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Sequestro: può essere esteso alle quote societarie appartenenti a persona estranea al reato?


La massima

Il sequestro preventivo delle quote di una società appartenenti a persona estranea al reato è legittimo qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato ed il vincolo cautelare sia destinato ad impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la protrazione dell'ipotizzata attività criminosa, ovvero la commissione di altri fatti penalmente rilevanti, attraverso l'utilizzo delle strutture societarie (Cassazione penale sez. III, 17/02/2022, (ud. 17/02/2022, dep. 03/03/2022), n.7629).


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 17/02/2022, (ud. 17/02/2022, dep. 03/03/2022), n.7629

Fatto

1. Con l'impugnata ordinanza, il Tribunale distrettuale di Catanzaro rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di B.A., in proprio e in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di S.A., terzi estranei e titolari di quote di partecipazione al capitale sociale della "Ingrosso rottomi metallici di S.L. s.r.l.", avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro il 7 giugno 2021 per plurime violazioni dell'art. 452-quaterdecies c.p., contestate ai capi A), B) e G) dell'editto accusatorio, decreto con il quale, tra l'altro, si era disposto il sequestro sia del complesso aziendale, sia delle quote societarie dell'indicata società.


2. Avverso l'indicata ordinanza, B.A., in proprio e in qualità di esercente la potestà genitoriale di S.A., propone ricorso per cassazione, affidato a un unico, articolato, motivo, con cui deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), in relazione, rispettivamente all'art. 452-quaterdecies c.p. e art. 321 c.p., e all'art. 125 c.p.p.. Il difensore contesta la sussistenza del periculum in mora, non avendo il Tribunale addotto alcuna giustificazione circa la finalità "impeditive" perseguite dal provvedimento ablativo, esteso in modo sproporzionato a tutto il complesso dei beni aziendali, alla società e alle quote societarie. Sotto altro profilo, il difensore contesta la sussistenza il fumus del delitto in esame, rilevando: con riguardo al capo a), che il formulario può essere sprovvisto di numero di registro di carico e scarico fino al decorrere dei termini entro cui ogni soggetto deve effettuare l'annotazione di tali operazioni, e, in ogni caso, i F.I.R. emessi il (OMISSIS) sarebbero regolari trattandosi di rifiuti come "prodotti in cantiere" e la difesa ha prodotto documentazione attestante la tracciabilità dei rifiuti, della loro produzione e del loro invio a recupero o smaltimento; quanto al capo b), che il mancato monitoraggio del mezzo non consentirebbe di affermare che esso trasportasse rifiuti diversi da quelli per i quali vi era autorizzazione; quanto capo G), che è stata prodotta tutta la documentazione attestante la liceità dei conferimenti, posto che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, i F.I.R. risultano perfettamente leggibili.


Aggiunte il difensore che sarebbero insussistenti sia il compimento di più operazioni e l'ingente quantitativo di rifiuti trattati, stante la regolarità


amministrativa e contabile delle operazioni in esame; sia un'attività organizzata al fine di eludere la tracciabilità dei rifiuti, posto che tutte le operazioni sono documentate dai F.I.R., sia una condotta abusiva e clandestina. Evidenzia, infine, il difensore che i ricorrenti hanno allegato la loro buona fede, producendo documentazione contabile-amministrativa attestante la regolarità formale della gestione societaria, e, sul punto, la motivazione sarebbe mancate.


Diritto

1. I ricorsi sono inammissibili.


2. Da quanto emerge dal ricorso e dal provvedimento impugnato, gli odierni ricorrenti agiscono quali terzi estranei, essendo titolari di quote della "Ingrosso rottami metallici di S.L. s.r.l.".


Orbene, in primo luogo i ricorrenti sono legittimati ad agire in relazione al solo sequestro impeditivo delle quote sociali a loro rispettivamente intestate, ma non anche con riferimento al complesso dei beni aziendali, che sono di proprietà della società.


3. A tal proposito, va richiamato il costante orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui secondo cui l'indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (tra le più recenti, cfr. Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, dep. 29/04/2021, Di Luca, Rv. 281098; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019 - dep. 24/01/2019, Solinas, Rv. 276545; Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019 - dep.12/02/2019, Firriolo, Rv. 274992,; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017 - dep. 13/10/2017, Ruan e altri, Rv. 271231, che ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell'indagato per la restituzione di beni in sequestro di proprietà di una società in accomandita, in quanto, sebbene egli ne fosse il legale rappresentante, aveva presentato il ricorso in proprio).


L'interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame deve corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale e va pertanto individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Held, Rv. 267672; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713; Sez. 2, n. 50315 del 16/09/2015, Mokchane, Rv. 265463; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Marenco, Rv. 263799; Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Lesto, Rv. 259412).


Di conseguenza, il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà della società, attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro. (Sez. 2, n. 29663 del 04/04/2019, dep. 08/07/2019, Tufo, Rv. 276735).


4. Così delimitato l'oggetto dei ricorsi, gli stessi appaiono inammissibili.


5. Quanto alle censure con cui si contesta il fumus, giova ricordare gli stretti limiti entro qui è ammesso il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, che è sindacabile solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 02/02/2017, Faiella, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, dep. 20/04/2017, Napoli, Rv. 269656).


Si rammenta, inoltre, che, in tema di sequestro preventivo, è sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018 - dep. 27/04/2018, Armeli, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014 - dep. 05/02/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 258279).


6. Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente richiamato le fonti di prova in atti e gli elementi a carico ben più che indizianti (servizi di osservazione e pedinamento, controllo degli autocarri, analisi del contenuto e delle difformità dei FIR, registrazioni video mediante installazione di telecamere per il monitoraggio delle aree interessate, carico e scarico di ingenti quantitativi di rifiuti rilevati dalla p.g., ricostruzione analitica dell'intera filiera abusiva dei rifiuti, fascicolo fotografico, accertamenti di p.g.), da cui emerge, in relazione a ciascun capo di incolpazione provvisoria (p. 13 e 14 del provvedimento impugnato), la configurazione del reato ipotizzato ed il cospicuo numero di trasporti di rifiuti all'interno del campo Rom.


In particolare, con ampia e persuasiva motivazione, i giudici della cautela reale hanno ritenuto sussistenti i reati in esame, posto che l'attività di monitoraggio e controllo effettuata dalla polizia giudiziaria (cfr. fol. 132 informativa generale) ha riscontrato l'effettivo conferimento di rifiuti diversi rispetto a quelli che la ditta era autorizzata a gestire, circostanza non smentita dai FIR prodotti dalla difesa, stante la ritenuta non intelleggibilità delle date ivi indicate.


Quanto, poi, al capo B), la Corte ha richiamato i contenuti dell'informativa, da cui emerge (p. 134) che le forze dell'ordine, dopo aver monitorato, senza soluzione di continuità, il tragitto percorso dal veicolo, fotografavano il contenuto del cassone poi riversato presso la società Ingrosso rottami metallici e ferrosi di S.L., da cui si evince la natura non conforme dei rifiuti in questione.


7. Sulla scorta di questi elementi, il Tribunale ha ravvisato il fumus del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - già previsto dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 260, e ora disciplinato ai sensi del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, artt. 7 e 8, dall'art. 452-quaterdecies c.p. - in quanto necessariamente caratterizzato da una pluralità di condotte, alcune delle quali, se singolarmente considerate, potrebbero non costituire reato, ha natura di reato abituale proprio, configurabile nella condotta di chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, allestisce una organizzazione di traffico di rifiuti, volta a gestire continuativamente, in modo illegale, ingenti quantitativi di rifiuti.


Tale gestione dei rifiuti deve concretizzarsi in una pluralità di operazioni con allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, ovvero attività di intermediazione e commercio (cfr. Sez. 3, n. 40827 del 6/10/2005, Carretta, Rv. 23234; Sez. 3, n. 28685 del 04/05/2006, Buttone, Rv. 234931), e tale attività deve essere "abusiva", ossia effettuata o senza le autorizzazioni necessarie (ovvero con autorizzazioni illegittime o scadute), o, come nella specie, violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazione stesse (cfr. Sez. 3, n. 40828 del 6/10/2005, Fradella, Rv. 232350; Sez. 4, n. 28158 del 02/07/2007, Costa, Rv. 236906).


8. Deve, pertanto, essere escluso che, a fronte della approfondita valutazione da parte del Tribunale del riesame riguardante l'integrazione dei reati per cui si procede, in sede di ricorso per cassazione possano essere riproposte, sotto il profilo dell'omessa o mancante motivazione, questioni riguardanti il contenuto dei formulari, l'osservanza delle autorizzazioni amministrative, l'integrazione reciproca dei dati riportati sui registri con quelli riportati sui FIR, ove il giudice del riesame abbia comunque compiuto, come nel caso in esame, una valutazione priva dei requisiti di totale arbitrarietà o incompletezza.


9. Quanto, poi, alla periculum in mora, va richiamato il principio, affermato a più riprese da questa Corte e che va qui ribadito, secondo cui è legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato ed il vincolo cautelare sia destinato ad impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la protrazione dell'ipotizzata attività criminosa, ovvero la commissione di altri fatti penalmente rilevanti, attraverso l'utilizzo delle strutture societarie (Sez. 2, n. 31914 del 09/07/2015, dep. 21/07/2015, Cosentino, Rv. 264473; Sez. 5, n. 16583 del 22/01/2010, dep. 29/04/2010, Cartone, Rv. 246864).


Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato come il carattere continuativo e sistematico degli illeciti riscontrati - e quindi non occasionale - unitamente al carattere ingente dei quantitativi i rifiuti trattati e gestiti inducano a ritenere che, qualora i beni sequestrati venissero rimessi nella libera disponibilità dell'avente diritto, essi potrebbero essere destinati alla perpetrazione di nuove violazioni di materia di rifiuti.


10. Infine, con riferimento alla dedotta buona fede dei ricorrenti, si rammenta che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo.all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, dep:20/12/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 1806 del 04/11/2008, dep. 19/01/2009, Pepe, Rv. 242262; Sez. 5, n. 37033 del 16/06/2006, dep. 09/11/2006, Silletti. Rv. 235283); e ciò in quanto la buona fede del terzo estraneo al reato rileva solo nel caso in ove il sequestro sia stato disposto esclusivamente ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, in quanto funzionale alla confisca.


11. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.


PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2022.


Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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