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Ricettazione: il fatto di speciale tenuità non costituisce autonoma figura di reato ma attenuante


Corte di Cassazione

La massima

Con la sentenza n.39944/22, la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di ricettazione, l'ipotesi del fatto di speciale tenuità non costituisce una autonoma figura di reato, ma una circostanza attenuante, sicché, ai sensi dell'art. 157 c.p., non può tenersene conto ai fini della determinazione del termine di prescrizione, da computarsi con riferimento al limite edittale massimo previsto per l'ipotesi-base.


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La sentenza integrale

Cassazione penale sez. VII, 08/07/2022, n.39944

Fatto

ritenuto che il motivo di ricorso che chiede dichiararsi estinto il reato di cui all'art. 648, comma 2, c.p. (ora comma 4, c.p.) per prescrizione, ritenendo che si tratti di autonoma ipotesi di reato, è manifestamente infondato, avendo questa Corte da tempo chiarito che l'ipotesi del fatto di particolare tenuità, prevista, in tema di ricettazione, dall'art. 648, comma 2 (ora quarto), c.p., non costituisce, infatti, una figura autonoma di reato, ma una circostanza attenuante della ricettazione (Sez. 2, n. 25121 del 13/05/2021, Bevilacqua, Rv. 281675), e che, per tale ragione, ai sensi dell'art. 157 c.p., non può tenersene conto ai fini della determinazione del termine di prescrizione, che andrà computato con riferimento al limite edittale massimo previsto per l'ipotesi-base (pari ad anni otto, aumentato fino ad un massimo di anni dieci in presenza di eventi interruttivi, oltre sospensioni);


considerato, inoltre, che, diversamente da quanto opina il difensore del ricorrente, anche la Corte costituzionale è ferma nel ritenere la natura di circostanza attenuante della "particolare tenuità" di cui all'art. 648, comma 2, c.p., avendo dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione della Cost., arti 3, 25, comma 2, e 27, comma 3, l'art. 69, comma 4, c.p., come sostituito dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 3, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648, comma 2, c.p. sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, dello stesso codice (n. 105 del 26/02/2014), ed avendo successivamente ribadito che " la particolare tenuità del danno o del pericolo è cosa diversa dalla "particolare tenuità del fatto", che integra l'attenuante dell'art. 648, comma 2, c.p. ", e quindi la natura giuridica di circostanza attenuante di quest'ultima, precisando che la " particolare tenuità del fatto" di cui all'art. 648, comma 2, c.p. integra una circostanza attenuante rientrante nel novero di quelle cosiddette indefinite o discrezionali (Corte Cost., n. 156 del 21/07/2020 e n. 207 del 24/05/2017);


ritenuto che i motivi di ricorso che chiedono ritenersi integrato il reato di furto, e non quello contestato, nonché riconoscersi la circostanza aggravante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4, c.p., non sono consentiti, perché dedotti per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, e non anche in precedenza come motivi di appello;


ritenuto che analoga statuizione s'impone per il motivo di ricorso che chiede riconoscersi la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., poiché la richiesta, non deducibile alla data di presentazione dell'atto di appello, non è stata formulata dinanzi alla Corte di appello all'atto della conclusiva precisazione delle conclusioni, quando sarebbe stata, al contrario, deducibile;


rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 8 luglio 2022.


Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2022

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