Amministratore di fatto e responsabilità per bancarotta fraudolenta: i limiti della qualifica “sintomatica” (Cass. Pen. n. 23672/25)
- Avvocato Del Giudice

- 7 set
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Aggiornamento: 11 set

Indice:
1. Premessa
5. Conclusioni
1. Premessa
La nozione di amministratore di fatto continua a essere terreno di frizione tra esigenze di tutela dei creditori e garanzie di legalità nella responsabilità penale dell’ex organo societario.
La sentenza n. 23672/2025 della Corte di cassazione, Sezione V penale, offre spunti significativi, poiché annulla la condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale a carico di un soggetto già amministratore di diritto, ritenuto dai giudici di merito anche amministratore di fatto dopo la cessazione della carica.
2. Il caso
L’imputato, amministratore formale sino al 9 novembre 2011 della società V. Srl, era stato condannato per bancarotta fraudolenta distrattiva (art. 216, co. 1, n. 1, l. fall.) e documentale (art. 216, co. 1, n. 2, l. fall.).
Secondo le Corti di merito, la sua gestione di fatto si sarebbe protratta anche dopo la dismissione della carica, sulla base di un atto isolato: una missiva del 6 luglio 2012 con la quale l’imputato, qualificandosi come legale rappresentante, chiedeva la voltura di un’autorizzazione ambientale a favore di altra società.
La difesa ha contestato la ricostruzione, sostenendo che quell’atto fosse frutto di errore o di intervento di un consulente, e che comunque non potesse fondare la qualifica di amministratore di fatto, tanto più in presenza di un nuovo amministratore formale (Ru.Al.) e di un dominus occulto (V.).
3. Il principio affermato dalla Cassazione
La Corte richiama i consolidati criteri dell’art. 2639 c.c. e della propria giurisprudenza: la qualifica di amministratore di fatto richiede l’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici di gestione, da accertarsi attraverso indici sintomatici plurimi, quali:
rapporti negoziali con fornitori e clienti;
direzione dei dipendenti;
decisioni contrattuali e disciplinari;
inserimento organico nella vita aziendale.
Un atto isolato, specie se di scarsa rilevanza, non basta a dimostrare l’esercizio di fatto della gestione. In questo caso, l’invio della missiva non è stato ritenuto sufficiente per configurare un ruolo direttivo continuativo.
4. La bancarotta documentale
La Cassazione ha annullato anche la condanna per bancarotta documentale. Al momento del fallimento vi era un amministratore formale diverso dall’imputato. Non è stato chiarito perché le scritture contabili avrebbero dovuto essere tenute dall’ex amministratore, né da quali elementi fosse ricavabile il dolo specifico di recare danno ai creditori. La Corte richiama così la necessità di una motivazione puntuale sull’elemento soggettivo, non desumibile automaticamente dalla mera esistenza di irregolarità contabili.
5. Conclusioni
La pronuncia è rilevante sotto diversi profili.
Anzitutto, ribadisce che la figura dell’amministratore di fatto non può essere desunta da un episodio sporadico o da un singolo atto privo di reale incidenza sulla vita societaria.
Perché si possa parlare di amministrazione di fatto è necessario dimostrare un coinvolgimento gestionale continuativo e significativo, capace di collocare il soggetto in una posizione organica e stabile rispetto all’impresa.
Solo così si salvaguarda quel confine sottile che separa la responsabilità penale da una mera influenza ambientale o da una presenza marginale, che di per sé non può bastare per affermare la colpevolezza.
Accanto a questo, la Cassazione richiama l’esigenza di una prova particolarmente rigorosa.
Il processo penale non può poggiare su presunzioni generiche o su congetture troppo elastiche: l’amministrazione di fatto deve emergere da un insieme di indici concreti, reiterati e sintomatici di una gestione sostanziale, non da condotte isolate o occasionali, tanto più se tali condotte possono essere ricondotte a dinamiche casuali o all’intervento di terzi estranei alla gestione.
Infine, la sentenza affronta anche il tema della bancarotta documentale, sottolineando come l’attribuzione di responsabilità per la mancata tenuta delle scritture contabili debba fondarsi sull’accertamento di chi fosse effettivamente titolare, al momento del fallimento, dell’obbligo giuridico di cura della contabilità. In mancanza di questa verifica, si rischierebbe di scivolare verso una forma surrettizia di responsabilità oggettiva, in palese contrasto con il principio di colpevolezza sancito dall’art. 27 della Costituzione.
La Corte si assesta su un approccio garantista: la figura dell’amministratore di fatto non può essere deformata fino a ricomprendere qualsiasi residua influenza o atto occasionale compiuto dall’ex amministratore.
La bancarotta fraudolenta resta un reato di gravità estrema, che richiede un accertamento stringente non solo sul piano oggettivo, ma anche su quello soggettivo.
La sentenza invita dunque i giudici di merito a un uso accorto della nozione di amministratore di fatto, pena la trasformazione di uno strumento di tutela in un grimaldello di responsabilità indiscriminata.
6. La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 03/06/2025, (ud. 03/06/2025, dep. 24/06/2025), n.23672
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado dell'Or.Sa. per i delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale commessi, sino alla data del 9 novembre 2011, nella veste di amministratore di diritto della società fallita "Valle del Suino Srl" e, successivamente, di amministratore di fatto di tale società.
2. L'imputato ha proposto ricorso per cassazione, con il difensore di fiducia, avv. Gianluca Di Matteo, affidandosi a un unico motivo di impugnazione con il quale lamenta violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione dell'art. 192 del medesimo codice, deducendo l'inadeguata valutazione degli elementi probatori in forza dei quali è stata ritenuta la sua qualità di amministratore di fatto della società nonché dell'art. 125 dello stesso codice di rito per carenza o, comunque, manifesta illogicità della motivazione della decisione della Corte territoriale.
A fondamento delle censure premette che i suini non rinvenuti in azienda (e non pagati alle aziende venditrici) cui fa riferimento il capo b) della rubrica, relativo al delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, sono stati forniti, come si evince dalle fatture, successivamente alla data del 9 novembre 2011, dalla quale era cessata la propria carica formale e aveva ceduto le proprie quote ad Ru.Al..
Sottolinea, inoltre, rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale che sarebbe dovuto essere il medesimo Ru.Al., nella veste di amministratore della società, a presentare il bilancio alla data del 31 dicembre 2011 dell'anno successivo e a tenere i libri e le scritture contabili.
Per tali ragioni l'Or.Sa. assume che le decisioni di merito sono incorse nell'errore decisivo di ritenere che gli era stato amministratore di fatto della fallita anche nel periodo successivo alla dismissione della carica formale.
Pone in rilievo che a tale conclusione, invero, tali pronunce sono pervenute, in primis, in forza di un documento del 6 luglio 2012, che sarebbe stato da lui sottoscritto quale legale rappresentante della società e con cui avrebbe richiesto la voltura in favore della società Pig Village Srl dell'autorizzazione all'emissione di fumi in atmosfera.
Al riguardo rappresenta che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'Appello, che avrebbe travisato il proprio motivo di gravame, non aveva addotto di aver firmato sulla scorta di un temporaneo potere di rappresentanza legale che non aveva poi documentato, bensì di non aver apposto la firma, potendo trattarsi di un mero errore di stampa di un file o di un invio errato effettuato da un consulente della società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito indicate.
2. Su un piano generale è opportuno ricordare che, come più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità, la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'art. 2639 cod. civ., postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. In particolare, la posizione dell'amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, si traduce, in ambito processuale, nell'accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall'organico inserimento del soggetto, quale intraneus che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell'iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi - rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti - in ogni branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare. L'accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (tra le altre, Sez. 5 n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534; Sez. 1, n. 18464 del 12/05/2006, Ponciroli, Rv. 234254).
2.1. Le pronunce di merito, tuttavia, non hanno individuato, dopo la cessazione della carica formale, elementi idonei a costituire indici nell'Or.Sa. dell'esercizio di fatto dei poteri corrispondenti in conformità ai superiori principi.
Vi è infatti che detti indici non possono essere costituiti, innanzi tutto, dal solo invio di una missiva nella quale egli si qualifica quale legale rappresentante della fallita per la cessione di un'autorizzazione ad un'altra società. Si tratta, infatti, di un unico atto, peraltro di scarsa rilevanza, che non puex se costituire indice di un organico e sistematico inserimento dell'imputato nella gestione o nella cogestione della società, vieppiù alla luce dell'emersione della figura di un altro soggetto, tale Vitiello, quale dominus occulto della fallita, alla stregua di quanto si evince dalla stessa sentenza impugnata e della presenza di un altro amministratore formale, nella persona di Ru.An..
Né, peraltro, a fronte del solo compimento del predetto atto gestorio, di minima rilevanza nella vita societaria, può essere considerata sintomatica della gestione di fatto della fallita da parte del ricorrente la circostanza che egli è stato assunto nella società, dopo la cessazione della carica formale, per lo svolgimento di mansioni comportanti l'espletamento di attività di carattere materiale.
2.2. Parimenti, il ricorso è fondato laddove censura la decisione nella parte in cui l'Or.Sa. è stato ritenuto responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, atteso che, essendovi un amministratore formale diverso alla data del fallimento, non è stato chiarito perché le scritture contabili avrebbero dovuto essere tenute o sarebbero state occultate dall'imputato, né puntualizzato, sul piano dell'elemento soggettivo, da quali indici sarebbe stato tratto il dolo specifico di arrecare, con la propria condotta, un danno ai creditori.
3. Per le indicate ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così è deciso in Roma, il 3 giugno 2025.
Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2025.




