No, perché commetteresti il reato di abusivismo finanziario, punito con la reclusione fino ad otto anni.
La Suprema Corte di Cassazione, ha infatti stabilito in due sentenze di seguito riportate che, in tema di intermediazione finanziaria, la vendita "on line" di moneta virtuale "bitcoin" pubblicizzata quale forma di investimento per i risparmiatori - ai quali vengano offerte informazioni sulla redditività dell'iniziativa - è attività soggetta agli adempimenti previsti dalla normativa in materia di strumenti finanziari, di cui agli artt. 91 e ss. t.u.f., la cui omissione integra il reato di cui all'art. 166, comma 1, lett. c), t.u.f.

Indice:
1) Cos'è il reato di abusivismo finanziario?
2) Come è punito il reato di abusivismo finanziario?
3) La Sentenza n. 44337 del 2021
4) La Sentenza n. 26807 del 2020
1) Che cos'è il reato di abusivismo finanziario?
Il reato di abusivismo finanziario è previsto dall'art. 166 del Decreto legislativo del 24/02/1998 - N. 58 e punisce chiunque, senza esservi abilitato ai sensi del citato decreto :
a) svolge servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio;
b) offre in Italia quote o azioni di OICR;
c) offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento.
c-bis) gestisce un APA o un ARM a cui si applicherebbe la deroga prevista dall'articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 e dai relativi atti delegati.
2. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l'attività di consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede senza essere iscritto nell'albo indicato dall'articolo 31.
2-bis. Con la stessa pena e' punito chiunque esercita l'attivita' di controparte centrale di cui al regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione ivi prevista.
3. Se vi è fondato sospetto che una società svolga servizi o attività di investimento o il servizio di gestione collettiva del risparmio o la gestione di un APA o di un ARM a cui si applicherebbe la deroga prevista dall'articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 e dai relativi atti delegati ovvero l'attivita' di cui al comma 2-bis senza esservi abilitata ai sensi del presente decreto, la Banca d'Italia o la Consob denunziano i fatti al pubblico ministero ai fini dell'adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 2409 del codice civile ovvero possono richiedere al tribunale l'adozione dei medesimi provvedimenti. Le spese per l'ispezione sono a carico della società.
2. Come è punito il reato di abusivismo finanziario?
Prevede una pena molto severa, ovvero la reclusione da uno a otto anni e la multa da euro quattromila a euro diecimila.
3) La Sentenza n. 44337 del 2021
Cassazione penale sez. II, 10/11/2021, (ud. 10/11/2021, dep. 30/11/2021), n.44337
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 giugno 2021 il Tribunale di Parma, in funzione di giudice del riesame, rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di S.M. (indagato per i reati di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 166 e art. 648 bis c.p.) e, per l'effetto, confermava il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Parma emesso l'8 maggio 2021, relativo al sito (OMISSIS) poiché lo stesso era da considerare corpo del reato e cosa pertinente al reato in quanto "strumento attraverso il quale vi sono la pubblicizzazione dell'attività illecita e l'offerta alla clientela, strumenti propedeutici alla messa in circolazione della moneta elettronica".
1.1 Avverso l'ordinanza del Tribunale ricorrono per Cassazione i difensori di Stanzani, eccependo la violazione di legge in relazione agli art. 91 T.U.F., D.Lgs. n. 58 del 1998 art. 166 e art. 355 c.p.p., (anche in relazione all'art. 125 c.p.p.): la difesa aveva infatti contestato l'assenza del fumus del reato di abusivismo finanziario richiamandosi ai principi giurisprudenziali elaborati in materia e secondo i quali la vendita delle criptovalute è assoggettata alla disciplina contenuta nel T.U.F. solo quando la stessa viene pubblicizzata come investimento finanziario; sul punto, la mera associazione del bitcoin all'oro digitale non poteva, come ritenuto dal Tribunale, considerarsi elemento sufficiente a ritenere applicabile il concetto normativo di investimento di natura finanziaria, viste le precisazioni effettuate dalla Consob, e che secondo la normativa di settore i bitcoin non erano unici strumenti per investire in oro finanziario: le criptovalute non sono strumenti finanziati, pertanto non assoggettabili al T.U.F. salvo nelle residuali ipotesi in cui la loro vendita è direttamente influenzata dalle specifiche modalità di sponsorizzazione del prodotto da parte del venditore.
1.2 Il difensore rileva che nell'atto di gravame era stata contestata anche la sussistenza del reato di riciclaggio: sul punto, il Tribunale del Riesame aveva ritenuto riscontrabile il dolo eventuale del reato, in considerazione del fatto che le risultanze investigative avevano evidenziato che alcuni investitori avessero utilizzato per le operazioni di acquisto delle criptovalute documenti di identificazione di soggetti deceduti e che molti acquirenti risultavano privi di redditi propri e segnati da molteplici precedenti di polizia; il Tribunale non aveva però considerato che la normativa imposta dal D.Lgs. n.231 del 2007, artt. 17 e 18, non avrebbe comunque permesso a Stanzani di rilevante i precedenti penali e di polizia dei clienti, oltre che la loro effettiva capacità economica, per cui non poteva assolutamente configurarsi il dolo eventuale del reato di riciclaggio.
1.3 Il difensore osserva che con l'atto di gravame si era sottolineato che la Polizia Giudiziaria avesse ricondotto sotto il vincolo di cui all'art. 252 c.p.p., beni di proprietà dell'indagato sprovvisti del requisito di pertinenzialità e cose che non erano affatto contemplate nel decreto autorizzatorio del 30.04.2021 emesso dalla Procura della Repubblica; si era lamentata anche l'illegittima esecuzione della perquisizione informatica, in quanto la Pubblica accusa aveva onerato la Polizia Giudiziaria di provvedere all'estrazione della copia forense dei soli documenti e dei dati contenuti nei dispositivi elettronici appartenenti all'indagato e pertinenti ai fini del reato, mentre in sede di esecuzione la Polizia giudiziaria aveva effettuato una copia integrale dei supporti informatici, provvedendo ad estrarre files e foto di natura privata e personale, materiale nemmeno lontanamente riconducibile, in termini di pertinenza, alle ipotesi di reato contestate al ricorrente; sul punto, prosegue il difensore, il Tribunale aveva risposto che la difesa avrebbe dovuto impugnare il decreto di perquisizione e sequestro, senza considerare che il potere dispositivo e di controllo della Polizia Giudiziaria compete al Pubblico Ministero e che a quest'ultimo spetta anche il compito di vigilare sull'applicazione delle norme, per cui il Pubblico Ministero avrebbe dovuto astenersi dal convalidare il sequestro.