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Intercettazioni illegali in un giudizio disciplinare contro un magistrato: violano l’art. 8 CEDU

Art.8 CEDU

eccessiva durata del processo

Con la sentenza Eminağaoğlu c. Turchia, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato la Turchia per violazione dell'art. 8 CEDU.

L'utilizzo di intercettazioni illegali, ottenute in modo non conforme alla legislazione nazionale in un procedimento disciplinare contro un magistrato costituisce una violazione dell'articolo 8 della Cedu.

L'articolo 8 tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, compresa la confidenzialità delle comunicazioni.

Le intercettazioni telefoniche sono un'ingerenza nella sfera privata e devono essere effettuate in conformità con la legge e nel rispetto delle garanzie procedurali appropriate.

Se le intercettazioni sono state ottenute in violazione di tali garanzie, il loro utilizzo in un procedimento disciplinare costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare sancito dall'articolo 8 della Cedu.

La sentenza in questione della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) affronta diverse questioni relative alla violazione del diritto di accesso alla giustizia, del diritto alla riservatezza e del diritto di espressione di un giudice.

Sebbene il caso concreto riguardi la legislazione turca, la decisione ha una rilevanza più ampia poiché mette in luce le garanzie che devono essere garantite ai membri dell'ordine giudiziario e il ruolo delle associazioni formate da giudici per la tutela degli interessi della categoria.



Un punto importante sottolineato dalla Corte di Strasburgo è che sebbene i magistrati debbano essere cauti e moderati nelle loro dichiarazioni, nel caso in cui un giudice ricopra anche un incarico associativo (come nel caso in esame in cui il giudice sanzionato era anche il presidente di un'associazione di giudici e pubblici ministeri), deve essere garantita la libertà di esprimere liberamente le proprie opinioni, anche critiche, su questioni che riguardano il sistema giudiziario e che possono toccare questioni politiche, poiché tali questioni interessano comunque l'opinione pubblica.

Un altro punto rilevante affrontato dalla sentenza riguarda l'indipendenza degli organi di autogoverno della magistratura.

Nell'esempio in questione, l'organo turco di autogoverno (analogamente al Consiglio Superiore della Magistratura in Italia) non può essere considerato, secondo la Corte di Strasburgo, come un "tribunale" indipendente e imparziale, in quanto non offre adeguate garanzie in tal senso e non esercita poteri giurisdizionali.

Inoltre, le motivazioni fornite dalla Corte turca, definite "rudimentali", dimostrano che le decisioni prese non sono conformi agli standard richiesti per la motivazione delle decisioni giudiziarie.

Infine, un terzo aspetto analizzato dalla Corte di Strasburgo riguarda l'utilizzo di intercettazioni telefoniche disposte in un procedimento penale a carico del magistrato e successivamente utilizzate in un procedimento disciplinare contro di lui.

La Corte afferma chiaramente che l'utilizzo dei risultati delle intercettazioni telefoniche disposte nel procedimento penale a fini disciplinari non è conforme all'articolo 8, paragrafo 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che protegge il diritto alla vita privata e alla corrispondenza.

In sintesi, la sentenza evidenzia le violazioni del diritto di accesso alla giustizia, del diritto alla riservatezza e del diritto di espressione di un giudice, oltre all'importanza dell'indipendenza degli organi di autogoverno della magistratura e alla corretta applicazione delle norme procedurali nelle decisioni disciplinari.


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