
L'istituto della confisca, come è noto, ha fatto il suo ingresso nel diritto penale tributario con la previsione contenuta nell'art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008), la quale, nel rinviare all'art. 322-ter cod. pen. (contenente una disciplina speciale di confisca applicabile ad alcuni reati contro la pubblica amministrazione), ne consentiva l'applicazione in caso di condanna per fattispecie delittuose tassativamente individuate in grado di ledere, tramite il conseguimento di un prezzo o di un profitto, l'interesse dello Stato alla percezione del quantum dovuto.
In occasione della revisione del sistema sanzionatorio tributario, intervenuta con il d.igs. 24 settembre 2015, n. 158, la disposizione citata è stata inserita all'interno del d.lgs. n. 74 del 2000, all'art. 12-bis, intitolato proprio “Confisca"3.
Nel. riproporre il contenuto della precedente disposizione, la nuova previsione normativa non fa più rinvio all'art. 322-ter cod. pen., ma dispone che, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo, salvo il caso che appartengano a persona estranea al reato (c.d. confisca diretta); nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca “diretta”, invece, si deve ordinare la confisca dei beni, nella disponibilità del reo, per un “valore corrispondente a tale prezzo o profitto" (c.é. confisca per equivalente o di “valore”).
L'art. 39, comma 1, lett. q), del d.l. n. 124 del 2019 ha inserito nel d.lgs. n. 74 del 2000 lart. 12-ter, in forza del quale è consentita anche la confisca “in casi particolari” o “allargata”.
Secondo questa nuova disposizione, in caso di condanna o di applicazione della pena per alcuni delitti in materia di imposte sui redditi e IVA, si applica l'istituto di cui all'art, 240-b/s cod. pen., con la confisca di denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito. I reati “presupposto” della confisca sono: - dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000), quando l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro; - dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74/2000), quando l'imposta evasa è superiore a 100.000 euro; - emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8- d.lgs. n. 74/2000) quando l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture è superiore a 200.000 euro; - sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'art. 11, comma 1, d.Igs. n. 74 del 2000, quando l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore ad euro centomila; - sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, quando l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila*. Il catalogo dei reati che permettono la confisca, evidentemente, è da ritenersi tassativo.
Ove sussistano gli estremi di una di tali fattispecie, è possibile ricorrere alla confisca allargata, sempre che ne ricorrano i presupposti normativi (titolarità o disponibilità del bene a qualsiasi titolo;. valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o alla propria attività economica).
Appare opportuno rimarcare brevemente che, come evidenziato dalla Corte di cassazione in una fondamentale pronuncia delle Sezioni unite, la confisca “in casi particolari” o “allargata” 0, meglio, “per sproporzione”, è basata su una fondamentale scelta di politica criminale del legislatore, operata con l’individuare delitti particolarmente allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti» (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, Montella, Rv. 226491).
La presunzione di accumulazione illecita è radicata nella capacità di tali delitti, sovente realizzata su base professionale, di procurare ricchezza, al fine di evitare il proliferare di tale ricchezza di provenienza non giustificata nel circuito di realtà economiche a forte influenza criminale. Il d.l. n. 124 del 2019, in buona sostanza, ha ritenuto che anche il compimento degli specifici reati tributari dapprima indicati giustifichi l'applicazione della suddetta presunzione di accumulo illecito di beni.
L'art. 39, comma 1i-bis, d.l. n. 124 del 2019 ha stabilito che le disposizioni che estendono la confisca allargata a taluni reati tributari “si applicano esclusivamente alle condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
La confisca “allargata”, invero, è qualificata dalla giurisprudenza come una misura di sicurezza e, come tale, sottoposta alla disciplina di cui all‘art. 200 cod. pen., secondo la quale dette misure “sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione">.
L'art. 200 cod. pen. privilegia: le finalità special-preventive delle misure di sicurezza, permettendo . alla misura di fronteggiare le manifestazioni più attuali di pericolosità sociale, a scapito della garanzia dell’irretroattività che presidia, invece, le norme incriminatrici.
Anzi si è rilevato che, presupponendo le misure di sicurezza l'accertamento della pericolosità sociale al momento della loro applicazione, l'art. 200 cod. pen. si riferisce a situazioni necessariamente attuali e non pone un problema di efficacia retroattiva delle norme.
L'art. 25, comma 3, Cost., del resto, non fa cenno alla necessità di evitare effetti retroattivi sfavorevoli conseguenti all'applicazione delle misure di sicurezza. Il tema, in verità, è più complesso, potendo individuarsi diverse situazioni di sfasatura tra la disciplina vigente al momento del fatto e quella esistente al tempo dell'applicazione della misura.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, nel caso in cui il fatto non costituisce reato (o quasi reato) al momento della sua realizzazione, infatti, ad esso non potrà conseguire l'applicazione della misura di sicurezza successivamente prevista dal legislatore.
Qualora, invece, il fatto già al momento della sua realizzazione costituisca reato e solo successivamente il legislatore ricolleghi ad esso l'operatività di una misura di sicurezza, l'indirizzo consolidato ritiene che la misura di sicurezza possa ugualmente infliggersi al suo autore”.
In particolare, si afferma che, in tema di successione di leggi nel tempo, il principio di irretroattività della legge penale opera con riguardo alle norme incriminatrici e non anche alle misure di sicurezza?. Dette misure, dunque, sono soggette alla regola "tempus regit actum". In virtù del combinato disposto degli artt. 199 e 200 cod. pen. e dei principi affermati dall'art. 25 Cost., pertanto, deve escludersi che in tema di applicazione delle misure di sicurezza operi il principio di irretroattività della legge di cui all'art. 2 cod. pen., sicché le misure predette sono applicabili anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previste ovvero erano diversamente disciplinate quanto a tipo, qualità e durata.
Orbene, la norma dapprima citata del d.l. n. 124 del 2019 è intervenuta su questo profilo, stabilendo che la confisca “allargata” possa essere applicata solo in relazione “alle condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto", così escludendo l'applicazione dell'indirizzo giurisprudenziale illustrato.
Anche se i reati “presupposto” della misura erano già previsti dalla legge prima della estensione ad essi della misura e nonostante il tenore dell'art. 200 cod. pen., pertanto, la confisca “allargata” non potrà essere disposta nel caso in cui le condotte incriminate siano state-tenute prima della entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
La norma in esame, invece, non pare incidere su un altro orientamento giurisprudenziale consolidato.
Si allude all'indirizzo secondo cui la confisca può essere disposta anche in relazione a beni acquisiti in epoca anteriore all'entrata in vigore delle disposizioni che l'hanno istituita o che l'hanno estesa, in quanto il principio di irretroattività opera solo con riguardo alle confische aventi natura sanzionatoria e non anche in relazione alla confisca in questione, da ricomprendere tra le misure di sicurezza.
Per mera completezza appare opportuno segnalare, inoltre, che la nuova norma, con riferimento al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento dell'imposte, fa riferimento ad una soglia di “evasione” che rende ammissibile il ricorso alla confisca per sproporzione, la quale è costituita dalla somma di imposta. non versata, sanzioni e interessi evasi.
In questo modo, evoca l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il profitto del reato tributario è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito per effetto della consumazione del reato e, dunque, può consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, degli interessi e delle sanzioni dovute a seguito dell'accertamento del debito tributario (Sez. U, n.’ 18374 del 31/01/2013, Adami e altro, Rv. 255036).