetto che realizza il delitto di truffa tende al fine di procurare a sé (o ad altri) un ingiusto profitto.

Per ingiusto profitto di cui all’art. 640 c.p. s’intende un’utilità di qualsivoglia natura che al soggetto (o a chi per esso) non spetterebbe. L’indebita apprensione di un profitto da parte del soggetto agente provoca un consequenziale danno a chi lo subisce, come espressamente si legge nel comma I dell’art. 640 c.p. Secondo la giurisprudenza costante, il danno subito dalla vittima di truffa deve necessariamente consistere in una diminuzione patrimoniale e non può avere altra natura.

Si realizza, quindi, il delitto di truffa previsto dall’art. 640 c.p. se il soggetto agente percepisce un’indebita utilità che provoca uno speculare danno al patrimonio della vittima.

La truffa è tradizionalmente ritenuta un reato istantaneo e di danno.

Ciò significa che si realizza nel momento in cui la vittima pone in essere l’atto di disposizione patrimoniale in favore dell’autore del raggiro o dell’artificio.

Giova specificare che, qualora lo stesso soggetto, ricorrendo a più e diversi inganni, si faccia consegnare dalla stessa vittima più somme di denaro (o altre utilità) in tempi e in luoghi diversi, non si configura un’unica condotta criminosa ma si realizzano più reati di truffa. Il momento in cui si consuma il reato di truffa coincide, quindi, con il momento in cui si verifica l’effettivo pregiudizio economico per la vittima.

Se mancano la verificazione del danno patrimoniale per la vittima e il ricavo del profitto da parte dell’autore della condotta, il reato di truffa resta confinato allo stadio del tentativo.

In base a questo principio, nell’ambito della cd. truffa contrattuale, il reato si consuma non nel momento in cui il contratto sia stato stipulato per effetto degli artifici o raggiri, ma nel momento in cui al contratto si sia data esecuzione: deve, pertanto, ritenersi realizzata la truffa al momento della diminuzione del patrimonio della vittima e, specularmente, del conseguimento del relativo profitto da parte dell’autore del reato.

Può capitare che l’atto di sottrazione patrimoniale non si realizzi in un unico momento ma sia dilazionato nel tempo: è l’ipotesi che da un unico accordo negoziale, ottenuto raggirando la controparte (nonché vittima), discendano plurimi atti di distrazione patrimoniale.

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, in ipotesi cd. truffa ad evento frazionato, la consumazione del reato coincide con il momento in cui la vittima pone in essere il primo della serie di atti dispositivi del proprio patrimonio. È in quel momento che si realizza compiutamente il reato di truffa.

Si ritiene, però, possibile che talvolta la fattispecie di truffa assuma la configurazione di un reato a consumazione prolungata: ogni volta che, mediante un’unica condotta di raggiro, il profitto consista in un’erogazione distribuita nel tempo (ad esempio, a cadenza mensile), il momento consumativo del reato di truffa coincide con il momento in cui è stata eseguita l’ultima prestazione, a condizione che la condotta di frode che ha originato il danno e il profitto resti unica (altrimenti si configurano tanti reati di truffa quante sono le frodi che hanno indotto di volta in volta la vittima in inganno).

Si faccia il caso di una frode pensionistica: un soggetto che abbia tratto in inganno l’ente previdenziale e risulti beneficiario dell’accredito pensionistico, erogato alla fine di ogni mese, sarà responsabile del reato di truffa aggravata: il momento di consumazione si individua all’atto del versamento dell’ultimo rateo pensionistico (e, quindi, nella data di cessazione dei pagamenti).

Analizziamo, di seguito, alcune pronunce della Corte di cassazione, sul punto:

In tema di truffa, integra la condotta di raggiro il silenzio sul sopravvenuto verificarsi di un evento, che costituisce il presupposto della permanenza di un'obbligazione pecuniaria a carattere periodico, posto che il silenzio del beneficiario, pur indiretto, di detta prestazione è attivamente orientato a trarre in inganno il debitore sul permanere della causa dell'obbligazione. (Fattispecie in cui si è ritenuto che costituisse comportamento truffaldino non solo l'omessa comunicazione all'INPS del decesso del beneficiario della pensione, ma anche l'esercizio fraudolento da parte dell'imputato, a seguito di tale evento, di poteri derivanti dal rilascio di una procura speciale a operare sul conto corrente sul quale erano accreditati i ratei pensionistici, condotta idonea a trarre in inganno l'ente sull'esistenza in vita dell'avente diritto - Cassazione penale , sez. II , 18/04/2023 , n. 24487).

(vedi anche) In tema di truffa contrattuale, anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l'elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo. (Fattispecie relativa alla condotta del dirigente medico, il quale ometteva di comunicare all'ente di svolgere sistematicamente attività professionale presso il suo studio privato, in tal modo inducendo l'ente stesso a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell'indennità di esclusiva - Cassazione penale , sez. VI , 05/03/2019 , n. 13411).


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