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Abuso d'ufficio: consentito il sequestro nei confronti del percettore dell'ingiusto profitto


Corte di Cassazione

La massima

In tema di abuso d'ufficio, è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 335-bis c.p. del profitto del reato, laddove disposto nei confronti del percettore dell'ingiusto vantaggio patrimoniale. (Fattispecie in cui è stato disposto il sequestro di una somma di denaro pari al profitto ottenuto da un soggetto illegittimamente nominato quale commissario straordinario di un ente ospedaliero.

Fonte: CED Cassazione Penale 2020



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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. V , 13/11/2019 , n. 49485

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Potenza, in funzione di giudice del riesame - in accoglimento dell'appello cautelare reale proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento di rigetto del giudice per le indagini preliminari - ha disposto, ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta della somma di Euro 71.826,08 nella disponibilità di M.R.A., quale profitto dei reati di cui agli artt. 323 e 479 c.p. (capo A dell'addebito provvisorio).


1.1 Si ipotizza che M. abbia concorso con il Presidente della Regione Basilicata e con altri pubblici ufficiali nel reato di abuso di ufficio in relazione alla procedura di nomina del M. stesso quale commissario straordinario dell'azienda ospedaliera (OMISSIS).


1.2 In sintesi:


- M.R., con un incarico triennale conferito nel 2015 e venuto a scadenza il 15 gennaio 2018, è stato nominato direttore generale dell'ospedale (OMISSIS);


- nelle more dell'incarico, in data 12 febbraio 2016, il M. è stato collocato in quiescenza, conservando comunque il posto fino alla scadenza dell'incarico triennale;


- con Delib. 22 gennaio 2018 la Giunta Regionale della Basilicata ha conferito a M. l'incarico di Commissario straordinario dell'azienda ospedaliera (OMISSIS), stabilendo un compenso annuo di 139.000,00 Euro;


- M. percepisce una pensione annua dell'importo di 122.848,00 Euro, che lo stesso ha dichiarato al momento dell'assunzione dell'incarico di Commissario straordinario;


- in ragione del limite massimo retributivo stabilito dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 489, pari a 240.000,00 Euro lordi ex D.L. n. 201 del 2011, art. 23-ter, comma 2, il compenso erogato dalla Regione Basilica in favore del M. è stato ridotto da 139.000,00 Euro (deliberati) a 117.155,04 Euro lordi.


1.3 Secondo l'ipotesi accusatoria ricorrerebbero i presupposti del reato di abuso di ufficio (capo A) in quanto la delibera di nomina del M. sarebbe stata adottata in assenza dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge:


- M. era in quiescenza e dunque non poteva assumere l'incarico, se non a titolo gratuito e solo per un anno, ostandovi il disposto del D.L. n. 95 del 2012, art. 5;


- non era configurabile nella specie una situazione di "vacanza" dell'incarico di direttore generale che, ai sensi della L.R. n. 39 del 2001, art. 10, avrebbe consentito di ricorrere alla nomina di un commissario straordinario, posto che si era in presenza di una situazione di scopertura fisiologica, non "eccezionale", conseguente al maturare del termine ordinario di durata del pregresso incarico;


- è stata, quindi, falsamente attestata sia la condizione di "vacanza" sia la necessità di procedere alla nomina del commissario straordinario per esigenze di completamento del piano di riordino di cui alla L. R. n. 2 del 2017, che invece era stato ampiamente definito nelle sue linee essenziali.


In tal modo i pubblici ufficiali avevano procurato al M. l'ingiusto profitto derivante dalla percezione del compenso di 117.155,04 Euro lordi, pari a 64.014,00 Euro al netto delle ritenute di legge.


1.4 Il giudice per le indagini preliminari negava il sequestro (che invece concedeva, per la somma di Euro 45.329,25, in relazione al reato di truffa sub C, qui non in rilievo).


L'ordinanza di rigetto escludeva, anzitutto, che ricorresse una violazione di legge, ritenendo configurabile al più un "eccesso di potere": "la Giunta delibera un avviso pubblico nel quale specifica al punto 8 che i candidati non dovessero trovarsi nelle condizioni di cui al D.L. 24 giugno 2014 che contempla il divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza e poi ammette tre soggetti in quiescenza di cui uno, il M., non aveva dichiarato a differenza degli altri la sua disponibilità ad esercitare l'eventuale incarico a titolo gratuito e per la durata di un anno" (pag. 21 dell'ordinanza GIP); "la Giunta, senza motivare, approvava gli atti della commissione pur avendo essa deliberato un avviso che avrebbe dovuto portare all'esclusione di tutti i soggetti in quiescenza o, al massimo, dell'esclusione del solo M. (in diritto amministrativo anche la difformità tra l'atto generale e il provvedimento che del primo dovrebbe essere attuazione costituisce figura sintomatica di eccesso di potere salvo poi verificare la compatibilità di questo vizio con la struttura oggettiva del reato di abuso di ufficio)" (pagg. 21 e 22).


Inoltre, secondo il Gip, il concetto di "vacanza" doveva essere inteso in senso ampio, sì da ricomprendere anche il caso della scadenza di un incarico.


Infine "alle perplessità riguardanti la struttura oggettiva del reato si aggiungevano quelle, ancor più rilevanti, che inerivano all'elemento soggettivo del reato, in particolare alla possibilità di sostenere che gli indagati fossero consapevoli della violazione di legge e di regolamento" (pag. 22); al riguardo il Gip valorizzava la circolare n. 6 del 2014, interpretativa della cd. legge Madia, laddove escludeva che le norme sulla incompatibilità potessero applicarsi ai commissari straordinari.


1.5 Ad opposta conclusione è pervenuto il Tribunale del Riesame che, ritenuto sussistente il fumus del reato di cui all'art. 323 c.p., ha concesso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 c.p. del profitto del suddetto reato.


Secondo il Tribunale:


- il concetto di vacanza, proprio in quanto collegato con la nomina di un commissario straordinario, non può comprendere le ipotesi ordinarie di naturale cessazione per scadenza del termine di durata del mandato. Il ricorso al commissario ad acta è consentito solo per far fronte a situazioni temporanee ed eccezionali, caratterizzate dalla impossibilità di procedere alla nomina di un nuovo direttore generale e, al tempo stesso, dalla impossibilità di assegnare le relative funzioni al direttore amministrativo o sanitario;


- la Delib. regionale non esponeva le ragioni per le quali non sarebbe stato possibile nominare in tempi brevi un nuovo dirigente, ma "indicava addirittura falsamente che il conferimento dell'incarico commissariale fosse necessario ad assicurare, prima di un eventuale cambio politico, il completamento dell'operazione di riordino del sistema sanitario regionale che, al contrario, all'epoca dei fatti era solo alle sue fasi iniziali" (pag. 19 ordinanza impugnata);


- lo stesso Gip "riconosceva profili di illegittimità nell'operato della commissione nominata per l'aggiornamento degli elenchi regionali degli idonei perchè, al fine di favorire il M., approvava una graduatoria redatta secondo criteri diversi rispetto alle regole dell'avviso pubblico che pure aveva in precedenza approvato". Dunque tale illegittimità doveva essere collegata alla successiva scelta di nominare M. commissario straordinario, specie tenendo conto della sua dichiarata indisponibilità a svolgere l'attività a titolo gratuito;


- l'evidenza e la pluralità delle violazioni di legge devono ritenersi significative e dimostrative della intenzionalità della condotta, "studiata sin dal momento dell'inclusione del M. nell'elenco degli idonei, nonostante fosse un soggetto in quiescenza, cui l'incarico veniva conferito addirittura garantendogli la relativa retribuzione" (pag. 21).


2. Avverso il provvedimento ricorre M.R., tramite il difensore, articolando due motivi.


2.1 Con il primo denuncia violazione della L. R. n. 39 del 2001, art. 10, commi 10 e 11, del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3-bis.


2.1.1 La L. R. n. 39 del 2001 consente la nomina dei commissari straordinari nei casi di "sospensione, decadenza o revoca del direttore generale" ai quali sono equiparati i casi di "vacanza", situazione, quest'ultima, da intendersi nei termini ampi come delineati dal Gip.


Il ricorso al commissario straordinario è stato giustificato ai fini del percorso di riordino del sistema sanitario regionale voluto dalla L. n. 2 del 2017. In conformità a tali scelte in data 8 giugno 2018 è stato bandito l'avviso pubblico di selezione del direttore generale dell'ospedale (OMISSIS), che si è concluso con l'adozione della Delib. n. 1221 di nomina del nuovo direttore.


2.1.2 L'incarico di commissario straordinario è stato conferito dalla Giunta Regionale a M.R., in quiescenza dal 2016, sulla base delle indicazioni contenute nella circolare n. 6 del 2014, espressamente citata nella Delib. di nomina, che esclude l'applicabilità delle incompatibilità dettate dal D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 9 ai commissari straordinari.


2.1.3 Non si verserebbe nell'ipotesi di esercizio del potere sostitutivo del Ministero della sanità di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3-bis, poichè la nomina del M. era intervenuta prima dei 60 giorni di "vacanza", il cui decorso fa scattare la competenza dell'organo statale.


2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la totale mancanza di motivazione in ordine alla sua partecipazione all'ipotizzato "pactum sceleris".


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.


E' necessario premettere un breve inquadramento degli istituti processuali e sostanziali in rilievo.


2. Il quadro processuale.


2.1 Il sequestro preventivo è stato disposto ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, in funzione della successiva confisca del profitto del reato di cui all'art. 323 c.p. (capo A dell'addebito provvisorio).


2.1.1 Il Tribunale cita l'art. 240 c.p.; tuttavia, alla luce del titolo di reato in rilievo, l'esatta configurazione giuridica della fattispecie, che compete alla corte di cassazione quando non venga snaturata la tipologia della misura cautelare reale richiesta dal pubblico ministero e adottata dal giudice (arg. da Sez. 5, n. 43059 del 11/06/2015, Lumini, Rv. 265151), porta a ricondurre il sequestro alla confisca di cui all'art. 335-bis c.p..


Tale norma, di carattere speciale rispetto alla previsione generale di cui all'art. 240 c.p., ha l'effetto di rendere obbligatoria - in caso di condanna per reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, e dunque anche in relazione all'art. 323 c.p. - la confisca facoltativa prevista dall'art. 240 c.p., comma 1 per le "cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto".


Si tratta di un potenziamento delle misure patrimoniali che vale ad accrescere il corredo repressivo e preventivo delle disposizioni richiamate.


2.1.2 Secondo la giurisprudenza di legittimità la confisca prevista dall'art. 335 bis c.p., in quanto obbligatoria, opera anche nei confronti degli aventi diritto estranei al reato, che non possono trarre vantaggio dall'ingiusto profitto conseguente ad una condotta illecita, sempre che sussista un nesso strutturale tra il bene da confiscare ed il reato (Sez. 4, n. 41890 del 22/06/2018, Pallaoro, Rv. 274365).


In dottrina si dubita della condivisibilità di tale principio, che non sembrerebbe tenere conto del disposto dell'art. 240 c.p., comma 3, secondo cui le disposizioni della prima parte (e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente) non si applicano se la cosa o il bene appartiene a persona estranea al reato.


In ogni caso, qualunque sia l'opzione interpretativa prescelta, va escluso che il terzo beneficiario del profitto del reato di abuso di ufficio possa considerarsi terzo estraneo al reato, poichè si tratta di soggetto che, quand'anche non concorrente nel reato, ha comunque tratto vantaggio diretto e immediato dall'altrui attività criminosa.


2.2 Mutuando quanto osservato dalle Sezioni Unite Lucci sull'art. 322 ter c.p., può affermarsi che la confisca "diretta" ha natura di misura di sicurezza e attrae, accanto al prezzo, anche il prodotto e il profitto del reato "all'interno di un nucleo per così dire unitario di finalità ripristinatoria dello status quo ante, secondo la medesima prospettiva volta a sterilizzare, in funzione essenzialmente preventiva, tutte le utilità che il reato, a prescindere dalle relative forme e dal relativo titolo, può aver prodotto in capo al suo autore" (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, in motivazione).


Essa postula la verifica sulla esistenza di un prodotto, profitto o prezzo del reato e la individuazione dei beni, delle somme di denaro o delle altre utilità da apprendere. Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell'illecito (Sez. U, Lucci, cit. Rv. 264436).


Con la precisazione che, qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. U, Lucci, cit. Rv. 264437).


2.3 In tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840).


2.3.1 Come osservano le Sezioni Unite nella motivazione della sentenza n. 18954 del 31/03/2016, Capasso "E' indubbio, infatti, che le condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, previste dall'art. 273 c.p.p., non sono estensibili, per le loro peculiarità, alle misure cautelari reali, essendo precluse per queste ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravità degli stessi".


Nella medesima sentenza si legge inoltre quanto segue.


"La compatibilità costituzionale di tale principio è stata affermata dal Giudice delle leggi nella sentenza n. 48 del 1994, con riferimento ai parametri degli artt. 24,42,27 e 111 Cost..


"E' incontestabile che quantomeno il sequestro preventivo e quello probatorio (per il sequestro conservativo vi è la peculiarità della necessaria precondizione del rinvio a giudizio), nel presupporre l'esplicitazione della sussistenza di un reato in concreto mediante la esposizione e la valutazione degli elementi in tal senso significativi, comportino, per l'autorità giudiziaria che li dispone, un percorso motivazionale che si discosta da quello sugli indizi, proprio delle misure personali, essenzialmente, e in taluni casi, sul punto della responsabilità dell'indagato, potendo essere, il sequestro, disposto anche nei confronti di terzi".


"Quel percorso non può che essere affine per quanto concerne il dovere di verifica - non più concepibile in termini solo astratti - della compatibilità e congruità degli elementi addotti dalla accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione".


"La Corte costituzionale nella ordinanza n. 153 del 2007 ha riconosciuto che l'assetto normativo differenziato delle misure cautelari reali - per le quali non è richiesto il presupposto della gravità indiziaria - e quello delle cautele personali, non è comunque incompatibile e non preclude, anzi può rendere doverosa la indagine - negli ovvi limiti propri del giudizio di riesame delle misure cautelari reali - e la verifica, "nel singolo caso concreto", del "fumus" del reato ipotizzato dall'accusa, comprensivo dei riferimenti all'eventuale difetto di elemento soggettivo, purchè "ictu oculi".


2.3.2 La Corte di cassazione ritiene che in sede di misure cautelari reali il giudice possa rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purchè esso emerga "ictu oculi" (tra le ultime Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015; Sez. 6, n. 10446 del 10/01/2018, Aufiero, Rv. 272336).


2.3.3 Sfuggono alla necessità di motivazione sulle esigenze cautelari le forme di sequestro preventivo che, come quella in esame, sono finalizzate alla confisca obbligatoria ex art. 321 c.p.p., comma 2, (Sez. U n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, in motivazione).


2.4 Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).


2.5 In definitiva la tenuta del provvedimento impugnato deve essere verificata sotto il profilo del fumus commissi delicti, nei limiti del vizio di violazione di legge, senza che possa invece rilevare un vizio motivazionale se non nei termini di assenza radicale dell'apparato argomentativo.


Per le ragioni sopra esposte non occorre valutare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, nè il concorso del M. nel reato proprio, atteso che il profitto deve comunque essere confiscato ovunque si trovi e M. non può considerarsi terzo estraneo in quando beneficiario diretto dell'incremento patrimoniale illecitamente disposto in suo favore.


Ai fini in rassegna, il dolo dei pubblici ufficiali non forma oggetto di accertamento tranne nel caso in cui debba essere escluso ictu oculi.


3. Il quadro sostanziale.


3.1 Le disposizioni del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 9, vietano l'attribuzione di incarichi di studio o di consulenza ai lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza e a tali lavoratori consente di ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi o in organi di governo delle amministrazioni solo a titolo gratuito.


3.1.1 La previsione si iscrive in un contesto di risorse limitate da ripartirsi in maniera congrua e trasparente; essa condivide la medesima ratio con quelle altre disposizioni che pongono un tetto massimo alle retribuzioni dei dipendenti pubblici (D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 23-ter e successive modifiche) o al compenso erogato dagli enti pubblici a coloro che percepiscono una pensione (L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 489).


Si tratta di normative che, in ragione del carattere limitato delle risorse pubbliche, rispondono alla "necessità di una predeterminazione complessiva - e modellata su un parametro prevedibile e certo - delle risorse che l'amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni" (Corte Cost. sent. n. 124 del 2017).


"Il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto deve essere valutato, dunque, in un contesto peculiare, che non consente una considerazione parziale della retribuzione e del trattamento pensionistico" (Corte Cost. sent. n. 124 del 2017).


3.1.2 La circolare n. 6 del 4 dicembre 2014 di interpretazione del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 9, al punto 5 "incarichi consentiti" prevede che: "Per la loro natura eccezionale, non riconducibile ad alcuna delle ipotesi di divieto contemplate dalla disciplina devono poi ritenersi esclusi anche gli incarichi dei commissari straordinari, nominati per l'amministrazione temporanea di enti pubblici o per lo svolgimento di compiti specifici".


La successiva circolare n. 4 del 2015, integrativa della precedente, al punto 4, "incarichi vietati" ribadisce che: "Per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali è escluso che essi possano essere conferiti a soggetti collocati in quiescenza che abbiano compiuto i 65 anni, cioè che hanno raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. Come già chiarito nella circolare n. 6 del 2014 la possibilità di attribuire incarichi dirigenziali a soggetti che abbiano raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici era già esclusa dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 33, comma 3".


3.2 La L.R. 31 ottobre 2001, n. 39 di riordino e razionalizzazione del servizio sanitario regionale dedica l'art. 10 a "incompatibilità, cause di decadenza e revoca del direttore generale" e stabilisce che:


"10. Nel caso di assenza o legittimo impedimento nonchè nei casi di sospensione, decadenza o revoca al Direttore generale subentra nelle funzioni il Direttore più anziano, per età, tra il Direttore Amministrativo e il Direttore sanitario ovvero il Direttore a suo tempo delegato a svolgere le funzioni. Analogamente si procede nel caso di vacanza.


11. In alternativa alla ipotesi di cui al comma 10, la Giunta regionale può procedere nel caso della sospensione, decadenza, revoca o vacanza al Commissariamento dell'Azienda.


12. Il Presidente della Giunta regionale, nella ipotesi di cui al comma 11, nomina su deliberazione della Giunta medesima, un Commissario con i poteri del Direttore generale che resta in carica fino alla nomina del nuovo Direttore generale.


Il Commissario deve essere in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente per la nomina a Direttore generale.


Con il provvedimento di nomina la Giunta regionale definisce le modalità dell'incarico ed il compenso da corrispondere per l'espletamento del mandato in analogia a quanto previsto dalla normativa per il Commissario Straordinario degli L. R. c.c. S. ".


In ordine al concetto di "vacanza" è bene chiarire sin d'ora che, in base ai principi generali del diritto pubblico, il ricorso alla nomina di un commissario straordinario presuppone, in ragione della natura stessa dell'istituto, una situazione di grave disfunzione di carattere eccezionale non rimediabile attraverso il ricorso agli ordinari strumenti della sostituzione o reggenza.


Lo chiarisce con estrema precisione la sezione lavoro della Corte di cassazione laddove spiega che l'attribuzione alla regione dei poteri di vigilanza e controllo comprende immancabilmente la nomina di un commissario straordinario "per il caso di disfunzioni dell'organizzazione ordinaria dell'azienda sanitaria".


Le ragioni che determinano la nomina di un commissario straordinario trovano fondamento nella necessità di "porre riparo al difetto di attività degli organi ordinari".


"Tutto ciò, del resto, ha un preciso riscontro legislativo, non essendo consentito equiparare le ipotesi, definibili come ordinarie, di vacanza dell'ufficio o di assenza o di impedimento del direttore generale, comportanti il temporaneo affidamento delle funzioni al direttore amministrativo o sanitario e l'obbligo di procedere alla sostituzione trascorsi sei mesi (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 6), con le esigenze straordinarie che conducono alla nomina del commissario straordinario" (Sez. L, n. 25422 del 03/12/2009, in motivazione; Sez. L, n. 16340 del 24/07/2007, in motivazione).


E' quindi chiaro che il caso di scadenza naturale dell'incarico, dato il carattere prevedibile e ordinario della fattispecie, non può essere ricondotto a quella condizione di natura eccezionale e straordinaria che consente il ricorso alla nomina di un commissario straordinario.


4. Il primo motivo è infondato.


Ricorre nella specie il fumus del reato di abuso di ufficio.


4.1 Svolgimento di pubbliche funzioni.


Si tratta di qualifica indiscussa del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta in relazione all'esercizio di attività amministrative alle quali partecipano concorrendo alla formazione della volontà dell'ente (Sez. 6, n. 30175 del 30/05/2013, Horvat, Rv. 257099).


4.2 Violazione di norme di legge.


4.2.1 Nella sostanza è accaduto che l'organo di governo della Regione Basilicata ha consentito a M.R. di continuare a svolgere, di fatto, con la veste formale di commissario straordinario, le funzioni di direttore generale dell'ospedale di Potenza dietro corresponsione di un compenso nonostante la sussistenza di plurime condizioni ostative ex lege:


- M. aveva già svolto l'incarico triennale conferito nel 2015 e venuto a scadenza il 15 gennaio 2018;


- l'incarico non era prorogabile;


- dopo il 15 gennaio 2018 M. non poteva svolgere le funzioni di direttore generale a titolo oneroso perchè era stato collocato in quiescenza sin dal 12 febbraio 2016 (data indicata nell'imputazione provvisoria) o dal 12 giugno 2016 (data riportata in ricorso);


- M. non avrebbe potuto ricoprire l'incarico perchè sin dal 18 marzo 2017 aveva compiuto 65 anni (limite massimo di età pensionabile);


- il commissario straordinario deve essere in possesso dei medesimi requisiti previsti per la nomina a dirigente e M. non li possedeva, per le ragioni sopra elencate.


4.2.2 Risultano violati pertanto:


- il D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 9, che vieta l'attribuzione di incarichi di studio o di consulenza ai lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza e a tali lavoratori consente di ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi o in organi di governo delle amministrazioni solo a titolo gratuito;


- il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 33, comma 3 (richiamato nelle circolari n. 6 del 2014 e n. 4 del 2015) che esclude che gli incarichi dirigenziali possano essere conferiti a soggetti collocati in quiescenza che abbiano compiuto i 65 anni, cioè che abbiano raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici;


- la L. R. 31 ottobre 2001, n. 39, art. 10, comma 12 a mente del quale il commissario straordinario nominato dal Presidente della Giunta regionale, nella ipotesi di cui al comma 11, deve essere in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente per la nomina a Direttore generale.


4.2.3 Viene in rilievo una violazione di legge e non, come invece ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, il vizio di eccesso di potere che sarebbe estraneo all'ambito precettivo di cui all'art. 323 c.p. (Sez. 6, n. 1761 del 16/12/2002, dep. 2003, Sciannameo, Rv. 223590).


L'eccesso di potere è il vizio di legittimità tipico dei provvedimenti discrezionali e ha riguardo all'aspetto funzionale del potere e, cioè, alla realizzazione in concreto dell'interesse pubblico affidato alla pubblica amministrazione. Si può anche definire come vizio della funzione, intesa come dimensione dinamica del potere che attualizza e concretizza la norma attributiva del potere in un provvedimento produttivo di effetti. Figura primigenia dell'eccesso è lo sviamento di potere, che consiste nell'impiego del potere per un fine diverso da quello per cui è attribuito; sono state poi enucleate, anche per la difficoltà di dimostrare lo sviamento, altre figure sintomatiche quali l'errore o travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria o di motivazione, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà.


La violazione di legge comprende tutte le ipotesi di contrasto tra il provvedimento e le disposizioni normative contenute in fonti di rango primario o secondario che definiscono i profili vincolati, formali e sostanziali, del potere.


4.2.4 Nel caso di specie anche a voler tralasciare quei profili, posti in luce dal Tribunale del riesame, concernenti la carenza motivazionale o un aggiramento delle norme nell'esercizio di un potere comunque spettante all'organo pubblico, è evidente la violazione di legge perpetrata nel prorogare l'incarico di direttore generale dell'ospedale (OMISSIS), sotto la veste formale di commissario straordinario, in favore di un soggetto per il quale il contratto era giunto alla sua naturale scadenza, che era privo dei requisiti richiesti dalla normativa primaria per ricoprire il ruolo sia di direttore generale sia di commissario straordinario e, comunque, di un soggetto che avrebbe potuto svolgerlo, tuttalpiù, solo a titolo gratuito.


In tale ottica emerge il contrasto tra il provvedimento di nomina e le disposizioni contenute in fonti di rango primario che non lasciano spazio ad alcuna discrezionalità e che, come detto, in ragione del carattere limitato della capacità economica pubblica, mirano a garantire una predeterminazione complessiva - e modellata su un parametro prevedibile e certo - delle risorse che l'amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni.


4.3 Il vantaggio ingiusto.


Il requisito è pacifico e consiste nella erogazione in favore di M. del compenso di Euro 117.155,04 Euro lordi non spettante al ricorrente, il quale non era in possesso dei requisiti per ricoprire quell'incarico che, eventualmente, avrebbe potuto svolgere solo a titolo gratuito.


4.4 L'elemento soggettivo.


In tema di sequestro preventivo il difetto dell'elemento soggettivo deve risultare "ictu oculi" (cfr. sopra giurisprudenza citata paragrafo 2.3.2).


E' quindi soddisfacente, e non certo apparente, la motivazione del Tribunale che, ai fini in oggetto, osserva come l'evidenza e la pluralità delle violazioni di legge debbano ritenersi significative e dimostrative della intenzionalità della condotta: "studiata sin dal momento dell'inclusione del M. nell'elenco degli idonei, nonostante fosse un soggetto in quiescenza, cui l'incarico veniva conferito addirittura garantendogli la relativa retribuzione" (pag. 21 provvedimento impugnato).


5. Il secondo motivo è inammissibile.


La doglianza è imperniata sulla configurabilità di un apporto concorsuale del ricorrente e fa valere la violazione di legge sub specie di carenza assoluta di motivazione.


E' noto che in tema di abuso di ufficio, per configurare il concorso dell'"extraneus" nel reato, deve essere provata l'intesa intercorsa col pubblico funzionario o la sussistenza di pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzarlo, desumibili dal contesto fattuale, dai rapporti personali tra le parti o da altri elementi oggettivi, non essendo a tal fine sufficiente la sola domanda del privato volta ad ottenere un atto illegittimo (Sez. 6, n. 15837 del 20/12/2018, dep. 2019, D'Alessio, Rv. 275540). Tuttavia ai fini della legittimità del sequestro in rassegna non occorre il fumus del concorso dell'extraneus, posto che si verte in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto e il percettore dell'utilitas, quale è l'odierno ricorrente, non può considerarsi terzo estraneo, indipendentemente dalla sussistenza di un apporto rilevante ex art. 110 c.p..


6. Discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.


Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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