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Il rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcoolimetrico

di Assunta Cocomello


La recidiva





Sommario:

 

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1. Premessa: i rapporti tra il reato di guida in stato di ebbrezza e quello di rifiuto di sottoporsi al test alcolimetrico

Dopo l’approvazione del nuovo codice della strada, con decreto legislativo del 30 aprile 1992 n. 285, e del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica del 16 dicembre 1992 n. 495, è iniziato un incessante processo di riforme delle disposizioni in esso contenute, anche in relazione agli aspetti di natura penale della disciplina.

Tale fenomeno è stato più volte criticato dalla dottrina, la quale ha posto in evidenza come lo strumento della decretazione d’urgenza, cui il legislatore ha spesso fatto compulsivamente ricorso nelle riforme del codice della strada, ponga nella materia penale delicatissimi problemi, specie di diritto transitorio e di coordinamento con altre disposizioni, tali da favorire un complessivo sistema di tutela penale in materia di sicurezza stradale, connotato da precarietà ed incertezze che mal si conciliano con i principi di legalità e tassatività vigenti in materia.

A seguito di tali modifiche legislative sono sorti non rari dubbi interpretativi sull’applicazione delle singole disposizioni, che la giurisprudenza di legittimità ha tentato, in parte, di affrontare.

Tanto, ad esempio, è innegabilmente accaduto in ordine ai rapporti tra il reato di guida in stato di ebbrezza ed il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento strumentale del tasso di alcool.

Le molteplici questioni affrontate in merito dalla giurisprudenza di legittimità, presupponevano, preliminarmente, l’analisi di due questioni interpretative di rilievo: da un lato, la struttura ontologica delle due fattispecie criminose – al fine di stabilire i rapporti tra le stesse – dall’altro le modalità dell’accertamento dello “stato di ebbrezza”, al fine di comprendere se la condotta di rifiuto escludesse, logicamente, tale condizione, ne costituisse “presunzione” o, più semplicemente, potesse “concorrere” con essa.

Sebbene la giurisprudenza di legittimità è sostanzialmente concorde sulla possibilità di un concorso materiale tra i due reati, residuano contrasti interpretativi su numerose questioni di diritto, in ordine alle quali, di recente, sono state chiamate a pronunciarsi le Sezioni unite della Suprema Corte.

Come si dirà meglio nei paragrafi che seguono, alla luce delle soluzioni ermeneutiche adottate dai giudici dal Supremo consesso nei due ricorsi ad esso rimessi nel corso del 2015, emerge l’affermazione di un’autonomia delle due fattispecie di reato in esame, fondata sulla diversità ontologica delle stesse, che non permette, nonostante la confusione generata dalle disordinate modifiche normative della materia, un’interpretazione estensiva delle disposizioni ad essi relative, neanche quando, inderogabili esigenze di sicurezza stradale, sembrerebbero imporla.

2. Le Sezioni unite sulla configurabilità dell’aggravante del procurato incidente stradale nell’ipotesi di rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso di alcool

Le Sezioni unite sono state chiamate a risolvere la seguente questione di diritto: “Se la circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2 bis cod. strada in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, sia applicabile anche al rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza di cui all’art. 186 comma 7, cod. strada” .

Su tale questione, infatti, si registrava nella giurisprudenza di legittimità un contrasto.

Una parte della giurisprudenza sosteneva la configurabilità dell’ aggravante del procurato incidente stradale anche nella ipotesi del rifiuto, sulla base della mera analisi dei rinvii normativi effettuati dalle norme di riferimento, valorizzando, in particolare, il rinvio che il comma 7 dell’art. 186 cod. strada effettua al comma 2 lett. c) che, a sua volta, è richiamato dal comma 2 bis del medesimo articolo, che ne prevede il raddoppio di pena (Sez. IV, 14 novembre 2013 n. 9318/14, Stagnare, Rv. 258215; Sez. IV, 26 settembre 2014, n. 43845, Lambiase, Rv. 260602).

Un opposto orientamento, invece, limitava la configurabilità dell’aggravante al solo reato di guida in stato di ebbrezza, escludendo la sua applicabilità all’ipotesi del mero rifiuto “in assenza di un espresso richiamo dell’ipotesi aggravata nella previsione del comma 7 dell’art.186”, circostanza che, secondo tale orientamento, non poteva, certamente, essere attribuita ad una mera svista del legislatore o ad una mancanza di coordinamento tra le disposizioni (Sez. IV, 9 maggio 2014 n. 22687, Caldarelli, Rv. 259242; Sez. IV, 10 luglio 2014 n. 51731, Crisopulli, Rv. 261568).

Tale orientamento, inoltre, a sostegno della soluzione ermeneutica prescelta, poneva in evidenza la differenza ontologica e strutturale esistente tra l’azione di “condurre un veicolo in stato di ebbrezza”, necessaria per integrare l’ipotesi di cui al comma 2 e quella del “rifiuto di sottoporsi all’accertamento di tale stato” richiesta dalla fattispecie di cui al comma 7, affermando che, solo la prima condotta integra l’elemento specializzante (guida in stato di ebbrezza) richiesto dalla circostanza aggravante del comma 2 bis, mentre tale elemento è del tutto estraneo all’ipotesi del rifiuto la quale, anzi, prevede che tale accertamento non sia avvenuto.

Tali pronunce, pertanto, affermavano l’autonomia fra le due fattispecie di reato, tra le quali non ricorre un rapporto di specialità, ma di reciproca alternatività, in conseguenza del quale è giustificato l’eventuale concorso materiale tra l’ipotesi di rifiuto di sottoporsi ad accertamenti strumentali e quella della guida in stato di ebbrezza eventualmente aliunde accertata (Sez. IV, 8 maggio 1997, n. 6355, P.M. in proc. Mela, Rv. 208222).

La risoluzione del contrasto sottoposto alle Sezioni unite, inoltre, assume notevole rilevanza pratica poiché, come noto, la contestazione dell’aggravante del procurato incidente stradale, impedisce al giudice, ai sensi dell’art. 186, comma 9 bis cod.strada, la sostituzione della pena, sia detentiva che pecuniaria, con quella del lavoro di pubblica utilità. Con la pronuncia delle Sezioni unite, del 29 ottobre 2015 n. 46625, P.M. in proc. Zucconi, Rv. 265025, la Suprema Corte, nell’aderire al secondo degli orientamenti illustrati ha affermato il principio di diritto così massimato “La circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, mediante etilometro, per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza”.

Il percorso ermeneutico seguito dalle Sezioni unite, prende le mosse da argomenti di natura sistematica e testuale, ponendo in evidenza le contestuali modifiche normative intervenute in relazione alle disposizioni regolatrici della guida in stato di ebbrezza e del rifiuto di sottoporsi al test alcoli metrico, le quali, secondo la Corte, “inducono ad escludere che il mancato esplicito riferimento del comma 7 al comma 2 bis sia il risultato di un mero difetto di coordinamento” ed anzi, dal mero tenore testuale delle medesime norme emerge, con evidenza, “la diversità ontologica tra il concetto “di conducente in stato di ebbrezza”, elemento costitutivo dell’aggravante in esame, e quello di “conducente che si rifiuti di sottoporsi all’accertamento”, che, al contrario, presuppone la mancanza di accertamento”.

In sostanza, rileva il Supremo consesso, il conducente di cui all’art. 186, comma 7 cod. strada, non è da considerarsi “conducente in stato di ebbrezza ex lege”, concetto che costituisce, invece, l’elemento costitutivo dell’aggravante de qua.

Con tale sentenza, pertanto, le Sezioni unite ribadiscono la diversità “ontologica delle due fattispecie in esame”, coerentemente con il quadro giurisprudenziale, da sempre conforme, che afferma la possibilità di configurare un eventuale concorso materiale fra queste (tra le più recenti pronunce Sez. IV, del 12/11/2014, n. 13851/2015, Fattizzo, Rv. 262870)

Ed è proprio sulla base della possibilità di un concorso materiale delle due fattispecie che le Sezioni unite forniscono una risposta anche alla maggiore delle preoccupazioni rappresentate dai sostenitori dell’opposto orientamento, relativa ad una “apertura del sistema ad improvvide logiche di premialità” nei confronti di colui che, cosciente del proprio stato di ebbrezza, reputerà più conveniente sottrarsi al relativo accertamento, in considerazione della concreta possibilità, come detto, di contestare al conducente che opponga il rifiuto, anche la diversa e concorrente ipotesi della guida in stato di ebbrezza, sulla base della presenza di eventuali elementi sintomatici che palesino, attraverso un’accurata descrizione delle circostanze fattuali, la sussistenza di tale stato.


3. Le Sezioni unite sull’applicabilità del raddoppio della durata della sanzione della sospensione della patente di guida anche all’ipotesi del rifiuto

Sempre in relazione ai rapporti tra il reato di guida in stato di ebbrezza e quello di rifiuto di sottoporsi al test alcoolimetrico, le Sezioni unite sono state, inoltre, chiamate a pronunciarsi sulla seguente questione controversa: “Se il raddoppio della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, previsto in relazione alla fattispecie di guida in stato di ebbrezza, nell’ipotesi di cui all’art. 186, comma 2 lett. c) cod. strada, quando il veicolo appartenga a persona estranea al reato, si applichi anche nel caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso di alcool di cui all’art. 186, comma 7 cod. strada, sempre che il veicolo appartenga a persona estranea al reato”.

In merito i giudici della Quarta Sezione, nel rimettere il ricorso alle Sezioni unite, avevano posto in evidenza l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale, fondato su una divergente interpretazione della natura dei rinvii effettuati, rispettivamente, dal primo e dal secondo periodo dell’art. 186, comma 7 cod. strada, al comma 2 lett. c) del medesimo articolo. In particolare, secondo un primo orientamento, il richiamo per relationem alle “pene” di cui al comma 2 lett. c), contenuto nel primo periodo del comma 7, doveva intendersi limitato alla pena principale, essendo la sanzione amministrativa disciplinata autonomamente in relazione alla fattispecie criminosa del rifiuto e al di fuori di qualsiasi rinvio alla precedente disposizione di cui al comma 2 lett. c).

Secondo tale giurisprudenza, la correttezza di tale soluzione ermeneutica emergeva dallo stesso tenore letterale della norma, in quanto, evidentemente, il rinvio contenuto nel secondo periodo del medesimo comma 7- nella parte in cui, dopo la previsione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, del relativo quantum e della confisca del veicolo, testualmente recita “con le stesse modalità e procedure previste al comma 2 lett. c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato”- si riferiva alla sola confisca e non anche alla sanzione amministrativa, considerato, tra l’altro, che non sono presenti nella norma cui viene fatto rinvio “modalità e procedure” che riguardino la sospensione della patente di guida, mentre ve ne sono in relazione alla confisca (Sez. VI, 10 luglio 2014, n. 36396, Farinelli, Rv. 263254; Sez. IV, 24 marzo 2015, n. 15184, Vaglia, Rv. 263277).

Un opposto orientamento, invece – premessa la distinzione in tema di rinvio normativo tra rinvio recettizio (o statico) e rinvio formale (o dinamico), già affrontata dalla dottrina e dalla giurisprudenza con le S.un., 28 marzo 2013, n. 26268, Cavalli, Rv. 255582 – riconosceva natura “formale”(o dinamica) ad entrambe i rinvii che il comma 7 dell’art.186 fa, rispettivamente, al primo e al secondo periodo, dell’art. 186 comma 2 lett.c).

Dalla natura formale dei rinvii deriverebbe, secondo tale giurisprudenza, che i mutamenti e le evoluzioni della norma di riferimento (comma 2, lett c) dell’art. 186) comportano inevitabilmente il mutamento della norma di rinvio (comma 7 art. 186), cosicchè il richiamo del comma 7 al comma 2 lett. c) deve intendersi riferito sia alla pena principale, sia alle “modalità e procedure” afferenti alla sospensione della patente di guida ed alla confisca del veicolo, con conseguente applicabilità del raddoppio della sanzione amministrativa accessoria della patente anche all’ipotesi di rifiuto. La natura dinamica del rinvio, infatti, comporterebbe l’applicabilità alla fattispecie del rifiuto, reintrodotta dal legislatore del 2008, anche della successiva disciplina del 2010, in materia di sospensione della patente e di confisca del veicolo nel caso in cui questo appartenga a persona estranea al reato (Sez. IV, 16 ottobre 2014, n. 46390, Bianchi, Rv. 263275).

Con la sentenza delle Sez. unite, del 29 ottobre 2015 n. 46624, Bordin, Rv. 265024, in merito al suddetto contrasto, la Suprema Corte ha affermato che “Al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, non si applica la previsione di cui all’art. 186, comma secondo, lett.c) cod. strada nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato”.

Il Supremo Collegio, premessa un’accurata analisi delle contestuali e numerose modifiche normative intervenute in relazione alle disposizioni oggetto di ricorso e della genesi dei “rinvii” in esse contenute, afferma di non condividere il percorso interpretativo affrontato dalle pronunce del secondo orientamento, con particolare riferimento alle conclusioni cui giunge la citata sentenza Bianchi sulla base di una distinzione tra rinvio recettizio e rinvio dinamico, individuando, appunto nel rinvio effettuato dall’art. 186 comma 7 al comma 2 lett c) del medesimo articolo, una natura formale (o dinamica) con conseguente adeguamento della disposizione recepita alla successiva evoluzione della norma richiamata.

“Per il reato di cui all’art. 186, comma 7 cod.strada” precisano, infatti, le Sezioni unite “non può parlarsi, con riferimento alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, né di rinvio formale né ricettizio, giacchè il legislatore ha espressamente disciplinato tale sanzione con autonoma cornice edittale” e, pertanto, non è applicabile all’ipotesi della fattispecie del rifiuto la sanzione del raddoppio della sospensione della patente di guida.

Le Sezioni unite, inoltre, individuano la ratio della diversa disciplina della sanzione amministrativa de qua, in relazione al reato di rifiuto di sottoporsi al test alcolimetrico, proprio nell’intento del legislatore di mantenere la durata della stessa entro limiti edittali più contenuti, ove la condotta criminosa non sia strettamente correlata all’utilizzo del veicolo ma si sostanzi nella frapposizione di un ostacolo all’accertamento di altro reato, ponendo così l’accento - analogamente a quanto effettuato con la sentenza illustrata al paragrafo che precede - sulla distinta oggettività giuridica dei reati contemplati, rispettivamente, dall’art. 186, comma 2 e 186 comma 7 cod.strada.


 

Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - Ufficio del Massimario - Rassegna della giurisprudenza di legittimità - Gli orientamenti delle Sezioni Penali - Anno 2015 - Roma – Gennaio 2016

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