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Reati militari: le Sezioni Unite sulla rilevabilità della questione di competenza giurisdizionale


Reati militari: le Sezioni Unite sulla rilevabilità della questione di competenza giurisdizionale

IL RIPARTO TRA POTESTÀ GIURISDIZIONALE ORDINARIA E MILITARE IN CASO DI REATI CONNESSI: QUESTIONE DI GIURISDIZIONE O COMPETENZA?

di Andrea Venegoni


Indice:

2. Il caso



1. La questione

Nel corso del 2021, le Sezioni Unite della Corte sono state chiamate a pronunciarsi su una questione rilevante in tema di giustizia militare.

Il quesito era posto nei termini seguenti:

Se, in caso di connessione tra un reato militare ed un reato ordinario più grave, la questione di competenza giurisdizionale derivante dall’applicazione della regola di cui all’art . 13, comma 2, cod . proc . pen ., soggiaccia alla disciplina di cui all’art . 21, comma 3, cod . proc . pen ., ossia alla regola della rilevabilità – o eccepibilità – a pena di decadenza soltanto prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine di cui all’art . 491, comma 1, cod . proc . pen .

In sostanza, ed in senso più ampio, esso riguardava la questione se il riparto tra la giustizia ordinaria e quella militare attenga alla competenza, con sussistenza dei suddetti limiti alla rilevabilità dell’eventuale difetto, o alla giurisdizione, il cui difetto è, invece, ai sensi dell’art . 20 cod . proc . pen ., rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento .

Si è trattato di una questione di non poco conto, essendo evidente che dalla risposta dipende l’estensione della “giurisdizione” militare rispetto a quella ordinaria.


2. Il caso

Nel caso di specie, l’imputato era rinviato a giudizio davanti al Tribunale Militare per più episodi integranti ciascuno i reati di diserzione aggravata, simulazione di infermità aggravata, truffa militare aggravata, allontanamento illecito aggravato, tutti previsti dal codice penale militare di pace .

Dopo alcuni rinvii del dibattimento, comunque successivi alla sua apertura, ad una udienza il difensore depositava un avviso di conclusione delle indagini emesso dalla giurisdizione ordinaria per il reato di cui agli art . 81, 476 cod . pen . In sostanza, poiché alcuni tra i reati militari contestati erano avvenuti mediante presentazione di documentazione medica ritenuta falsa, il procedimento della giurisdizione ordinaria si riferiva, appunto, all’uso dei falsi certificati medici . Il reato per cui procedeva la A .G . ordinaria, poi, era più grave dei reati militari contestati.

A questo punto, il difensore eccepiva il difetto di giurisdizione dell’A .G . militare e chiedeva trasmettersi gli atti alla A .G . ordinaria .

Il Tribunale rigettava l’istanza ritenendo che il difetto di giurisdizione per connessione dovesse essere eccepito nel corso dell’udienza preliminare .

In una successiva udienza il difensore riproponeva l’eccezione di difetto di giurisdizione, facendo presente che non avrebbe potuto sottoporla al collegio in precedenza, perché all’epoca era ignaro dell’esistenza del procedimento pendente davanti alla A .G . ordinaria .

Il tribunale rigettava l’istanza anche sotto questo profilo ritenendo - in virtù del fatto che, con l’estrazione delle copie del fascicolo del procedimento militare, aveva avuto accesso all’informazione relativa alla trasmissione degli atti da quest’ultima alla A .G . ordinaria -, che il difensore fosse nella piena condizione di rendersi conto fin da allora della pendenza del procedimento davanti alla A .G . ordinaria, e quindi ben prima di avere ricevuto da quest’ultima l’avviso ex art . 415-bis cod . proc . pen .

L’imputato, parzialmente condannato in primo grado per alcuni dei reati a lui contestati, appellava la sentenza riproponendo la questione del difetto di giurisdizione, che la Corte Militare di Appello respingeva con articolata motivazione .

L’imputato ricorreva allora per cassazione deducendo, con il primo motivo, erronea applicazione ed interpretazione dell’art . 13, comma 2, cod . proc . pen ., evidenziando che, come ritenuto anche da una giurisprudenza di questa Corte, la questione sollevata atteneva alla giurisdizione e non alla competenza, cosicché la stessa non sarebbe stata soggetta ai limiti di rilevabilità previsti per quest’ultima .

La Prima Sezione della Corte, con l’ordinanza n . 29392 del 2021, ravvisato un contrasto di giurisprudenza sul punto, rimetteva gli atti al primo Presidente per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.



3. Il contrasto

Con la suddetta ordinanza, la Prima Sezione ha dato atto dell’esistenza di un contrasto sul punto nella giurisprudenza di legittimità .

Un primo orientamento, di cui, peraltro, risulta espressione pressoché esclusiva Sez . 1, n . 3975 del 28/11/2013, dep . 2014, Giantesani, n .m ., ritiene che la regola dell’art 13, comma 2, cod . proc . pen . sulla connessione non sia funzionale a risolvere questioni di giurisdizione e quindi sia soggetta al limite di rivelabilità di cui all’art . 21, comma 3, cod . proc . pen . (a pena di decadenza, entro la conclusione dell’udienza preliminare oppure, ove questa manchi, entro il termine di cui all’art . 491, comma 1, cod . proc . pen .) . La previsione in oggetto non atterrebbe ad ipotesi di difetto di giurisdizione perché, quando il reato comune è quello più grave, questo resta in capo alla A .G . ordinaria, così come anche il reato rientrante, di per sé, nella giurisdizione militare continuerebbe ad essere trattato dalla A .G . militare . Ogni A .G ., quindi, tratta i reati rientranti nella propria giurisdizione ed il mancato esercizio della connessione non avrebbe alcun effetto “distorsivo”, lasciando, appunto, che ciascuna A .G . tratti il “proprio” reato .

Altro effetto di questo orientamento sarebbe quello di salvaguardare un importante spazio alla cognizione della A .G . militare che, se l’eccezione relativa alla connessione non è esercitata nei termini, non corre il rischio di vedersi privata della trattazione di reati che sono, comunque, intrinsecamente militari .

La suddetta sentenza, concernente un caso di abbandono di posto (reato militare) e violazione di domicilio con furto (reati comuni), è derivata da un procedimento in cui la procura militare aveva trasmesso gli atti a quella ordinaria perché ricorreva un reato ordinario (furto); la procura ordinaria aveva istruito il procedimento per i reati ordinari con condanna in primo grado nel 2009, ma aveva anche ravvisato il reato militare (abbandono di posto) ritrasmettendo per esso gli atti alla procura militare . Quest’ultima aveva istruito il procedimento, giungendosi a condanna in primo grado nel marzo 2012, e in appello nel novembre 2012, con sentenza appunto impugnata in cassazione.

Innanzi al Tribunale militare si era eccepito il difetto di giurisdizione perché il reato mili- tare era connesso col più grave ordinario, ma il Tribunale aveva affermato che la riunione non era più possibile perché il procedimento ordinario era ormai in appello .

La Corte di cassazione ha ritenuto errato quest’ultimo principio, non dipendendo la connessione dal grado in cui si trova il giudizio, ma comunque corretta la decisione di non procedere alla riunione non essendo stata la connessione predetta eccepita entro l’udienza preliminare, versandosi appunto non in ipotesi di difetto di giurisdizione (art . 20 cod . proc . pen .) ma di competenza; ha affermato, al riguardo, la sentenza, che “nel caso in esame non ricorre un’ipotesi di difetto di giurisdizione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento a norma dell’art .20 cod . proc . pen ., posto che il reato di abbandono di posto giudicato dal Tribunale militare è oggettivamente un reato previsto dal cod . pen . mil . Pace” .

La pronuncia in oggetto, quindi, vede il riparto di potestà tra giudice ordinario e militare come attinente alla competenza .

Un altro orientamento, rappresentato da Sez . fer . n . 47926 del 24/08/2017, Cardaropoli, Rv . 271058, ha, invece, affermato che la questione del riparto di autorità decisoria tra giusti- zia ordinaria e militare attiene alla giurisdizione, ed il suo eventuale difetto davanti all’autorità procedente è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento .

Nella specie, in particolare, si trattava dei reati di truffa militare continuata pluriaggravata e di falso continuato ed aggravato in foglio di licenza di via, contestati all’imputato militare per avere esposto nei fogli di viaggio relativi a missioni in Italia, orari di partenza e di rientro alla sede di servizio non rispondenti al vero ed ore di missione superiori a quelle effettuate, inducendo in errore l’Amministrazione militare ed ottenendo la liquidazione di importi non dovuti, con correlativo danno per l’Amministrazione stessa .

Dopo la condanna in primo grado da parte del Tribunale militare, la Corte militare di appello dichiarava il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria militare in ordine ai reati di falso, qualificati come falso ideologico, disponendo la trasmissione degli atti all’A .G . ordinaria . L’imputato ricorreva in cassazione sul punto, ed il sostituto p .g . ecce- piva la tardività della questione, perché mai sollevata in precedenza e non più rilevabile in tale stadio del processo .

La decisione disattendeva l’eccezione, affermando che essa “confligge con la natura di questione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo e di conseguenza altrettanto liberamente deducibile dalle parti senza doversi attenere al rispetto di determinate e rigide cadenze processuali . L’art . 20 cod . proc . pen ., infatti, impone al giudice la verifica della giurisdizione quale adempimento necessario e logicamente anticipato rispetto ad ogni altra indagine su questioni ad esso devolute, verifica da condursi in base ai fatti oggetto dell’imputazione e da rinnovarsi in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio, con la conseguente declaratoria di difetto di giurisdizione qualora i presupposti fattuali e normativi subiscano mutamenti rispetto all’accusa originaria col progredire del corso del processo (Sez . 1, n . 4060 del 08/11/2007, Sommer e altri, rv . 239185)” .

Il tutto sul presupposto, esplicitamente affermato, che la questione attenesse alla giurisdizione e non alla competenza .

Le ragioni di tale secondo orientamento troverebbero fondamento anche in ulteriori decisioni, che, pur non affrontando la questione specifica oggetto del contrasto, hanno, in generale, ricostruito il rapporto tra autorità ordinaria e autorità militare come attinente alla giurisdizione.

L’ordinanza di rimessione ha, infatti, citato al riguardo: Sez . 1, n . 44514 del 28/9/2012, Nacca e altro, Rv . 253825; Sez . 1, n . 5680 del 15/10/2014, dep . 2015, D’Ambrosio, Rv . 262461; Sez . 1, n . 23372 del 15/5/2015, Miceli, Rv . 263616; Sez . 1, n . 36418 del 21/5/2002, Vito, Rv . 222526; Sez . 1 n . 48461 del 9/9/2019 n .m .; Sez . 1 n . 25352 del 15/1/2019 n .m .; Sez . 1 n . 11619 del 26/2/2021 n .m ., quest’ultima, in particolare, contiene plurimi riferimenti giurisprudenziali e afferma chiaramente versarsi in ipotesi di questione di giurisdizione .

Peraltro, Sez . U, n . 25 del 24/11/1999, dep . 2000, confl . in proc . Di Dona, Rv . 214694, hanno chiarito che, pur essendo il rapporto tra giudice ordinario e militare attinente alla giurisdizione, il riparto non è assoluto, come tra giurisdizione penale e civile o penale e amministrativa . Infatti, sia la giurisdizione ordinaria che quella militare si muovono nell’ambito del diritto penale, rappresentando, quindi, un riparto di giurisdizione particolare rispetto a quello classico tra diritto penale e civile o amministrativo, nel senso che, se violato, non rende l’atto del giudice inesistente, come negli altri casi .

Tuttavia, ciò non esclude che anche nel caso di difetto di giurisdizione tra giudice penale ordinario e militare, esso sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, ma con l’unico limite del giudicato, che invece nel riparto “classico” non sussiste come limite .

Detta sentenza, intervenuta in tema di liquidazione degli onorari al difensore di imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato - in un caso in cui il gip del tribunale militare aveva emesso il provvedimento di primo grado, e il difensore interessato aveva proposto ricorso in appello al giudice del tribunale civile per pretesa violazione dei minimi tariffari nella misura dei compensi, con conseguente pronuncia del giudice ordinario civile, sì che il gip aveva, quindi, sollevato il conflitto di giurisdizione - parte dal concetto di “atto inesistente”, definendolo come “quel provvedimento giurisdizionale che, seppure materialmente esistente e ascrivibile a un "giudice", sia tuttavia privo del requisito minimo della provenienza da un organo giudiziario investito del potere di decisione in una materia riservata agli organi della "giurisdizione penale", e per ciò, siccome invasivo dello specifico campo riservato al giudice penale, risulti esorbitante i limiti interni ed oggettivi che alla stregua dell’ordinamento positivo discriminano il ramo civile e il ramo penale nella distribuzione della jurisdictio . Il difetto di giurisdizione, in tal caso, non appare, a ben vedere, relativo e interno ai confini delineati dall’art . 1 cod . proc . pen . per la "giurisdizione penale", bensì assoluto ed esterno al sistema chiuso che quella disposizione configura con funzione rico- gnitiva, analoga e simmetrica a quella assegnata dall’ordinamento alla norma dell’art . 1 per delineare i contorni del separato ramo della "giurisdizione civile" .

La sentenza poi prosegue affermando:

“Una patologia, questa del "difetto assoluto di giurisdizione penale" (e cita al riguardo giurisprudenza relativa), della quale anche il legislatore mostra di avere una qualche con- sapevolezza, mediante il riferimento - sia pure ellittico - all’inciso "se del caso" nell’art . 20 .2 cod . proc . pen ., per l’eventualità che alla declaratoria del difetto di giurisdizione debba accompagnarsi l’ordine di trasmissione degli atti all’autorità competente (com’è chiarito nella Relazione al testo definitivo, p . 167), nonché in virtù delle previsioni contenute nelle disposizioni degli artt . 606 .1 lett . a) e 620 lett . c) c .p .p ., le quali, riproponendo sostanzial- mente gli artt . 524 n . 2 e 539 n . 3 cod . proc . pen . abrogato, riguardano lo specifico vizio del c .d . "eccesso di potere giurisdizionale" come motivo di ricorso per cassazione che giustifica l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata.

Corollario di lineare conseguen- zialità logico-giuridica di siffatto ragionamento è che il provvedimento de quo, in quanto pronunciato da un soggetto giusdicente affatto privo di giurisdizione penale e per ciò non legittimato a giudicare sul tema in esame (lo stesso sarebbe a dirsi qualora, viceversa, fosse il giudice penale a pronunziarsi in ordine a materie attribuite in via esclusiva alla potestà di cognizione e di decisione degli organi della giurisdizione civile), resta non eseguibile e denunciabile in ogni tempo, senza termini di decadenza, con un’azione destinata a risol- versi in una pronuncia di accertamento della sua intrinseca natura di atto giuridicamente inesistente, che comporta la rilevabilità d’ufficio e - a differenza di quanto ritenuto per il provvedimento abnorme - la non convalescenza del vizio neppure per effetto del formarsi della cosa giudicata (Cass ., Sez . U, 9 .7 .1997, Quarantelli, e 26 .4 .1989, Goria, citt .) .

Di talché, l’ordinanza del tribunale civile di Roma in esame, sebbene non impugnata mediante ricorso per cassazione da alcuna delle parti che avevano la facoltà d’impugnarla, non ha tuttavia acquisito, siccome giuridicamente inesistente, il crisma della definitività e dell’irrevocabilità, con l’efficacia propria del giudicato in ordine alla sagoma dei diritti soggettivi azionati nella relativa procedura incidentale: situazione questa dalla quale sarebbe dovuta invece conseguire ex adverso, una volta formatosi il giudicato pure sotto il profilo della giurisdizione e della competenza del giudice che ha deciso la causa nel merito, la declaratoria d’inammissibilità del conflitto per carenza del necessario requisito dell’attualità (Cass ., Sez . U, n . 4 del 23/1/1971, Femio; Sez . I, 25 .3 .1991, Ciabattoni, rv . 186955; Sez . I, 8 .10 .1992, Caracciolo, rv . 193166; Sez . I, 19 .1 .1993, Tedesco, rv . 193086; Sez . I, 25 .5 .1994, Dursun, rv . 198423)” .


4. Art 264 cod. pen. mil. Pace, art. 103 Cost. e art. 13, comma 2, cod. proc. pen.

Il regime del riparto tra quelle che sono abitualmente indicate come “le due giurisdi- zioni” in caso di reati connessi è oscillato da sempre tra il principio di prevalenza della giu- risdizione militare e quello inverso . Nel codice Rocco si estendeva la giurisdizione militare anche a soggetti “estranei” e a fattispecie che non tutelavano interessi militari.

Con l’entrata in vigore della Costituzione, quella prevalenza divenne inconciliabile con l’art . 103 Cost ., e vi pose fine la l . 23 .3 .1956, n . 167 che riscrisse l’art . 264 cod . pen . mil . pace, che regola la connessione tra reati comuni e militari, riconoscendo alla giurisdizione ordinaria quella vis actractiva fino ad allora attribuita alla giurisdizione militare . Nell’attuale codice di rito, la prevalenza della giurisdizione ordinaria, risulta “temperata” dalla regola (art . 13, co . 2, cod . proc . pen .) per cui la connessione opera solo quando il reato comune è più grave di quello militare; regola che mira ad evitare una riduzione eccessiva della giurisdizione militare, alla luce di un principio di ragionevolezza cui compie espresso riferimento l’ordinanza della Corte Costituzionale n . 204 del 2001.

Infatti, come è stato rilevato anche da Sez . U, n . 5135 del 25/10/2005, dep . 2006, Maldera, Rv . 232661-01, il codice di rito vigente ha modificato radicalmente la disciplina della con- nessione tra reati di competenza del Giudice ordinario e reati di competenza del Giudice militare, quasi capovolgendola.

L’art . 13, comma 2, cod . proc . pen . stabilisce, al riguardo, che «fra reati comuni e reati militari la connessione dei procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall’art . 16, comma 3, cod . proc . pen.

In tale caso, la competenza per tutti i reati è del Giudice ordi- nario» . Ne risulta così una regolamentazione nella quale, da un lato, rientrano i casi, prima non previsti, del concorso formale e del reato continuato (costituendo ipotesi di connessione comprese nell’art . 12, comma 1 lett . b, cod . proc . pen ., relativi a reati comuni e reati militari, ma «soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare»), e, dall’altro, sono esclusi casi già previsti dall’art . 264 cod . pen . mil. Pace, come quelli dei delitti com- messi da più persone «in concorso tra loro, o da più persone in danno reciprocamente le une delle altre» .

Gli autori che hanno commentato la nuova disposizione hanno generalmente ritenuto che essa regolasse interamente la materia, con l’effetto di abrogare, a norma dell’art . 15 delle dispo-sizioni sulla legge in generale, quella precedente dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace, e nello stesso senso si è inizialmente orientata la giurisprudenza della Corte di cassazione .

La prima espressione di questo orientamento è rappresentata da Sez . 1, n . 12782 del 23/11/1995, De Marco, Rv . 203165-01, che, in presenza di un’imputazione di furto militare aggravato commesso in concorso con un civile, ha ritenuto infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione del Tribunale militare senza dubitare che ormai la regola sui rapporti tra giurisdizione ordinaria e giuri- sdizione militare per ragioni di connessione fosse rinvenibile unicamente nell’art . 13 comma 2, cod . proc . pen . L’attribuzione al Tribunale militare del furto militare commesso in concorso con un civile è stata infatti giustificata con la considerazione che «la connessione di procedimenti prevista dall’alt . 13 cpv . cod . proc . pen . - che determina l’attribuzione di giurisdizione al giudice ordinario - opera solo nel caso che ci si trovi in presenza di reati comuni e di reati militari e che uno dei reati comuni sia più grave rispetto a quello militare». «Diverso - secondo la sentenza - è il caso di un unico fatto delittuoso commesso in concorso da un civile e da un militare, i cui elementi integrano soggettivamente e oggettivamente gli estremi di un reato militare. In tale ipotesi, trattandosi di un unico reato, non opera la connessione prevista dall’art . 13 cpv . cod . proc . pen ., che richiede la presenza di più reati diversi» . Sez . 1, n . 1399 del 15/12/1999, dep . 2000, Moccia, Rv . 215228-01 è stata ancora più chiara, con l’affermazione che «l’art . 264 cod . pen . mil . Pace, modificato dalla l . 23 marzo 1956, n . 167, art . 8, che prevedeva la competenza dell’autorità giudiziaria in caso di concorso di più persone nel reato e di nesso teleologico tra reati, risulta abrogato dalla successiva disposizione del codice di procedura penale del 1988» .

Successivamente, però, nella giurisprudenza della Corte di cassazione sono emersi orien- tamenti diversi, secondo i quali l’art . 264 cod . pen . mil . Pace e l’art . 13, comma 2, cod . proc . pen ., disciplinano fattispecie non del tutto omogenee, posto che l’art . 264 riguarda soltanto le ipotesi di delitti e non di reati in genere, come è previsto dall’art . 13 cod . proc . pen ., comma 2, e che i casi di connessione previsti dal codice militare sono parzialmente diversi da quelli indicati dall’art . 12 cod . proc . pen . Secondo Sez . 1, ord . n . 4527 del 20/1/2005, Rv . 230437 «la lettura della disposizione del codice rivela inequivocabilmente che all’art . 13, comma 2, non ha affatto abrogato l’art . 264 cod . pen . mil . Pace e che il suo campo di applicazione è unicamente circoscritto alla delimitazione della vis attractiva nella giurisdi- zione ordinaria di tutti i casi di connessione prefigurati dall’art . 264 cod . pen . mil . Pace.

Il coordinamento tra le due disposizioni rende, dunque, evidente che l’art . 13 segna un limite all’operatività della disposizione dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace, nel senso che quest’ultima norma, che sancisce la prevalenza della giurisdizione ordinaria su quella militare, non si applica quando il reato più grave sia quello militare» .

Secondo la sentenza suddetta, l’art . 13 cod . proc . pen ., comma 2, presuppone una pluralità di reati mentre nel caso del concorso di persone «il reato è unico» e si determina una fattispecie che non può essere regolata da tale articolo; perciò, a norma dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace, «deve trovare piena espli- cazione la regola generale della devoluzione della cognizione dei procedimenti connessi alla giurisdizione ordinaria, in totale sintonia con la disciplina dell’art . 103 Cost ., comma 3 .

Per contro la decisione ha considerato incompatibile con la normativa del nuovo codice la parte finale del secondo comma dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace (che dava alla Corte di cassazione il potere di “ordinare per ragioni di convenienza, con la sentenza, la separazione dei procedimenti”) e l’ha ritenuta “senz’altro abrogata a norma dell’art . 15 disp . gen . ».

Del resto, le stesse Sezioni Unite, 14 dicembre 1994, n . 1684, p .c . in proc . Trombetta, rv . 200041 avevano affermato che con il nuovo codice di rito “non può ritenersi l’abrogazione tacita di una disposizione normativa, non esplicitamente abrogata dal legislatore, ove non sia dimostrata la sua assoluta incompatibilità con norme sopravvenute . Tanto discende anche “dal cor- rente canone interpretativo, secondo il quale lex posterior generalis non derogat priori speciali”.

Con una pronuncia ancora successiva la Prima sezione della Corte (Sez . 1, n . 16439 del 3/3/2005, Tria, Rv . 231578-01) ha ribadito il “nuovo” orientamento aggiungendo che «il problema dell’abrogazione, totale o parziale, dell’art . 264 non ha decisiva influenza sulla definizione della questione relativa alla giurisdizione in caso di concorso di civili e di militari nello stesso delitto militare, per la precisa ragione che, una volta escluso che tale situazione rientri nell’ambito di operatività dell’art . 13 codice di rito, comma 2, è inevitabile riconoscere che la soluzione accolta dalla uniforme giurisprudenza di questa Corte discende direttamente dall’art . 103 comma 3 della Carta fondamentale . La piena fondatezza di tale enunciato risulta evidente quando si considera che la Corte costituzionale ha costan- temente affermato la regola della tassatività della giurisdizione speciale e della prevalenza della giurisdizione ordinaria» .

Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione parrebbero emersi dunque tre orientamenti:

1) l’art . 13 comma 2, cod . proc . pen . ha determinato l’abrogazione dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace e non vi sono casi di attribuzione di procedimenti connessi all’autorità giudiziaria ordinaria diversi da quello in cui «il reato comune è più grave di quello militare»; perciò nel caso di concorso nel reato militare di persone civili e di persone militari la giurisdizione rispetto a queste ultime è del Giudice militare;

2) l’art . 13, comma 2, cod . proc . pen . non ha determinato l’abrogazione dell’art . 264 cod . pen . mil . Pace; le due disposizioni risultano collegate e in applicazione della seconda nel caso di concorso nel reato militare di persone civili e di persone militari la giurisdizione per tutte è del Giudice ordinario;

3) l’art . 13, comma 2, cod . proc . pen . presuppone una pluralità di reati, comuni e militari, ed è quindi inapplicabile nel caso di concorso nel reato militare di persone civili e di persone militari; in questo caso l’attribuzione al Giudice ordinario della giurisdizione rispetto a tutti i concorrenti «discende direttamente dall’art . 103 comma 3 della Carta fondamentale» .

Il terzo orientamento tende a semplificare la questione: non sarebbe necessario stabilire se l’art . 264 cod . pen . mil . Pace è stato o meno abrogato, perché sarebbe la stessa norma costituzionale a fare escludere la giurisdizione del giudice militare, in favore di quello ordi- nario, nel caso di concorso di persone nel reato . Questa conclusione però si basa su un’interpretazione dell’art . 103, comma 3, Cost . resa difficoltosa dalla lettera della disposizione e dalla ricostruzione normativa che ne ha fatto la Corte costituzionale.

Se si leggono in modo coordinato le diverse decisioni della Corte intervenute nel tempo parrebbe infatti doversi concludere nel senso che la disposizione costituzionale, da un lato, non assegna alla giurisdizione dei Tribunali militari un carattere di inderogabilità e impedisce l’attribuzione a questa giurisdizione di reati che non siano militari o non siano commessi da appartenenti alle Forze armate, e dall’altro, però, non impone alcuna specifica soluzione nel caso di pro- cedimenti connessi e ne rimette la disciplina alla discrezionalità del legislatore.


5. La decisione delle Sezioni Unite

Secondo l’informazione provvisoria n . 19 del 2021 della Corte, all’udienza del 25 .11 .2021 le Sezioni Unite hanno ritenuto che, posto che il riparto di potestà in questione attiene alla giurisdizione e non alla competenza, anche il precetto di cui all’art 13, comma 2, cod . proc . pen . si inquadra nel medesimo riparto, con la conseguenza che la sua violazione integra un difetto di giurisdizione, deducibile o rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art . 20 cod . proc . pen .

Nel momento di redazione del presente testo, le motivazioni della decisione non sono state ancora depositate, ma la soluzione al quesito appare chiara.


Sentenze della Corte di cassazione

Sez . U, n . 4 del 23/1/1971, Femio, Rv . 118019

Sez . 1, n . 1477 del 25/3/1991, Ciabattani, Rv . 186955

Sez . 1, n . 3928 del 8/10/1992, Caracciolo, Rv . 193166

Sez . 1, n . 177 del 19/1/1993, Tedesco, Rv . 193086

Sez . 1, n . 2495 del 25/5/1994, Dursun, Rv . 198423

Sez . U, n . 1684 del 14/12/1994, p .c . in proc . Trombetta, Rv . 200041

Sez . 1, n . 12782 del 23/11/1995, De Marco, Rv . 203165-01

Sez . 1, n . 1399 del 15/12/1999, dep . 2000, Moccia, Rv . 215228-01

Sez . U, n . 25 del 24/11/1999, dep . 2000, confl . in proc . Di Dona, Rv . 214694 Sez . 1, n . 36418 del 21/5/2002, Vito, Rv . 222526

Sez . 1, ord . n . 4527 del 20/1/2005, Pm in proc . Cimoli, Rv . 230437

Sez . 1, n . 16439 del 3/3/2005, Tria, Rv . 231578-01

Sez . U, n . 5135 del 25/10/2005, dep . 2006, Maldera, Rv . 232661-01

Sez . 1, n . 4060 del 08/11/2007, Sommer e altri, Rv . 239185

Sez . 1, n . 44514 del 28/9/2012, Nacca, Rv . 253825

Sez . 1, n . 3975 del 28/11/2013, dep . 2014, Giantesani, n .m .

Sez . 1, n . 5680 del 15/10/2014, dep . 2015, D’Ambrosio, Rv . 262461

Sez . 1, n . 23372 del 15/5/2015, Miceli, Rv . 263616

Sez . fer ., n . 47926 del 24/08/2017, Cardaropoli, Rv . 271058

Sez . 1, n . 48461 del 9/9/2019

Sez . 1, n . 25352 del 15/1/2019 n .m .

Sez . 1, n . 11619 del 26/2/2021 n .m .



Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ufficio del Massimario Rassegna della giurisprudenza di legittimità Gli orientamenti delle Sezioni Penali Anno 2021 VOLUME II

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