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Lesioni personali: è sufficiente la contestazione nell'imputazione della tipologia delle lesioni


Corte di Cassazione

La massima

In tema di reato di lesioni aggravate dalla durata della malattia, è sufficiente la contestazione nel capo d'imputazione della tipologia delle lesioni, laddove risulti acquisita agli atti del processo la documentazione relativa alla durata della malattia. (Fattispecie relativa alla contestazione nel capo d'imputazione di lesioni allo stato non ancora qualificate e quantificate, definite in termini di malattia insanabile - Cassazione penale , sez. IV , 06/02/2018 , n. 22782).

Fonte: Ced Cassazione Penale


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La sentenza

Cassazione penale , sez. IV , 06/02/2018 , n. 22782

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha parzialmente riformato la pronuncia emessa nei confronti di M.F. dal Tribunale di Rimini, con la quale questi era stato giudicato responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza (art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b), commi 2-bis e 2-sexies), guida in stato di alterazione psico-fisica da sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187 C.d.S., commi 1 e 8) e di lesioni colpose commesse in danno di A.M. con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, ed era stato condannato alla pena ritenuta equa nonchè, in solido con la responsabile civile Zurich Iplc s.p.a. s.p.a., al risarcimento dei danni patiti dall' A., da liquidarsi in separata sede, con il riconoscimento di una provvisionale.


La corte distrettuale, infatti, ha dichiarato non doversi procedere in relazione alle contravvenzioni attribuite al M., risultando le stesse estinte per prescrizione; ha confermato ogni altra statuizione.


Dagli accertamenti di merito la vicenda che ha dato vita al presente procedimento è stata ricostruita nel modo che segue.


Intorno alle ore 3,00 del (OMISSIS), la moto Yamaha R6 condotta da M.F., e con passeggero Me.Mi., percorreva via (OMISSIS), in (OMISSIS), con direzione (OMISSIS), quando, giunta all'altezza di una casa cantoniera, non avendo mantenuto una distanza di sicurezza tamponava violentemente la Vespa Piaggio che la precedeva sulla medesima carreggiata, condotta da C.A., e sulla quale viaggiava anche A.M.. A causa della collisione tutte le persone coinvolte riportavano lesioni personali; in particolare l' A. subiva lesioni personali gravissime. Ai successivi controlli il M. risultava in condizioni psico-fisiche alterate da sostanze alcoliche e sostanze stupefacenti. Al medesimo veniva ascritto, oltre al mancati rispetto della distanza di sicurezza, di aver tenuto una velocità inadeguata alle condizioni di tempo e di luogo.


2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Giuseppe Spada.


2.1. Con un primo motivo deduce il vizio della motivazione perchè la stessa sarebbe "manifestamente insufficiente ed inadeguata a giustificare la pronuncia di condanna". In particolare, in ordine al funzionamento del fanalino posteriore del motoveicolo tamponato dal M. prima dell'impatto, la Corte di Appello ha utilizzato delle presunzioni non suffragate dalle risultanze probatorie; rileva l'esponente che l'art. 2054 c.c. prescrive che sino a prova contraria la responsabilità di un sinistro è di tutti i soggetti coinvolti.


2.2. Con un secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. e il vizio della motivazione. Il Tribunale di Rimini ha ritenuto sussistente l'aggravante dell'aver commesso il fatto in stato di ebbrezza alcolica e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonostante il capo di imputazione non facesse menzione delle condizioni fisiche dell'imputato e della relazione causale tra queste e il sinistro. Inoltre, anche la tipologia delle lesioni subite dall' A., che si sono ritenute insanabili, non trova riscontro nell'imputazione. Nel primo caso il diritto di difesa è risultato pregiudicato perchè non si è potuto provare l'assenza della menzionata relazione causale; nel secondo perchè non si è potuto provare mediante consulenza medico-legale che non si trattava di lesioni insanabili (peraltro ritenute dalla Corte di Appello senza il conforto delle risultanze probatorie).


2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell'art. 62-bis c.p. e vizio della motivazione perchè la Corte di Appello non ha preso in considerazione gli elementi "concretamente riferibili al M.", quali la giovane età, la scelta processuale per il rito abbreviato secco, il risarcimento non integrale del danno.


2.4. Analogamente, con un quarto motivo, si censura la decisione impugnata in relazione al diniego di riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6. Sul punto la motivazione sarebbe del tutto omessa.


2.5. Vizio della motivazione viene rappresentato a riguardo della determinazione del trattamento sanzionatorio, definito con l'inflizione di una pena prossima al massimo edittale, che l'esponente ritiene eccessiva e rispondente "al mero ed antigiuridico impulso di biasimo morale e sociale".


2.6. Con il sesto motivo si lamenta che la Corte di Appello, con la declaratoria di estinzione dei reati contravvenzionali per prescrizione, abbia disposto la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa anche per l'eventuale confisca ai sensi dell'art. 213 C.d.S..


Osserva l'esponente che l'applicazione di tale sanzione amministrativa presuppone il dolo della condotta incriminata, ovvero che il mezzo sia stato utilizzato allo scopo di commettere il reato. Al riguardo è stata omessa la motivazione.


3. Con atto di ricorso a firma dell'avv. Stefano Monti la Zurich Insurance Pubblic Limited Company s.p.a. (d'ora innanzi Zurich Iplc s.p.a.) articola tre motivi a sostegno della richiesta di cassazione della sentenza sopra indicata.


3.1. Con un primo si evoca il vizio della motivazione, in relazione alla statuizione concernente il motivo di appello con il quale si censurava l'ordinanza dell'11.7.2014 del Tribunale di Rimini che disponeva l'estromissione di Carige Assicurazioni s.p.a. (e non della Zurich Iplc s.p.a.).


La Corte di Appello, pur avendo affermato la legittimazione a stare in giudizio di Carige, ha rigettato il motivo di appello sull'errato presupposto che Zurich Iplc s.p.a. avesse sostenuto che il trasportato non potesse agire anche nei confronti del responsabile del danno; mentre, al contrario, l'appellante non aveva contestato la alternatività opzionale dell'azione risarcitoria ma aveva rilevato la legittimazione di Carige a rimanere nel processo anche quale mandataria della Zurich Iplc s.p.a..


3.2. Con il secondo ed il terzo motivo deduce rispettivamente il vizio della motivazione e la violazione dell'art. 539 c.p.p., comma 2, censurando che la Corte di Appello abbia respinto il motivo di appello che si doleva che fosse stata disposta una provvisionale di 400.000 Euro pur non essendo certo e verificato l'importo del danno patito, e quindi che esso sia superiore a quello già risarcito dalla Carige s.p.a. e dall'Inps. Ad avviso dell'esponente, la motivazione si pone in contrasto con la previsione dell'art. 539 c.p.p., comma 2 ed è contraddittoria perchè diversamente da quanto affermato dalla Corte di Appello dagli atti emerge che non vi è l'impossibilità del danneggiato di svolgere qualsiasi attività lavorativa ma una riduzione ad 1/3 della ipotetica futura capacità lavorativa; egli è titolare di patente di guida; il conteggio della parte civile, che la corte territoriale ha fatto proprio, è erroneo essendo stato quantificato un danno non patrimoniale di 233.765,83 Euro non provato, la riduzione della futura capacità lavorativa risulta non provata; duplica il danno da perdita di lavoro; include il danno patrimoniale da spese mediche e di cura future e quello da perdita di chanches lavorative nonostante essi fossero stati esclusi dal Tribunale. Conclusivamente, l'ammontare del danno certo e verificato era già stato risarcito o al più sarebbe stato corretto disporre una provvisionale non superiore a 90.000,00 Euro.


3.4. La ricorrente ha fatto quindi istanza di sospensione dell'esecuzione della condanna civile.


4. La parte civile, A.M., ha fatto richiesta di correzione dell'errore materiale ravvisato nella sentenza impugnata (e prima ancora nella pronuncia di primo grado), che confermando la statuizione relativa alla provvisionale disposta in favore di essa parte civile ha indicato l'obbligato nella Zurich Italia Assicurazioni anzichè nella Zurich Insurance Pubblic Limited Company.


4.1. Con Memoria difensiva per la parte civile, depositata il 12.1.2018, l' A. ha contrastato l'impugnazione proposta dall'imputato con argomenti concernenti le conseguenze del comportamento illecito tenuto dal M. e la condotta processuale del medesimo; ed ha argomentato in merito alle ragioni che a suo dire militano per il rigetto del ricorso della responsabile civile. Ha quindi ribadito l'istanza di correzione di errore materiale depositata il 28.7.2017.


CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso del M. è inammissibile.


5.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte di Appello non ha affermato che sia stato provato il funzionamento delle luci posteriori della Vespa condotta dal C.; ben diversamente, a causa della distruzione del segnale causato dall'urto, essa ha preso le mosse proprio dall'ipotesi avanzata dall'imputato - dell'essere quelle luci spente durante la marcia - per rilevare come la circostanza non sia in grado di escludere la responsabilità del M., atteso che una velocità adeguata all'ora notturna e alle condizioni della strada, unita al rispetto della distanza di sicurezza, avrebbe consentito all'imputato di scorgere il veicolo che lo precedeva e di evitare la collisione.


Errato è il richiamo operato dall'esponente all'art. 2054 c.c. e alla relativa disciplina; si tratta di norma che spiega valore nell'ambito del giudizio civile, nell'ambito del quale opera una distribuzione degli oneri probatori; essa è tuttavia incompatibile con i principi dettati in materia di prova per il giudizio penale (Sez. 4, n. 16464 del 29/02/2008 - dep. 22/04/2008, P.G. in proc. Burgo, Rv. 239536), nel quale anche la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile presuppone l'accertamento, secondo le regole probatorie proprie del giudizio penale, della sussistenza del reato e della riferibilità dello stesso all'imputato (Sez. 4, n. 33815 del 01/07/2015 - dep. 31/07/2015, P.C. in proc. Cianci, Rv. 264961).


5.2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. In primo luogo mette conto rilevare che, diversamente da quanto asserito dall'esponente, già la contestazione menziona le lesioni gravissime patite dall' A. (aggiungendo: "allo stato non ancora qualificate e quantificate"). Ne consegue che la successiva specificazione delle condizioni che danno luogo a tale tipologia di lesioni certamente non realizza alcuna immutazione del fatto. Questo Collegio ritiene del tutto condivisibile il principio secondo il quale, in tema di reato di lesioni aggravate dalla durata della malattia, è sufficiente la contestazione nel capo d'imputazione della tipologia delle lesioni, laddove risulti acquisita agli atti del processo la documentazione relativa alla durata della malattia (Sez. 1, n. 8561 del 11/02/2015 - dep. 26/02/2015, De Luca, Rv. 262882). Tanto assicura il diritto di difesa, alla cui salvaguardia è informato il divieto di immutazione di cui all'art. 521 c.p.p..


Peraltro, è stato affermato dal ricorrente medesimo che in corso di giudizio erano emerse le condizioni di salute dell' A., per come si erano manifestate successivamente al tempo del sinistro e a quello della formulazione della contestazione. La loro definizione in termini di malattia insanabile attiene alla qualificazione giuridica operata dalla Corte di Appello e non certo all'assunzione di premesse fattuali non emerse con la formazione della prova in contraddittorio.


5.3. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 - dep. 23/09/2010, Giovane e altri, Rv. 248244; similmente Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 - dep. 22/09/2017, Pettinelli, Rv. 271269, per la quale, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purchè sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione). Nel caso che occupa la Corte di Appello ha valutato decisive per la negazione delle attenuanti generiche la gravità del reato, come espressa dal danno patito dalla persona offesa ma anche dalla gravità della condotta del M., postosi alla guida in stato di alterazione psicofisica da alcol e da anfetamina, cocaina, MDMA ed inoltre dalla personalità dell'imputato, che già in precedenza aveva guidato in stato di ebbrezza commettendo reato.


Il terzo motivo di ricorso è quindi manifestamente infondato.


5.4. Il quarto motivo non è consentito; con l'atto di appello non si era devoluta al giudice del gravame la questione relativa al diniego di riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6. Risulta pertinente, quindi, il richiamo del principio per il quale non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perchè non devolute alla sua cognizione (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017 - dep. 04/04/2017, Costa e altro, Rv. 269632). Peraltro, il motivo sarebbe stato inammissibile, giacchè è constante insegnamento di questa Corte che l'attenuante in parola presuppone avvenuto l'integrale risarcimento; nel caso che occupa è indiscussa la misura parziale del risarcimento fatto in favore dell' A..


5.5. Puramente assertiva è la censura che attiene alla determinazione del trattamento sanzionatorio. Giova comunque puntualizzare che la Corte di Appello ha confermato una pena superiore alla media edittale (tre anni di reclusione, sulla quale è stata apportata la diminuzione per il rito abbreviato), ma ciò ha fatto rendendo puntuale motivazione, con la quale ha adempiuto all'obbligo che la giurisprudenza di legittimità riconosce in specie per tale caso. Infatti, i giudici distrettuali hanno richiamato i molteplici elementi che indicano la necessità di una pena attestata su valori medio alti e dato conto della inidoneità del solo dato deponente a favore di una escursione della pena verso il basso, costituito dal parziale risarcimento, ritenendo che esso non fosse in grado di compensare e prevalere sugli indici di segno opposto.


5.6. Il sesto motivo è manifestamente infondato. La sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), deve essere obbligatoriamente applicata con la sentenza di condanna o di patteggiamento (svolgendo il prefetto un ruolo meramente esecutivo della statuizione adottata dal giudice penale), e può essere disposta direttamente dalla Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. l), qualora a ciò non abbia provveduto il giudice di merito (Sez. 4, n. 17186 del 17/01/2017 - dep. 05/04/2017, P.G. in proc. Assini, Rv. 269605). La giurisprudenza di questa Corte insegna, tuttavia, che la pronuncia della sentenza di estinzione del reato per prescrizione preclude l'applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie da parte del giudice penale, spettando in tal caso la competenza al prefetto (Sez. 4, n. 43003 del 17/09/2015 - dep. 26/10/2015, Piredda, Rv. 264752).


L'affermazione del ricorrente secondo il quale si tratterebbe di sanzione amministrativa che presuppone il dolo della condotta incriminata, ovvero che il mezzo sia stato utilizzato allo scopo di commettere il reato, è del tutto destituita di fondamento; il men che possa dirsi è che non considera che non si versa in ipotesi di confisca ex art. 240 c.p..


5.7. In conclusione, va ribadito che il ricorso è inammissibile. Il ricorrente, a norma dell'art. 616 c.p.p., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila Euro in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.


6. Il ricorso della Zurich Iplc s.p.a. è infondato.


6.1. L'esame del primo motivo proposto dal responsabile civile Zurich Iplc s.p.a. richiede la preliminare esposizione di alcune circostanze di fatto.


L'imputato risulta essere il conducente del motoveicolo assicurato con Zurich Iplc s.p.a.; l' A. essere terzo trasportato sul veicolo condotto da C.A., assicurato con Carige s.p.a..


In giudizio l' A. chiese la citazione del responsabile civile Zurich Iplc s.p.a.. Si costituì la Carige s.p.a., asserendo di farlo in luogo della Zurich Iplc s.p.a., chiamando a sostegno l'art. 1-bis della convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto.


Il Tribunale estromise la Carige s.p.a. e pronunciò sentenza di condanna in danno della Zurich Iplc s.p.a..


La Corte di Appello, sollecitata dal motivo di gravame, ha replicato al responsabile civile Zurich Iplc s.p.a. che la legittimazione dell'assicuratore del vettore (Carige s.p.a.) è ex lege - in ragione dell'art. 141 Cod. ass. - ma che il danneggiato ha facoltà di chiedere il risarcimento all'assicuratore del danneggiante o a quello del vettore. Nel caso di specie lo aveva chiesto a questo secondo e quindi doveva essere estromessa la Carige.


Orbene, premesso che il motivo involge una eventuale violazione della legge (l'art. 185 c.p., comma 2) e che ciò rende irrilevante quale sia la motivazione che assiste la decisione che fa corretta applicazione delle norme, si tratta di motivo infondato.


Il responsabile civile, rifacendosi al mandato di rappresentanza conferito alla Carige s.p.a., ritiene che tanto implichi la legittimazione passiva di quest'ultima. L'assunto è infondato. Correttamente il primo giudice ha ritenuto che responsabile civile è colui che è tenuto ex lege a rispondere dell'operato del fatto dell'imputato (cfr. Sez. 4, n. 24910 del 09/02/2017 - dep. 19/05/2017, P.C. in proc. Marinaro e altro, Rv. 269999, per la quale il contratto assicurativo, volto a coprire i rischi connessi all'attività imprenditoriale del datore di lavoro e a risarcire i danni che da essa eventualmente conseguano, ha effetti vincolanti tra i soli contraenti; con la conseguenza che il danneggiato non ha, in sede civile, azione diretta nei confronti dell'assicuratore, non ricorrendo l'ipotesi di responsabile civile "ex lege" di cui all'art. 185, comma secondo, c.p.).


Il negozio stipulato tra le parti non può valere quindi a costituire uno status che può derivare solo dalla legge. Nè è consentito al responsabile civile stare in giudizio a mezzo di soggetti diversi dal procuratore speciale, come correttamente rilevato dal Tribunale.


La ricorrente equivoca l'affermazione fatta dalla corte distrettuale dell'essere la Carige s.p.a. tenuta ex lege e non ex contractu a rispondere delle pretese di parte civile. In nessun caso i giudici distrettuali hanno affermato che tale società potesse stare in giudizio per il responsabile civile; piuttosto, rammentando la una facoltà del danneggiato di scegliere il soggetto nei cui confronti agire, ha alluso alla possibilità che la Carige venisse chiamata in giudizio come assicuratore del vettore.


La ricorrente chiama a conforto della propria tesi Cass. civ., sez. 3, n. 20408 del 13.7.2016, dep. 11.10.2016, n.m. La decisione è stata resa nell'ambito di un giudizio nel quale la ricorrente, danneggiata in un sinistro stradale, lamentava che il mandato sostanziale e processuale in virtù del quale la propria compagnia assicuratrice Axa si era costituita in giudizio in proprio e quale rappresentante processuale volontaria di Vittoria, compagnia assicuratrice del danneggiante, non valesse a conferire ad Axa la legittimazione processuale in luogo della Vittoria. Il giudice di legittimità ha affermato che il giudice del merito aveva correttamente 1s individuato nell'art. 77 c.p.c. la norma processuale sulla base della quale l'Axa si era costituita nel giudizio in nome e per conto della Vittoria, precisando che, in tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicchè, in difetto, è esclusa la legittimatio ad processum del rappresentante.


Ma tanto vale per il giudizio civile.


Per completezza dell'esame è utile puntualizzare che nella fattispecie non è utilmente evocabile neppure la figura del "mandatario per la liquidazione dei sinistri", introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 190, emanato in attuazione della Direttiva 2000/26/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio" del 16 maggio 2000 (cd. "Quarta direttiva assicurazione autoveicoli"). Le previsioni del D.Lgs. n. 190 del 2003, abrogato, sono oggi rifluite negli artt. 151 e ss. del codice delle assicurazioni (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 206).


Anche la Quarta direttiva è stata abrogata, e le relative disposizioni sono state trasferite nella Direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009.


Il Mandatario deve essere obbligatoriamente nominato da qualsiasi impresa intenda esercitare l'attività assicurativa nel ramo responsabilità civile autoveicoli, anche se soltanto al di fuori dell'Italia (art. 130, comma 2, cod. ass.). Egli opera "per conto" dell'impresa mandante (art. 152, comma 3, cod. ass.). I suoi compiti consistono nell'"acquisire informazioni" e "adottare tutte le misure necessarie" per liquidare i danni causati da sinistri stradali provocati da veicoli assicurati dall'impresa mandante, immatricolati nell'Unione Europea, ma avvenuti in Paesi diversi dall'Italia ed in danno di persone residenti in Italia. Al Mandatario la vittima "ha diritto di chiedere il risarcimento del danno" (art. 153 cod. ass.); il mandatario ha l'obbligo di formulare un'offerta o motivare per iscritto il proprio rifiuto, entro tre mesi dalla ricezione della richiesta. La disciplina è completata dalla attribuzione alla vittima di un sinistro avvenuto all'estero della facoltà (non dell'obbligo) di richiedere il risarcimento direttamente all'assicuratore straniero del responsabile, ovvero - nel caso di renitenza od inesistenza del Mandatario all'Organismo di Indennizzo Italiano, di cui all'art. 298 cod. ass. (così l'art. 153, comma 2, cod. ass.). Ne consegue che la vittima italiana di un sinistro transfrontaliero può convenire in giudizio il Mandatario, in nome e per conto della mandante (vd. anche Sez. U, Ordinanza n. 10665 del 11/05/2009, Rv. 608149 01).


Si tratta, quindi, di una disciplina che concerne i sinistri occorsi all'estero che vedono vittima persone residenti in Italia. La sua evocazione nel presente giudizio sarebbe del tutto ultronea.


Quanto alla ipotesi dei danni subiti dal terzo trasportato, essa è disciplinata dal codice delle assicurazioni agli artt. 141 ss. e non contempla l'istituto del risarcimento diretto (art. 144), espressamente esclusa.


Il menzionato art. 141 prevede che, salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all'art. 140, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggior danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall'art. 148, nei termini di cui all'art. 145.


L'impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. L'impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall'art. 150.


Secondo la giurisprudenza civile lo scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell'impresa assicuratrice, risparmiandogli l'onere di dimostrare l'effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (Cass. n. 16181/2015). Resta certo, anche in ragione delle indicazioni provenienti dalla Corte costituzionale (che con l'ordinanza n. 440/2008 ha indirizzato ad una simile interpretazione siccome costituzionalmente adeguata), che il regime di indennizzo diretto, introducendo un'azione aggiuntiva, non preclude in alcun modo la possibilità al trasportato-danneggiato di evocare in giudizio esclusivamente il responsabile, ovvero il titolare e il conducente del veicolo antagonista e la compagnia di assicurazioni di questo, aprendo un ordinario giudizio volto al risarcimento del danno previo accertamento delle responsabilità (cfr. Sez. 3 civ., Ord. n. 16477 del 05/07/2017, Rv. 644953 - 01).


Quindi del tutto correttamente la Corte di Appello ha disposto l'estromissione dal giudizio della Carige s.p.a. perchè il danneggiato aveva scelto di chiedere il risarcimento all'assicuratore del danneggiante; e il rapporto interno di mandato che lega le due compagnie assicuratrici ha sì base legale, ma non rileva ai fini della legittimazione passiva ex art. 185 c.p., comma 2.


6.2. Infondate sono anche la seconda e la terza censura, che possono essere trattate unitariamente.


La ricorrente si richiama alla decisione delle Sezioni Unite n. 53153/16. Le quali rammentano che il provvedimento che dispone la provvisionale non è autonomamente ricorribile per cassazione e ricordano che non è ammesso il ricorso in ordine al quantum debeatur mentre è ammesso il ricorso che censuri la sussistenza stessa del diritto alla provvisionale (in tal senso, Sez. 5, n. 9779 del 15/02/2006 - dep. 21/03/2006, Durante, Rv. 234237).


Questa Corte ritiene persuasiva l'interpretazione che riconosce il diritto di impugnare il provvedimento che statuisce in ordine alla provvisionale quando si faccia questione dell'an e lo nega se ad essere contestata è la motivazione in ordine al quantum.


Invero, come osservato nella sentenza in causa Durante, l'imputato vanta un concreto ed attuale interesse a vedere annullato il capo che lo condanna ad un esborso immediato, di cui contesta i presupposti legittimanti.


Ciò posto, non si può dubitare che le censure ammissibili nel giudizio di cassazione restano quelle indicate dall'art. 606 c.p.p. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio della motivazione, perchè questa risulterebbe contraddittoria laddove ritiene raggiunta la prova di un danno certo e verificato superiore a quello corrispondente alla somma già liquidata all' A..


Nella precisazione delle doglianze si afferma in primo luogo che la Corte distrettuale avrebbe omesso il corretto esame delle prove e ritenuto provate poste che il Tribunale aveva ritenuto indimostrate. Si tratta di censure che attingono giudizi di merito. Infatti, la ricorrente asserisce che il danneggiato non è nell'impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa; che è titolare di patente di guida. Non si coglie in tali affermazioni la descrizione di vizi della motivazione.


Si afferma anche che il Tribunale aveva demandato al giudice civile la quantificazione dell'ulteriore danno patrimoniale, delle spese mediche e di cura successive a quelle documentate e del danno da perdita di chanches lavorative future; con ciò intendendo dimostrare che taluni danni ritenuti provati dalla corte territoriale non avevano ricevuto eguale valutazione da parte del primo giudice.


L'assunto però è palesemente contraddetto dal fatto che la Corte di appello non ha liquidato una provvisionale in via autonoma ma si è limitata a confermare la statuizione data dal Tribunale.


Si afferma, dalla ricorrente, che i calcoli offerti dalla parte civile sono errati. Anche in questo caso si pretende un giudizio di merito. La ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che la corte territoriale ha travisato la prova e di poter denunciare siffatto vizio nonostante la ricorrenza di una cd. doppia conforme. Va rammentato, infatti, che tale vizio può essere dedotto con il ricorso per cassazione, anche nel caso di cosiddetta "doppia conforme", ma nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018 - dep. 05/02/2018, L e altro, Rv. 272018). La dimostrazione della sussistenza di una di tali ipotesi nel caso che occupa è mancata.


Va anche escluso che ricorra la dedotta violazione dell'art. 539 c.p.p., comma 2. I giudici di merito, infatti, non hanno assunto di poter determinare la provvisionale per la sussistenza di condizioni diverse da quelle previste da tale disposizione (avvenuta prova di un danno superiore, nel suo equivalente pecuniario, alla somma riconosciuta a titolo di provvisionale; al riguardo, priva di fondamento è la pretesa della ricorrente di una proporzionalità di questa, considerato che la norma riconosce la possibilità di liquidarla "nei limiti del danno" provato); piuttosto hanno ritenuto provata la loro ricorrenza nel caso concreto.


6.3. Resta assorbita dal rigetto del ricorso la domanda di sospensione della esecuzione della condanna civile, in ragione della definitività della medesima.


6.4. Segue al rigetto del ricorso la condanna della società ricorrente, in solido con l'imputato, al pagamento delle spese processuali. Entrambi i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile A.M., che vanno liquidate in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.


7. Va corretto l'errore materiale ricorrente nella sentenza della Corte di appello e in quella di primo grado, consistente nella indicazione della Zurich Iplc s.p.a. come Zurich Italia Assicurazioni s.p.a.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di M.F. che condanna al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento della somma di 2.000,00 Euro in favore della cassa delle ammende.


Rigetta il ricorso proposto da Zurich Insurance Pubblic Limited Company, così da intendersi la denominazione del ricorrente responsabile civile e non Zurich Italia Assicurazioni s.p.a. come per mero errore materiale indicato nella sentenza impugnata e in quella di primo grado.


Condanna la società ricorrente in solido con l'imputato al pagamento delle spese processuali.


Condanna le parti ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile A.M. che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 febbraio 2018.


Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2018

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