Tribunale Nola, 27/07/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 27/07/2021), n.929
Giudice: Arnaldo Merola
Reato: 56,629 c.p.
Esito: Condanna (anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 300.00 di multa)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Il Giudice, dott. Arnaldo Merola, alla pubblica udienza del 28 aprile
2021 ha pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
(...), nato a Cercola il (...). residente in Birkirkara (Malta), (...)
(domicilio eletto per le notifiche ai sensi dell'art. 161 c.p.p. come
da verbale del 30 gennaio 2019, in atti) libero - già presente
difeso di fiducia dall'avv. (...) del foro di Nola (come da nomina
pervenuta il 30 gennaio 2019. in atti)
IMPUTATO
del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 56, 629, comma 1, C.P., perché,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in quanto
amministratore di fatto della società "(...) Srl unipersonale", al fine
di trarne un ingiusto profitto, mediante minaccia consistita nel
prospettare a (...) e a (...) - dipendenti della predetta società - la
conclusione del rapporto lavorativo, in caso di mancata emissione di una
cambiale, del valore di 10.000 euro per (...) e di 5.000 euro per (...),
a garanzia del leale comportamento degli stessi quanto alla gestione del
denaro incassato, poneva in essere atti idonei diretti in modo non
equivoco a costringere le persone offese ad emettere in suo favore le
cambiali anzidette e così a procurarsi un ingiusto profitto con altrui
danno, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla sua volontà
(nella specie le persone offese decidevano di opporre rifiuto alla
richiesta che conduceva al successivo licenziamento delle stesse); In
Casalnuovo di Napoli, 13.6.18.
PARTI CIVILI
(...) rappresentato dal procuratore speciale Avv. (...)
(...) rappresentato dal procuratore speciale Avv. (...)
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in sede in data 8 luglio 2019. (...) veniva tratto a giudizio per rispondere del reato in epigrafe indicato.
All'udienza del 29 novembre 2019, il giudice, accertata la regolare costituzione delle parti, e disposto procedersi in assenza dell'imputato, ritualmente citato e non comparso, dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva i mezzi di prova orali e documentali richiesti dalle parti. Si procedeva, poi, all'escussione del teste. (...). Con il consenso delle parti sì acquisivano il CD e la documentazione, ancor prima sottoposti in visione al teste al fine del riconoscimento. All'esito, il processo veniva rinviato per il controesame del teste da parte della difesa.
L'udienza del 13 marzo 2020 subiva un rinvio d'ufficio a causa dell'emergenza derivante dalla diffusone del virus "COVID-19"
All'udienza del 25 settembre 2020. si procedeva, quindi, al controesame del teste (...) e all'esame del teste (...). All'esito, il processo veniva rinviato in prosieguo. All'udienza del 9 dicembre 2020, si procedeva all'escussione dei testi. Isp. (...) e (...). Con il consenso delle parti, si acquisivano, inoltre, copia della cambiale e verbale di interrogatorio. All'esito, il giudice rinviava il processo per l'esame dell'imputato e l'escussione dei testi della difesa.
All'udienza del 12 marzo 2021. revocata l'ordinanza con cui si era disposto procedersi in assenza dell'imputato, si procedeva al suo esame. Si procedeva, inoltre, all'escussione del teste (...), Con il consenso delle parti si acquisiva la contestazione dell'addebito nei confronti del teste (...). All'esito, il processo veniva rinviato per la sola discussione.
All'odierna udienza, acquisito il verbale di udienza preliminare dal quale si evinceva il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato avanzato dalla difesa, il giudice, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale e utilizzabili tutti gli atti processuali contenuti nel fascicolo dibattimentale, dava la parola alle parti, che rassegnavano le conclusioni in epigrafe riportate, sulla base delle quali pronunciava la sentenza di cui al dispositivo allegato.
Diritto
Motivi della decisione
Osserva il giudicante che, alla luce degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e dell'attività istruttoria espletata, vada affermata la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui ascritto in rubrica.
Tale decisone si fonda sulla valutazione complessiva degli elementi probatori acquisiti e, in particolare, sulle dichiarazioni rese dalle persone offese, (...) e (...), che hanno superato positivamente il rigido vaglio di credibilità e di attendibilità cui questo giudice le ha sottoposte.
Il (...) riferiva di essere stato impiegato per circa 9 anni e, precisamente, fino al giugno del 2018 presso la società "(...)", sita in Casalnuovo di Napoli alla via (...): durante il periodo in questione rappresentante legale della suddetta società, che operava nel campo dell'erogazione del carburante, era (...) e dipendenti della stessa erano le due persone offese. (...) e (...), e (...), che, in qualità di responsabile, sì occupava di tutto ciò che concerneva gli aspetti contabili della società. In proposito, il teste precisava che il (...) aveva preso in gestione l'attività stipulando un contratto di comodato con (...) e con il di lui padre, proprietari dell'intera struttura nella quale insisteva anche la società in questione. Con riguardo all'episodio del 13 giugno 2018, oggetto del presente procedimento, il (...) dichiarava in premessa di essere solito praticare, in accordo con gli altri due colleghi, dei "sospesi" ai clienti abituali del distributore: quindi, riferiva che, durante il turno di lavoro, era stato avvicinato da (...), il quale, in presenza di (...), anch'esso di turno in quel momento, aveva comunicato lo smarrimento della busta del (...) - cliente abituale della struttura che era solito pagare la fornitura di carburante con assegni rilasciati a cadenza quindicinale - che conteneva novecento euro in contanti e un assegno da mille euro. Appresa la notizia, i due uomini si erano subito messi alla ricerca della busta contenente il denaro, senza però alcun risultato. A quel punto, il (...), nel tentativo di riparare immediatamente il danno e, quindi, di evitare che il (...) o il (...)
venissero a conoscenza della vicenda, aveva proposto a (...) e a (...) di ripartire tra loro la somma perduta, sborsando la cifra di euro 300,00 ciascuno. Sennonché, di fronte al ritinto dei due col leghi, che, ritenendosi estranei ai fatti, non intendevano pagare, trovatosi senza alcuna soluzione alternativa da adottare, il (...) era stato costretto a recarsi dal (...), per informarlo della questione e. terminato l'incontro, aveva avvisato ì colleghi che, uno alla volta, avrebbero dovuto raggiungere l'ufficio del titolare, che aveva manifestato l'intenzione di parlare con loro. Il (...) forniva a questo punto i dettagli della conversazione avvenuta con il (...): quest'ultimo, con fare minaccioso, gli aveva intimato di stipulare una cambiale di euro 10.000,00. a titolo di garanzia per futuri ed eventuali ammanchi, avvertendolo che. in mancanza, vi sarebbe stata la cessazione del relativo rapporto di lavoro. Ritenendosi estraneo al fatto in contestazione e. più in generale, alle questioni di contabilità, che a suo giudizio rientravano invece nelle competenze del responsabile della società, l'uomo, che non considerava giusto dover firmare una cambiale a fronte di eventuali ammanchi di cassa dato il suo ruolo di semplice impiegalo, si era rifiutato e tale rifiuto, a suo dire, gii era costato il posto di lavoro, producendo come conseguenza diretta e immediata il suo licenziamento (cfr. contestazione di addebito del 13 giugno 2018, m atti). In merito a tale ultima circostanza, il teste precisava che. ancor prima di recarsi nell'ufficio del (...), il (...), saputa dal (...) la questione delle cambiali, aveva prontamente registrato con il suo cellulare l'intera conversazione con il (...). Escussa in dibattimento, l'altra persona offesa, (...), confermava a grandi linee quanto riferito dal (...). Il (...), infatti, affermava di essere stato dipendente della società "(...) s.r.l. unipersonale" fino al 13 giugno 2018 e di aver sempre ottemperato alle direttive impartite da (...), in qualità di suo datore di lavoro, e da (...), in qualità di responsabile. Circa l'episodio in contestazione, l'uomo riferiva di essere stato avvisato dal (...) della perdita di una busta, depositata in cassaforte, contenente la somma di 900.00 euro in contanti e un assegno da 1.000.00 euro; questi, infatti, specificava che tutte le somme ricevute dai clienti come corrispettivo per l'erogazione de! carburante venivano conservate dall'operatore di turno e poi. effettuato il conteggio della cassa volto a evitare eventuali ammanchi, venivano depositate dal responsabile. (...), in cassaforte. alla quale però avevano accesso anche gli altri due dipendenti. Poiché, nonostante l'impegno profuso, i tre uomini non avevano ritrovato la busta in questione, il (...) era stato presto convocato dal (...), il quale, saputa la notizia della sparizione del denaro, gii aveva rappresentato che il rapporto di lavoro tra di essi sarebbe continuato solo laddove avesse firmato una cambiale del valore di 5.000.00 euro a titolo di garanzia e. di fronte al suo rifiuto di piegarsi al ricatto, il predetto lo aveva immediatamente licenziato (cfr. contestazione di addebito al (...) del 13 giugno 2018, in atti). A quel punto, il teste riferiva di aver comunicato l'accaduto al collega (...), il quale aveva prontamente registrato con il proprio cellulare, conscio di quello che ne sarebbe stato il contenuto, la conversazione con l'odierno imputato.
La versione dei fatti fornita dalle persone offese ha trovato conferma nelle dichiarazioni rese dall'Isp. (...), in servizio presso la Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Nola, il quale riferiva di aver posto in essere una serie di attività delegate dalla Procura e, in particolare, di essersi occupato della trascrizione di due conversazioni allegate alla denuncia: nella prima, l'odierno imputato richiedeva al (...) di firmare, pena il licenziamento, una cambiale dell'importo di 10.000,00 euro a garanzia di futuri ammanchi, dal momento che quest'ultimo, durante il turno di lavoro, maneggiava denaro che poi sarebbe confluito nelle casse del (...); nella seconda conversazione, invece, il (...) chiedeva alle due persone offese di firmare le dimissioni, rappresentando loro che. in mancanza, queste sarebbero comunque pervenute tramite posta.
Le dichiarazioni delle persone offese hanno trovato ulteriore riscontro nelle due riprese audio fornite dal (...) in sede di denuncia/querela dalle quali, estrapolando il contenuto delle conversazioni, si evince l'atteggiamento prepotente e aggressivo assunto dal (...) nei confronti dello stesso nonché il tenore di tali dichiarazioni, le quali corrispondono a quanto dichiarato in precedenza dalle persone offese. Infatti, dalla prima conversazione intercorsa tra i due, le dichiarazioni del (...) erano dirette a estorcere al (...) la stipula di una cambiale, come garanzia del fatto che questi, unitamente al (...), maneggiasse denaro altrui durante il proprio turno di lavoro ("tu la firmi o non la firmi?"; "tu si vuo tene e sold man a firmà sta cambial sennò te ne puoi andare, posa le chiavi e finiamola", "scendi giù, posa le chiavi e chiudiamo il rapporto"). E ancora, dichiarando il (...) tutta la sua estraneità nella vicenda e chiedendo le condizioni della cambiale, il (...) continuava asserendo: natavot? Se tu vuoi tenere i soldi del distributore, che vuoi mettere la benzina e cos, o m puort l'assegn o mi firmi la cambiale"; "la cambiale è a garanzia, se tu non mi porti i soldi, che vendi, ti metti i soldi e te ne fuggi, automaticamente io la passo dal notaio e te la faccio protestare e poi ti faccio l'azione legale"; "tu sei responsabile del tuo turno e tieni i soldi in mano sennò non puoi toccare i soldi. Poiché a me non serve un operaio che non può toccare i soldi, pertanto io te ne mando. Molto semplice, consegna le chiavi, consegna a divis, tutt cos e ci sentiamo, va bene? Quest'è, quest'è tutto"; "sennò te piglij na denuncia fatta da (...) che te arrubbat e sold". Dalla seconda conversazione, invece, si evinceva quello che era il motivo per il quale i due erano stati licenziali e cioè per la mancata stipula della cambiale. Infatti, al rifiuto da parte delle persone offese di firmare quanto sottopostogli dal (...), questi con fare arrogante e minaccioso comunicava a loro che comunque avrebbero ricevuto tutta la documentazione tramite posta per permettere loro di porre in essere le rispettive contestazioni.
In dibattimento è stato, poi, escusso (...), il quale confermava di aver lavorato presso l'impianto in questione dal 2006 al giugno 2018, data in cui, prima ancora che si verificasse la vicenda oggetto del presente procedimento, aveva deciso di rassegnare le proprie dimissioni. L'uomo riferiva di essere divenuto responsabile dell'impianto a seguito di una specifica richiesta in tal senso rivolta sia al (...) sia ai (...), i quali vi avevano acconsentito a patto che il predetto firmasse - come poi era effettivamente avvenuto - una cambiale a titolo di garanzia, che gli era stata riconsegnata al termine del rapporto di lavoro (ricevuta con copia di cambiale in bianco, in atti). 11 (...) specificava, inoltre, che, pur essendo il (...) l'amministratore di fatto della società, quando questi non era presente, il (...) ne faceva le veci, mediando fra il (...) e ì dipendenti del distributore. In riferimento all'episodio oggetto del presente procedimento, il teste riferiva che. mentre si accingeva, come ogni mattina, a consegnare ai (...) l'incasso del giorno precedente, aveva notato che in cassaforte non era più presente la busta, contenente un assegno e la somma di 900,00 euro in contanti, di un cliente, il quale, pagando con cadenza mensile, era solito rilasciare ai dipendenti del distributore un assegno a titolo di garanzia. Portati a conoscenza di ciò, il (...) e il (...), pur ritenendosi estranei alla vicenda, si erano subito messi alla ricerca del danaro smarrito, ma non l'avevano ritrovato. A quel punto, il (...), precisando che all'interno dell'ufficio non vi erano telecamere di sorveglianza e che nell'immediato non aveva trovato altra soluzione che informare della vicenda il (...), aveva comunicato a quest'ultimo che, essendo già dimissionario, non intendeva ricoprire per i pochi giorni rimasti i! ruolo di responsabile. Va detto comunque che. prima ancora di recarsi da! (...), il (...) aveva proposto, invano, alle persone offese di ripartire tra loro la somma smarrita e quanto all'assegno, di comunicare quanto accaduto alla persona interessata affinché ne denunciasse lo smarrimento.
Già nel corso delle indagini preliminari, il (...), sottopostosi a interrogatorio, si professava del tutto innocente rispetto alle condotte a lui contestate. L'uomo, che precisava di essere il figlio del proprietario dell'impianto e di non aver alcun ruolo all'interno della società "(...)", asseriva, infatti, che, quando il (...), suo intimo amico, era assente, egli era solito custodire nel suo ufficio, sito nelle immediate vicinanze dell'impianto, l'incasso del giorno precedente, che il (...) gli consegnava ogni mattina in attesa clic arrivasse il predetto, il quale si occupava di versare poi in banca tali somme. Circa l'episodio dal quale scaturisce ti processo, invece, l'imputato riferiva di esservi stato coinvolto proprio dal (...); quest'ultimo, infatti, appresa la volontà del (...) di rinunciare al ruolo di responsabile a seguito dell'ammanco di cassa, aveva chiesto al (...) di parlare con le due persone offese per offrire loro il ruolo vacante, peraltro con le medesime garanzie fideiussorie a cui lo stesso (...) aveva dovuto sottostare, avvisandole che, se avessero rifiutato, rimpianto sarebbe stato chiuso per l'assenza del responsabile. E proprio quest'ultima ipotesi, secondo quanto riferito dall'odierno imputato, sì era verificata: avendo il (...) e il (...) rifiutato la proposta, l'impianto era stato chiuso e i due dipendenti avevano perso il lavoro (cfr. verbale di interrogatorio del 7 maggio 2019, in atti).
Sentito in dibattimento, il (...), oltre a confermare quanto già dichiarato in sede di interrogatorio, aggiungeva - peraltro in contrasto con il contenuto della conversazione registrata, dalla quale si evince che il rifiuto del ruolo di responsabile avrebbe avuto quale immediata conseguenza il licenziamento automatico delle persone offese - che l'assunzione del ruolo di responsabile da parte di almeno uno dei due dipendenti rimasti era una condizione necessaria per evitare la chiusura dell'impianto, che. in mancanza di tale figura, non avrebbe potuto continuare a funzionare, se non in regime di self service. L'imputato precisava, inoltre, che per diventare responsabile della struttura era necessaria la stipula di una cambiale del valore di 10,000.00 euro, che poteva essere sottoscritta o da una sola delle persone offese o da entrambe, dividendo, in quest'ultimo caso, la somma in due cambiati del valore di 5.000,00 euro ciascuna.
Tale tesi è stata sostenuta anche dal teste della difesa, (...), amministratore della società "(...)" a seguito di un accordo commerciale posto in essere con il proprietario dell'intera struttura. Fi.Gi., padre dell'odierno imputato, e le società petrolifere, in virtù del quale il (...) non pagava il canone di locazione al (...), che otteneva, invece, delle provvigioni sui guadagni del distributore di carburante. Riguardo al rapporto con l'odierno imputato, il (...), clic diceva di conoscerlo da oltre trent'anni. confermava che questi, in sua assenza, si preoccupava di custodire gli incassi derivanti dalla gestione dell'impianto. In riferimento poi all'episodio del 13 giugno, l'uomo riferiva di aver appreso la vicenda dal (...), il quale, dopo avergli rappresentato quanto accaduto, aveva manifestato la volontà di non ricoprire più il ruolo di responsabile. Il (...), trovatosi senza responsabile e non avendo recuperato la busta contenente il denaro e l'assegno, aveva subito pensato di chiudere l'attività. Tuttavia, prima di rendere effettiva questa decisione, si era rivolto al (...) affinché questi offrisse alle persone offese il posto lasciato vacante dal (...). Fallito anche questo tentativo, stante il rifiuto del (...) e del (...), il (...) aveva allora deciso di chiudere temporaneamente lo stabilimento, sospendendo l'attività lavorativa per tutto il tempo necessario, circostanza quest'ultima che peraltro non si era mai realizzata in quanto il (...), pur avendo rassegnato le dimissioni, si era convinto a restare a condizione che il (...) trovasse un degno sostituto e gli permettesse di lavorare in totale autonomia, senza le persone offese. Quindi, poiché dall'inventario eseguito sull'impianto emergeva un ammanco di ulteriori 6.000.00 euro, che si aggiungevano al danno provocato dalla perdita della busta, il predetto, attraverso il proprio commercialista, si era determinato a licenziare il (...) e il (...).
Circa l'effetto cambiario firmato dal (...), il teste, premettendo di essersi confrontato con altri gestori del settore, dichiarava di aver stipulato con questi una sorta di "effetto a garanzia" volto a coprire eventuali ammanchi all'interno dell'impianto, che fino a quel momento non era mai stato azionato in quanto non vi erano mai state anomalie nella gestione. Ora nel caso in questione, sebbene il (...), in qualità di responsabile e gestore dell'impianto nonché firmatario dell'effetto cambiario, avrebbe dovuto rispondere dell'ammanco di circa 6.000.00 euro risultato dall'inventario, i! (...), anziché azionare l'effetto cambiario nei confronti del predetto per recuperare la somma perduta, aveva, invece, preferito licenziare il (...) e il (...), ritenendo il primo estraneo a tale vicenda.
Confermando, infine, quanto dichiarato in precedenza dal (...) circa l'episodio in contestazione, il (...) riferiva che l'obiettivo della richiesta era quello di spingere le persone offese, in mancanza del (...) e previa la stipula di una cambiale come garanzia, a ricoprire il ruolo di responsabile: a suo dire, tale garanzia era infatti necessaria per evitare la chiusura dello stabilimento, essendo la figura del responsabile indispensabile ai fini della prosecuzione dell'attività.
Tanto premesso, a parere di questo giudice l'ipotesi accusatoria ha trovato pacifico conforto nelle risultanze istruttorie e per tale ragione va senza dubbio affermata la penale responsabilità dell'odierno imputato per ì fatti che sono a lui ascritti in rubrica.
Come già evidenziato in premessa, le dichiarazioni rese dalle persone offese hanno positivamente superato il vaglio di attendibilità intrinseca ed estrinseca, essendo risultate assolutamente genuine, credibili e coerenti, oltre ad essere riscontrate dalla documentazione prodotta agli atti. Va in merito ricordato che è assolutamente consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui la testimonianza della persona offesa ben può costituire una fonte di convincimento, ancorché esclusiva, per il giudice, anche se. per essere posta a fondamento di un giudizio di colpevolezza, essa deve essere sottoposta ad un rigoroso vaglio critico della sua attendibilità, sia intrinseca che estrinseca, al fine di escludere che sia l'effetto di mire deviatrici (in tal senso, cfr. Cass., Sez. I, 24 settembre 1997, n. 8606). In sostanza, alla persona offesa è riconosciuta la capacità di testimoniare a condizione che la sua deposizione, non immune da sospetto per essere la stessa portatrice di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato, sia ritenuta veridica, dovendosi a tal fine far ricorso all'utilizzazione ed all'analisi di qualsiasi elemento di riscontro o di controllo ricavabile dal processo (cfr. Cass., Sez. V, 3 novembre 1992, n, 839; Cass., Sez. 11. 24 settembre 2015, n. 43278). E, però, anche opportuno precisare che. non configurando il dettato normativo alcuna pregiudiziale di natura ontologica alla utilizzabilità della stessa deposizione quale prova ex se esaustiva per la affermazione della responsabilità penale, eventuali riscontri estrinseci, se acquisiti, non devono necessariamente presentare le connotazioni che si richiedono per la verifica della chiamata in correità (e cioè, in sintesi, la convergenza con altri elementi di natura indiziaria e la portata individualizzante o specifica del riscontro, che deve riguardare, nel caso di chiamata, sia la persona dell'incolpato, che le imputazioni a lui ascritte).
Ebbene, nel caso di specie, i fatti sono stati esposti in maniera chiara e lineare dalle persone offese le quali senza enfatizzare più del necessario il racconto, sono risultate assolutamente prive di alcun
intento calunniatorio nei confronti dell'odierno imputato, ma sincere nella ricostruzione dei fatti, senza incorrere in alcuna contraddizione.
La versione dei fatti fornita dall'imputato e dal teste a discarico, invece, appare a questo giudice assolutamente non credibile e a tratti inverosimile: se come dichiarato dal (...) e dal (...), l'interruzione del rapporto di lavoro costituiva in caso di rifiuto del (...) e del (...) alla stipula della cambiale in garanzia una scelta obbligata attesa l'assenza, in ragione delle preannunciate dimissioni del (...), di un soggetto che assumesse la responsabilità della gestione della cassa, non si spiega perché di tale circostanza non sia stata fatta menzione dal (...) nelle conversazioni intervenute con i due dipendenti, ai quali, invece, come emerge chiaramente oltre che dal toro propalato anche dalla registrazione effettuata dal (...), veniva semplicemente rappresentato che se non avessero firmato la cambiale in garanzia sarebbero stati mandati via.
E soprattutto appare del tutto inverosimile che la ragione del licenziamento delle due persone offese fosse da rinvenirsi nell'ammanco di cassa di circa 6.000,00 euro, accertato nei frangenti successivi all'episodio in contestazione. Ciò in quanto la scelta di interrompere il rapporto di lavoro veniva comunicata già prima al (...) e al (...), conseguentemente al loro rifiuto di firmare la cambiale in garanzia.
Nel caso concreto, le dichiarazioni del (...) e del (...) non risultano contrastate da alcun elemento probatorio, appaiono lineari e credibili e trovano preciso riscontro nella registrazione della conversazione con il (...) effettuata dal (...).
Al riguardo, va evidenziato come per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, "la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d'iniziativa da uno dei partecipi al colloquio, costituisce prova documentale, come tale utilizzabile in dibattimento, e non intercettazione "ambientale" soggetta alla disciplina degli artt. 266 e ss, c.p.p." (Cass., Sez. II, 10 febbraio 2021, n. 12347).
Nel caso di specie, è stato acquisito, dapprima al fascicolo del pubblico ministero e successivamente al fascicolo del dibattimento, il CD-Rom su cui è stata trasferita dalla persona offesa la traccia audio originale, con la conseguenza che tutte le parti e il giudice sono stati messi nelle condizioni di controllare l'affidabilità della prova mediante l'esame diretto del supporto per verificare con certezza sia la paternità della registrazione sia l'attendibilità di quanto da essa documentato. Ebbene, in assenza di elementi che facciano sospettare una possibile alterazione della traccia audio, non residuano dubbi sul fatto che si tratti di una registrazione effettuata su iniziativa della persona offesa e sull'epoca del colloquio, sulla scorta dei riferimenti fatti nel corso della conversazione a circostanze concordemente riferite dai testi escussi.
In conclusione, risultano, quindi, certamente integrati tutti gli estremi del reato di cui agli artt. 56 e 629 c,p., essendo stato provato che il (...) abbia tentato di costringere, dietro espressa minaccia di licenziamento, i due dipendenti dell'impianto di distribuzione di carburante a firmare una cambiale in garanzia dell'importo complessivo di euro 10,000,00, non riuscendo nel suo intento a causa del rifiuto opposto dalle persone offese.
Ebbene, la condotta posta in essere dall'odierno imputato integra tutti gli elementi costitutivi del delitto di estorsione, sia pura nella sua formata tentata, che richiede la coartazione della vittima a fare o omettere qualcosa mediante violenza o minaccia esercitate dall'agente al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
Al riguardo va evidenziato come, per costante giurisprudenza di legittimità, "è indifferente il modo o la forma delta minaccia, quale elemento costitutivo del delitto di estorsione: essa può essere manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orate o scritta, determinata o indeterminata, purché comunque idonea, in relazione alle circostanze concrete, a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo. La connotazione di una condotta come minacciosa e la sua idoneità ad integrare l'elemento strutturale de! reato che ci occupa vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, quali la personalità sopraffattrice dell'agente, le circostanze ambientali in cui lo stesso opera, l'ingiustizia della pretesa, le particolari condizioni soggettive della vittima, vista come persona di normale impressionabilità, a nulla rilevando che sì verifichi una effettiva intimidazione del soggetto passivo" (Cass., Sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 3298). Orbene, nel caso di specie, le circostanze oggettive evidenziate, così come riferite dai testi escussi e riscontrate dalla registrazione effettuata dal (...), configurano pacificamente gli estremi della minaccia (di licenziamento), alla quale l'agente, secondo rimpianto accusatorio, avrebbe fatto cosciente e volontario ricorso, nella consapevolezza di agire "contra ius" e con la finalità di conseguire un profitto ingiusto. Ed invero, la condotta concretamente tenuta, per come emersa dalle risultanze dibattimentali, appare, ad avviso di questo giudicante, idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, atteso il suo effettivo contenuto intimidatorio.
Al riguardo, va evidenziato che l'oggetto della tutela giuridica nel reato di estorsione è duplice, nel senso che la norma persegue l'interesse pubblico all'inviolabilità del patrimonio e, nel contempo, alla libertà di autodeterminazione. L'evento finale della disposizione patrimoniale lesiva del patrimonio proviene, infatti, dalla stessa vittima ed è il risultato di una situazione di costrizione determinata dalia violenza o dalla minaccia del soggetto agente. In particolare il potere di autodeterminazione della vittima non è completamente annullato, ma è, tuttavia, limitato in maniera considerevole: in altri termini il soggetto passivo dell'estorsione è posto nell'alternativa di far conseguire all'agente il vantaggio economico voluto ovvero di subire un pregiudizio diretto e immediato (tamen coactus, voluit).
In questa prospettiva anche lo strumentale uso di mezzi leciti e di azioni astrattamente consentite può assumere un significato ricattatorio e genericamente estorsivo, quando lo scopo mediato sia quello di coartare l'altrui volontà; in tal caso l'ingiustizia del proposito rende necessariamente ingiusta la minaccia di danno rivolta alla vittima e il male minacciato, giusto obiettivamente, diventa ingiusto per il fine cui è diretto (cfr. Cass., Sez. II. 17 ottobre 1973. n, 877). Allo stesso modo la prospettazione di un male ingiusto può integrare il delitto di estorsione, pur quando si persegua un giusto profitto e il negozio concluso a seguito di essa si riveli addirittura vantaggioso per il soggetto destinatario della minaccia (cfr. Cass., Sez. II 28 aprile 1992, n. 1071). Ciò in quanto la nota pregnante del delitto di estorsione consiste nel mettere la persona violentata o minacciata in condizioni di tale soggezione e dipendenza da non consentirle, senza un apprezzabile sacrificio della sua autonomia decisionale, alternative meno drastiche di quelle alle quali la stessa si considera costretta (cfr. Cass., Sez. II, 7 novembre 2000, n. 13043). Si spiega cosi perché la "minaccia", da cui consegue la coazione della persona offesa, possa presentarsi in molteplici forme e ciò che rilevi, al di là delle forme esteriori della condotta, è il proposito perseguito dal soggetto agente, inteso a perseguire un ingiusto profitto con altrui danno, nonché l'idoneità del mezzo adoperato alla coartazione della capacità di autodeterminazione del soggetto agente.
Ciò precisato in via di principio, nel caso di specie, a parere di questo giudicante, la condotta dell'imputato è stata posta in essere nella sola prospettiva di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno, attraverso un comportamento che al di là dell'aspetto formale dell'accordo contrattuale, ha posto concretamente le vittime in uno stato di soggezione, ravvisabile nella alternativa di accedere all'ingiusta richiesta dell'agente o di subire un più grave pregiudizio, quale l'assenza di altre possibilità occupazionali.
Del resto, in casi analoghi, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che. approfittando della situazione del mercato di lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringa i lavoratori, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate, e più in generale condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi" (Cass., Sez. II. 5 ottobre 2007. n. 36642).
Corretta appare, poi. la qualificazione giuridica del fatto ascritto al (...), Al riguardo, infatti, è stato pili volte evidenziato che "in rema di delitti contro la libertà individuale, se la coartazione da parte dell'agente è diretta a procurarsi un ingiusto profitto, anche di natura non patrimoniale, con altrui danno - che rivesta però la connotazione di ordine patrimoniale e consista in ima effettiva "deminutio patrimonii" - ricorre il delitto di estorsione e non quello meno grave di violenza privata" (Cass., Sez. I, 27 ottobre 1997. n. 9958) e che "in tema di delitto di estorsione, l'elemento dell'altrui danno", può essere rappresentato dalla mera emissione di cambiali che. in quanto atti di assunzione di obbligazioni, implicano una giù avvenuta "deminutio patrimonii", indipendentemente dal successivo adempimento" (Cass., Sez. II. 22 novembre 2013, n. 4691).
Ne consegue, pertanto, che ne! caso di specie, in considerazione della pretesa ingiusta azionata dal (...) nei confronti dei due dipendenti e relativa all'emissione a garanzia di una o più cambiali dell'importo complessivo di euro 10.000,00. ben può sussumersi la condotta dell'odierno imputato nella fattispecie di cui agli artt. 56 e 629 c.p.
Peraltro, a nulla rileva, ai fini dell'esclusione della responsabilità del (...), la circostanza dedotta dalla difesa e relativa all'assenza in capo a quest'ultimo della formale qualifica di datore di lavoro. Ciò in quanto, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità. "integra il reato di estorsione, e non di truffa aggravata, la minaccia di un male, indifferentemente reale o immaginario, dal momento che identico è l'effetto coercitivo esercitalo sul soggetto passivo, tanto che la sua concretizzazione dipenda effettivamente dalla volontà dell'agente, quanto che questa rappresentazione sia percepita come seria ed effettiva dalla persona offesa, ancorché in contrasto con la realtà, a lei ignota" {Cass., Sez. II, 18 aprile 2017. n. 21974 - nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la configurazione del delitto di tentata estorsione aggravata da parte della Corte territoriale nella condotta dell'imputato che aveva prospettato ai familiari del defunto la mancata restituzione della salma trafugata dal cimitero, qualora non fosse stato pagato un riscatto, nonostante non avesse in realtà la disponibilità della bara). Ne consegue che la predetta circostanza non rileva nel caso di specie, atteso che dal tenore sia delle dichiarazioni rese dalle persone offese che della conversazione intervenuta con i! (...) e da questi registrata è emerso chiaramente come la rappresentazione del licenziamento sia stata percepita come serie ed effettiva dalle persone offese.
Tanto premesso in ordine alla responsabilità dell'odierno imputato, occorre determinare il trattamento sanzionatone da irrogare nei suoi confronti.
Appaiono concedibili al (...) le circostanze attenuanti generiche in considerazione del comportamento collaborativo tenuto dall'odierno imputato, con evidenti vantaggi in termini di economia processuale, della stia personalità, quale si evince dall'assenza di precedenti penali specifici, e della necessità di meglio adeguare la pena al caso concreto.
Tuttavia, non è possibile riconoscere la diminuente derivante dalla richiesta di definizione del procedimento nelle forme del rito condizionato avanzata in sede di udienza preliminare e rigettata dal giudice procedente, atteso che come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità "la mancata riproposizione, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, della richiesta di giudizio abbreviato condizionato già respinta dal giudice dell'udienza preliminare preclude l'attivazione del meccanismo del sindacato sul provvedimento reiettivo e dell'eventuale riconoscimento del diritto alla riduzione della pena" (Cass., Sez. III. 7 maggio 2009, n. 25983 - fattispecie, come quella di specie, di richiesta riproposta solo in sede di discussione).
Quanto alla commisurazione della pena, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., avuto riguardo specialmente alle modalità dei fatti, si ritiene congruo condannare (...) alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa, cosi determinata: pena base anni due di reclusione ed euro 450,00 di multa, ridotta per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche alla pena inflitta.
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
Sussistono, alla luce delle risultanze del certificato del casellario giudiziale in atti e in mancanza di specifici elementi ostativi, i presupposti formali e sostanziali per la concessione all'imputato dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, permettendolo l'entità della sanzione inflitta e lo stato di incensuratezza del (...), che consente la formulazione di un positivo giudizio prognostico in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati.
Riguardo alla domanda di natura civilistica formulata nel presente giudizio, va osservato che la realizzazione del contestato reato da parte dell'imputato ha indubbiamente provocato un pregiudizio alle persone offese di carattere morale e patrimoniale.
Tuttavia, le prove acquisite non consentono di quantificare l'entità di tale danno e, pertanto, (...) va condannato al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in un separato giudizio. Non potendo ritenersi raggiunta la prova neppure in ordine ad una misura parziale del danno, va rigettata la domanda di condanna al pagamento di una provvisionale formulata dalle parti civili costituite.
Infine, l'imputato, soccombente nel giudizio civile instaurato nell'ambito del processo penale, va condannato al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza affrontate dalle parti civili costituite, (...) e (...), che si liquidano rispettivamente in euro 1.800,00, oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15% e in euro 1.200,00 oltre iVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15%. come per legge, da versarsi, quanto alla posizione di (...) (ammesso al gratuito patrocinio), in favore dello Stato anticipatario. Alta luce dei carichi di lavoro, si fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
PQM
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.. dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e. concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 300.00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Concede all'imputato i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Letti gli artt. 538 e ss. c.p.p., condanna (...) al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio. Rigetta la richiesta di condanna ad una provvisionale immediatamente esecutiva.
Letto l'art. 541 c.p.p. condanna (...) al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute dalla costituita parte civile, (...), che si liquidano in euro 1.800,00 oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15%, come per legge.
Letti gli art. 541 c.p.p., 106-bis e 110 d.p.r. n. ! 15/2002, condanna (...) al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute dalla costituita parte civile. (...), che si liquidano in euro 1.200.00 oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15%, come per legge, da versarsi in favore dello Stato anticipatorio.
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 28 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2021.