Diritto penale di impresa: I reati tributari
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Diritto penale di impresa: i reati tributari

Lo Studio dell'avvocato Salvatore del Giudice è specializzato nel ramo del diritto penale d'impresa ed in particolare nei reati tributari ed assiste imprese individuali e società, in ogni fase processuale, comprese quella cautelare personale e reale.

Al fine di garantire la migliore assistenza legale, lo Studio monitora costantemente le novità legislative e giurisprudenziali in tema di reati tributari e pubblica mensilmente una raccolta aggiornata di sentenze di merito e legittimità.

Inoltre, l'Avv. Del Giudice ha partecipato in qualità di relatore a numerosi convegni in materia di reati tributari ed ha pubblicato diversi articoli, podcast e note a sentenza.

1. IL DIRITTO PENALE D'IMPRESA

Il diritto penale d'impresa, noto anche come diritto penale dei cd. colletti bianchi, è un ramo del diritto penale che disciplina la responsabilità penale connessa all'esercizio dell'attività di impresa.

Questo settore del diritto si concentra sulla responsabilità penale delle persone giuridiche, (società ed imprese) e delle persone fisiche che esercitano attività aziendali.

Il diritto penale d'impresa tratta una vasta gamma di reati che coinvolgono le imprese, tra cui frodi finanziarie, reati fiscali, reati fallimentari, violazioni delle normative ambientali, riciclaggio di denaro, corruzione e violazioni della sicurezza sul lavoro.

Le sanzioni previste per questi reati possono includere multe, confische dei beni, restrizioni aziendali, interdizioni e persino la detenzione dei dirigenti aziendali individuati come responsabili.

La finalità del diritto penale d'impresa è garantire che le imprese operino in modo responsabili e nel rispetto delle normative vigenti, evitando comportamenti fraudolenti finalizzati ad alterare la concorrenza o l'affidamento dei creditori.

In questo articolo, analizziamo i reati tributari disciplinati dal decreto legislativo n. 74/2000 che costituiscono la principale fonte del diritto penale d'impresa.

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2. Cosa sono i reati tributari?

I reati tributari sono una tipologia di delitti disciplinati dal decreto legislativo n. 74 del 2000 che puniscono gravi violazioni delle leggi fiscali ovvero le leggi che regolamentano la tassazione e la riscossione delle imposte nel nostro paese.

I reati tributari possono essere commessi sia da persone fisiche che da società e comprendono numerose condotte illecite, tra cui:

  1. l'omessa presentazione di dichiarazioni fiscali o la presentazione di dichiarazioni false o incomplete;

  2. l'omessa o tardiva riscossione delle imposte;

  3. la frode fiscale, ed in particolare l'elusione delle imposte mediante presentazione di dichiarazioni reddituali false o incomplete;

  4. l'utilizzo di fatture false per evadere le imposte;

  5. il riciclaggio di denaro o l'evasione fiscale mediante trasferimenti all'estero.

I reati tributari sono considerati gravi e possono comportare sequestri, confische e nei casi più gravi misure cautelari personali (custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. 

3. Quali sono i reati tributari?

Il Decreto Legislativo 74/2000, noto anche come Testo unico delle disposizioni in materia di imposte sui redditi, ha introdotto i seguenti reati tributari:

1) Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2);

2) Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3);

3) Dichiarazione infedele (art. 4);

4) Omessa dichiarazione (art. 5);

5) Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8);

6) Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10);

7) Omesso versamento di ritenute dovute o certificate (art. 10 bis);

8) Omesso versamento di IVA (art. 10 ter);

9) Indebita compensazione (art. 10 quater);

10) Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).

Il decreto legislativo n. 74 del 2000, agli articoli 2 e ss., prevede i reati di frode fiscale: sono punite tutte le condotte volte a trattenere indebitamente le risorse economico-finanziarie che dovrebbero essere devolute da ciascun contribuente alle casse dello Stato.

Analizziamoli nel dettaglio.

4. i reati di frode fiscale

 

4.1 La dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2)

Una delle condotte mediante cui si realizza il reato di frode fiscale è la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74 del 2000. 

La norma punisce la condotta del soggetto che, al fine di evadere il fisco, introduca nei documenti che attestano la propria condizione reddituale spese o costi (i c.d. elementi passivi fittizi) che in realtà non ha mai sostenuto. 

Il secondo comma dell’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000 prevede che tale frode fiscale si realizzi soltanto a condizione che il soggetto si avvalga, per contabilizzare operazioni fittizie, di “fatture o altri documenti” che abbiano valore legale. 

Il reato di frode fiscale, infatti, si realizza unicamente nel momento in cui il soggetto presenta all’amministrazione finanziaria la documentazione completa di elementi passivi fittizi: ciò perché il reato di frode fiscale non può essere punito, secondo quanto stabilito espressamente dalla legge, in forma tentata; pertanto, qualora il soggetto non arrivi mai a presentare formalmente la documentazione, per quanto falsa, all’autorità pubblica competente, il reato di frode fiscale non si realizza. 

Il reato di frode fiscale è, quindi, un reato a forma vincolata, dal momento che si configura solo se il soggetto realizza le specifiche modalità indicate dal comma 2 dell’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000.

È il caso delle famigerate “frodi carosello”: si immagini che la società Alfa, operativa e florida, per evadere il fisco, si valga della società Beta, destinata esclusivamente ad incassare l’I.V.A. sulla falsa fattura che ha emesso, per evitare di doverla riversare allo Stato; la società Beta assume, quindi, il ruolo di cd. “cartiera” poiché non ha nessun margine di operatività concreta ma esiste solamente per emettere fatture che contabilizzano operazioni commerciali effettuate sostanzialmente dalla società Alfa. 

 

Figura 1

 

 

 

 

 

 

Schema illustrativo del meccanismo-tipo 

di una “frode carosello”

 

I meccanismi attraverso cui si compie tale frode fiscale sono vari e, tuttavia, perché il reato di frode fiscale sussista, devono necessariamente verificarsi le seguenti condizioni:

  • i documenti o le fatture emessi devono essere falsi;

  • i documenti o le fatture devono corrispondere ad operazioni oggettivamente mai effettuate oppure ad operazioni effettuate in realtà da soggetti diversi.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, il reato di dichiarazione mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74/200 si verifica ogni volta che la fattura emessa sia falsa perché documenta un’operazione che non è stata mai eseguita oppure un’operazione che è stata eseguita diversamente da come risulta (si pensi sempre al caso in cui in una fattura compaia come intestatario dell’operazione di acquisto la società Beta mentre in realtà ad averla eseguita sia la società Alfa). 

Il reato di frode fiscale di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000, pertanto, sussiste “a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte ovvero indicanti i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero riferenti l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi” (si veda ex plurimis Cass. Pen., 11 febbraio 2016, n. 5703).

Frode carosello
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4.2 La dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. 74/2000) 

Il reato di frode fiscale può realizzarsi anche se il soggetto, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ricorre ad espedienti fraudolenti diversi dalla documentazione di operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

L’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000 punisce la condotta di chiunque si sottragga al versamento delle imposte allo Stato mediante la presentazione di una documentazione contabile falsa che tragga in inganno l’amministrazione finanziaria e ne ostacoli la successiva attività di accertamento fiscale.

Se il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 d.lgs. 74/2000 può essere commesso da qualunque soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi o dell’I.V.A., il reato di frode fiscale di cui all’articolo 3 d.lgs. 74/2000 può essere realizzato unicamente dai soggetti obbligati dalla legge alla tenuta delle scritture contabili (secondo le disposizioni del Codice Civile).

Il reato di frode fiscale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000 si realizza se:

  • il soggetto simula operazioni che non sono mai state eseguite o che sono state eseguite tra soggetti diversi;

  • presenta all’amministrazione finanziaria una documentazione contabile in cui attesta un ammontare attivo (il profitto) inferiore a quello effettivo e un ammontare passivo (le spese e i costi) fittizio; 

L’amministrazione finanziaria sarà in questo modo indotta in errore dalla documentazione che non corrisponde al vero: l’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000, tuttavia, stabilisce all’ultimo comma che la “mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi  nelle  scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali” non è sufficiente a realizzare una frode fiscale.

Ciò significa che se la società Alfa, ad esempio, si limita ad indicare nelle proprie scritture contabili un profitto (cd. elementi attivi) inferiore a quello effettivo perché omette la fatturazione per determinati importi incassati non realizza il reato di frode fiscale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000. 

Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, non è sufficiente ad integrare il reato di frode fiscale di cui all’art. 3 del d.lgs. 74/2000 la mera omissione di alcune voci delle scritture contabili ma è necessaria una condotta fraudolenta tale da trarre in inganno l’amministrazione fiscale (si veda a proposito Cass. Pen., 16 gennaio 2013, n. 36859).

Il reato di frode fiscale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000, a differenza della frode fiscale mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000), è punibile unicamente se si superino le soglie di punibilità indicate dalla norma. 

E, pertanto, perché la condotta di evasione fiscale possa essere penalmente perseguita, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:

  • ciascuna imposta evasa deve essere superiore ai 30.000 euro;

  • l’ammontare  complessivo  degli  elementi attivi sottratti alla tassazione deve essere superiore al 5% dell’ammontare indicato nella dichiarazione;

  • l’ammontare complessivo omesso deve essere altrimenti superiore a 1.500.000 euro

  • l’ammontare complessivo degli elementi attivi deve essere superiore al   5% dell’importo dell’imposta medesima o comunque ai 30.000 euro;

Si immagini che la società Alfa, sulla base delle scritture contabili falsificate, abbia dichiarato di dover versare allo Stato l’importo a titolo di I.V.A. di 50.000 euro a fronte dei 100.000 che avrebbe invece dovuto se non avesse falsificato la documentazione contabile: la società Alfa realizza il reato di frode fiscale.

Ciò vuol dire che, qualora non dovessero verificarsi tali condizioni, il reato di frode fiscale non sussiste

La condotta di evasione fiscale, al di sotto delle soglie di punibilità indicate dall’articolo 3 del decreto legislativo 74/2000, costituisce un illecito amministrativo (non un reato quindi) a cui corrisponde solamente una sanzione pecuniaria. 

3.2

4.3 L’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. 74/2000) 

Il meccanismo della frode fiscale si realizza tipicamente mediante la costituzione di società cd. “cartiere” destinate ad emettere fatture relative ad operazioni inesistenti (si veda fig. 1). 

L’articolo 8 del decreto legislativo 74 del 2000 stabilisce che chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti “è punito con la reclusione da quattro anni a otto anni”.

Se, invece, l’importo falso indicato nelle fatture emesse è inferiore ai 100.000 euro, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 8 del decreto legislativo 74 del 2000, si applica la reclusione “da un anno e sei mesi a sei anni”. 

Il soggetto (in figura è l’operatore 2) che concorre unitamente all’ideatore della frode fiscale alla realizzazione dell’evasione delle imposte non sarà soggetto alla disciplina del concorso di persone nel reato (artt. 110 ss. c.p.) ma risponderà di un’autonoma fattispecie di reato espressamente prevista dall’articolo 8 del decreto legislativo 74 del 2000. 

Se, allora, la società Beta è incaricata dalla società Alfa di emettere fatture in relazione ad operazioni soggettivamente riferibili alla società Alfa, al fine di consentire a quest’ultima di frodare il Fisco, non risponderà di concorso nel reato di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000 ma risponderà dello specifico reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 74/2000; allo stesso modo la società Alfa che beneficia delle fatture emesse dalla società Beta al fine di evitare di versare allo Stato l’I.V.A. non concorrerà nel reato di emissione di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (insieme alla società Beta) ma risponderà unicamente del reato di cui agli articoli 2 o 3 del decreto legislativo 74 del 2000.

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4.4 Le pene 

Il d.l. n. 124 del 2019 ha introdotto severe modifiche alle pene relative ai reati di frode fiscale previsti dagli articoli 2 o 3 del decreto legislativo 74 del 2000.

L’articolo 2 del decreto legislativo 74 del 2000 prevede per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti la pena della reclusione da quattro ad otto anni; tuttavia, se l’ammontare degli elementi passivi fittizi risulta inferiore ai 100.000 euro si applica la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

L’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000 prevede per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici la pena della reclusione da un minimo di tre anni ad un massimo di otto anni (sempre a condizione che si siano superate le soglie di punibilità indicate dalla norma). 

Nel caso di condanna penale la pena della reclusione si accompagna sempre alla confisca (cioè all’appropriazione da parte dello Stato) del profitto conseguito dal soggetto responsabile del reato di frode fiscale. 

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4.5 Come evitare la condanna penale per i reati di frode fiscale

Il versamento integrale dell’importo dovuto al Fisco costituisce una causa di non punibilità dei reati di frode fiscale di cui agli articoli 2 e 3 del d.lgs. 74 del 2000. 

Ciò significa che, se il responsabile di un’evasione fiscale si adopera spontaneamente ad estinguere il proprio debito nei confronti dello Stato, il reato di frode fiscale non può essere perseguito dall’autorità giudiziaria. 

L’art. 13 del d.lgs. 74 del 2000, tuttavia, specifica che i reati di cui agli articoli 2 e 3 del d.lgs. cit. non sono punibili solo se i debiti tributari siano stati estinti mediante integrale versamento e l’autore del reato di frode fiscale si sia ravveduto prima che abbia avuto formale notizia della pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti. 

Ciò vuol dire che se un soggetto, resosi responsabile di una condotta di frode ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. cit., versi gli importi dovuti allo Stato soltanto in seguito alla ricezione di un avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., la causa di non punibilità di cui all’art. 13 del d.lgs. 74 del 2000 non troverà applicazione. 

Resta a questo punto un’ultima possibilità: qualora, prima che cominci formalmente il processo di primo grado, il soggetto dimostri di star provvedendo al versamento rateizzato di quanto dovuto, il Giudice può stabilire un termine di tre mesi (prorogabile di ulteriori tre mesi a sua discrezione) perché il soggetto regolarizzi celermente e definitivamente la propria posizione fiscale (pagando, in sostanza, il debito residuo per intero ed entro un massimo di sei mesi). 

5. Il reato di dichiarazione infedele (Art. 4)

L'articolo 4 del Decreto Legislativo 74/2000 prevede il reato di dichiarazione infedele  che punisce chi al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente: 

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila; 

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.

Il reato di Dichiarazione Infedele è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi.

 

6. Il reato di omessa dichiarazione (Art.5)

L'articolo 5 del Decreto Legislativo 74/2000 prevede il reato di omessa dichiarazione, che consiste nell'omissione della dichiarazione dei redditi o del valore aggiunto, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

Il reato di Omessa Dichiarazione può essere commesso dai contribuenti che, per esempio, non presentano la dichiarazione dei redditi nei termini previsti dalla legge.

Il reato di Omessa Dichiarazione è punito con la reclusione da due a cinque anni. 

7. Il reato di omesso versamento dell'Iva (10 ter)

L'art. 10 ter del Decreto Legislativo 74/2000 prevede il reato di omesso versamento dell'IVA.

Il reato in argomento si configura quando il soggetto passivo dell'IVA emette fatture per le proprie prestazioni di servizi o vendite di beni e non versa l'imposta dovuta all'erario entro i termini previsti dalla normativa tributaria.

Il reato di omesso versamento dell'IVA è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

8. Il reato di "indebita compensazione" (art. 10 quater) 

L'articolo 10 quater del Decreto Legislativo 74/2000 prevede il reato di "indebita compensazione" che punisce chi utilizzi crediti fiscali inesistenti o non maturati per compensare debiti fiscali.

Il reato di indebita compensazione può essere commesso sia da una persona fisica che da un professionista che compensi debiti fiscali utilizzando crediti inesistenti o non maturati.

Il reato in argomento è punito con la reclusione da sei mesi a due anni (utilizzo di crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro) e da un anno e sei mesi a sei anni (utilizzo di crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro

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8.I casi di studio

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