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Codice Penale

Art. 323 c.p. Abuso di ufficio

Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.

 

Note

1. Il pubblico ufficiale è colui che esercita una funzione pubblica legislativa, giudiziaria, o amministrativa, caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dall’esercizio di poteri autoritativi e certificativi.

2. L'incaricato di pubblico servizio è una figura giuridica disciplinata dall'articolo 358 del codice penale. Questa figura è distinta dal pubblico ufficiale, pur avendo compiti e funzioni rilevanti per l'amministrazione pubblica. Le mansioni svolte dall'incaricato di pubblico servizio possono essere tecniche, amministrative, o comunque non meramente materiali o di semplice ordine. Opera con un certo grado di autonomia, ma questa è generalmente limitata rispetto a quella di un pubblico ufficiale. Rientrano nella nozione gli impiegati amministrativi in enti pubblici che non esercitano funzioni di certificazione, decisione, o attestazione, il personale sanitario che non ricopre ruoli dirigenziali o non esercita pubbliche funzioni, i tecnici e operai che operano in aziende pubbliche o private, laddove svolgano attività che, pur essendo di rilevanza pubblica, non implicano l'esercizio di pubbliche funzioni.

 

A) Le cose principali da sapere

Procedibilità: il reato di abuso d'ufficio è procedibile d'ufficio.

Prescrizione: il reato di abuso d'ufficio si prescrive in sei anni (sette anni e mezzo in caso di rinvio a giudizio).

Competenza: per il reato di abuso d'ufficio è competente il tribunale in composizione collegiale.

Udienza preliminare: per il reato di abuso d'ufficio è prevista l'udienza preliminare.

Arresto: per il reato di abuso d'ufficio l'arresto è facoltativo.

Fermo: per il reato di abuso d'ufficio il fermo non consentito.

Custodia cautelare in carcere: per il reato di abuso d'ufficio la custodia cautelare in carcere non è consentita.

 

B) Spiegazione

Indice:

1. Che cos'è e come è punito?

2. Le modifiche al reato di abuso d'ufficio introdotte con il D.L. 16 luglio 2020, n. 76, art. 23

3. Quando si configura il reato di abuso d'ufficio?

4. Elemento soggettivo del reato di abuso d'ufficio

5. La circostanza attenuante speciale della particolare tenuità del fatto nel reato di abuso d'ufficio

 

1. Che cos'è e come è punito l'abuso d'ufficio?

Il reato di abuso d'ufficio è un delitto previsto dall'art. 323 del codice penale e punisce il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.

Il reato di abuso d'ufficio è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.

Nel reato di abuso d'ufficio, il pubblico ufficiale abusa del suo potere o della sua posizione per ottenere un vantaggio personale o per arrecare un danno ad altri.

Ad esempio, il reato di abuso di ufficio ex art. 323 c.p. può consistere in una della seguenti condotte:

a) negare ingiustamente un diritto o un beneficio a qualcuno;

b) concedere ingiustamente un favore o un vantaggio a qualcuno;

c) utilizzare la propria posizione per ottenere un guadagno personale o per favorire un amico o un familiare o per danneggiare qualcuno.

Il bene giuridico tutelato dal reato di abuso d'ufficio è rappresentato dalla corretta e imparziale amministrazione della giustizia e dall'effettiva realizzazione dell'interesse pubblico.

Il pubblico ufficiale ha infatti il dovere di agire solo ed esclusivamente nell'interesse generale ed a tutela dei diritti dei cittadini, senza cercare di ottenere, attraverso la propria azione, vantaggi personali o favoritismi.

L'abuso d'ufficio, in altri termini, rappresenta una violazione del principio di legalità e imparzialità dell'azione amministrativa che deve essere guidata solo dall'interesse pubblico e dalle norme di legge.

In questo senso, il reato di abuso d'ufficio si configura come una garanzia per la tutela dei cittadini contro eventuali comportamenti arbitrari o illegittimi dei pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni.

Il reato di cui all'art. 323 cod. pen., così come modificato dalla L. 16 luglio 1997, n. 234, è un reato plurioffensivo, giacchè che è idoneo a ledere, oltre all'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della P.A., anche il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei propri diritti costituzionalmente garantiti dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale.

Ne consegue che il soggetto al quale tale condotta abbia arrecato un danno riveste la qualità di persona offesa dal reato, legittimato non solo a costituirsi parte civile quando il processo abbia inizio (diritto spettante anche al solo danneggiato), ma anche a proporre sia opposizione avverso la richiesta di archiviazione del P.M. in applicazione degli artt. 409 e 410 cod. proc. pen. sia ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 428 c.p.p., comma 2 (Cass. pen. n.43302/11).


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2. Le modifiche al reato di abuso d'ufficio introdotte con il D.L. 16 luglio 2020, n. 76

Le novità di tale novella legislativa sono fondamentalmente tre.

Fermi restando l'immutato riferimento all'elemento psicologico del dolo intenzionale e l'immodificato richiamo alla fattispecie dell'abuso di ufficio per violazione, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, dell'obbligo di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti (ipotesi di reato che non è variata nei suoi elementi costitutivi), il delitto de quo è ora configurabile solamente nei casi in cui la violazione da parte dell'agente pubblico abbia avuto ad oggetto "specifiche regole di condotta" e non anche regole di carattere generale; solo se tali specifiche regole sono dettate "da norme di legge o da atti aventi forza di legge", dunque non anche quelle fissate da meri regolamenti ovvero da altri atti normativi di fonte secondaria o terziaria; e, in ogni caso, a condizione che quelle regole siano formulate in termini da non lasciare alcun margine di discrezionalità all'agente, restando perciò oggi escluse dalla applicabilità della norma incriminatrice quelle regole di condotta che rispondano, anche in misura marginale, all'esercizio di un potere discrezionale (in questo senso v. Sez. 6, n. 13136 del 17/02/2022, Puddu, Ud. (dep. 06/04/2022) Rv. 282945 - 01 Sez. F, n. 42640 del 17/08/2021, Rv. 282268 - 01; Sez. 6, n. 8057 del 28/01/2021, Asole, non massimata; Sez. 5, n. 37517 del 02/10/2020, Danze' e altri, non massimata - Cassazione penale sez. VI, 20/07/2022, (ud. 20/07/2022, dep. 21/10/2022), n.40035).


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3. Quando si configura il reato di abuso d'ufficio?

Il reato di abuso d'ufficio sanziona la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto.

All'esito della novella legislativa introdotta dalla Legge 16/07/1997 nr. 234, il delitto di abuso d'ufficio è stato configurato quale reato di evento nell'ottica di una maggiore tipicizzazione della condotta del pubblico ufficiale, richiedendosi che dalla condotta del pubblico ufficiale derivi un ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri ovvero un danno ingiusto per altri (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 36020 del 24/05/2011) e che tale condotta si risolva in una violazione di leggi o in una violazione del dovere di astensione (quest'ultimo da intendersi onnicomprensivamente come ogni interesse personale anche non economico).

Il delitto di abuso d'ufficio è configurabile non solo quando la condotta si ponga in contrasto con il significato letterale o logico - sistematico di una norma di legge o di regolamento, ma anche quando la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla norma attributiva del potere esercitato, per realizzare uno scopo personale od egoistico, o comunque estraneo alla P.A., concretandosi in uno "sviamento" produttivo di una lesione dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice (cfr. Cass. pen. Sez. 6, Sentenza n. 35597 del 05/07/2011 Rv. 250779 Imputato: Barbera), ovverossia in uno "svolgimento della funzione o del servizio" che oltrepassa ogni possibile opzione attribuita al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio per realizzare tale fine (Cass., Sez. VI° sentenza 14 gennaio 2002 n. 12295).

Ai fini della configurabilità del reato di abuso d'ufficio, sussiste il requisito della violazione di legge non solo quando la condotta del pubblico ufficiale sia svolta in contrasto con le norme che regolano l'esercizio del potere, ma anche quando la stessa risulti orientata alla sola realizzazione di un interesse collidente con quello per il quale il potere è attribuito, realizzandosi in tale ipotesi il vizio dello sviamento di potere, che integra la violazione di legge poiché lo stesso non viene esercitato secondo lo schema normativo che ne legittima l'attribuzione. (cfr. Sez. U, Sentenza n. 155 del 29/09/2011 dep. 10/01/2012 Rv. 251498 Imputato: Rossi e altri).

Più di recente:

Il delitto di abuso d'ufficio è configurabile non solo quando la condotta si ponga in contrasto con Il significato letterale o logico - sistematico di una norma di legge o di regolamento, ma anche quando la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla norma, concretandosi in uno "svolgimento della funzione o del servizio" che oltrepassi ogni possibile scelta discrezionale attribuita al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio; tuttavia, deve escludersi la sussistenza del reato qualora si sia in presenza di un quadro normativo disorganico e suscettibile di contrapposte le letture interpretative, che impedisce di individuare con certezza una condotta violativa del contenuto precettivo di una precisa disposizione di legge o di regolamento (cfr. Sez. 6 Sentenza n. 32237 de 13/03/2014 Ud. dep. 21/07/2014 Rv. 260428)

Il requisito della violazione di legge può consistere anche nella inosservanza dell'art. 97 della Costituzione, nella parte immediatamente precettiva, che impone ad ogni pubblico funzionario, nell'esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 38357 del 12/06/2014 Ud dep. 18/09/2014 Rv. 260472 Imputato: Mangione. - Tribunale , Napoli , sez. I , 05/10/2015 , n. 13576).

Ai fini dell'integrazione del reato di abuso di ufficio, anche nel caso di violazione dell'obbligo di astensione, è necessario che a tale omissione si aggiunga l'ingiustizia del vantaggio patrimoniale deliberato, con conseguente duplice distinta valutazione da parte del giudice, che non può far discendere l'ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato (Sez. 6, n. 12075 del 06/02/2020, Stefanelli, Rv. 278723 - 01).

L'art. 323 c.p., nella formulazione introdotta dalla L. 16 luglio 1997, n. 234, innovando rispetto alla disciplina previgente, ha costruito il delitto di abuso d'ufficio come reato di evento a forma vincolata.

La violazione delle norme di legge o di regolamento, oppure l'inosservanza del dovere di astensione in presenza di un interesse proprio o di un familiare rappresentano le modalità attraverso le quali l'abuso del pubblico funzionario può realizzarsi: le forme di manifestazione, ossia, della condotta.

Ma, perché il reato possa ritenersi integrato, occorre, altresì, che, da quei comportamenti, derivi un ingiusto vantaggio patrimoniale per lo stesso agente o per altri, oppure un danno per questi ultimi, esso pure ingiusto e anche di natura non patrimoniale. 

In assenza di tale evento, le anzidette condotte, quantunque non consentite dalle norme extra-penali che regolano la funzione od il servizio pubblici, non rilevano agli effetti penali, quanto meno ai fini dell'art. 323 c.p..

Il principio, anche con specifico riferimento alla violazione del dovere di astensione, è stato più volte ribadito dal giudice di legittimità e non v'e' ragione di discostarsene, in presenza di un testo normativo del tutto lineare (Sez. 6, n. 14457 del 15/03/2013, De Martin Topranin, Rv. 255324; Sez. 6, n. 47978 del 27/10/2009, Calzolari, Rv. 245447; Sez. 6, n. 26324 del 26/04/2007, Borrelli, Rv. 236857; Sez. 6, n. 11415 del 21/02/2003, Gianazza, Rv. 224070; Sez. 6, n. 17628 del 12/02/2003, Pinto, Rv. 224683 - cfr. Cass. pen. sez. VI, 20/07/2022, (ud. 20/07/2022, dep. 21/10/2022), n.40035).


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4. Elemento soggettivo del reato di abuso d'ufficio

Il dolo del reato di abuso d'ufficio consiste nell'intenzione del pubblico ufficiale di agire contro i propri doveri ufficiali, causando un danno all'interesse pubblico o a un soggetto privato, o di ottenere indebitamente un beneficio per sé o per altri.

L'elemento soggettivo dell'abuso di ufficio, partendo dalla inequivoca formulazione della norma, si atteggia in termini di dolo intenzionale, che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità con uniforme e costante indirizzo, non richiede, sul piano probatorio, la dimostrazione dell'accordo collusivo concluso con la persona che si intende indebitamente preferire o favorire, ma può essere desunto anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assume rilievo, a titolo di esempio, il rapporto fra agente e soggetto favorito (cfr. Cass., Sez. 3, n. 35577 del 06/04/2016, Cella, Rv. 267633; Cass., Sez. 6, n. 52882 del 27/09/2018, Pastore, Rv. 274580; Cass., Sez. 6, n. 31594 del 19/04/2017, Pazzaglia, Rv. 270460).

Ed invero l'intenzionalità del dolo non è esclusa dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, dovendosi ritenere necessario, perché venga meno la configurabilità dell'elemento soggettivo, che l'agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico ovvero che egli, pur nella consapevolezza di favorire un interesse privato, sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 10224 del 23/01/2019, De Marco, Rv. 276094 - Cass. pen. sez. VI, 20/07/2022, (ud. 20/07/2022, dep. 21/10/2022), n.40035).

Dall'analisi della giurisprudenza, in tema di elemento soggettivo del reato, è possibile individuare vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa.

Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell'evento, si richiede all'autore un'adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell'evento.

Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l'autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l'evento stesso, cioè lo vuole, con un'intensità maggiore di quelle precedenti.

Se l'evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale, ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va, poi, qualificato come "eventuale" solo nel caso di accettazione del rischio, mentre negli altri casi sopra indicati va qualificato come "diretto" e, nell'ipotesi in cui l'evento è perseguito come scopo finale, come "intenzionale".

Il dolo richiesto è generico, con riferimento alla condotta (coscienza e volontà di violare norme di legge o di regolamento ovvero di non osservare l'obbligo di astensione), mentre assume la forma del dolo intenzionale rispetto all'evento (vantaggio patrimoniale o danno) che completa la fattispecie.

Si richiede, quindi, che il soggetto agente abbia perseguito proprio, come obiettivo primario del suo operato, l'evento tipico, non essendo sufficiente il dolo diretto (rappresentazione dell'evento come verificabile con elevato grado di probabilità o addirittura con certezza) e quello eventuale (caratterizzato dall'accettazione della non elevata probabilità del verificarsi dell'evento).

Intenzionalità, però, non significa esclusività del fine che deve animare l'agente, ma preminenza data all'evento tipico rispetto al pur concorrente interesse pubblico (Cassazione penale, sez. VI, 27 giugno 2007, n. 35814).

Sulla base di un consolidato orientamento, la prova del dolo del reato di abuso d'ufficio può essere data valorizzando singoli comportamenti antecedenti, contestuali o successivi alla condotta criminosa essendo necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra i soggetti ovvero altri dati di contorno dimostrino che la domanda del beneficiario finale è stata preceduta, accompagnata o seguita dall'intesa con il pubblico ufficiale.

Tali indici sintomatici secondo la suprema Corte sono rappresentati da:

a)l'evidenza della violazione di legge, come tale perciò immediatamente riconoscibile dall'agente;

b)la specifica competenza professionale dell'agente, tale da rendergli anch'essa senza possibile equivoco riconoscibile la violazione;

c)la motivazione del provvedimento, nel caso in cui essa sia qualificabile come meramente apparente o come manifestamente pretestuosa;

d)i rapporti personali eventualmente accertati tra l'autore del reato e il soggetto che dal provvedimento illegittimo abbia tratto ingiusto vantaggio patrimoniale (Corte appello Salerno, 06/05/2009, (ud. 06/05/2009, dep. 06/05/2009).

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5. La circostanza attenuante speciale della particolare tenuità del fatto nel reato di abuso d'ufficio

La circostanza attenuante speciale della particolare tenuità del fatto prevista per i reati contro la Pubblica amministrazione ricorre se il reato, valutato nella sua globalità, presenta una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato (Sez. 6, n. 14825 del 26/02/2014, Rv. 259501; Sez. 6, n. 199 del 19/12/2011, dep. 2012, Rv. 251567).

Nell'orientamento di legittimità secondo il quale in tema di delitti contro la P.A., la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato". Negli stessi termini Sez. 6 sentenza n. 14825 del 26/02/2014, Di Marzio e altri, Rv. 259501-01; e - nel confronto con l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. - Sez. 6 sentenza n. 1313 del 05/07/2018 dep. 11/01/2019 Rv. 274939 - 01 imputato Biagioni: "in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 4, la valutazione della speciale tenuità deve riguardare il solo aspetto del danno patrimoniale cagionato dal singolo fatto reato e non la gravità della vicenda nel suo complesso che, invece, rileva ai fini della applicazione della circostanza di cui all'art. 323-bis c.p.". In termini analoghi, più di recente, Sez. 6 sentenza n. 30178 del 23/05/2019 dep. 09/07/2019 Rv. 276280 - 01 estensore Capozzi - Cassazione penale sez. II, 22/11/2019, (ud. 22/11/2019, dep. 04/03/2020), n.8733).


C) Le sentenze in materia di abuso di ufficio


In tema di abuso di ufficio per violazione di legge, nonostante l'abolitio criminis di cui all' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv., con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , persiste la rilevanza penale delle condotte viziate da incompetenza cd. relativa, ove il potere di adottare l'atto emesso dall'agente sia attribuito ad altro soggetto, in maniera specifica e cogente, da norme di legge o da atti aventi forza di legge. (Fattispecie relativa ad atto di ricognizione di debito emesso dal sindaco di un comune, in violazione di quanto prescritto dagli artt. 50 e 107 d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 -Cassazione penale , sez. V , 24/06/2022 , n. 36001).


In tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con l' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv., con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , ha ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c.p. , determinando l'abolitio criminis delle condotte, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all' art. 97, comma 3, Cost. (Cassazione penale , sez. VI , 10/06/2022 , n. 28402) 


In tema di abuso di ufficio, integra la violazione di specifiche regole di condotta previste dalla legge, come richiesto dalla nuova formulazione dell' art. 323, c.p. ad opera dell' art. 16 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv. nella l. 11 settembre 2020, n. 120 , l'inosservanza, da parte del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale, del dovere di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, in quanto l' art. 27 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 , ne impone l'osservanza onde assicurare la conformità dell'anzidetta attività alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalità fissate nei titoli abilitativi (Cassazione penale , sez. III , 08/06/2022 , n. 30586). 


In tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con l' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv., con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , ha ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c.p. , con conseguente abolitio criminis in relazione alle condotte antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la violazione di generici obblighi comportamentali sanciti, nei confronti dei pubblici impiegati, dall' art. 13 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 , e comunque la inosservanza di norme di principio quale l' art. 97 Cost (Cassazione penale , sez. VI , 07/04/2022 , n. 23794). 


In tema di abuso d'ufficio, il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per abusi edilizi ricadenti in aree a rischio alluvionale elevato, in violazione delle prescrizioni del piano di assetto idrogeologico (nella specie, in difetto del necessario parere del competente ufficio tecnico comunale) integra la violazione di specifiche regole di condotta previste dalla legge, richiesta dalla nuova formulazione dell' art. 323 c.p. ad opera dell' art. 16 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv. dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , poiché gli strumenti di pianificazione in materia, ancorché costituiscano fonti subprimarie, sono attuativi dell' art. 67 d.lg. 3 aprile 2006, n. 152 , ed operano quali presupposti di fatto di tale norma di legge, che conferisce ad essi immediata portata precettiva (Cassazione penale , sez. VI , 08/03/2022 , n. 13148). 


In tema di abuso di ufficio, il vantaggio patrimoniale, considerato tra gli elementi essenziali della fattispecie di cui all' art. 323 c.p. , deve determinare di per sé un beneficio economicamente apprezzabile, nel senso che deve avere un connotato di intrinseca patrimonialità oppure deve derivare dalla creazione di una condizione più favorevole sotto il profilo economico, non potendosi considerare sufficiente il determinarsi di una situazione valutabile economicamente solo in maniera indiretta o potenziale. (Fattispecie di annullamento senza rinvio ex art. 620 lett. l) c.p.p. di sentenza di condanna di un agente penitenziario che, in violazione delle disposizioni di legge disciplinanti la materia, aveva introdotto in carcere un telefono cellulare e ne aveva consentito l'uso a un detenuto per l'effettuazione di una comunicazione, a fronte della mancata indicazione, nel risparmio del costo della telefonata, di un vantaggio economicamente apprezzabile - Cassazione penale , sez. III , 03/03/2022 , n. 18985). 


In tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con l' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv., con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , ha ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c.p. , determinando l'abolitio criminis delle condotte realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la sola inosservanza dei principi di imparzialità e buon andamento che devono governare i pubblici agenti, ai sensi dell' art. 97 Cost. (Cassazione penale , sez. VI , 17/02/2022 , n. 13136) 


Non è configurabile il delitto di abuso di ufficio di cui all' art. 323 c.p., come modificato dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv. nella l. 11 settembre 2020, n. 120 , nel caso in cui il responsabile unico del procedimento autorizzi il subappalto dei lavori omettendo di vigilare sull'esistenza di un conflitto di interessi tra l'affidatario delle opere e la società subappaltatrice, conseguente all'assetto societario di quest'ultima, atteso che, da un lato, né l' art. 10, comma 2, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 né l' art. 10, comma 1, lett. r), d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 prevedono detta verifica tra i compiti del responsabile del procedimento e, dall'altro, alcun onere di comunicazione alla stazione appaltante è espressamente previsto al riguardo a carico della ditta appaltatrice. (Fattispecie antecedente l'entrata in vigore del d.lg. 18 aprile 2016, n. 50 - Cassazione penale , sez. VI , 11/11/2021 , n. 1606). 


In tema di abuso d'ufficio, l'esercizio di un potere richiede l'individuazione di una specifica norma che ne individui i presupposti, rispetto ai quali non sussiste alcun profilo di discrezionalità amministrativa che, invece, può riguardare le modalità con le quali quel determinato potere venga esercitato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il reato di abuso d'ufficio, anche nella formulazione conseguente alla modifica apportata con d.l. n. 76 del 2020 , nel caso di esercizio da parte di un Sindaco del potere di requisizione, pur in assenza del presupposto della grave necessità pubblica, ritenendo che l'interpretazione di tale locuzione non attenga alla discrezionalità amministrativa - Cassazione penale , sez. fer. , 17/08/2021 , n. 42640).


In tema di abuso di ufficio, possono assumere rilievo anche i comportamenti e le attività preparatorie rispetto all'atto tipico che integra il reato. (Fattispecie relativa alla violazione dell'obbligo di astensione da parte di una dipendente comunale che, pur non essendo la responsabile del servizio o la titolare del potere di firma del provvedimento finale, gestiva di fatto, in via esclusiva, le pratiche di finanziamento mediante la predisposizione dei provvedimenti per il dirigente - Cassazione penale , sez. VI , 25/02/2021 , n. 10067).


È configurabile il delitto di abuso di ufficio di cui all' art. 323 c.p. , come modificato dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , convertito nella l. 11 settembre 2020, n. 120 , non solo nel caso in cui la violazione di una specifica regola di condotta è connessa all'esercizio di un potere già in origine previsto dalla legge come del tutto vincolato, ma anche nei casi in cui l'inosservanza della regola di condotta sia collegata allo svolgimento di un potere che, astrattamente previsto come discrezionale, sia divenuto in concreto vincolato per le scelte fatte dal pubblico agente prima dell'adozione dell'atto (o del comportamento) in cui si sostanzia l'abuso di ufficio (Cassazione penale , sez. VI , 28/01/2021 , n. 8057). 


In tema di abuso di ufficio, la novella di cui al d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv., con modif., dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 , lì dove ha ristretto l'ambito applicativo del reato, richiedendo l'inosservanza di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, non riguarda la condotta di abuso che si realizza mediante la violazione dell'obbligo di astensione (Cassazione penale , sez. VI , 08/01/2021 , n. 7007). 


In tema di abuso d'ufficio, la modifica introdotta con l' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 ha ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c.p. , determinando una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che lascino residuare margini di discrezionalità (Cassazione penale , sez. VI , 09/12/2020 , n. 442). 


In tema di reati contro la pubblica amministrazione, la regola introdotta dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , che ha circoscritto la rilevanza penale delle condotte di abuso di ufficio a quelle tenute in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità non ha valenza di principio generale estensibile anche alle diverse fattispecie di concussione, corruzione ed induzione indebita, trovando detti reati nell'ambito della discrezionalità il proprio terreno di elezione, in ragione della maggior ampiezza del raggio d'azione riconosciuto al funzionario dalle norme di settore (Cassazione penale , sez. VI , 18/11/2020 , n. 8036).

 

In tema di abuso d'ufficio, il dovere di astenersi derivante dalla grave inimicizia presuppone che tra il pubblico agente ed il destinatario dell'atto amministrativo sussistano motivi di rancore personale, mentre tale requisito non è integrato in presenza di manifestazioni di disistima e di critica professionale. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza dell'obbligo di astensione in capo al direttore generale di un'azienda sanitaria che, dovendo procedere alla nomina di un dirigente di struttura complessa, e potendo esercitare un'ampia facoltà di scelta discrezionale, preferiva altro candidato rispetto ad un soggetto che, in più occasioni, aveva manifestato di non stimare sotto il profilo professionale - Cassazione penale , sez. VI , 17/11/2020 , n. 16782). 


L'utilizzo di denaro pubblico per finalità diverse da quelle previste integra il reato di abuso d'ufficio qualora l'atto di destinazione avvenga in violazione delle regole contabili, sebbene sia funzionale alla realizzazione, oltre che di indebiti interessi privati, anche di interessi pubblici obiettivamente esistenti e per i quali sia ammissibile un ordinativo di pagamento o l'adozione di un impegno di spesa da parte dell'ente, mentre integra il più grave reato di peculato nel caso in cui l'atto di destinazione sia compiuto in difetto di qualunque motivazione o documentazione, ovvero in presenza di una motivazione di mera copertura formale, per finalità esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la condanna per peculato del presidente di un'azienda pubblica, rilevando che l'accertata violazione della normativa per la scelta della ditta appaltatrice e la mancata osservanza delle norme di contabilità, in assenza della prova della non corrispondenza dell'importo erogato al valore delle opere realizzate, avrebbero potuto integrare al più il reato di abuso di ufficio. - Cassazione penale , sez. VI , 23/09/2020 , n. 27910).


In tema di abuso di ufficio, il rilascio del titolo abilitativo edilizio avvenuto senza il rispetto del piano regolatore generale o degli altri strumenti urbanistici integra la violazione di specifiche regole di condotta previste dalla legge, così come richiesto dalla nuova formulazione dell' art. 323 c.p. ad opera dell' art. 16 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv. nella l. 11 settembre 2020, n. 120 , atteso che l' art.12, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 prescrive espressamente che il permesso di costruire, per essere legittimo, deve conformarsi agli strumenti urbanistici ed il successivo art. 13 detta la specifica disciplina urbanistica che il direttore del settore è tenuto ad osservare (Cassazione penale , sez. VI , 17/09/2020 , n. 31873). 


Il rilascio di un permesso a costruire illegittimo perché non conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, secondo quanto prescritto dagli artt. 12 e 13 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 , integra il requisito della violazione di legge rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all' art. 323 c.p. nella nuova formulazione ad opera dall' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 , conv. con modifiche nella l. 11 settembre 2020, n. 120 , non residuando margini di discrezionalità amministrativa. (Fattispecie relativa al rilascio di permessi a costruire in assenza di adeguamento del piano particolareggiato, divenuto inefficace per decorso del termine di decadenza - Cassazione penale , sez. III , 08/09/2020 , n. 26834).


In tema di abuso d'ufficio, l'ingiustizia del danno può consistere anche nella lesione di diritti politici conseguente alla violazione dei doveri di imparzialità e terzietà del pubblico ufficiale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del sindaco che, assunta la presidenza della seduta del consiglio comunale che doveva esaminare una mozione di minoranza mirata a sollecitare la costituzione di parte civile del Comune in un processo a suo carico, aveva omesso di astenersi ed, in seguito, sospeso e sciolto la seduta - Cassazione penale , sez. fer. , 25/08/2020 , n. 32174).


In tema di abuso di ufficio, è necessaria l'ingiustizia del vantaggio patrimoniale procurato o del danno arrecato anche nel caso di violazione dell'obbligo di astensione. (Fattispecie relativa all'omessa astensione di un sindaco che aveva preso parte alla delibera di giunta di riconoscimento di un debito fuori bilancio in favore di un'impresa, dalla quale era stato convenuto in giudizio, ai sensi dell' art. 191 t.u.e.l. , per il soddisfacimento di un credito derivante dall'effettiva esecuzione di lavori pubblici, risultati utili per il comune - Cassazione penale , sez. VI , 06/02/2020 , n. 12075).


Integra il reato di abuso d'ufficio la condotta del responsabile di un ufficio pubblico che ricorra arbitrariamente e sistematicamente alla collaborazione di personale esterno, pur potendo far fronte alle esigenze istituzionali attraverso il personale interno, arrecando vantaggio al privato cui conferisce incarichi retribuiti, sussistendo in tal caso il profilo della doppia ingiustizia (Cassazione penale , sez. VI , 06/02/2020 , n. 7972). 


In tema di abuso d'ufficio, l'elemento soggettivo è integrato dalla coscienza e volontà della condotta e l'intenzionalità dell'evento, nel senso che il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto devono costituire l'obiettivo perseguito e non solo genericamente incluso nella sfera di volontà dell'agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la configurabilità del reato nei confronti di un sindaco che aveva illegittimamente sospeso l'attività di una discarica, nonostante la conclamata insussistenza dei presupposti e delle ragioni di urgenza, avendo questi agito essenzialmente per finalità ritorsive nei confronti del gestore della discarica - Cassazione penale , sez. VI , 08/01/2020 , n. 12974). 


In tema di abuso di ufficio, la nozione di danno ingiusto non ricomprende le sole situazioni giuridiche attive a contenuto patrimoniale ed i corrispondenti diritti soggettivi, ma è riferita anche agli interessi legittimi, in particolare quelli di tipo pretensivo, suscettibili di essere lesi dal diniego o dalla ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo, sempre che, sulla base di un giudizio prognostico, il danneggiato avesse concrete opportunità di conseguire il provvedimento a sé favorevole, così da poter lamentare una perdita di chances.(Fattispecie in cui il direttore generale di un'azienda ospedaliera conferiva incarico di responsabile del procedimento per l'esecuzione di lavori ingegneristici ad un soggetto esterno, anziché al tecnico di ruolo interno all'azienda il quale vantava un'aspettativa concreta a ricevere tale incarico, in ragione del ristrettissimo numero dei legittimi aspiranti e della circostanza che, in un momento successivo, quella funzione sarebbe stata assegnata proprio a lui - Cassazione penale , sez. VI , 18/07/2019 , n. 44598). 


Non integra il delitto di abuso d'ufficio, nel caso di specie in violazione del divieto di commissione di opere in subappalto, la condotta, posta in essere da parte di un'impresa aggiudicataria di appalto pubblico, di assunzione di lavoratori a seguito di aggiudicazione, poiché tale condotta non mira a trasferire i rischi della realizzazione delle opere su soggetti privi dei requisiti previsti per legge, bensì tende ad acquisire nuova forza lavoro per la realizzazione delle opere, senza che sussista alcun obbligo di effettuare tali assunzioni in epoca precedente all'aggiudicazione (Cassazione penale , sez. II , 17/05/2019 , n. 27556).


In tema di abuso di ufficio, il requisito della violazione di legge può essere integrato anche dalla inosservanza dei doveri funzionali del pubblico dipendente che traggono fondamento dall' art. 13 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 , norma ancora in vigore con riguardo ai docenti universitari, per i quali la contrattazione collettiva non ha mai disciplinato diversamente il rapporto di impiego. (Fattispecie relativa a docenti universitari accusati del reato di cui all' art. 323 cod. pen. per aver favorito illecitamente alcuni candidati, preventivamente individuati, nell'assegnazione di borse di studio - Cassazione penale , sez. VI , 05/06/2018 , n. 38546). 


In tema di abuso d'ufficio, la violazione di legge cui fa riferimento l' art. 323 cod. pen. riguarda non solo la condotta del pubblico ufficiale in contrasto con le norme che regolano l'esercizio del potere, ma anche quelle che siano dirette alla realizzazione di un interesse collidente con quello per quale il potere è conferito, ponendo in essere un vero e proprio sviamento della funzione. (Fattispecie in cui il sindaco di un Comune aveva disposto la revoca dell'incarico dirigenziale ricoperto da un dipendente candidatosi in una lista contrapposta, apparentemente giustificato tale scelta con esigenze di contenimento della spesa senza che, tuttavia, fosse stata previamente deliberata una diversa organizzazione degli uffici - Cassazione penale , sez. VI , 13/04/2018 , n. 19519.


In tema di abuso d'ufficio commesso anteriormente al d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 , integra l'elemento oggettivo del reato il reclutamento del personale da parte dell'amministratore di una società in house, senza il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste per gli enti pubblici dall' art. 35, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 , richiamato dall' art. 18, comma 1, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 , con riferimento alle società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, nel cui ambito sono comprese anche le società in house, a nulla rilevando il più lungo termine previsto dall'art. 23-bis del medesimo decreto per l'adozione dei regolamenti governativi relativi alla previsione della procedura ad evidenza pubblica per le società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi di rilevanza economica. (Fattispecie relativa alla trasformazione di un preesistente rapporto di lavoro a tempo determinato relativo ad un dirigente di una società in house con la sua assunzione a tempo indeterminato - Cassazione penale , sez. VI , 10/11/2017 , n. 3046). 

In tema di abuso d'ufficio, non ricorre il dolo intenzionale nel caso in cui l'agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico ovvero quando, pur nella consapevolezza di favorire un interesse privato, sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato. (Nella specie, la Corte ha annullato, limitatamente alle questioni civili, la sentenza di merito, che aveva assolto l'imputato per difetto dell'elemento psicologico, poiché non erano stati illustrati i motivi per cui non si sarebbe potuto ugualmente realizzare un contenimento dei costi osservando la procedura di gara dettata in tema di appalti pubblici, anziché quella di affidamento diretto dei lavori concretamente adottata - Cassazione penale , sez. II , 23/01/2019 , n. 10224). 


In tema di abuso d'ufficio, la prova del dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie criminosa, può essere desunta anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assume specifico rilievo la violazione del dovere di astensione gravante sui pubblici ufficiali e sugli incaricati di pubblico servizio, non rilevando la compresenza di una finalità pubblicistica, salvo che il perseguimento dell'interesse pubblico costituisca l'obiettivo esclusivo o primario dell'agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la configurabilità del reato in relazione alla condotta di un sindaco che aveva disposto la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in favore del coniuge, in quanto indispensabile a garantire l'effettivo esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza su tutto il territorio comunale, per le gravi carenze di organico del comando di polizia municipale - Cassazione penale , sez. V , 02/10/2020 , n. 37517). 


In tema di abuso d'ufficio, l'intenzionalità del dolo non è esclusa dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, dovendosi ritenere necessario, perché venga meno la configurabilità dell'elemento soggettivo, che il perseguimento del pubblico interesse costituisca l'obiettivo principale dell'agente, con conseguente degradazione del dolo di danno o di vantaggio da dolo di tipo intenzionale a mero dolo diretto od eventuale (Cassazione penale , sez. VI , 17/09/2019 , n. 51127). 


In tema di abuso d'ufficio, la prova del dolo intenzionale non presuppone l'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, potendo essere desunta anche dalla macroscopica illegittimità dell'atto, sempre che tale valutazione non discenda dal mero comportamento non iure dell'agente, ma risulti anche da elementi ulteriori concordemente dimostrativi dell'intento di conseguire un vantaggio patrimoniale o di cagionare un danno ingiusto. (Fattispecie in cui la Cassazione ha confermato la decisione impugnata che ha desunto l'esistenza del dolo intenzionale dal fatto che l'imputato, nella qualità di dipendente comunale cui era stata demandata la verifica della legittimità di opere edili, manteneva una condotta inerte e dilatoria, nonostante la macroscopica illegittimità dell'opera e le insistenti richieste di procedere a verifica - Cassazione penale , sez. VI , 27/09/2018 , n. 52882).


Nel reato di abuso d'ufficio, la prova del dolo intenzionale che qualifica la fattispecie non richiede l'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, ben potendo essere desunta anche da altri elementi quali, ad esempio, la macroscopica illegittimità dell'atto (Cassazione penale , sez. VI , 19/04/2017 , n. 31594).

In tema di abuso di ufficio determinativo di un danno ingiusto nei confronti di terzi, per configurare il concorso dell'extraneus nel reato deve essere provata l'intesa intercorsa col pubblico funzionario o la sussistenza di pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzarlo, desumibili dal contesto fattuale, dai rapporti personali tra le parti o da altri elementi oggettivi, non essendo a tal fine sufficiente la sola domanda del privato volta ad ottenere un atto illegittimo. (Fattispecie in cui l'intesa collusiva è stata dedotta dal fatto che il privato presentava plurime denunce con le quali sollecitava il Comune all'annullamento in autotutela del permesso di costruire rilasciato ad un terzo ed il responsabile dell'ufficio tecnico comunale adottava il richiesto provvedimento, nonostante fosse in palese conflitto di interessi, avendo operato quale consulente tecnico del privato denunciante per le medesime vicende - Cassazione penale , sez. VI , 20/12/2018 , n. 15837). 


In tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, qualora la circostanza attenuante speciale di cui all' art. 323-bis cod. pen. venga riconosciuta in ragione della ritenuta esiguità del danno economico cagionato dal reato, in essa rimane assorbita quella del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all' art. 62, comma 1, n. 4 c.p. (Cassazione penale , sez. VI , 13/11/2018 , n. 3774);


In tema di reati contro la pubblica amministrazione, l'attenuante speciale prevista dall' art. 323-bis c.p. per i fatti di particolare tenuità, diversamente da quella comune di cui all' art. 62, comma primo, n. 4 c.p. , ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato. (Fattispecie in cui la Corte, in tema di corruzione e accesso abusivo a un sistema informatico, ha ritenuto esente da censure la decisione con cui era stata negata tale attenuante per l'oggettiva gravità del danno recato all'immagine della pubblica amministrazione e alla segretezza delle indagini della polizia giudiziaria - Cassazione penale , sez. VI , 09/11/2018 , n. 8295). 

In tema di abuso d'ufficio, è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 335-bis c.p. del profitto del reato, laddove disposto nei confronti del percettore dell'ingiusto vantaggio patrimoniale. (Fattispecie in cui è stato disposto il sequestro di una somma di denaro pari al profitto ottenuto da un soggetto illegittimamente nominato quale commissario straordinario di un ente ospedaliero - Cassazione penale , sez. V , 13/11/2019 , n. 49485). 


In tema di abuso d'ufficio, la confisca prevista dall' art. 335-bis cod. pen. , in quanto obbligatoria, opera anche nei confronti degli aventi diritto estranei al reato, che non possono trarre vantaggio dall'ingiusto profitto conseguente ad una condotta illecita, sempre che sussista un nesso strutturale tra il bene da confiscare ed il reato (Cassazione penale , sez. IV , 22/06/2018 , n. 41890). 

Integra il delitto di abuso di ufficio e non quello di peculato la condotta del pubblico ufficiale che si avvalga arbitrariamente, per finalità esclusivamente private, delle prestazioni lavorative dei dipendenti di un ente pubblico, atteso che le energie umane, non essendo cose mobili, non sono suscettibili di appropriazione (Cassazione penale , sez. VI , 01/10/2020 , n. 37074);


In tema di rapporti tra abuso d'ufficio e falso in atto pubblico, sussiste concorso materiale, e non assorbimento dell'abuso d'ufficio nel più grave reato di falso, qualora la condotta di abuso non si esaurisca nel compimento dell'atto falso, essendo quest'ultimo strumentale alla realizzazione del reato di cui all' art. 323 c.p. , costituendo una parte della più ampia condotta di abuso (Cassazione penale , sez. VI , 18/12/2019 , n. 3515);


Integra il reato di peculato la condotta distrattiva del denaro o di altri beni che realizzi la sottrazione degli stessi alla destinazione pubblica e l'utilizzo per il soddisfacimento di interessi privatistici dell'agente, mentre è configurabile l'abuso d'ufficio quando si sia in presenza di una distrazione a profitto proprio che, tuttavia, si concretizzi in un uso indebito del bene che non ne comporti la perdita e la conseguente lesione patrimoniale a danno dell'ente cui appartiene. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il reato di peculato a fronte della condotta del direttore generale di una società incaricata dello svolgimento di un pubblico servizio, che aveva utilizzato denaro dell'ente per lo svolgimento di attività di ricerca i cui proventi – brevetti e prototipo di un macchinario industriale – erano rimasti nell'esclusiva titolarità dell'agente e di altri privati, anziché dell'ente che aveva finanziato la ricerca - Cassazione penale , sez. VI , 23/01/2018 , n. 19484);


Sussiste concorso materiale, e non assorbimento, tra il reato di falso in atto pubblico e quello di abuso d'ufficio nel caso in cui la condotta di abuso non si esaurisce nella falsificazione, e la falsità in atti è strumentale alla realizzazione del reato di cui all'art. 323 c.p., di cui costituisce una parte della più ampia condotta (Cassazione penale , sez. V , 07/07/2017 , n. 45992);


Il reato di abuso d'ufficio (art. 323 cod. pen.) e quello di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 cod. pen.), non possono formalmente concorrere fra loro giacché, quando il vantaggio economico del pubblico ufficiale sia da questi conseguito in dipendenza di un'erogazione altrui e di un proprio comportamento, attivo od omissivo, contrario ai doveri d'ufficio, trova applicazione, per il principio di specialità, la più grave delle due figure criminose in questione, e cioè quella della corruzione, caratterizzata, rispetto all'altra, dalla presenza del soggetto erogatore di un'utilità collegata da nesso teleologico al suindicato comportamento del pubblico ufficiale (Cassazione penale , sez. VI , 24/11/2016 , n. 4459). 

 


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