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Concussione: condannato professore per pressioni su un candidato al concorso di ricercatore


Corte di Cassazione

La massima

Integrano l'abuso costrittivo del delitto di concussione le pressioni esercitate da un docente universitario su un candidato al concorso di ricercatore perché si ritiri dalla prova – allo scopo di favorire altro candidato, con minor punteggio per titoli e pubblicazioni – quando alla persona offesa non sia prospettato alcun vantaggio indebito, ma solo pregiudizi per la sua carriera accademica, a nulla rilevando, al riguardo, l'alea della attribuzione del posto messo a concorso, atteso che la vittima è stata comunque privata di una significativa “chance” di conseguirlo (Cassazione penale , sez. VI , 03/11/2020 , n. 5057).

Fonte: CED Cassazione Penale 2021



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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 03/11/2020 , n. 5057

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Messina, a seguito di gravame proposto - per quanto di interesse in questa sede - dagli imputati G.C., B.G., T.G. e A.M.C. avverso la sentenza emessa in data 27 aprile 2018 dal locale Tribunale, in parziale riforma della decisione:


- ritenuta l'attenuante di cui all'art. 323-bis c.p. ha rideterminato la pena inflitta a G.C., riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi A) (artt. 81,314 c.p.) e B) (art. 81 c.p., art. 61 c.p., n. 2 e artt. 9,48-479 c.p.), revocando le pene accessorie inflitte al predetto;


- ha assolto B.G. dal reato ascrittogli sub E) (artt. 110,56,319-quater c.p.) perchè il fatto non sussiste ed ha rideterminato la pena inflitta al predetto, riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi C) (artt. 110,317 c.p.), F) (artt. 110,323 c.p.) e G) (artt. 110,56,323 c.p.);


- ha confermato nel resto la sentenza impugnata, segnatamente, nei confronti di T.G., riconosciuto responsabile del reato di cui al capo C) (artt. 110,317 c.p.) e condannato a pena di giustizia nonchè di A.M.C. riconosciuta responsabile dei reati di cui al capo F) e G) e condannata a pena di giustizia con i doppi benefici di legge. E' stata, inoltre, confermata la condanna di A.M.C., B.G. e T.G. al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili Università degli Studi di Messina e P.S..


2. Le vicende oggetto della decisione di merito.


- Quanto ai reati di cui ai capi A) e B) ascritti a G.C., questi è accusato, quale dipendente della Facoltà di (OMISSIS) dell'Università di Messina e delegato del Preside alla gestione del "fondo economale" dell'appropriazione continuata di somme per il complessivo importo di 7.198,40 attraverso la formazione di n. 33 false fatture di fornitura di materiale di cancelleria dal (OMISSIS) che davano luogo a corrispondenti mandati di pagamento. Fatti commessi in (OMISSIS).


- Quanto al reato di cui al capo C) ascritto a B.G. e T.G., questi sono accusati, rispettivamente, il primo Direttore del (OMISSIS) dell'Università di Messina e professore ordinario in (OMISSIS) presso il medesimo Dipartimento ed il secondo professore ordinario di (OMISSIS) presso il (OMISSIS) dell'Università di Messina nonchè Presidente della commissione del concorso per ricercatore a tempo determinato in "(OMISSIS) e (OMISSIS) clinica" indetto dalla predetta Università con D.R. n. 1315 del 25/5/2012, il B. di aver istigato e determinato il T. che, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, prospettava a P.S., candidato al citato concorso con il punteggio più elevato, nonchè biologo che prestava attività lavorativa a titolo gratuito presso il Dipartimento e con la supervisione scientifica dello stesso T.G., conseguenze negative per la sua futura carriera laddove avesse sostenuto la prova finale del concorso, costringendolo a ritirarsi dallo stesso, così permettendo all'altro candidato B.C., figlio di B.G., di essere proclamato vincitore nonostante la netta inferiorità dei titoli e delle pubblicazioni. In (OMISSIS) (data della prova finale del concorso).


- Quanto al reato di cui al capo F) ascritto a B.G. e A.M.C., questi sono accusati, il primo quale Direttore del (OMISSIS) dell'Università di Messina e Professore ordinario in (OMISSIS) presso il medesimo Dipartimento e la seconda quale delegata del Rettore alla ricerca in area scientifico-tecnologica, il primo istigando e determinando la seconda, in violazione di norme di legge e di regolamento nonchè dell'art. 97 Cost., proponendo al Senato Accademico di nominare i professori Pa., T., Bl., D.L., G., S., Te. e Sp. quali componenti della commissione del concorso di cui sopra, in realtà scelti dal B. tra i professori ritenuti maggiormente disponibili a favorire il figlio dello stesso B., di aver procurato a quest'ultimo un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nel superamento del predetto concorso e nella conseguente nomina di ricercatore, ovvero arrecando a P.S. e F.E. un danno ingiusto consistito nell'esito negativo del medesimo concorso o nella inutile partecipazione allo stesso. In (OMISSIS) (data della proposta al Senato Accademico e della coseguente delibera).


- Quanto al reato di cui al capo G) ascritto a B.G. e A.M.C., questi sono accusati, nelle medesime qualità di cui al capo F), il primo di aver istigato e determinato la seconda, in violazione di norme di legge e di regolamento nonchè dell'art. 97 Cost., proponendo al Senato Accademico di nominare lo stesso B.G., nonchè i professori Pe., Ca., D.L., Fa., R., V. e Ve. quali componenti della commissione del concorso per ricercatore a tempo determinato in "(OMISSIS) e (OMISSIS) chimica" indetto dalla Università di Messina con D.R. n. 367 del 7/2/2013, in realtà scelti dal B. tra i professori ritenuti maggiormente disponibili a favorire il candidato da lui indicato, ponendo atti idonei diretti in modo non equivoco a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al predetto candidato ovvero un danno ingiusto agli altri candidati, consistito nell'esito negativo del medesimo concorso o nella inutile partecipazione allo stesso; evento non verificatosi per causa indipendente dalla loro volontà ovvero per il mancato completamento della procedura concorsuale. In (OMISSIS) (data della proposta al Senato Accademico e della conseguente delibera).


3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.


4. Con ricorso nell'interesse di G.C. si deduce:


4.1. Con il primo motivo, violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità essendosi la Corte di appello limitata ad aderire acriticamente alle argomentazioni del primo Giudice senza tener conto delle oggettive emergenze processuali e, soprattutto, dei rilievi mossi in appello.


In particolare:


- La Corte ha erroneamente posto a base della decisione le perizie svolte dal prof. Fa. la cui più attenta valutazione avrebbe dovuto far rilevare che in più fatture la sottoscrizione era "in originale" mentre il perito l'ha scambiata per "fotocopia";


- non solo non si è autorizzato il consulente della difesa ad effettuare rilievi fotografici delle fatture, ma non si è proceduto ad una perizia di ufficio, minando le fondamenta della decisione di condanna;


- la testimonianza del teste Vi. - con riferimento al periodo in cui era Preside - sulla affidabilità del G. fa disattendere l'esito delle perizie del prof. Fa.;


- tre rilevanti soggetti - De.An., il figlio del Preside B. e la s.ra O.R. - sono intervenuti presso la sig.ra Ce. non certamente nell'interesse del G.;


- nessuna denuncia è stata mai presentata dai soggetti protagonisti del processo, a riprova che doveva essere salvaguardata la posizione del B.;


- la richiesta del preside B. degli originali delle prime fatture incriminate costituisce chiaro elemento della sua esclusiva responsabilità.


- Il ricorrente G., in tale contesto, non ha svolto alcun ruolo, rimanendo estraneo ai fatti, risultando illogiche le proposizioni della sentenza sulla utilizzabilità della consulenza di Fa., sull'intento calunniatorio del De. ai danni del G., sulle negligenze del B. e sulla "confusione" della deposizione del teste De..


4.2. Con il secondo motivo, violazione di legge e vizio della motivazione sulla utilizzabilità della consulenza Fa. in relazione alla violazione da parte di questi della autorizzazione del GIP alla sola visione degli originali delle fatture in atti.


4.3. Con il terzo motivo, violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla riconosciuta inutilizzabilità della consulenza Fa. rispetto alle fatture estranee al processo procedimento che, comunque, ha violato i diritti della difesa; manca ogni decisione sulla richiesta difensiva di effettuare perizia di ufficio.


4.4. Con il quarto motivo, motivazione illogica e contraddittoria in relazione alla determinazione della pena, ictu oculi sproporzionata e lontana senza giustificazione dal minimo edittale.


4.5. Con il quinto motivo, violazione dell'art. 62-bis c.p. ed omessa motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, fondato su argomentazioni stereotipate.


5. Nell'interesse di B.G. si deduce:


5.1. Con il primo motivo, violazione dell'art. 317 c.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità per il delitto di concussione ai danni del Dott. P.S.; nullità della sentenza ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 546 c.p.p. e carenza assoluta della motivazione per la omessa considerazione delle decisive argomentazioni difensive proposte in appello.


Caduta in primo grado l'ipotesi di una contropartita nella promessa fatta dal B. al T. circa la nomina della moglie del T. a professore ordinario, la Corte ha omesso qualsiasi valutazione della proposizione difensiva circa il salto logico esistente tra l'assoluzione del T. e del B. dal reato di corruzione di cui capo D) e l'affermazione di responsabilità per il delitto di cui al capo C).


Manca, inoltre, convincente giustificazione dell'assunto secondo il quale il P. avrebbe rinunciato perchè necessariamente costretto dal suo maestro T.. L'affermazione secondo la quale la decisione del P. sia stata oggettivamente sfavorevole presuppone che il candidato sarebbe stato sicuro vincitore dalla procedura concorsuale e nessuna uguale alternativa sarebbe stata per lui prospettabile, assunti entrambi dubbi o incerti. In ogni caso la più radicale smentita delle precedenti affermazioni si ricava dalle stesse dichiarazioni del P. - delle quali è stato acquisito il verbale" riportate in ricorso - in relazione alle quali la difesa ha proposto motivo di appello di cui la Corte non si è fatta compiutamente carico, travisandone il contenuto. In particolare:


non si è tenuto conto che lo stesso P. non si dava per vincitore del concorso in base alla valutazione dei titoli presentati da lui e da B..


- da nessun passaggio delle dichiarazioni può evincersi che la sua rinuncia sia frutto di una condotta messa in atto dal prof. T. su istigazione del B. per costringerlo a ritirarsi da quel concorso, essendogli prospettate dal prof. T. due possibili strade alternative, una immediata, più rischiosa, e una più lontana, ma più sicura e foriera di maggiori soddisfazioni.


La sentenza incorre, poi, in vistose contraddizioni quando introduce alcune varianti desumendole dalla successive dichiarazioni dello stesso P. per confermare la costrizione, risultando evidente che i colloqui tra questi ed il suo maestro si inquadrano in un contesto di opportunità di scelta tra due soluzioni entrambe praticabili e quasi contestuali a nulla rilevando che il concorso presso la facoltà di (OMISSIS) non sia stato più tenuto, circostanza che non poteva essere prevedibile al momento della rinuncia del P..


La sentenza, inoltre, opera una forzatura per sminuire il rilievo della conversazione tra il P. e la moglie, invece decisivo secondo un significato del tutto conforme alle dichiarazioni contenute nel verbale di s.i.t. citato nel senso della scelta di opportunità operata con la rinuncia.


Infine, si censura il ritenuto collegamento della iniziativa del prof. T. con l'istigazione del B.. A tal riguardo non emerge alcuna prova precisa in ordine al momento in cui il prof. B. avrebbe assunto l'iniziativa di contattare il prof. T. per intervenire sul P. al fine di convincerlo a rinunciare al concorso. In ogni caso, destituita di fondamento è la tesi per la quale tale finalità perseguita dal prof. B. è correlata all'uso della forza per piegare la volontà del P., posto che il ricorrente - come si desume dal suo colloquio con Ri.Sa. - aveva prospettato l'alternativa di poter "sistemare" il P. nell'altro concorso per il quale questi aveva pure presentato domanda.


5.2. Con il secondo motivo, violazione degli artt. 43 e 317 c.p. e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata assoluzione del ricorrente quantomeno per difetto dell'elemento psicologico, non avendo egli, per quanto detto nel primo motivo, in ogni caso, agito per coartare la volontà del P., avendo operato sul diverso piano di una soluzione concordata che avrebbe comportato la sistemazione di entrambi i candidati in lizza.


5.3. Con il terzo motivo, violazione degli artt. 317 e 319-quater c.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata derubricazione del reato di concussione di cui al capo C) in quello di induzione indebita; nullità della sentenza ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 546 c.p.p. e carenza della motivazione in relazione alle deduzioni in appello sulla insussistenza del reato di concussione in capo al ricorrente. In più passaggi della sentenza si ricostruiscono - contraddittoriamente rispetto alla tesi concussiva - i rapporti T.- P.- B. con riferimento ad un patto nell'ambito del quale, a fronte della rinuncia al primo concorso, P. avrebbe ricevuto la promessa di vincere l'altro concorso ed il dato si ripropone con la stessa evidenza anche nella parte della motivazione della sentenza dedicata ai capi F) e G) della imputazione. Del resto anche lo stesso assunto secondo il quale al P. sarebbe stato fatto credere di poter vincere l'altro concorso fa ricadere la fattispecie nell'ambito della ipotesi induttiva di cui all'art. 319-quater c.p..


5.4. Con il quarto motivo, violazione dell'art. 323 c.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato di abuso di ufficio sub F) e G); nullità della sentenza ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 546 c.p. e carenza assoluta della motivazione in relazione alle deduzioni difensive in appello in ordine alla insussistenza in capo al ricorrente del reato di cui all'art. 323 c.p. La valutazione della Corte in ordine alla violazione delle norme che presiedono alla nomina dei componenti della commissione di concorso tradisce una scarsa conoscenza dei normali meccanismi burocratici universitari tra i quali vi è anche il preliminare scambio di opinioni e indicazioni fra A.M.C. ed il prof. B. sulla opportunità di indicare questo o quel Professore nella rosa di candidati da sottoporre al Senato Accademico. Che le cose vadano in questo senso lo si desume anche dalla conversazione del 29/4/2013 tra B. e Ri., erroneamente ascritta a sostegno della decisione.


5.5. Con il sesto motivo, violazione degli artt. 62-bis e 133 c.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla dosimetria della pena che ha tralasciato di considerare la pluralità di elementi a sostegno delle prime (età avanzata del ricorrente, pregressa carriera universitaria esente da censure), risultando evidentemente illogica e contraddittoria la motivazione che mentre dà atto che il reato di cui al capo G) è rimasto allo stadio di tentativo, dall'altro non opera alcuna differenziazione del trattamento sanzionatorio rispetto agli altri capi di imputazione, che invece si assumono consumati.


5.6. Con motivi nuovi:


5.6.1. In relazione al terzo motivo del ricorso principale si deduce che il più tenue valore condizionante della richiesta formulata dal prof. T. - che al più ha assunto le forme di persuasione o di pressione tipiche della condotta induttiva avrebbe dovuto far leggere e interpretare la condotta materiale contestata al capo C). In tal senso depongono i plurimi contatti tra il prof. T. ed il P. invitato ad assumere una decisione migliore "per tutti" e, quindi, anche per quest'ultimo, che ha accettato la richiesta della prestazione non dovuta (ovvero la vincita dell'altro concorso), così realizzando quella dialettica utilitaristica descritta nella sentenza delle S.U. Maldera con riferimento ai casi di c.d. abuso della qualità essendosi verificata nella specie una accondiscendenza alla indebita richiesta da parte del P. mirante comunque e quantomeno a non inimicarsi T.. La violazione della norma incriminatrice si palesa vieppiù se si considera che il danno prospettato al P. non solo è del tutto generico ma addirittura concretamente irrealizzabile non potendosi prospettare che il prof. T. ed il prof. B. potessero partecipare a tutte le commissioni di concorso future in (OMISSIS) o comunque influire sui loro componenti.


5.6.2. In relazione al quarto motivo del ricorso principale deve considerarsi la intervenuta aboliti criminis introdotta con il D.L. 16 luglio 2020, n. 76 convertito nella L. 11 settembre 2020, n. 120, laddove ha escluso la penale rilevanza delle violazioni di norme contenuti in regolamenti, come quelle del regolamento adottato dall'Università di Messina che nella specie si assumono violate. Del resto, le norme di legge pure indicate in imputazione si limitano ad affermare principi generali ed indeterminati ovvero a disciplinare casi del tutto inconferenti rispetto all'addebito (D.Lgs. n. 165 del 2011, art. 35 e L. n. 240 del 2010, art. 24). Quanto all'art. 97 Cost. si tratta di un riferimento oggi non più utilizzabile in quanto non può essere sostenuto che la previsione costituzionale individui in maniera "espressa" una "specifica regola di condotta", la cui violazione oggi, a differenza del passato, è stata richiesta esplicitamente dall'art. 323 c.p..


6. Nell'interesse di T.G. si deduce:


6.1. Con il primo motivo, inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 530 c.p.p., commi 1 e 2, artt. 521 e 522 c.p.p. in relazione all'art. 317 c.p. nonchè vizio cumulativo della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità con riferimento alla condotta costrittiva ai danni del P., del dolo concussorio in capo al ricorrente e di una utilità come prodotto della costrizione. L'assunto secondo il quale il P. ha stretto un patto con il T. a fronte del quale aveva ricevuto la promessa di vincere un altro concorso è in contrasto antinomico con l'ipotesi della costrizione a rinunciare alla partecipazione al primo concorso. Nè potrebbe ipotizzarsi che il P. sia stato costretto ad accettare quel patto in quanto una tale ipotesi sarebbe inconciliabile con la esplicita esclusione che P. ha stretto quel patto (v. pg. 20 della sentenza a riguardo della utilizzabilità delle sue dichiarazioni in quanto non indiziabile). Diversamente si incorrerebbe nella nullità della sentenza per violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto versandosi - diversamente da quanto prospettato dall'accusa - non già nella costrizione a ritirarsi dal concorso perchè gli si erano prospettate conseguenze negative per la sua futura carriera, ma promettendogli che avrebbe vinto il secondo concorso. Manifestamente illogica è poi la pretesa dimostrazione che la ragione per cui B. padre aveva chiesto a T. di indurre P. alla rinuncia è da ricercarsi nel fatto che la valutazione che il T. e la Te. avevano dato al P. metteva in discussione l'esito del concorso, già preordinato in favore di B.C., in quanto non si concilia la pretesa preordinazione del concorso con la valutazione che sfavoriva il figlio di B.. Manifestamente illogica è poi la motivazione secondo la quale la preventiva valutazione poneva il P. in una posizione di vantaggio quasi incolmabile rispetto all'altro candidato, non essendo comprensibile l'atteggiamento che avrebbe tenuto, secondo la Corte, T., da un lato, favorendo il P. nella valutazione, e dall'altro, costringendolo alla rinuncia. Laddove, invece, le emergenze probatorie danno conto dell'unica plausibile versione di un normale colloquio tra maestro ed allievo sulle prospettive di carriera di quest'ultimo. Del resto le prospettazioni del T. al P. circa le difficoltà che avrebbe avuto per la sua carriera - oggetto della ipotizzata condotta concussiva - hanno trovato riscontro in altre emergenze istruttorie (v. dichiarazioni del teste Ga.). Così come risulta acquisito che nella facoltà di (OMISSIS) la concorrenza era minore rispetto a quella della facoltà di (OMISSIS), cosicchè il P. avrebbe trovato concorrenti meno titolati nella prima facoltà ed avrebbe avuto migliori possibilità di carriera.


Infine, la Corte di appello - trascurando le conseguenze derivanti dalla assoluzione del ricorrente dal reato di cui al capo D), così venendo meno la prospettata utilità - non si occupa di affrontare la questione della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di concussione, di cui il movente è un insostituibile indice.


6.2. Con il secondo motivo, inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 530 c.p.p., commi 1 e 2, artt. 521 e 522 c.p.p. in relazione all'art. 317 c.p. nonchè vizio cumulativo della motivazione in relazione alla utilizzabilità, rilevanza e attendibilità delle dichiarazioni di P.S.. La Corte ha omesso di valutare la questione della rilevanza delle dichiarazioni del P. in ordine alla ipotesi concussiva in relazione alla deduzione difensiva secondo la quale neanche in tali dichiarazioni era attribuito un collegamento causale tra le conseguenze negative per la sua carriera con il sostenimento della prova finale del concorso.


Quanto alla utilizzabilità delle dichiarazioni del P. la Corte ha disatteso la previsione dell'art. 63 c.p.p. posto che la rinuncia al concorso si basò su un patto illecito del quale la stessa rinuncia rappresentava l'iniziale attuazione, così permettendosi la consumazione di un primo abuso di ufficio costituito dalla turbativa del regolare svolgimento del concorso in (OMISSIS) avvantaggiandosi B.C..


Quanto alla valutazione di attendibilità del P. la Corte non ha tenuto conto della sostanziale difformità tra le s.i.t. del predetto e le sue successive dichiarazioni dibattimentali nell'ambito delle quali, per la prima volta, si indica l'invito del T. a rinunciare alla prova orale.


Inoltre, quanto alla genuinità ed al disinteresse delle dichiarazioni del P. la Corte non ha tenuto conto del loro vizio genetico: non solo per le ragioni processuali già dette, ma anche perchè le stesse risultano frutto di un'attività fuorviante e dai potenziali effetti subornanti posta in essere dalla polizia giudiziaria in occasione delle sommarie informazioni testimoniali del 2 maggio, come riscontrato dalla captazione del coevo dialogo tra il P. ed i suoi familiari. Quanto alla coerenza, esse si palesano difformi sulle modalità di incontro con il prof. T. e dimostrano una riserva mentale, ossia la volontà di dire solo alcune cose e non altre. Ma, soprattutto, le dichiarazioni sono contraddette da elementi estrinseci, documentali e testimoniali. Tanto sia con riferimento alla conoscenza di B.C., sia alle proprie qualità scientifiche - segnatamente alla collaborazione con l'istituto Pasteur - alle quali, al contrario di quanto il P. ha riferito, ha direttamente contribuito il prof. T..


Quanto all'unico dei mancati riscontri esterni segnalati nei motivi di appello preso in considerazione dalla Corte di appello - la captazione telefonica tra P.S. e sua moglie - non si spiega la conclusione che la Ma. abbia rappresentato cose non veritiere al solo fine di tranquillizzare la suocera.


6.3. Con il terzo motivo, inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 317,319-quater, 323 c.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta nel paradigma delle fattispecie di cui agli artt. 323 e/o 319-quater c.p., ribadendosi l'inconciliabilità con la ipotesi concussiva della verificazione del patto e, pertanto, l'acquiescenza del P. nella prospettiva di conseguire un tornaconto personale, decisivo per differenziare la concussione dalla induzione.


6.4. Con il quarto motivo, violazione degli artt. 133,62-bis c.p. e art. 192 c.p.p. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla utilizzazione di fatti per i quali l'imputato era stato assolto per quantificare la pena senza riduzioni.


6.5. E' pervenuta memoria difensiva nell'interesse del ricorrente con la quale a sostegno del primo motivo di ricorso si declinano i vizi denunciati in relazione:


a) alla arbitraria individuazione nel T. del soggetto con cui il P. avrebbe pattuito di ritirare la candidatura al concorso in (OMISSIS) in cambio della promessa di vittoria nel concorso a (OMISSIS), risultando che tale patto era intervenuto tra il B. ed il P.;


b) Alla individuazione del necessario nesso causale tra la assunta condotta concussiva addebitata al T. e la rinuncia al concorso da parte del P., esistendo un rilevante scollegamento temporale di circa due mesi tra le azioni del B. ((OMISSIS)) e del T. ((OMISSIS)) che riconduce il parere di quest'ultimo al P. ad un normale scambio di opinioni tra maestro ed allievo sulle prospettive future di quest'ultimo;


c) Alla mancata, ed in ogni caso giuridicamente erronea, analisi e valutazione della legislazione universitaria in materia di concorsi, in quanto nella prima fase di valutazione non vi era alcuna attribuzione di punteggi, per cui la seconda era in grado di ribaltarla.


A sostegno del terzo motivo si evidenzia - da un lato - la effettiva natura del tornaconto personale offerto al P. in relazione al secondo concorso, trattandosi di un posto più elevato nella gerarchia accademica ed a tempo indeterminato; dall'altro, che non rileva che tale vantaggio gli fosse stato promesso con la riserva mentale di non adempiere, posto che tale circostanza rafforzerebbe la connotazione induttiva e non costrittiva della condotta.


7. Nell'interesse di A.M.C. si deduce:


7.1. Con il primo motivo, inosservanza degli artt. 110,323 c.p. (capo F) e artt. 110,56,323 c.p. (capo G) e vizio cumulativo della motivazione non avendo la Corte considerato la metodologia oggettiva utilizzata dalla ricorrente -come indicato in appello - nella individuazione dei componenti della commissione di concorso da proporre al Senato Accademico e della prevedibilità da parte di esperti di settore - tra i quali il prof. B. - delle possibili indicazioni.


7.2. Con il secondo motivo, erronea applicazione della legge penale (art. 49 c.p.) e mancanza della motivazione circa la dedotta inidoneità della condotta della ricorrente a far verificare l'evento, essendo la scelta finale di competenza del Senato Accademico.


7.3. Con il terzo motivo, erronea applicazione della legge penale e mancanza della motivazione con riferimento alla dedotta mancanza di danno subito dalla parte civile P. in quanto la rinuncia di questi non era addebitabile alla ricorrente e - se danno v'è stato - esso è in misura minima ed inferiore a quello liquidato dovendosi considerare che si tratta di un contratto di ricercatore a tempo determinato.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.


2. Il ricorso di G.C..


2.1. Il primo, secondo e terzo motivo sono generici e proposti per questioni in fatto volte ad una rivalutazione del compendio probatorio, riproponendosi questioni dedotte in appello alle quali la Corte ha risposto senza incorrere in vizi logici e giuridici.


La colpevolezza del ricorrente, responsabile della segreteria della presidenza della Facoltà e materiale custode delle somme erogate in contanti, in anticipo pari al 10% della dotazione annuale, e destinate alle piccole spese necessarie per il funzionamento della Facoltà, si basa innanzitutto sulla pacifica falsità delle fatture mai emesse dalle ditte che apparivano emittenti, in relazione alle quali alcuna fornitura di beni o servizi vi era stata e che avevano dato luogo ai falsi mandati di pagamento che avevano giustificato l'illecito prelievo delle relative somme.


Quanto al coinvolgimento dell'imputato ricorrente - nella logica prospettiva che solo su questi ed il Preside B. potessero appuntarsi le responsabilità la Corte ha condiviso la esclusione della responsabilità del B. e rigettato la tesi difensiva del G. di una pretesa trama che il B. avrebbe ordito per scaricare sullo stesso G. le proprie colpe.


A tal riguardo sono considerate le dichiarazioni della titolare della ditta di una delle fatture false, Ce., che riferisce della affermazione fatta da De.An. - nel corso della sua visita dopo la contestazione ricevuta dalla Ragioneria sulla fattura a sua apparente emissione - circa la riconducibilità della irregolarità della fattura ad un suo collega prossimo alla pensione individuato nel G.; la deposizione dello stesso De. - del quale ineccepibilmente la Corte respinge la dedotta volontà calunniatoria in quanto del tutto priva di fondamento - che ha confermato di aver ricevuto la confessione del G. in ordine alla falsificazione della fattura in questione; le dichiarazioni di Cr.Fi., altro dipendente della Ragioneria, che ha riferito del sospetto su due fatture - di cui una era quella apparentemente emessa dalla ditta della Ce. - e della richiesta fattagli dal Preside B. di fornirgli le due fatture (una in originale e una in copia conforme) circostanza non illogicamente ritenuta indice dell'estraneità dello stesso B. alla vicenda che - invece - ha interessato una pluralità di fatture e che non ha dato luogo all'occultamento delle prove che invece G. gli ha attribuito.


La valutazione probatoria del compendio dichiarativo compiuta dalla Corte di merito non è inficiata dalle generiche censure in fatto mosse a riguardo dal ricorrente, che riproponendo la tesi di una attività di copertura della sola responsabilità del B. prospetta un tale interesse da parte di coloro che intervennero presso la Ce. dopo la scoperta della prima falsa fattura o fa leva sulla mancata denuncia dei fatti da parte dei soggetti protagonisti del processo, a fronte della non illogica risposta data dalla sentenza in ordine alla inconsistenza della predetta tesi difensiva, che sulla base della ricostruzione operata, ha osservato che una tale finalità era smentita dalle stesse dichiarazioni della Ce. - segnatamente con riguardo al colloquio avuto con la O., delegata dal Preside per l'orientamento ed il tutoraggio - che alcuna iniziativa aveva preso a proposito, nonchè dalla circostanza che, all'epoca della visita, la denuncia era stata già presentata e G. era stato già sostituito da De. nelle segreteria della presidenza, risultando del tutto inspiegato dall'appellante come la Ce. avrebbe potuto favorire B.; inoltre, dall'assenza di riferimenti alla vicenda della fattura in occasione della visita del figlio del B., interessato ad acquistare gadget per un laboratorio di analisi. Inoltre, ineccepibili sono le ulteriori considerazioni della Corte sulla illogicità della versione difensiva secondo la quale il B. si occupava di spese minute - addirittura anticipando gli importi per poi farseli rimborsare - e sulla considerazione che il suo intervento e quello del De., a seguito della emersione della vicenda, ben si giustificava per la preoccupazione di non coinvolgere in uno scandalo il Preside e la Facoltà.


Altra fonte di prova del coinvolgimento del ricorrente è la consulenza tecnica redatta su incarico del B. dalla quale risulta che tutti i visti del Preside B. sulle fatture incriminate erano stati apposti mediante una loro riproduzione informatica. Le deduzioni difensive sulla utilizzabilità della consulenza oggi riproposte con il ricorso, sono state del tutto correttamente respinte dalla Corte di merito. Tanto in relazione alla mancata autorizzazione da parte del Tribunale del consulente della difesa ad effettuare rilievi fotografici delle fatture, perchè non si trattava di attività assolutamente necessaria ai fini della decisione, non essendosi opposte deduzioni difensive di ordine tecnico su tale giudizio; così come per la dedotta violazione da parte del consulente della autorizzazione del GIP alla sola visione degli originali delle fatture in atti, ritenuta non incidente la estrazione di copia delle fatture, facoltà concessa alla difesa, sulla utilizzabilità della consulenza tenuto anche conto che alcun rilievo era stato mosso alla conformità agli originali delle copie effettuate dal consulente e da questi utilizzate; infine, quanto all'esame da parte del consulente di fatture ulteriori - rinvenute presso gli uffici amministrativi della Università e nelle quali era stato rinvenuto analogo fotomontaggio informatico - rispetto a quelle in atti, la Corte ha ineccepibilmente ritenuto la mancanza di incidenza di tale esame sugli esiti di quello strettamente pertinente agli atti del processo. Pertanto, ineccepibile risulta il conclusivo giudizio di genericità e inidoneità delle deduzioni difensive a inficiare le conclusioni della consulenza, tra l'altro, rendendo inutile un approfondimento tecnico.


2.2. Il quarto e quinto motivo sono manifestamente infondati quando non genericamente proposti rispetto al corretto esercizio del potere discrezionale demandato al giudice di merito che in modo ineccepibile ha motivato su entrambi i punti oggetto di censura considerando a fondamento delle relative determinazioni la disinvoltura con la quale l'imputato nel corso degli anni si è appropriato di denaro pubblico - laddove la relativa modestia della entità delle somme è stata già considerata nell'ambito della concessa attenuante speciale di cui all'art. 323-bis c.p. - e rilevato che non risultano elementi positivi a favore dell'imputato con riguardo alle richieste di riconoscimento delle attenuanti di cui all'art. 62-bis c.p..


3. Il ricorso di B.G..


3.1. Il primo, secondo e terzo motivo ed il primo motivo aggiunto sono manifestamente infondati quando non proposti per ragioni in fatto che involgono una rivalutazione del compendio probatorio che non può trovare accesso in sede di legittimità.


Il Giudice di merito ha affermato la responsabilità del ricorrente in ordine al reato di concussione ai danni del P., costretto a ritirarsi dal concorso presso la Facoltà di (OMISSIS) non sostenendo la prova orale a seguito dell'intervento di T.G., componente della commissione esaminatrice del concorso, sullo stesso P. nella consapevolezza che altrimenti la sua carriera sarebbe risultata definitivamente distrutta, per consentire la vittoria di B.C., figlio del ricorrente, che ebbe ad aggiudicarselo come unico concorrente rimasto.


Sia la prima che la seconda decisione escludono rilevanza ai fini della qualificazione del fatto alla prospettazione fatta al P. di vincere l'altro concorso presso la Facoltà di (OMISSIS) al quale pure si era iscritto, considerando che non gli era rimasta altra possibilità che soggiacere alle pretese palesategli dal T. per il quale "era meglio per tutti" che egli rinunciasse al concorso in cui si palesava favorito.


Ritiene questo Collegio che la ricostruzione in fatto del giudice di merito si sottrae a censure di manifesta illogicità o omessa motivazione.


Il Giudice di merito ha considerato le dichiarazioni della parte offesa P. che, dopo aver partecipato alle prove scritte, non si era presentato agli orali in ragione dei "suggerimenti" datigli dal prof. T., che ripetutamente lo aveva chiamato (v. pg. 26 della sentenza impugnata) per farlo rinunciare al concorso in ragione della presenza quale concorrente di B.C. prospettandogli conseguenze negative per la eventuale futura nomina a professore associato, a seguito della partecipazione all'altro concorso, già bandito dalla facoltà di (OMISSIS). Il P. nel tentativo di spiegare una decisione che egli stesso percepiva come "illogica ed autolesiva" ha evidenziato che, essendo estraneo a un certo "giro", aveva ritenuto più tranquillizzante seguire il consiglio di chi, evidentemente, di quel "giro" faceva parte. Il T., infatti, lo aveva chiamato e nel prospettargli che era meglio che fosse il B. a vincere il concorso della facoltà di (OMISSIS) e che lui ripiegasse su quello di (OMISSIS) gli aveva detto: "Ti posso dare un consiglio vuoi sentire quello che ti dico? Ritirati che è meglio per tutti, è meglio per ed è meglio per tutti noi". Il P. il giorno della prova orale non si presentò e la prova, essendosi ritirato un terzo concorrente, fu sostenuta soltanto da colui che fu dichiarato vincitore, B.C..


Le dichiarazioni del P. sono valutate in uno alle captazioni che intercorrono tra Ri.Sa., ordinario di (OMISSIS) dell'Università di Camerino, ed il B. nell'ambito delle quali questi manifestava fastidio per l'atteggiamento della professoressa Te., componente della commissione di concorso, la quale si era espressa favorevolmente per il candidato antagonista di B.C. e prospettando la necessità di ricondurla a migliori consigli ("questa stronza dobbiamo vedere di inquadrarla"), essendo il B. indispettito per il fatto che la predetta era stata messa nella commissione in quanto ritenuta "una delle nostre" e dovendo ricorrere all'intervento di N. che solo poteva convincerla a mutare atteggiamento. In particolare - annota la sentenza impugnata - la conversazione tra i due del (OMISSIS) (prog. 590) manifestava la difficoltà di superare i titoli del P. e che un altro soggetto - da individuarsi univocamente nel T. - aveva promesso al B. di risolvere il problema, anche se questi tendeva a far pesare il favore che gli stava facendo ("però ogni volta che gli chiedo una cosa, lui mi fa un prezzo terribile, quello stronzo" dirà il B.). Il giorno della prova orale, poco prima dell'ora fissata, è captata la conversazione (prog. 1331, riportata ampiamente dalla prima sentenza v. pg. 17 e sgg.) nella quale il B. comunica al N. di aver appena appreso che uno dei concorrenti - che aveva fatto "penare" entrambi i colloquianti - non si era presentato, desumendosi che questi aveva acconsentito a cedere un posto al quale aveva diritto in quanto gli era stato promesso che avrebbe vinto un altro concorso ("Diciamo, sotto un certo aspetto lui aveva le sue ragioni perchè, in fondo, era il suo posto", dirà il B.;"..ma meno male, ha rispettato i patti...Va bene, però ce l'a...l'altro C'è un patto" dirà N.).


La effettiva posizione decisamente poziore del P. in ragione della qualità dei suoi titoli - v. anche disamina nella prima sentenza dei giudizi espressi collegialmente dai componenti della commissione e singolarmente dalla componente Te. a pg. 29 e sg. - è stata confermata dalla prof.ssa Te. dando ragione delle preoccupazioni emerse nelle predette captazioni ("Se quelli so i titoli come cazzo fanno?") e la Corte di appello risponde puntualmente alla prospettazione difensiva volta a coinvolgere il P. in un consapevole accordo illecito. Invero, secondo un ragionamento scevro da vizi logici, osserva che tale prospettazione non giustificherebbe la preoccupazione palesata dal B. per la valutazione dei titoli del P. e la sua reazione per la "appartenenza" della Te., inserita come "amica" nella commissione nè la resistenza del P. a ritirarsi dal concorso, tanto da far ipotizzare la via alternativa del N. per influire sulla Te.. In tale prospettiva si colloca la valutazione - anche questa in risposta alle prospettazioni difensive - della conversazione del (OMISSIS) (prog. 1218) tra il P. e la moglie, avvenuta dopo la sua audizione del primo in Procura, riguardante il colloquio con la suocera alla quale era stato detto che il P. non aveva assecondato le intenzioni di chi lo ascoltava, volte ad avallare l'ipotesi costrittiva ai suoi danni, riferendo di aver detto che la sua scelta era frutto di una valutazione di convenienza, dopo una consultazione in ambito familiare. Secondo questo Collegio, incensurabile è il ragionamento della Corte di merito secondo il quale il contenuto della conversazione non riveli le reali motivazioni che avevano indotto il P. alla rinuncia, risolvendosi in una versione di comodo per rassicurare la suocera, posto che egli non aveva affatto riferito agli inquirenti della autonoma valutazione di convenienza della rinuncia, inquadrando piuttosto l'iniziativa del T. a farlo rinunciare secondo una scelta "illogica ed autolesiva".


D'altro lato, ineccepibile è - nello stesso senso - la considerazione dello stesso Giudice di merito secondo la quale lo stesso P., in quel periodo ancora in ambito universitario, non aveva alcuna intenzione di palesare quello che aveva effettivamente detto agli inquirenti: in tal senso - annota perspicuamente la Corte messinese - è la conversazione tenuta il pomeriggio dello stesso 3 maggio con un suo amico al quale lascia intendere di non aver confermato il convincimento degli inquirenti non perchè non questo corrispondesse a verità, ma solo perchè egli rimaneva sempre l'ultima ruota del carro, in un mondo che non sarebbe mai cambiato e nel quale non poteva fidarsi dei magistrati.


Cosicchè, incensurabile è la conclusione da parte del giudice di merito che la "convenienza" del P. non era affatto collegata a ipotetiche prospettive di carriera alternative collegate all'autoreferenziale "patto" agitato dagli imputati, ma solo alla consapevolezza che al di fuori della adesione alla volontà manifestata dal T., alla età di (OMISSIS) anni e dopo un lungo periodo di collaborazioni non retribuite e di incarichi precari, per lui - al quale non era stato offerto nessun tornaconto personale ma solo fatto credere che avrebbe potuto vincere un concorso diverso non vi era alcuna possibilità di carriera mettendosi contro il T. ed il suo mandante B..


Ritiene questo Collegio che il giudizio si conforma all'autorevole orientamento di legittimità secondo il quale il delitto di concussione, di cui all'art. 317 c.p. nel testo modificato dalla L. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius" da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sè, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319-quater c.p. introdotto dalla medesima L. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perchè motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014), Maldera e altri, Rv. 258470 - 01), essendosi correttamente riconosciuto nelle pressioni poste in essere dal T. sul P. un abuso costrittivo ai danni dello stesso P. volto a fargli abbandonare la posizione concorsuale a lui favorevole ed in una obiettiva condizione - di cui il P. era consapevole - secondo la quale la sua carriera dipendeva dai capricci del T. e dei suoi sodali.


La ricostruzione in fatto dell'abuso costrittivo risulta logica e si snoda attraverso la correlazione di tutti gli elementi indiziari raccolti, oltre che confermata nella sua valenza dalla reiterazione delle sollecitazioni di T. sul P., di cui si dà conto nella pronuncia di merito e che convergono nella esclusione di un promesso sicuro vantaggio per P.. Tale condizione di fatto accertata dal doppio conforme giudizio di merito esclude la configurabilità del diverso, meno grave, reato di induzione indebita.


Nè alcuna ricaduta sulla effettività della costrizione può assumere la pretesa alea che caratterizzava l'attribuzione al P. del posto messo a concorso, perchè - al di là di quanto già detto in ordine al chiaro portato degli accertamenti documentali, dichiarativi e captativi richiamati, questi ultimi palesanti la consapevolezza a riguardo degli interlocutori sulla obiettiva concretezza delle aspettative in favore del P. - quel che si è voluta realizzare con l'abuso costrittivo è la perdita di una sicura chance rispetto al concorrente che si intendeva favorire, facendolo rimanere unico partecipe al concorso.


Quanto alla specifica partecipazione concorsuale del ricorrente al fatto, e segnatamente alla determinazione e istigazione dell'abuso costrittivo posto in essere dal T., la sentenza (v. pg. 18 e ss.) dà conto del personale interesse mostrato dal B. all'esito del concorso al quale partecipava il figlio e della sua consapevolezza dell'ostacolo costituito dalla posizione del P., della sua richiesta, accolta, di intervento al T. sul predetto candidato di cui era mentore (v. captazione del (OMISSIS) tra il B. ed Ri.Sa. "ora quello mi ha detto che lo risolve...però lo ogni volta che gli chiedo una cosa, lui mi fa un prezzo terribile, quello stronzo"; "comunque ora può darsi che...viceversa, questo dovrebbe convincere il candidato, può darsi che il candidato...si convinca..che se non si convince troviamo una soluzione diversa..."), della prospettata alternativa necessità di intervenire sulla componente della commissione Te. ("messa da loro" in commissione come "una delle nostre") tramite il N. che soltanto poteva convincerla a tornare sui suoi passi, fino alla informazione "in tempo reale" data al B. della mancata presentazione del P. dalla prova orale.


Le censure al riguardo mosse dal ricorrente non inficiano la tenuta logica e giuridica del ragionamento del Giudice di merito, sostanziando una critica della valutazione probatoria in ordine al collegamento della iniziativa di T. con la richiesta a lui fatta dal B. sostenuta da una interpretazione alternativa che non può trovare accesso in sede di legittimità. In particolare, quanto al motivo al riguardo mosso in appello (v. pg. 2 e sg. dell'atto) - che per escludere il collegamento tra il B. e la condotta del T. aveva fatto leva sulla assoluzione dal reato di corruzione di cui al capo D) ascritto ad entrambi - alcuna violazione dell'obbligo di motivazione è riscontrabile nella sentenza impugnata, considerata la sua genericità rispetto alle ragioni che avevano sostanziato l'affermazione di responsabilità da parte della prima decisione. Invero, la Corte di merito ha risposto alla dedotta mancanza di collegamento secondo la ineccepibile motivazione richiamata che dà conto delle ragioni della partecipazione del B. alla condotta del T. e la giustificazione non può essere inficiata dalla considerazione dell'esito della vicenda sub D) che attesterebbe il movente, ovvero la motivazione che induce il soggetto agente a perseguire come fine della condotta la realizzazione del reato, irrilevante ai fini della sussistenza della fattispecie (cfr. Sez. 6, n. 13331 del 18/10/1999, Selvini, Rv. 215277).


3.2. Il quarto motivo ed il motivo aggiunto in ordine alla affermazione di responsabilità per i reati di cui ai capi F) e G) sono genericamente proposti per ragioni in fatto, quando non manifestamente infondati, rispetto alla incensurabile valutazione espressa dalla sentenza impugnata.


Questa ha fondato la responsabilità dell'imputato ricorrente sulla base dell'accertata determinazione da parte dello stesso - indicando, per ragioni personali, soggetti a lui vicini - della lista di sei professori dai quali dovevano essere estratti i tre destinati a comporre la commissione di concorso al quale partecipava il figlio e quella da lui direttamente presieduta; lista così proposta dalla A., delegata dal Rettore, al Senato accademico (v. pg. 28 e sg.). La Corte ha rigettato la prospettazione difensiva della fisiologica interlocuzione del B. in tale momento decisionale per normali pareri da lui dati alla delegata del Rettore in ordine alla selezione dei soggetti chiamati a comporre le commissioni, rimarcando la necessità di una procedura che garantisse la imparzialità della commissione che doveva essere formata, i cui componenti dovevano essere sottratti alle influenze dei docenti interessati a sponsorizzare per un determinato posto questo o quel soggetto (v. pg. 30 della sentenza impugnata).


Ritiene il Collegio che la interferenza del B. e le sue illecite ragioni sono giustamente ritenute dalla sentenza provate "ai limiti dell'evidenza" dalle intercettazioni considerate risultando conclamata - al di là dei profili regolamentari ed escludendosi l'incidenza della novella dell'art. 323 c.p. intervenuta con il D.L. 16 luglio 2020, n. 76, art. 23 conv. in L. 11 settembre 2020, n. 120 - la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35 che impone la trasparenza e la imparzialità della procedura di assunzione nelle amministrazioni pubbliche, segnatamente, attraverso l'adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, quali senz'altro quelli riguardanti la formazione delle commissioni di concorso, a fronte dell'obiettivo perseguito dal B., ed avallato dalla A., di controllare attraverso l'indicazione di soggetti "fidati" - lo svolgimento dei concorsi e determinarne l'esito.


3.3. Il quinto motivo sul trattamento sanzionatorio è generico ed in fatto rispetto al corretto esercizio dei poteri discrezionali demandati al Giudice di merito che ha escluso le attenuanti ex art. 62-bis c.p., correttamente valutando dirimente la intrinseca estrema gravità dei fatti per i quali è stata riconosciuta la responsabilità ed escludendo la ricorrenza di elementi positivi che potessero essere presi in considerazione. Del pari incensurabile è la determinazione della pena commisurata oltre il minimo edittale considerando la estrema gravità dei fatti e la loro natura tutt'altro che occasionale, piuttosto indice di un modo criminale di intendere l'esercizio della funzione pubblica facendosi padroni della istituzione universitaria nell'ambito della quale collocare soggetti a proprio piacimento.


4. Il ricorso di T.G..


Quanto al primo motivo deve rinviarsi a quanto già detto in relazione al primo, secondo e terzo motivo del precedente coimputato ricorrente, non potendo trovare ingresso le generiche considerazioni in fatto espresse a riguardo nella memoria difensiva in quanto volte ad una rivalutazione della prova captativa - ed a prescindere da quella dichiarativa proveniente dal P. - che non può trovare accesso in sede di legittimità secondo il consolidato orientamento per il quale in materia di intercettazioni telefoniche costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea e altri, Rv. 268389), non valendo, per consentirne la delibazione in questa sede, l'asserito palese contrasto della interpretazione con il testo della captazione, in realtà espressione di una diversa prospettazione del significato della medesima captazione. Come pure non possono trovare accesso in questa sede le considerazioni svolte nella medesima memoria in ordine al collegamento tra la condotta concussiva addebitata al T. e la rinuncia al concorso da parte del P., sulla base del tutto generico assunto in fatto riguardante la pertinente captazione di cui al prog. 590 che il B. avesse deciso di intervenire il (OMISSIS). Infine, del tutto generiche si palesano - rispetto a quanto già detto sulla posizione poziore assunta dal P. nell'ambito concorsuale, come tale percepita dallo stesso B. e dal Ri. - le astratte considerazioni sulla assegnazione dei punteggi e sulla preminenza della seconda fase della valutazione concorsuale.


4.1. Il secondo motivo è manifestamente infondato, quando non proposto per ragioni di fatto alle quali la Corte di appello ha risposto senza incorrere in vizi logici e giuridici.


Incensurabili sono le ragioni del rigetto da parte della Corte di appello della prospettazione difensiva che, facendo leva su una sostanziale posizione di correità del P., induceva la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alla p.g. il (OMISSIS). La Corte di appello, da un lato, rileva che le predette dichiarazioni sono state acquisite alla udienza del 28 maggio 2014 con il consenso di tutte le parti, circostanza che sana ogni possibile vizio; dall'altro, osserva che correttamente il P. è stato sentito quale persona informata sui fatti, non essendo emerso nè prima nè dopo la sua audizione alcun elemento indiziante a suo carico e che l'aver acceduto ai "consigli" datigli dal T. non vale a trasformare il P. da vittima a correo di un reato che di fatto non è stato mai commesso (l'ipotetico abuso di ufficio relativo al secondo concorso) e, tantomeno - come oggi prospetta paradossalmente il ricorrente - per aver favorito B.C..


Quanto al giudizio sulla attendibilità del P. ed ai riscontri alle sue dichiarazioni le censure sono generiche ed in fatto rispetto alla motivazione espressa dalla Corte di merito che ha valutato le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari acquisite e quelle rese in dibattimento in uno alle captazioni sopra già indicate giungendo - senza incorrere in vizi logici e giuridici - alla attendibilità della versione resa dal P. sulla sua rinuncia al concorso determinata dalle pressioni ricevute dal T. (v. pg. 26 della sentenza impugnata), secondo quanto già esposto in relazione al ricorso proposto dal B..


4.2. Quanto al terzo motivo ed alle pertinenti deduzioni della memoria depositata sulla mancata derubricazione della condotta deve farsi rinvio a quanto già detto in relazione alla ineccepibile qualificazione concussoria della condotta sub C) in relazione al precedente ricorso.


Il quarto motivo costituisce censura generica all'esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito che, senza incorrere in vizi logici e giuridici, non ha concesso le attenuanti generiche sulla base della intrinseca estrema gravità dei fatti ed al danno arrecato alle legittime aspettative della parte offesa, mancando elementi positivi che potessero essere presi in considerazione a favore dell'imputato ricorrente, correttamente essendo stata ritenuta non incidente la sua incensuratezza. Quanto alla determinazione della pena incensurabile è la valutazione della gravità del fatto, palesandosi non occasionale emergenza di un modo criminale di intendere la funzione pubblica arrogandosi il potere di collocare in ambito universitario i vari soggetti a proprio piacimento senza tener conto delle loro capacità.


Ineccepibile è poi la considerazione a carico del ricorrente, per avallare la risposta sanzionatoria del primo giudice, della captazione in cui egli risulta aver brigato per ottenere un posto di ordinario per la moglie, posto che - come annota correttamente la Corte di merito - la sua assoluzione è stata giustificata solo in ragione della mancata prova della conclusione di un accordo al riguardo, essenziale per la configurazione della fattispecie contestata.


5. Il ricorso di A.M.C. è inammissibile.


5.1. Quanto al primo e secondo motivo deve rinviarsi a quanto già detto in relazione al ricorso del B. a proposito dei reati di cui ai capi F) e G), evidenziandosi - quanto alla dedotta violazione dell'art. 49 c.p. - che la censura è stata del tutto genericamente posta in appello - facendo leva su una mera ipotesi del possibile discostamento dalla rosa dei professori proposta da parte del Senato Accademico - a fronte della accertata composizione delle commissioni dei due concorsi secondo le precise indicazioni del B..


5.2. Il terzo motivo è manifestamente infondato riguardando questione di fatto non specificamente proposta in appello che, come si rileva dal relativo quarto motivo, si è limitato a dedurre genericamente sia l'insussistenza del danno per la spontanea decisione del P. di presentarsi al concorso, sia la sproporzione di quello liquidato e secondo orientamento consolidato il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili per genericità o per manifesta infondatezza (Sez. 3, n. 53710 del 23/02/2016, C., Rv. 268705).


6. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.


7. Devono essere disposti gli adempimenti di cancelleria di cui all'art. 154-ter disp. att. c.p.p..


P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre B.G., A.M.C. e T.G., in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile P.S. in questa fase che si liquidano in Euro 4.500 complessive, oltre spese generali, nella misura del 15%, IVA e CPA. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 154-ter disp. att. c.p.p..


Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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