top of page

I rapporti tra processo civile e processo penale: Le Sezioni Unite Cremonini

di Paola Proto Pisani

Pena illegale di favore e giudizio di appello: La Sezioni Unite Acquistapace

I RAPPORTI TRA PROCESSO PENALE PROCESSO CIVILE: LE SEZIONI UNITE CREMONINI E L’INDIVIDUAZIONE DEL GIUDICE DEL RINVIO IN CASO DI ANNULLAMENTO AI SOLI EFFETTI CIVILI; LA SENTENZA N. 182 DEL 2021 DELLA CORTE COSTITUZIONALE E LE REGOLE APPLICABILI NEL CASO DI CUI ALL’ART. 578 COD. PROC. PEN.


Indice:

1. I contrasti risolti dalle Sezioni unite con la sentenza Cremonini

Nell’anno in rassegna si registra un importante intervento delle Sezioni unite penali della Corte in tema di rapporti tra processo civile e processo penale.

Con la sentenza Cremonini (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228) le Sezioni Unite hanno risolto non soltanto il contrasto, insorto tra le sezioni semplici della Corte di cassazione penale, in ordine all’individuazione del giudice (civile o penale) del rinvio, in conseguenza dell’ annullamento ai fini civili della sentenza impugnata, irrevocabile agli effetti penali, ma anche un precedente contrasto di fatto apertosi tra le sezioni penali e quelle civili della Corte di cassazione in ordine alle regole applicabili al giudizio di rinvio innanzi al «giudice civile competente per valore in grado d’appello» ex art. 622 cod. proc. pen.


1.1. Il contrasto tra le sezioni civili e quelle penali della Corte attinente all’individuazione delle regole applicabili nel giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., e alla configurabilità o meno del potere della Corte di cassazione, nella sua articolazione penale, di porre vincoli al giudice civile del rinvio, con la sentenza di annullamento con rinvio a fini civili.

In epoca precedente all’insorgenza del contrasto, nell’ambito delle sezioni semplici della articolazione penale della Corte, in ordine all’individuazione del giudice (civile o penale) del rinvio, in caso di annullamento ai soli effetti civili, della sentenza penale si era, infatti, registrato un contrasto tra le sezioni civili e quelle penali della Corte attinente all’individuazione delle regole applicabili nel giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., e alla configurabilità o meno del potere della Corte di cassazione, nella sua articolazione penale, di porre vincoli al giudice civile del rinvio, con la sentenza di annullamento con rinvio a fini civili.

Alcune sentenze penali della Corte - presupponendo, verosimilmente, una configurazione del giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. come fase rescissoria dell’impugnazione definita con l’annullamento delle statuizioni civili della sentenza penale o con l’accoglimento dell’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento - avevano ritenuto che nel giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., il giudice civile fosse tenuto a valutare la sussistenza della responsabilità secondo i parametri e le regole probatorie del giudizio penale, e non facendo applicazione delle regole proprie del giudizio civile (Sez. 4 , n. 412 del 16/11/2018 -dep. 2019-, De Santis, Rv. 274831; Sez.4, n. 5898 del 17/01/2019, Borsi, Rv. 275266; Sez. 4 , n. 5901 del 18/01/2019, Oliva, Rv. 275122; Sez 4, n. 43896 del 8/02/2018, Luvaro, 274223-02; Sez. 4, n. 45786 dell’11/10/2016, Assaiante, Rv. 268517; Sez. 4, n. 34878 dell’8/06/ 2017, Soriano, Rv. 271065; Sez. 4, n. 27045 del 04/02/2016, Di Flaviano, Rv. 267730; Sez. 4, n. 11193, del 10/02/2015, Cortesi, Rv. 262708).

Inoltre, tali pronunce, nel disporre l’annullamento agli effetti civili, con rinvio al giudice civile, avevano enunciato il principio di diritto cui quest’ultimo avrebbe dovuto uniformarsi nella prosecuzione, in sede civile, del giudizio; statuendo, in alcuni casi, che il giudice civile accertasse la sussistenza del nesso causale secondo il criterio penalistico dell’«alto o elevato grado di credibilità razionale» in luogo di quello civilistico del «più probabile che non», (Sez. 4, n. 11193, del 10/02/2015, Cortesi, Rv. 262708; Sez. 4, n. 27045 del 04/02/2016, Di Flaviano, Rv. 267730; Sez.4, n. 5898 del 17/01/2019, Borsi, Rv. 275266; Sez. 4 , n. 5901 del 18/01/2019, Oliva, Rv. 275122); in altri casi che il giudice civile, attenendosi ai principî affermati dalla corte di Strasburgo e dalle Sezioni Unite, “Patalano” (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269787) e “Dasgupta” (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489), dovesse procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa (Sez. 4, n. 45786 dell’11/10/2016, Assaiante, Rv. 268517; Sez. 4, n. 34878 dell’8/06/ 2017, Soriano, Rv. 271065); in altri ancora che nel giudizio civile di rinvio non fosse utilizzabile la «prova inutilizzabile nel processo penale, perché assunta in violazione di un espresso divieto probatorio» (Sez 4, n. 43896 del 8/02/2018, Luvaro, 274223-02); ed infine che anche nel giudizio civile di rinvio fossero applicabili gli artt. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 e 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (Sez. 4 , n. 412 del 16/11/2018 - dep. 2019-, De Santis, Rv. 274831).

A tali interventi dell’articolazione penale della Corte avevano “reagito” una serie di sentenze della Terza sezione civile - pronunciatesi su ricorsi avverso sentenze del giudice civile competente per valore in grado d’appello al quale la Corte di cassazione penale aveva rinviato il giudizio a seguito di annullamento ai fini civili - che, configurando il giudizio “di rinvio” ex art. 622 cod. proc. pen. come autonomo da quello svoltosi in sede penale (ed escludendo che costituisse la fase rescissoria dell’impugnazione svoltasi davanti all’articolazione penale della Corte di cassazione), avevano affermato l’applicabilità in esso delle regole processuali civili, anche probatorie e di giudizio, ed escluso che la Corte di cassazione penale, in sede di annullamento con rinvio ai sensi della disposizione citata, avesse il potere di stabilire quali fossero le regole e le forme da applicare davanti al giudice civile del rinvio, con conseguente inefficacia dell’eventuale principio di diritto enunciato (Sez. 3, n. 517 del 15/01/2020, Rv. 656811; Sez. 3, n. 25918 del 15/10/2019, Rv. 655377; Sez. 3, n. 25917 del 15/10/2019, Rv. 655376; Sez. 3, n. 22729 del 12/09/2019, Rv. 655473; Sez. 3, n. 22520 del 10/09/2019, non mass.; Sez. 3, n. 22519 del 10/09/2019, non mass.; Sez. 3, n. 16916 del 25/06/2019, Rv. 654433; Sez. 3, n. 15859 del 12/06/2019, Rv. 654290).

Richiamando la diversa funzione svolta dalla responsabilità civile rispetto alla responsabilità penale, che comporta la necessaria diversità delle regole applicabili, e i principi della parità e originarietà dei diversi ordini giurisdizionali, della separazione e dell’autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale, la Terza sezione civile della Corte aveva ritenuto che con l’irrevocabilità della sentenza agli effetti penali venisse meno la giustificazione delle deroghe, previste dal codice di procedura penale, alle modalità di istruzione e accertamento dell’azione civile esercitata nel processo penale, ragionevoli, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, solo se e in quanto dipendenti dalle finalità tipiche del processo penale.

La giustificazione di tali deroghe è, infatti, individuata nel necessario collegamento, stabilito dall’art. 538 cod. proc. pen., tra la decisione sulla domanda della parte civile e la condanna dell’imputato e, in fase di impugnazione, nel potenziale persistere del conflitto sui capi penali, o nella circostanza che si tratta di una «decisione comunque emessa da un giudice penale, su un’impugnazione proposta avverso una sentenza penale e nel corso di un processo penale».

Con il passaggio in giudicato della sentenza penale, secondo tali pronunce, venendo meno le ragioni che avevano originariamente giustificato il sacrificio dell’azione civile alle ragioni dell’accertamento penale, si realizza «la definitiva scissione tra le materie sottoposte a giudizio, mediante la restituzione dell’azione civile - con il giudizio di ‘rinvio’, che più opportunamente andrebbe definito di rimessione - all’organo giudiziario cui essa appartiene naturalmente”, e viene “rimessa in discussione la res in iudicium deducta, nella specie costituita da una situazione soggettiva ed oggettiva del tutto autonoma (il fatto illecito) rispetto a quella posta a fondamento della doverosa comminatoria della sanzione penale (il reato)». Si era così aperto un contrasto tra le sezioni civili e quelle penali della Corte attinente non soltanto all’individuazione delle regole (di giudizio e probatorie, civili o penali) applicabili nel giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., ma, altresì, alla configurabilità o meno del potere della Corte di cassazione, nella sua articolazione penale, di formulare principi di diritto o comunque porre vincoli al giudice civile del rinvio, con la sentenza di annullamento con rinvio a fini civili.


1.2. Il contrasto, insorto tra le sezioni semplici della Corte di cassazione penale, in ordine all’individuazione del giudice (civile o penale) del rinvio, in conseguenza dell’annullamento ai fini civili della sentenza impugnata.

In tale situazione, una parte della giurisprudenza penale di legittimità - in linea di continuità con il dictum delle Sezioni Unite, “Sciortino” (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087) - aveva continuato a ritenere applicabile l’art. 622 cod. proc. pen. anche nei casi in cui il processo penale non si fosse concluso con un definitivo accertamento della responsabilità dell’imputato; smettendo, però, di enunciare, nella sentenza di annullamento, principi di diritto, e/o di porre esplicitamente vincoli implicanti l’applicazione da parte del giudice civile del rinvio delle regole probatorie o di giudizio penali (Sez. 4 n. 13869 del 05/02/2020, Sassi, Rv. 278761; Sez. 1 n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943; Sez. 5, n. 28848 del 21.09.2020, D’Alessandro, Rv. 279599: tutte di annullamento per vizio di motivazione relativamente alla responsabilità, in punto di nesso causale; Sez. 5, n. 16988 del 18/02/2020, Novella, non mass; Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, G., Rv. 279598; Sez. 5, n. 27565 del 21.09 2020, Piccoli, non mass.: tutte di annullamento per mancata rinnovazione di prova dichiarativa decisiva).

Un contrapposto orientamento della giurisprudenza penale di legittimità aveva, invece, iniziato a sviluppare un’interpretazione restrittiva dell’art. 622 cod. proc. pen., che ne escludeva l’applicabilità nel caso in cui nel processo penale non fosse stato definitivamente compiuto, anche agli effetti civili, l’accertamento relativo all’an della responsabilità, stante l’esigenza dell’applicazione delle regole processuali penali, nel prosieguo del giudizio, avente ad oggetto l’an del diritto al risarcimento del danno esercitato nel processo penale, avendo l’imputato improntato la sua strategia difensiva, anche in relazione all’azione civile esercitata nel processo penale, secondo lo statuto processuale penale, e la presa d’atto che, dopo l’intervento delle pronunce della Terza Sezione civile sopra citate, tali regole non erano applicabili nel giudizio di rinvio innanzi al giudice civile ex art. 622 cod. proc. pen. Nella giurisprudenza di legittimità si erano, pertanto, iniziati a registrare dei casi di annullamento dei capi civili della sentenza penale nei quali, nonostante l’irrevocabilità della sentenza agli effetti penali, la Corte disponeva il rinvio davanti al giudice penale (Sez. 6, n. 28215 del 25.09.2020, V., Rv. 279574; Sez. 4, n. 11958 del 13/02/2020, Vianello, Rv. 278746; Sez. 4, n. 12174 del 25/02/2020, Piali, non. mass.; Sez. 2, n. 9542 del 19/02/2020, G., Rv. 278589; Sez. 3, n. 142299 del 9/01/2020, H., Rv. 278762: tutte relative ad ipotesi di annullamento per la mancata rinnovazione della prova dichiarativa; Sez. 2, n. 8935 del 21/01/2020, Pulcrano, Rv. 278588, relativa ad un caso di annullamento della sentenza impugnata in ragione dell’illegittima dichiarazione dell’inammissibilità dell’impugnazione avverso la condanna di primo grado; Sez. 4 n. 2242 del 22/10/2019 – dep. 2020 –, D., Rv 278029: relativa all’annullamento ai soli effetti civili nei confronti di un imputato e annullamento con rinvio anche agli effetti penali nei confronti del coimputato rinunziante alla prescrizione) o annullava senza rinvio (Sez. 6, n. 31921 del 06/06/2019, De Angelis, Rv. 277285; Sez. 2 , n. 1818 2 del 06/02/2020, S., Rv. 279431).

2. I principi affermati dalle Sezioni unite

Con la sentenza “Cremonini” le Sezioni unite penali – dopo aver risolto positivamente, in forza del principio del giusto processo, di cui il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio costituisce un corollario, la questione circa la configurabilità dell’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel caso in cui il giudice d’appello riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa - hanno espressamente enunciato, ai sensi dell’art. 173, comma 3, disp. att. cod. proc. pen., il principio di diritto secondo cui «in caso di annullamento ai soli effetti civili, da parte della Corte di Cassazione, per la mancata rinnovazione in appello di prova dichiarativa ritenuta decisiva, della sentenza che in accoglimento dell’appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l’imputato al risarcimento del danno, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello», così risolvendo il contrasto che si era aperto nella giurisprudenza penale della Corte in ordine all›individuazione del giudice del rinvio in tale specifica ipotesi.

Tuttavia, la sentenza esprime principi di portata più generale, in quanto le Sezioni unite sono addivenute alla decisione ripudiando l’interpretazione restrittiva dell’art. 622 cod. proc. pen., espressa da uno degli orientamenti in contrasto, ed hanno affermato che la norma «si riferisce senza eccezione ai casi di annullamento di capi o disposizioni riguardanti la responsabilità civile», ritenendo che la formulazione del suo incipit («fermi gli effetti penali della sentenza») stia a significare «che tutto ciò che riguarda il versante penale del fatto non può più essere posto in discussione» e ravvisando la ratio dell›art. 622 cod. proc. pen. «in linea con la richiamata autonomia e separatezza dell’azione civile, nella volontà di escludere la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale una volta che siano definitive le statuizioni di carattere penale». Le Sezioni unite hanno così dato un’interpretazione della disposizione di cui all’art. 622 cod. proc. pen. che la rende applicabile in tutti i casi di annullamento agli effetti civili di una sentenza divenuta irrevocabile agli effetti penali, anche se nel processo penale non sia stato definitivamente compiuto l’accertamento relativo all’an della responsabilità, e anche ove l’annullamento dipenda da vizi della sentenza impugnata diversi quello derivante dall’omessa rinnovazione di una prova dichiarativa decisiva.

Le Sezioni unite penali ritengono, infatti, che «la definitività e l’intangibilità della decisione adottata in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, determinate dalla pronuncia con cui la Corte di cassazione annulla le sole disposizioni o i soli capi che riguardano l’azione civile (promossa in seno al processo penale), ovvero accoglie il ricorso della parte civile avverso il proscioglimento dell’imputato, provoca il definitivo dissolvimento delle ragioni che avevano originariamente giustificato, a seguito della costituzione della parte civile nel procedimento penale, le deroghe alle modalità di istruzione e di giudizio dell’azione civile, imponendone i condizionamenti del processo penale, funzionali alle esigenze di speditezza del procedimento.

Con l’esaurimento della fase penale, essendo ormai intervenuto un giudicato agli effetti penali ed essendo venuta meno la ragione stessa dell’attrazione dell’illecito civile nell’ambito della competenza del giudice penale, risulta coerente con l’assetto normativo interdisciplinare sopra descritto che la domanda risarcitoria venga esaminata secondo le regole dell’illecito aquiliano, dirette alla individuazione del soggetto responsabile ai fini civili su cui far gravare le conseguenze risarcitorie del danno verificatosi nella sfera della vittima».

D’altra parte, nell’ambito dell’interpretazione della disposizione di cui all’art. 622 cod. proc. pen., le Sezioni unite penali, aderendo alla tesi espressa dalle citate sentenze della Terza Sezione civile circa l’autonomia, strutturale e funzionale, del giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., hanno espressamente escluso la configurabilità del potere della articolazione penale della Corte di enunciare, nella sentenza di annullamento, principi di diritto vincolanti per il giudice del rinvio, così determinando il superamento del contrasto che si era aperto tra una parte della giurisprudenza penale e quella civile di legittimità.


3. La sentenza n. 182 del 2021 della Corte costituzionale in tema di rapporti tra azione civile esercitata nel processo penale e poteri cognitivi del giudice penale

Dopo il deposito della sentenza “Cremonini” è intervenuta un’importante pronuncia della Consulta in tema di rapporti tra azione civile esercitata nel processo penale e poteri cognitivi del giudice penale. Con la sentenza n. 182 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 578 cod. proc. pen. sollevate per contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 11 Cost. in relazione al principio della presunzione di innocenza operante nell’ambito dell’ordinamento sia convenzionale (art. 6, paragrafo 2, CEDU), sia europeo (art. 48 CDFUE, unitamente agli artt. 3 e 4 della direttiva 2016/343/ UE), il quale vieta che la persona, accusata di aver commesso un reato e sottoposta ad un procedimento penale conclusosi con proscioglimento (in rito o in merito), possa poi essere trattata dalle pubbliche autorità come se fosse colpevole del reato precedentemente contestatole.

La questione era stata sollevata avuto riguardo al “diritto vivente” risultante, tra l’altro, dalle sentenze delle Sezioni Unite “Tettamanti” (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), “Sciortino” (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087) e “Milanesi” (Sez. U, n. 6141 del 25/10/2018 - dep. 2019 -, Milanesi, Rv. 274627) secondo cui il giudice penale, allorquando riscontrando una causa estintiva del reato, confermi le statuizioni civili della sentenza di primo grado, accerta, sia pure incidentalmente, la responsabilità penale dell’imputato.

3.1. Dopo avere ribadito che, nel sistema risultante dal codice di rito vigente, l’assetto delle relazioni tra processo civile e processo penale è informato ai principi dell’autonomia e della separazione (a differenza di quello delineato dal codice del 1930 improntato ai principi di unitarietà della funzione giurisdizionale e di preminenza della giurisdizione penale), non trovando più applicazione la regola della cosiddetta pregiudizialità penale né quella dell’efficacia preclusiva della sentenza penale di assoluzione del giudizio civile di danno, il Giudice delle Leggi ha rilevato che, allorquando la domanda risarcitoria venga proposta con la costituzione di parte civile nel processo penale, i rapporti tra azione civile e poteri cognitivi del giudice penale continuano ad essere informati, anche nel sistema accolto nel codice vigente, al principio dell’“accessorietà” dell’azione civile rispetto a quella penale.

Tale principio di accessorietà - che ha fondamento nelle «esigenze, di interesse pubblico, connesse all’accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi», e quale naturale implicazione quella per cui l›azione civile, ove esercitata all›interno del processo penale, «è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura» di questo processo - trova la sua principale espressione nella regola di cui all›art. 538 cod. proc. pen., secondo la quale il giudice penale «decide» sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta con la costituzione di parte civile, «quando pronuncia sentenza di condanna», mentre se emette sentenza di proscioglimento, tanto in rito quanto nel merito, non deve provvedere sulla domanda civile. Questa regola generale subisce delle deroghe nei gradi di impugnazione, a tutela del diritto di azione della parte civile perché norme particolari (artt. 576, 578 e 622 cod. proc. pen.) attribuiscono al giudice del gravame o al giudice del rinvio in seguito ad annullamento, il potere-dovere di provvedere sulla domanda civile, pur in presenza di una pronuncia di proscioglimento e quindi in assenza dell’accertamento della responsabilità penale. In particolare, in ordine all’art. 576 cod. proc. pen. la Corte costituzionale richiama la propria precedente sentenza n. 176 del 2019 con la quale è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale di tale norma, con riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui prevede che la parte civile debba proporre l’impugnazione ai soli effetti civili della sentenza di proscioglimento davanti al giudice penale anziché al giudice civile, ribadendo che «l’attribuzione alla parte civile della facoltà di impugnare, ai soli effetti civili, la sentenza di proscioglimento davanti al giudice penale non è irragionevole, avuto riguardo, sotto il profilo formale, alla circostanza che, “essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata da un giudice penale con il rispetto delle regole processualpenalistiche, anche il giudizio d’appello è devoluto a un giudice penale (quello dell’impugnazione) secondo le norme dello stesso codice di rito”; e, tenuto conto, sotto il profilo sostanziale, del rilievo che tale giudice, “lungi dall’essere distolto da quella che è la finalità tipica e coessenziale dell’esercizio della sua giurisdizione penale, è innanzi tutto chiamato proprio a riesaminare il profilo della responsabilità penale dell’imputato, confermando o riformando, seppur solo agli effetti civili, la sentenza di proscioglimento pronunciata in primo grado”». Quanto all’art. 578 cod. proc. pen. la Consulta rileva che la norma «mira a soddisfare un’analoga esigenza di tutela della parte civile; quella che, quando il processo penale ha superato il primo grado ed è nella fase dell’impugnazione, una risposta di giustizia sia assicurata, in quella stessa sede, alle pretese risarcitorie o restitutorie della parte civile anche quando non possa più esserci un accertamento della responsabilità penale dell’imputato ove questa risulti riconosciuta in una sentenza di condanna, impugnata e destinata ad essere riformata o annullata per essere, nelle more, estinto il reato per prescrizione». Con tale norma «il legislatore ha voluto evitare che cause estintive del reato, indipendenti dalla volontà delle parti, possano frustrare il diritto al risarcimento e alla restituzione in favore della persona danneggiata dal reato, qualora sia già intervenuta sentenza di condanna, oggetto di impugnazione; finalità questa che si coniuga alla necessità di salvaguardare evidenti esigenze di economia processuale e di non dispersione dell’attività di giurisdizione». Infine, rileva che, secondo quanto previsto dall’art. 622 cod. proc. pen., «nel giudizio di cassazione, se gli effetti penali della sentenza di merito sono ormai cristallizzati per essersi formato il giudicato sui relativi capi, la cognizione sulla pretesa risarcitoria e restitutoria si scinde dalla statuizione sulla responsabilità penale e viene compiuta, in sede rescindente, dal giudice di legittimità e, in sede rescissoria, dal giudice civile di merito competente per valore in grado di appello, all’esito di rinvio». Tale norma, in ossequio all’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, è applicabile non solo ai casi in cui la responsabilità penale sia stata definitivamente accertata con esito positivo e l’annullamento disposto solo per le statuizioni civili censurate dall’imputato ai sensi dell’art. 574 cod. proc. pen., ma anche ai casi di annullamento delle statuizioni civili rese dal giudice di appello all’esito dell’applicazione dell’art. 576 e dell’art. 578 cod. proc. pen.; inoltre, il rinvio al giudice civile, a seguito dell’annullamento delle statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata per cassazione, va disposto non solo allorché il giudizio assuma carattere meramente “prosecutorio”, ma anche quando assuma carattere “restitutorio”. D’altra parte le Sezioni unite penali hanno statuito che nel giudizio rescissorio di “rinvio” dinanzi al giudice civile, avente in realtà natura di autonomo giudizio civile (non vincolato dal principio di diritto eventualmente enunciato dal giudice penale di legittimità in sede rescindente), trovano applicazione le regole processuali e probatorie proprie del processo civile e che l’accertamento richiesto al giudice del “rinvio” ha ad oggetto gli elementi costitutivi dell’illecito civile, prescindendosi da ogni apprezzamento, sia pure incidentale, sulla responsabilità penale dell’imputato. 3.2. Svolta tale premessa, la Consulta, entrando nel merito della questione, rileva che viene in gioco la tutela della presunzione di innocenza al di fuori e dopo la conclusione del processo penale, allorquando penda un altro procedimento - legato a quello penale, conclusosi con l’assoluzione o con l’interruzione - all’esito del quale una pubblica autorità è chiamata ad assumere un nuovo provvedimento nei confronti della stessa persona. Tale aspetto della presunzione di innocenza, che travalica la portata di garanzia endoprocessuale, secondo l’interpretazione data dalla Corte di Strasburgo - in fattispecie in cui, concluso il procedimento penale con un proscioglimento in merito (assoluzione) o in rito (interruzione), era residuata la necessità di provvedere sulla domanda civile di risarcimento del danno proposta nei confronti dell’imputato - comporta «una limitazione ai poteri cognitivi e dichiarativi dell’autorità investita del nuovo procedimento non avente natura penale.

Questa autorità, infatti, non può emettere provvedimenti che presuppongano un giudizio di colpevolezza o che siano fondati su un nuovo apprezzamento della responsabilità penale della persona in ordine al reato precedentemente contestatole (ancora Corte EDU, sentenze Allen contro Regno Unito e Pasquini contro Repubblica di San Marino)».

La Corte europea ha altresì sottolineato che l’applicazione del diritto alla presunzione di innocenza in favore dell’imputato, che tutela anche la reputazione della persona, non deve ridondare a danno del diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento del pregiudizio cagionatogli dal reato, ammonendo, tuttavia, «se la decisione nazionale sul risarcimento dovesse contenere una dichiarazione che imputa la responsabilità penale alla parte convenuta, ciò solleverebbe una questione che rientra nell’ambito dell’articolo 6 [paragrafo] 2 della Convenzione» (Corte EDU, Pasquini contro Repubblica di San Marino).

In quest’ultima pronuncia la ritenuta violazione dell’art. 6, paragrafo 2, CEDU è stata affermata in una fattispecie in cui nel giudizio di appello nei confronti di un imputato condannato in primo grado per appropriazione indebita, con risarcimento del danno in favore della parte civile, il giudice, dopo aver dichiarato non doversi procedere per prescrizione del reato, nel provvedere sull’impugnazione ai soli effetti civili, non aveva contenuto l’accertamento nei limiti cognitivi e dichiarativi imposti dalla necessità di rispettare il diritto dell’imputato alla presunzione di innocenza, spingendosi a dichiarare, tra l’altro, sia pure al solo fine di confermare la condanna risarcitoria, che le condotte ascritte all’imputato, da ritenersi provate, integravano gli estremi del reato contestatogli. Quanto al significato e alla portata della presunzione di innocenza nell’ordinamento europeo la Consulta ha rilevato la sovrapponibilità a quelli che il medesimo principio assume nell’ordinamento convenzionale, non potendo l’ordinamento dell’Unione riconoscere una protezione che sia meno estesa (art. 52, comma 3, CDFUE), e richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia secondo cui ai fini dell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/343», occorre ispirarsi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’art. 6, paragrafo 2, CEDU (Corte di giustizia, sentenza 5 settembre 2019, in causa C-377/18).

3.3. Così ricostruita la portata della presunzione di innocenza nell’ordinamento convenzionale e in quello europeo la Consulta ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 578 cod. proc. pen., escludendo che il giudice dell’impugnazione che dichiari l’estinzione del reato per prescrizione sia chiamato a formulare, sia pure “incidenter tantum”, un giudizio di colpevolezza penale quale presupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili. Tale giudizio non viene, infatti, richiesto dal tenore testuale della disposizione censurata (art. 578 cod. proc. pen.) che, a differenza di quella immediatamente successiva (art. 578-bis cod. proc. pen.) relativa a provvedimenti aventi natura punitiva secondo la giurisprudenza di Strasburgo, non prevede il «previo accertamento della responsabilità dell’imputato». D’altra parte, la Consulta ha rilevato che tale interpretazione non trova ostacolo nel diritto vivente relativo sia ai rapporti tra l’immediata declaratoria delle cause di non punibilità e l’assoluzione per insufficienza o contraddittorietà della prova (artt. 129 e 530, comma 2, cod. proc. pen.) per come riconosciuti dalle Sezioni Unite “Tettamanti”, sia all’individuazione del giudice competente per il giudizio di rinvio in seguito a cassazione delle statuizioni civili (art. 622 cod. proc. pen. per come interpretato dalle Sezioni Unite con le sentenze “Sciortino” e “Cremonini”), sia all’impugnabilità con revisione (art. 630, comma 1, lettera c, cod. proc. pen.) della sentenza del giudice di appello di conferma della condanna risarcitoria in seguito a proscioglimento dell’imputato per prescrizione del reato, affermata dalle Sezioni Unite, “Milanesi”. Da una parte, il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite “Tettamanti” - secondo cui, in deroga alla regola generale, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando, in sede di appello, sopravvenuta l’estinzione del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili – secondo la Consulta « presuppone, per un verso, il carattere “pieno” o “integrale” della cognizione del giudice dell›impugnazione penale (il quale non può limitarsi a confermare o riformare immotivatamente le statuizioni civili emesse in primo grado, ma deve esaminare compiutamente i motivi di gravame sottopostigli, avuto riguardo al compendio probatorio e dandone poi conto in motivazione)» ma «non presuppone (né implica) che il giudice, nel conoscere della domanda civile, debba altresì formulare, esplicitamente o meno, un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato e debba effettuare un accertamento, principale o incidentale, sulla sua responsabilità penale, ben potendo contenere l’apprezzamento richiestogli entro i confini della responsabilità civile ». Dall’altra parte viene valorizzato che con la sentenza “Sciortino” è stato affermato che in conseguenza del rilievo del vizio di motivazione che infici la sentenza del giudice d’appello emessa ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. «il rinvio debba essere fatto sempre al giudice civile e non al giudice penale, in applicazione dell’art. 622 cod. proc. pen., proprio in ragione, non già del mancato accertamento incidentale della responsabilità penale dell’imputato, ma dell’omesso esame dei motivi di gravame, ove la condanna risarcitoria confermata dal giudice di appello sia fondata sul mero presupposto della “non evidente estraneità” dell’imputato ai fatti di reato contestatigli». Secondo la Consulta, quindi, la cognizione del giudice dell’impugnazione penale, ex art. 578 cod. proc. pen., è funzionale alla conferma delle statuizioni civili, attraverso il completo esame dei motivi di impugnazione volto all’accertamento dei requisiti costitutivi dell’illecito civile posto a fondamento della obbligazione risarcitoria o restitutoria. Il giudice penale dell’impugnazione è chiamato ad accertare i presupposti dell’illecito civile e nient’affatto la responsabilità penale dell’imputato, ormai prosciolto per essere il reato estinto per prescrizione. Infine, non osta a tale conclusione l’ammissibilità della revisione della sentenza di condanna al risarcimento del danno ex art. 578 cod. proc. pen. affermata dalle Sezioni unite, “Milanesi”, in quanto viene ritenuta dal Giudice delle Leggi «conseguenza dell’ibridazione delle regole processuali che rimangono quelle del rito penale anche quando nel giudizio residua soltanto una domanda civilistica in ordine alla quale si è pronunciato il giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. (in generale, sentenza n. 176 del 2019). Ma dall’applicazione delle regole di rito non può inferirsi che il giudice della revisione ex art. 630 cod. proc. pen., non diversamente dal giudice d’appello o di cassazione ex art. 578 cod. proc. pen., debba pronunciarsi sulla responsabilità penale di chi è stato definitivamente prosciolto.

La responsabilità, oggetto della cognizione del giudice, è pur sempre quella da atto illecito ex art. 2043 del codice civile». Escluso ogni ostacolo sia nel dato testuale della disposizione censurata, sia nel diritto vivente risultante dalla giurisprudenza di legittimità, la Consulta procede a un’interpretazione conforme agli indicati parametri interposti, secondo la quale il giudice dell’impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato; egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano, sulla base di un accertamento che impinge unicamente sugli elementi costitutivi dell’illecito civile, senza poter riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilità dell’imputato per il reato estinto. La differenza dell’accertamento di natura civilistica richiesto dalla disposizione censurata al giudice penale dell’impugnazione, quanto alle pretese risarcitorie e restitutorie della parte civile, rispetto all’(ormai precluso) accertamento della responsabilità penale, emerge riguardo sia al nesso causale, sia all’elemento soggettivo dell’illecito. Il giudice, in particolare, non accerta la causalità penalistica che lega la condotta (azione od omissione) all’evento in base alla regola dell’«alto grado di probabilità logica» bensì in base al criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” «che consente di ritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente provata) una determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai complessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare più probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell’ipotesi contraria».

D’altra parte, secondo la Consulta, l’autonomia dell’accertamento dell’illecito civile non è revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga dinanzi al giudice penale e sia condotto applicando le regole processuali e probatorie del processo penale (art. 573 cod. proc. pen.): «L’applicazione dello statuto della prova penale è pieno e concerne sia i mezzi di prova (sarà così ammissibile e utilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona offesa che nel processo civile sarebbe interdetta dall’art. 246 cod. proc. civ.), sia le modalità di assunzione della prova (le prove costituende saranno così assunte per cross examination ex art. 499 cod. proc. pen. e non per interrogatorio diretto del giudice), le quali ricalcheranno pedissequamente quelle da osservare nell’accertamento della responsabilità penale: ove ne ricorrano i presupposti, dunque, il giudice dell’appello penale, rilevata l’estinzione del reato, potrà – o talora dovrà – procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili (art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.)». Tale interpretazione secondo il giudice delle leggi assicura all’imputato che la sua responsabilità penale non sia più rimessa in discussione, e alla parte civile il pieno accertamento dell’obbligazione risarcitoria.

3.4. L’applicazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale in ordine alle regole applicabili all’azione civile esercitata nel processo penale allorquando nel processo di impugnazione debba essere dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione o amnistia sembra essere soggetta a termine. Infatti, la legge 27 settembre 2021 n. 134, nell’introdurre l’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, con l’art. 2, comma 2, lett. b), ha dettato una norma immediatamente precettiva che va a modificare l’art. 578 mediante l’introduzione del comma 1-bis secondo cui «Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344 bis, rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado di appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale». La medesima legge, inoltre, con l’art. 1, comma 13, lett. d) ha dettato un principio e criterio direttivo che prevede che, nell’esercizio della delega, siano disciplinati i rapporti tra tale improcedibilità e l’azione civile esercitata nel processo penale, e conseguentemente adeguata la disciplina delle impugnazioni per i soli interessi civili, assicurando una regolamentazione coerente della materia.


Indice delle sentenze citate Sentenze della Corte di cassazione – sezioni penali Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087 Sez. 4, n. 11193, del 10 /02/2015, Cortesi, Rv. 262708 Sez. 4, n. 27045 del 04/02/2016, Di Flaviano, Rv. 267730 Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489 Sez. 4, n. 45786 dell’11/10/2016, Assaiante, Rv. 268517 Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269787 Sez. 4, dell’8/06/2017, n. 34878, Soriano, Rv. 271065 Sez. 4, n. 43896 del 8/02/2018, Luvaro, 274223-02 Sez. U, n. 6141 del 25/10/2018 - dep. 2019 -, Milanesi, Rv. 274627 Sez. 4, n. 412 del 16/11/2018 -dep. 2019-, De Santis, Rv. 274831 Sez. 4, n. 5898 del 17/01/2019, Borsi, Rv. 275266 Sez. 4, n. 5901 del 18/01/2019, Oliva, Rv. 275122 Sez. 6, n. 31921 del 06/06/2019, De Angelis, Rv. 277285 Sez. 3, n. 142299 del 9/01/2020, H., Rv. 278762 Sez. 2, n. 8935 del 21/01/2020, Pulcrano, Rv. 278588 Sez. 4, n. 13869 del 05/02/2020, Sassi, Rv. 278761 Sez. 2, n. 18182 del 06/02/2020, S., Rv. 279431 Sez. 4, n. 11958 del 13/02/2020, Vianello, Rv. 278746 Sez. 5, n. 16988 del 18/02/2020, Novella Sez. 2, n. 9542 del 19/02/2020, G., Rv. 278589 Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943 Sez. 4, n. 12174 del 25/02/2020, Piali Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, G., Rv. 279598 Sez. 5, n. 27565 del 21.09 2020, Piccoli Sez. 5, n. 28848 del 21.09.2020, D’Alessandro, Rv. 279599. Sez. 6, n. 28215 del 25.09.2020, V., Rv. 279574 Sez. 4, n. 2242 del 22/10/2019 – dep. 2020 – D., Rv 278029 Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228 Sentenze della Corte di cassazione – sezioni civili Sez. 3 civ., n. 15859 del 12/06/2019, Rv. 654290 Sez. 3, n. 16916 del 25/06/2019, Rv. 654433 Sez. 3, n. 22519 del 10/09/2019 Sez. 3, n. 22520 del 10/09/2019 Sez. 3 civ., n. 22729 del 12/09/2019, Rv. 655473 Sez. 3 civ., n. 25917 del 15/10/2019, Rv. 655376 Sez. 3 civ., n. 25918 del 15/10/2019, Rv. 655377 Sez. 3, n. 517 del 15/01/2020, Rv. 656811 Sentenze della Corte costituzionale Corte cost., sent. n. 176 del 2019 Corte cost., sent. n. 182 del 2021


Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ufficio del Massimario Rassegna della giurisprudenza di legittimità Gli orientamenti delle Sezioni Penali Anno 2021 VOLUME II

Post correlati

Mostra tutti
bottom of page