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Abuso d'ufficio: per il concorso dell'extraneus va provata l'intesa con il funzionario pubblico


Corte di Cassazione

La massima

In tema di abuso di ufficio determinativo di un danno ingiusto nei confronti di terzi, per configurare il concorso dell'extraneus nel reato deve essere provata l'intesa intercorsa col pubblico funzionario o la sussistenza di pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzarlo, desumibili dal contesto fattuale, dai rapporti personali tra le parti o da altri elementi oggettivi, non essendo a tal fine sufficiente la sola domanda del privato volta ad ottenere un atto illegittimo. (Fattispecie in cui l'intesa collusiva è stata dedotta dal fatto che il privato presentava plurime denunce con le quali sollecitava il Comune all'annullamento in autotutela del permesso di costruire rilasciato ad un terzo ed il responsabile dell'ufficio tecnico comunale adottava il richiesto provvedimento, nonostante fosse in palese conflitto di interessi, avendo operato quale consulente tecnico del privato denunciante per le medesime vicende.

Fonte: CED Cassazione Penale 2019



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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 20/12/2018 , n. 15837

RITENUTO IN FATTO

1. D.F. ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, per quel che in questa sede rileva, ha dichiarato non doversi procedere nei sui confronti e del concorrente nel medesimo reato di abuso d'ufficio di cui al capo A) (artt. 110 e 323 c.p.) per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni in favore dalle costituite parti civili.


A D.F. è stato contestato di aver agito quale determinatrice e beneficiaria della condotta dell'autore principale B.M., responsabile dell'Ufficio Tecnico del comune di (OMISSIS), che abusando della propria qualità ed ufficio, aveva emesso il (OMISSIS), in violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-nonies, e del D.M. 31 marzo 1994 (in quanto in conflitto di interesse con le parti del procedimento in quanto già professionista incaricato da D.F.), un provvedimento in autotutela con cui era stato annullato il permesso di costruire rilasciato in favore di C.A.A. e C.L. alcuni mesi prima, procurando a costoro intenzionalmente un ingiusto danno.


2. Ricorre D.F., per il tramite del difensore, deducendo i motivi di seguito specificati.


2.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in ordine agli artt. 110 e 323 c.p..


Si contesta il ritenuto concorso della fattispecie di abuso d'ufficio posto in essere da B.M., in assenza di elementi idonei a dimostrare il concorso morale e materiale della ricorrente con particolare riferimento al pregresso accordo tra la ricorrente ed il pubblico ufficiale.


2.2. Vizi di motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 533 c.p.p., comma 1 e art. 192 c.p.p., comma 2.


Il ricorrente ritiene che in sentenza sia stata assegnata eccessiva rilevanza, ai fini della dimostrazione del concorso da parte del ricorrente nella condotta posta in essere dall'intraneus, all'urgenza con cui il provvedimento era stato emesso, alla qualità di ex cliente del B. poi divenuto Responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale, in uno alla valorizzata omessa allegazione della perizia redatta dall'allora professionista ing. B. in occasione della denuncia presentata all'Ufficio comunale che ebbe ad attivare il procedimento terminato con l'annullamento in autotutela del provvedimento ampliativo in precedenza rilasciato.


In tal modo la Corte di merito avrebbe effettuato una valutazione parcellizzata degli elementi che, invece, necessitavano di una loro unitaria e complessiva lettura alla luce della alternativa plausibile versione rassegnata nel giudizio di merito.


Non sarebbe stata adeguatamente valutata la circostanza che, al momento della presentazione della denuncia, B. non era responsabile dell'Ufficio tecnico, essendo intervenuta la sua nomina alcuni giorni dopo.


Inconferente risulterebbe la valorizzata omessa allegazione, in occasione dell'ultima denuncia presentata dalla ricorrente all'Ufficio tecnico comunale di (OMISSIS), delle perizie redatte dall'ing. B.M., non essendo le stesse necessarie ai fini della valutazione della pratica tenuto conto che gli elaborati erano già a disposizione dello stesso Ufficio.


3. Con motivi nuovi in data 22 novembre 2018, il ricorrente evidenzia:


- la mancanza e l'illogicità della motivazione in ordine all'apporto causale fornito dal ricorrente, rilevato che quanto enunciato in sentenza si riferisce alla posizione del B. sia quanto ad apporto oggettivo che soggettivo, mentre la responsabilità della ricorrente sarebbe stata desunta dai soli pregressi rapporti professionali avuti con l'intraneus;


- erronea applicazione degli artt. 110 e 323 c.p. quanto a sussistenza del necessario elemento oggettivo in assenza della ingiustizia del vantaggio che la ricorrente si sarebbe procurata con la condotta abusiva del B., valutandola solo quanto a quella del pubblico ufficiale;


- assenza, manifesta illogicità ed erronea applicazione degli artt. 110 e 323 c.p. quanto al necessario elemento soggettivo;


- mancanza di motivazione quanto ad elemento soggettivo ed oggettivo degli artt. 110 e 323 c.p..


4. Con memoria del 5 dicembre 2018 Ca.Ca., C.A.A. e C.L., richiedono dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per genericità dei motivi che risultano anche versati in fatto.


2. Deve rilevarsi l'inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso con cui si deduce l'insussistenza del contributo causale fornito dalla ricorrente alla condotta di abuso posta in essere da Mario B..


Deve premettersi che l'esito conforme dei due giudizi di merito hanno condotto alla declaratoria di responsabilità in capo alla ricorrente, in concorso con l'ing. B.M., per il delitto di cui agli artt. 110 e 323 c.p..


In ordine alla dimostrata responsabilità, quindi, le due decisioni devono essere lette unitariamente in quanto, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).


La decisione, infatti, deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, quando l'iter motivazionale di entrambe si dispiega secondo l'articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti (ex multis, Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061), essendosi anche affermato che l'integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, per tutte, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615).


3. Ciò premesso, la ricorrente è stata ritenuta responsabile del delitto di abuso d'ufficio in concorso con l'ing. B.M., il quale, alcuni giorni dopo la nomina a responsabile dell'Ufficio tecnico comunale di (OMISSIS), aveva avviato il procedimento per l'annullamento in autotutela del permesso di costruire relativo a lavori di ripristino di una copertura di un deposito e di un porticato afferenti un immobile con vincolo monumentale, il cui rilascio in favore delle parte civili C.A.A. e C.L. era stato contrassegnato da un iter amministrativo complesso e da un numero quantitativamente rilevante di esposti, segnalazioni, denunce e richieste di intervento da parte della ricorrente che, proprio facendo affidamento sulla perizia del proprio professionista di fiducia, ing. B.M., aveva inteso contrastare il rilascio degli atti amministrativi in favore dei richiedenti, evidenziando che i lavori che si intendeva effettuare non erano relativi a parti del fabbricato preesistente (condizione che legittimava la realizzazione delle opere di cui era stato richiesto l'atto ampliativo), ma opere nuove che, quindi, si ponevano in aperto contrasto con i vincoli monumentali insistenti sull'immobile.


All'esito di un complesso procedimento amministrativo, iniziato nell'(OMISSIS) e che aveva condotto a numerose sospensioni dei lavori, il responsabile dell'Ufficio tecnico comunale del comune di (OMISSIS), aveva rilasciato il permesso di costruire, a cui aveva contribuito, per la parte di competenza, la Sovrintendenza che, oltre ad un controllo puntuale sui lavori era intervenuta in numerose occasioni per disporre modifiche alla esecuzione delle opere, attestandone la compatibilità rispetto ai vincoli ed alle prescrizioni imposte.


All'esito dell'ennesima denuncia, con nota del 2 febbraio 2007 la Sovrintendenza esponeva alla ricorrente tutti i numerosi interventi effettuati in ordine a detto immobile concludendo per la legittimità, per i profili di competenza, delle opere realizzate, mentre in data (OMISSIS), il responsabile dell'Ufficio tecnico comunale ing. M., evidenziava alla ricorrente, con riferimento alla denuncia del 13 luglio 2007, l'iter seguito e le giustificazioni poste alla base del rilascio del permesso di costruire di cui si riteneva, in definitiva, la legittimità.


Il (OMISSIS), giorno immediatamente precedente alla risposta fornita dall'Ufficio tecnico all'esposto del 13 luglio 2007, sulla base della documentazione a disposizione, la ricorrente effettuava una nuova denuncia alla Procura della Repubblica, alla Sovrintendenza ed all'Ufficio Tecnico con cui contestava, ancora una volta, la realizzazione di un porticato abusivo da parte delle costituite parti civili.


Subentrato nell'(OMISSIS) alla direzione dell'Ufficio tecnico comunale l'ing. B.M., dopo alcuni giorni attivava l'iter per l'annullamento in autotutela del permesso di costruire, poi terminato con l'annullamento del permesso già rilasciato alle parti civili all'esito di detto complesso iter amministrativo, provvedimento dapprima sospeso e poi annullato dal TAR adito dai destinatari.


I Giudici di merito, sulla base della scansione cronologica degli eventi, valutavano sussistente il delitto da parte del ing. B.M. che, nonostante avesse prestato la propria opera professionale in favore della ricorrente in ordine alla stessa questione oggetto della procedura in autotutela, riteneva non essere presenti i presupposti L. n. 241 del 1990, ex art. 21-nonies che ne giustificavano l'attivazione, anche alla luce delle rilevata carente motivazione posta a base del provvedimento, a fronte, invece, delle dettagliate argomentazioni, già agli atti, sostenute dal predecessore ed inviate alla ricorrente.


I Giudici di merito avevano modo di apprezzare anche la sussistenza dell'evidente conflitto di interesse in capo al pubblico ufficiale D.M. n. 31 marzo 1994, ex art. 5 e 6 (ingiustizia della condotta) circostanza che ne imponeva l'astensione ovvero la segnalazione al superiore; astensione e segnalazione mai effettuata neppure dopo essere stato oggetto di denuncia ad opera delle parti civili C. che avevano evidenziato che, quale libero professionista, si era occupato proprio dell'aspetto controverso su cui andava negativamente ad incidere per mezzo del provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire, così realizzando intenzionalmente anche un ingiusto danno nei loro confronti.


Tanto premesso, generico risulta il primo motivo di ricorso che, pur astrattamente enunciando di voler censurare la struttura argomentativa della sentenza ovvero dedurre presunte illegittimità in ordine alla sussistenza del concorso della ricorrente nella condotta del pubblico ufficiale, si limita a proporre una differente lettura dei plurimi elementi valorizzati dalla sentenza impugnata, riproponendo una descrizione degli eventi tesi a sminuire l'importanza di singoli passaggi previa loro parcellizzazione, isolandoli dal contesto in cui la sentenza di merito li ha invece complessivamente apprezzati e provvedendo, infine, a censurare in forma eccentrica di parcellizzazione la decisione.


La decisione impugnata, letta unitamente a quella di primo grado cui deve essere anche fatto riferimento avendo essa confermato, in punto di responsabilità1la decisione del Tribunale quanto ad integrazione del delitto di cui agli artt. 110 e 323 c.p., ha adeguatamente apprezzato i motivi che hanno portato a ritenere che la ricorrente si fosse accordata con B.M. (pag. terza e quarta della sentenza d'appello che fa riferimento a quanto analiticamente osservato alle pagg. 26 e 27 della sentenza del Tribunale).


Sono stata adeguatamente valutati i motivi di gravame con riferimento alla dedotta circostanza a mente della quale l'ing. B. era stato assegnato alla carica di responsabile dell'Ufficio tecnico in data successiva alla proposizione dell'esposto depositato il (OMISSIS), nonchè quanto dedotto in ordine alla ritenuta irrilevanza della circostanza che le perizie non erano state allegate a detto esposto, in quanto asseritamente già riversate nei precedenti atti a disposizione del Comune di (OMISSIS).


Quanto alla prima deduzione è stato valutato, con motivazione di merito logica e completa in questa sede non sindacabile, che la notizia della futura assegnazione all'ufficio dell'ing. B. fosse evenienza niente affatto significativa alla luce della ovvia conoscenza di tale informazione all'interno di una comunità come quella in questione, vista la rilevanza del ruolo che sarebbe andato a ricoprire il professionista; quanto al rilievo assegnato all'omessa allegazione solo in occasione della presentazione dell'istanza del (OMISSIS) degli elaborati dell'ing. B., atti invece posti a base in tutte le precedenti istanze, la Corte di merito ha, da un lato negato che l'oggetto dell'istanza avesse un contenuto difforme o originale rispetto a quelle precedentemente inoltrate alle autorità locali e statali oltre che all'amministrazione comunale di (OMISSIS) (facendo sempre questione di abusiva realizzazione del porticato di cui si negava, ancora una volta, la preesistenza), mentre dall'altro ha osservato che nelle precedenti identiche occasioni, pur essendo tali perizie già a disposizione dell'amministrazione comunale, non era stata egualmente valutata sussistente l'opportunità di ometterne la allegazione, opportunità eccentricamente valutata solo in occasione di quella presentata il (OMISSIS), valutata nell'immediatezza dal precedente professionista di fiducia divenuto nel frattempo responsabile dell'Ufficio tecnico comunale.


Tali elementi sono stati considerati insieme alla complessiva condotta della ricorrente che aveva inviato in precedenza un imponente numero di denunce, segnalazioni ed esposti a svariate autorità nazionali, locali e giudiziarie, in uno alla precedente opera professionale prestata dall'ing. B.M. che proprio in ordine a detta vicenda aveva redatto per conto della ricorrente una perizia giurata, una relazione asseverativa ed una relazione tecnica, alla presentazione della denuncia il (OMISSIS), giorno precedente a quello in cui era stata motivatamente rigettata dal precedente responsabile dell'Ufficio tecnico analoga denuncia.


Elementi quelli sopra evidenziati che ha fatto ritenere la condotta della ricorrente "causalmente rilevante" nella realizzazione della fattispecie criminosa di abuso d'ufficio posta in essere dal B., sulla cui responsabilità nessuna censura in questa sede viene dedotta.


Nè vale rilevare che in tema di abuso di ufficio, la "raccomandazione" o "segnalazione" non ha di per sè un'efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, il quale è libero di aderire o meno alla segnalazione secondo il suo personale apprezzamento (Sez. 5, n. 32035 del 16/05/2014, Paccione e altri, Rv. 261753; Sez. 6, n. 39030 del 05/07/2013, Pagano, Rv. 256608; Sez. 6, n. 35661 del 13/04/2005, dep. 04/10/2005, Berardini, Rv. 232073), evenienza non corrispondente al caso sottoposto a gravame nel quale invece la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato l'accordo criminoso, non desunto dalla sola presentazione della denuncia volta ad ottenere l'atto illegittimo, avendo invece valutato sussistere, per quanto sopra detto in ordine agli elementi sintomatici, la prova che la presentazione della domanda fosse preceduta, accompagnata e seguita da un'intesa o da pressioni dirette a sollecitare o persuadere il pubblico funzionario conformemente a quanto richiesto da questa Corte (Sez. 6, n. 2844 del 01/12/2003, dep. 27/01/2004, Celiano, Rv. 227260).


Motivazione fedele al principio di diritto secondo cui, al fine di affermare la sussistenza del concorso del privato nel reato di abuso di ufficio, la prova che un atto amministrativo è il risultato di collusione tra privato e pubblico funzionario, è necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra le parti o altri dati di contorno dimostrino che la presentazione della domanda è stata preceduta, accompagnata o seguita da un'intesa col pubblico funzionario o, comunque, da pressioni dirette a sollecitarlo, ovvero a persuaderlo al compimento dell'atto illegittimo, non potendosi (Sez. 6, n. 8121 del 29/05/2000, Margini, Rv. 216719); tutti elementi ritenuti sussistenti da entrambe le sentenze ed in ordine alla cui sussistenza il ricorrente contrappone una inammissibile differente valutazione delle risultanze motivatamente smentita dalla Corte territoriale.


4. La inammissibilità del ricorso principale non consente di valutare i motivi nuovi.


In materia di impugnazioni, infatti, l'indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell'art. 581 c.p.p., lett. c), costituisce di per sè motivo di inammissibilità del proposto gravame, anche se successivamente, ad integrazione e specificazione di quelli già dedotti, vengano depositati nei termini di legge i motivi nuovi ex art. 585 c.p.p., comma 4, (Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, Cennamo, Rv. 260851; Sez. 6, n. 47414 del 30/10/2008, Arruzzoli, Rv. 242129).


Le censure contenute nei motivi nuovi circa l'omessa motivazione e violazione quanto a sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto contestato ed a ritenuta sussistenza dell'evento materiale del delitto d'abuso d'ufficio con riferimento all'ingiustizia del vantaggio cui avrebbe beneficiato la ricorrente non risultano neppure genericamente dedotti.


Deve, infatti, ribadirsi che i motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata enunciati nell'originario atto di impugnazione a norma dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. a), nel senso di statuizioni suscettibili di autonoma considerazione (Sez. 5, n. 4184 del 20/11/2014, dep. 2015, Giannetti, Rv. 262180).


Il ricorso principale, invece, censura unicamente la motivazione nella parte in cui non avrebbe evidenziato gli elementi da cui desumere la sussistenza del contributo causale nel delitto commesso dall'intraneus, identica questione già posta nei motivi di gravame a cui la Corte territoriale aveva dato completa e logica risposta sopra in sintesi enunciata, tenuto conto che - fermo restando quanto rilevato in ordine alla impossibilità di valutare in questa sede i motivi nuovi - che le questioni qui proposte dal ricorrente non risultano essere state sottoposte al vaglio del giudice di merito, e per ciò solo ex se inammissibili. Non possono, infatti, essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perchè non devolute alla sua cognizione (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632).


5. Da quanto sopra discende l'inammissibilità del ricorso cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del grado in favore delle parti civili costituite e delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616 c.p.p., comma 1.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.


Condanna altresì la ricorrente al pagamento delle spese del grado in favore delle parti civili che liquida in Euro 3.500 oltre spese generali, IVA e CPA in favore di C.L. ed in Euro 3.500 oltre spese generali, IVA e CPA in favore di C.A.A. e Ca.Ca..


Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2018.


Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2019



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