top of page

Lesioni personali: sull'aggravante della commissione del reato da parte di un pubblico ufficiale


Corte di Cassazione

La massima

Non può ritenersi validamente contestata in fatto la circostanza aggravante di cui all' art. 576, comma 5-bis, c.p. in un capo di imputazione per lesioni che menzioni la qualità di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza della vittima (nella specie, indicata come carabiniere scelto), senza contenere riferimenti chiari e precisi alla commissione del fatto nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio, che è parte integrante della previsione circostanziale. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per difetto di querela - Cassazione penale , sez. V , 20/06/2019 , n. 33523).

Fonte: Ced Cassazione Penale


Vuoi saperne di più sul reato di lesioni personali?

Vuoi consultare altre sentenze in tema di lesioni personali?


La sentenza

Cassazione penale , sez. V , 20/06/2019 , n. 33523

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trieste, in accoglimento del gravame proposto dal Pubblico ministero, riformando la pronuncia di proscioglimento ex art. 529 c.p.p. adottata in primo grado, ha condannato A.A. per il reato di cui all'art. 582, ritenendo contestata "in fatto" l'aggravante di cui all'art. 576 c.p.p., comma 5-bis.


In sintesi la vicenda processuale può essere delineata come segue.


Con sentenza del 12 maggio 2014 il Tribunale, dopo aver escluso l'aggravante, espressamente contestata, del nesso teleologico tra il reato di lesioni personali e quello di resistenza, perchè il secondo reato non aveva formato oggetto di imputazione, ha rilevato l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela.


Il Procuratore generale aveva impugnato la sentenza per violazione di legge, sul presupposto della ritenuta contestazione "in fatto" della circostanza aggravante prevista dall'art. 576 c.p., comma 5-bis.


La Corte distrettuale è pervenuta alla decisione in limine citata.


2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi.


2.1 Con il primo e il secondo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il giudice di appello ritenuta la sussistenza di un'aggravante non contestata neppure "in fatto".


L'aggravante di cui all'art. 576 c.p., comma 5-bis richiede non solo la qualifica di pubblico ufficiale in capo alla persona offesa ma anche che il fatto sia commesso nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio. Di tali elementi non si rinviene traccia del capo di imputazione.


Peraltro la commissione di una violenza nei confronti di un pubblico ufficiale nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio rimanderebbe al reato di cui all'art. 337 c.p., che, tuttavia, non avendo formato oggetto di imputazione, ha condotto il giudice di primo grado, con il consenso del pubblico ministero, ad escludere l'aggravante del nesso teleologico.


2.2 Con il terzo motivo lamenta la violazione dell'art. 604 c.p.p..


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.


2. Preliminarmente va osservato che rimangono inspiegabili le scelte dei magistrati requirenti che, pur citandolo in rubrica, hanno omesso di elevare formale contestazione per il delitto di resistenza tanto in sede di esercizio dell'azione penale quanto nel corso del dibattimento, ex art. 517 c.p.p., nonostante un espresso interpello rivolto al riguardo dal Tribunale.


Peraltro la soluzione della problematica afferente aggravanti e procedibilità era davvero agevole, ma non è stata colta da chi avrebbe potuto farlo: le lesioni sono state procurate mediante il lancio di un tavolino, strumento che, pacificamente, va annoverato nella nozione di "armi" di cui all'art. 585 c.p., comma 2, n. 2.


La circostanza era certamente contestata in fatto, perchè l'editto accusatorio, nel descrivere la condotta, menziona tale azione in modo espresso; il reato era procedibile di ufficio.


All'errore non può porsi rimedio in questa sede, posto che non viene in rilievo il profilo di una diversa definizione giuridica del fatto, come tale rilevabile di ufficio, ma una circostanza aggravante sulla cui sussistenza, in difetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, non è stata chiamata a pronunciarsi nè la Corte di appello nè tantomeno la Corte di cassazione.


3. I parametri di riferimento per la soluzione della questione si rinvengono nella sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge.


"Per "contestazione in fatto" si intende, e si intenderà nel seguito - in conformità ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità con particolare riguardo alle circostanze aggravanti - una formulazione dell'imputazione che non sia espressa nell'enunciazione letterale della fattispecie circostanziale o nell'indicazione della specifica norma di legge che la prevede, ma riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie, consentendo all'imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi".


"La precisazione degli elementi fattuali costitutivi dell'aggravante può dirsi dunque indiscutibilmente riconosciuta quale condizione perchè la contestazione in questa forma possa essere ritenuta valida, pure in una prospettiva sostanzialistica fondata, come queste Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare con riguardo alla correlazione fra l'accusa e la decisione, sulla concreta possibilità per l'imputato di difendersi sull'oggetto dell'addebito (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051)".


"Da questa condizione discende che l'ammissibilità della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti deve essere verificata rispetto alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse. Questo aspetto, infatti, determina inevitabilmente il livello di precisione e determinatezza che rende l'indicazione di tali elementi, nell'imputazione contestata, sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell'accusa da parte dell'imputato".


"Nella prospettiva appena delineata, è evidente come la contestazione in fatto non dia luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive. In questi casi, invero, l'indicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare nell'imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l'adeguato esercizio dei diritti di difesa dell'imputato".


"Diversamente avviene con riguardo alle circostanze aggravanti nelle quali, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa include componenti valutative; risultandone di conseguenza che le modalità della condotta integrano l'ipotesi aggravata ove alle stesse siano attribuibili particolari connotazioni qualitative o quantitative".


"Essendo tali, dette connotazioni sono ritenute o meno ricorrenti nei singoli casi in base ad una valutazione compiuta in primo luogo dal pubblico ministero nella formulazione dell'imputazione, e di seguito sottoposta alla verifica del giudizio. Ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, con la precisazione della ritenuta esistenza delle connotazioni di cui sopra, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. Nè può esigersi dall'imputato, pur se assistito da una difesa tecnica, l'individuazione dell'esito qualificativo che connota l'ipotesi aggravata in base ad un autonomo compimento del percorso valutativo dell'autorità giudiziaria sulla base dei dati di fatto contestati, trattandosi per l'appunto di una valutazione potenzialmente destinata a condurre a conclusioni diverse. La necessità dell'enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dell'imputazione, prevista dalla legge processuale, impone che la scelta operata dalla pubblica accusa fra tali possibili conclusioni sia portata a conoscenza della difesa; non potendosi pertanto ravvisare una valida contestazione della circostanza aggravante nella mera prospettazione in fatto degli elementi materiali della relativa fattispecie".


Tali argomenti consentono di evidenziare come, già in astratto, vada esclusa la possibilità di configurare una contestazione "implicita", termine utilizzato dalla Corte di appello in modo evidentemente improprio, ribadito che la contestazione dell'aggravante può assumere varie modalità in rapporto ai caratteri della circostanza, ma in ogni caso deve essere sempre "esplicita", per consentire un utile esercizio del diritto di difesa.


4. La circostanza aggravante oggetto della questione devoluta all'esame di questo collegio è prevista dall'art. 576 c.p., comma 5-bis e concerne il fatto commesso "contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza".


La struttura della fattispecie comprende un elemento materiale, rappresentato dalla qualità del soggetto passivo, nonchè un ulteriore elemento costituito dal rapporto di contestualità o causalità del fatto rispetto all'adempimento delle funzioni o del servizio.


Nella specie il capo di imputazione recita: "del delitto di cui agli artt. 582 e 585, in riferimento all'art. 576 c.p., perchè, al fine di commettere il delitto di resistenza, cagionava al car. sc. T.E. lesioni personali guaribili in 15 gg. Scagliandogli contro un tavolino. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di commettere il delitto di resistenza".


L'unica aggravante espressamente contestata è quella del nesso teleologico, che però è stata esclusa dal Tribunale con una decisione non impugnata sul punto dal pubblico ministero.


Non è configurabile una "contestazione in fatto" dell'aggravante di cui all'art. 576 c.p., comma 5-bis, poichè i termini della stessa non si trovano enunciati in forma chiara e precisa nell'editto accusatorio. Si rinviene un cenno alla qualità del soggetto passivo, "car. sc.", ma nessun riferimento al fatto commesso "nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio".


Il riconoscimento dei presupposti fattuali dell'aggravante è il risultato di valutazioni rimesse all'autorità giudiziaria (cfr. pagg. 3 e 4 sentenza impugnata), che inducono ad escludere la validità di una "contestazione in fatto".


5. Nell'ottica della "contestazione in fatto" neppure si potrebbe valorizzare la descritta connessione tra il delitto di lesioni e "la resistenza", poichè in tal modo si farebbe rivivere una circostanza aggravante esclusa dal Tribunale con una decisione coperta da preclusione a seguito della mancata impugnazione, sul punto, da parte del procuratore generale.


6. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata perchè, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 576 c.p., n. 5 bis, ritenuta alla corte di appello, l'azione penale non poteva essere esercitata per difetto di querela.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 576 c.p., n. 5 bis, l'azione penale non poteva essere esercitata per difetto di querela.


Così deciso in Roma, il 20 giugno 2019.


Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg
bottom of page