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Trattenimenti nei CPR: il nuovo rito e i dubbi di costituzionalità

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Avv. Salvatore del Giudice - Avvocato penalista Napoli

La Cassazione penale, con la sentenza n. 2967 del 24 gennaio 2025, ha acceso i riflettori su una questione giuridica di primaria importanza: il trattenimento amministrativo degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) e le garanzie del contraddittorio nel nuovo rito introdotto dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187.


Un sistema sotto esame

La normativa di riferimento, derivata dal d.l. 11 ottobre 2024, n. 145 e convertita con modificazioni nella legge 187/2024, disciplina le modalità con cui il giudice deve pronunciarsi sulla proroga del trattenimento nei CPR disposta dal Questore. Il punto critico, emerso nel giudizio di legittimità, riguarda la motivazione richiesta per giustificare la continuità della misura restrittiva, in particolare rispetto alle prospettive di rimpatrio e alla necessità della detenzione amministrativa.

La Corte ha stabilito che ogni proroga deve essere supportata da un’argomentazione puntuale che tenga conto:

  • delle condizioni previste dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. 286/1998;

  • degli elementi sopravvenuti dopo la scadenza del primo periodo di trattenimento;

  • dei limiti temporali stringenti imposti dalla legge per l’effettiva esecuzione dei rimpatri.

In assenza di tali requisiti, si configura una violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p., inteso come motivazione inesistente o meramente apparente, cioè incapace di rendere comprensibile il ragionamento seguito dal giudice.


Dove sta il problema?

Secondo la Cassazione, il rischio di illegittimità costituzionale del nuovo rito si annida proprio nella possibile carenza di garanzie difensive. Se il decreto di proroga del trattenimento non si confronta adeguatamente con elementi decisivi – che potrebbero giustificare una decisione opposta – si rischia di violare il diritto alla difesa e il principio del contraddittorio.

Il trattenimento nei CPR, pur essendo una misura amministrativa, ha un impatto fortemente limitativo della libertà personale, con profili analoghi a quelli della custodia cautelare.

Per questo motivo, la giurisprudenza costituzionale ha sempre richiesto un elevato standard di motivazione per le decisioni restrittive della libertà. Un'eventuale compressione dei diritti difensivi potrebbe dunque sollevare questioni di legittimità costituzionale, che la Cassazione non esclude possano essere sollevate in futuro.


Verso un nuovo equilibrio?

Questa pronuncia potrebbe costituire un primo passo verso un’interpretazione più rigorosa della normativa sui trattenimenti amministrativi. È chiaro che la legittimità delle proroghe non può ridursi a un automatismo burocratico, ma deve poggiare su valutazioni concrete e trasparenti.

Se il legislatore non interverrà per chiarire meglio i criteri applicativi del nuovo rito, spetterà alle corti di merito e alla stessa Corte Costituzionale stabilire se il bilanciamento tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti fondamentali sia stato effettivamente rispettato. Nel frattempo, questa sentenza rappresenta un segnale chiaro: le restrizioni della libertà, anche se formalmente amministrative, devono sempre essere soggette a un controllo giurisdizionale effettivo e motivato.


La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 17/01/2025, la Corte di appello di Cagliari in composizione monocratica ha disposto la convalida di un provvedimento formalmente qualificato come di trattenimento presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Nuoro - Macomer per ulteriori 60 giorni a carico di Kh.Ah. (CUI: (Omissis)), emesso dal Questore di Nuoro in data 15/01/2025. Sin da ora va precisato che, come emerge dagli atti trasmessi a questa Corte, si tratta di proroga del trattenimento disposto dal Questore di Nuoro in data 21/11/2024 (e, infatti, in questo senso si esprime esattamente la richiesta di convalida del 15/01/2025).


2 Avverso il decreto ha proposto ricorso il difensore di Kh.Ah., articolando cinque motivi.


2.1 Con il primo lamenta violazione dell'art. 6, comma 5-bis, D.Lgs. n. 142/2015 in relazione all'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998 e agli artt. 3,13,25 e 111 Cost. e 117 Cost. con riferimento agli artt. 3, 13 e 14 CEDU.


Il ricorrente deduce che l'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 187/2024, con il richiamo al secondo e al quarto periodo del comma 5-bis dell'art. 22 della legge n. 69/2005 in materia di mandato di arresto europeo, ha comportato la riduzione del termine per proporre ricorso per cassazione a cinque giorni, discriminando il soggetto sottoposto a restrizione della libertà personale in forza di provvedimento di trattenimento rispetto a quelli sottoposti a restrizione presso gli istituti penali ai quali sono riservati termini più ampi per predisporre la propria difesa, e ha determinato altresì la sottrazione della competenza a decidere alle sezioni civili della Corte di Cassazione, da considerarsi giudice naturale in queste materie.


Inoltre, i motivi di ricorso, che la disposizione normativa di recente introduzione prevede, vengono ricondotti alle ipotesi previste dalle lett. a), b) e c) dell'art. 606 cod. proc. pen., che non hanno attinenza alla materia trattata, riguardando l'esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge ad altri organi o non consentita ai pubblici poteri, l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale e l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza.


2.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 6, comma 5-bis, D.Lgs. n. 142/2015 in relazione all'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998 e agli artt. 2,3 e 4 D.L. 17/02/2017 n. 13, conv. con modificazioni dalla legge 13/04/2017 n. 46, nonché agli artt. 3, 13,25 e 111 Cost. e 117 Cost. con riferimento agli artt. 3, 13 e 14 CEDU. Lamenta che il primo giudice non aveva valutato la preliminare eccezione di incompetenza, avanzata dal ricorrente con memoria difensiva depositata in atti e nella quale si sosteneva che la mancata modifica dell'art. 4, comma 3, D.L. n. 13/2017, conv. con modificazioni dalla legge n. 46/2017 doveva considerarsi indicativa del mantenimento della competenza in capo alla sezione specializzata del Tribunale; la Corte di appello aveva ritenuto la propria competenza con motivazione del tutto apparente.


2.3 Con il terzo motivo, che si ricollega al precedente, si denuncia ancora violazione dell'art. 6, comma 5-bis, D.Lgs. n. 142/2015 in relazione all'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998 e agli artt. 2,3 e 4 D.L. 17/02/2017 n. 13, conv. con modificazioni dalla legge 13/04/2017 n. 46, nonché agli artt. 3, 13,25 e 111 Cost. e 117 Cost. con riferimento agli artt. 3. 13 e 14 CEDU. Con motivazione apparente la Corte di appello aveva deciso sull'eccepita questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 142/2015, che attribuisce la competenza a decidere sulle domande di protezione internazionale avanzate dai soggetti liberi alle sezioni specializzate dei Tribunali e su quelle avanzate dai soggetti a trattenimento al giudice penale non specializzato.


2.4 Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 142/2015 in relazione agli artt. 3,13,25 e 111 Cost. e 117 Cost., in con riferimento agli artt. 3, 13 e 14 CEDU, e all'art. 2697 cod. civ.


Apparente sarebbe la motivazione del giudice di prime cure sulle questioni dedotte in ordine all'insussistenza dei presupposti per la proroga del trattenimento, che devono considerarsi diversi da quelli che legittimano la convalida. Il giudice di merito si era limitato a richiamare le motivazioni del provvedimento del Questore e non aveva tenuto conto dell'inutile decorso del termine di 60 giorni senza che la Commissione territoriale competente avesse proceduto all'audizione del ricorrente secondo il disposto di cui all'art. 28-bis D.Lgs. n. 25/2008 che prevede la c.d. procedura accelerata.


2.5 Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 142/2015 in relazione agli artt. 10, comma 3, Cost., 19, commi 1 e 1.1, D.Lgs. n. 286/1998, in relazione all'art. 3 CEDU, all'art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 25/2008 e all'art. 2697 cod. civ.


Nella memoria il ricorrente aveva dedotto argomenti e documenti al fine di dimostrare che l'eventuale rimpatrio del trattenuto avrebbe finito con il violare il disposto dell'art. 19, comma 1 e 1.1, D.Lgs. n. 286/98, in quanto, nonostante il Marocco sia stato designato dal governo italiano tra i c.d. paesi sicuri, vi è consentito il ricorso alla tortura e a pene disumane e degradanti; il ricorrente potrebbe essere arrestato per espiare le pene per i reati contestatigli in Italia e di ciò egli aveva fatto espresso riferimento in udienza, anche se il verbale non ne riporta compiutamente le dichiarazioni.


2.6 II difensore ha concluso chiedendo in via preliminare e pregiudiziale, di rimettere gli atti e le parti davanti alla Corte costituzionale o davanti alla Corte di giustizia europea, con ogni conseguenza di legge, ivi compresa la liberazione dell'istante dal Centro per il rimpatrio di Macomer in attesa della loro decisione; ha comunque chiesto l'annullamento dell'impugnato decreto.


3. I sostituti procuratori generali, Luisa De Renzis e Pasquale Serrao d'Aquino, hanno concluso con requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso. Nell'interesse del ricorrente sono state depositate note difensive.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti che saranno appresso illustrati.


2. Dovendo procedere all'esame delle questioni prospettate secondo il loro ordine logico, occorre prendere le mosse dalla doglianza dedotta davanti al giudice di primo grado e riproposta con il primo motivo, congiuntamente ad altri rilievi proponibili solo nel giudizio di cassazione, riguardanti il sospetto di illegittimità costituzionale, sotto il profilo dell'irragionevolezza e della violazione del principio di uguaglianza, della disposizione che concentra la competenza sulla Corte di appello in composizione monocratica, nonché la connessa deduzione riguardo l'asserita violazione del principio del giudice naturale per essere state attribuite ad un giudice penale funzioni civili riservate sinora ad apposite sezioni specializzate sino al D.L. n. 145/2024, conv. con modificazioni dalla legge n. 187/2024.


Ad una verifica interpretativa di tipo letterale, integrata da una lettura sistematica, emerge che la scelta del legislatore esprime univocamente la volontà di concentrare in capo alle sezioni penali delle Corti di appello la competenza sui procedimenti di convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6,6-bis e 6-ter D.Lgs. n. 142/2015, e dell'articolo 10-ter, comma 3, quarto periodo, D.Lgs. n. 286/1998, nonché sui procedimenti di convalida delle misure adottate ai sensi dell'articolo 14, comma 6, D.Lgs. n. 142/2015. In tal senso è del tutto privo di margini di ambiguità il comma 5 del citato D.Lgs. n. 142 del 2015.


L'art. 5-bis D.L. n. 13/2017, conv. con modificazioni dalla legge n. 46/2017, introdotto dal D.L. n. 145/2024, conv. con modificazioni dalla legge n. 187/2024, stabilisce che la Corte d'Appello, chiamata a trattare questi procedimenti, deve essere individuata alla luce dell'art. 5, comma 2, legge n. 69/2005, facendo così espresso richiamo all'autorità giudiziaria competente a dare esecuzione al mandato di arresto europeo, istituto disciplinato da disposizioni penali, che pertanto richiede l'intervento del giudice penale e che è accomunato alle materie del trattenimento del richiedente la protezione internazionale dai profili di tutela giurisdizionale della libertà personale.


L'ulteriore, ancora più esplicito, richiamo alla giurisdizione penale si ricava dalla previsione dei motivi per i quali può essere proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di convalida, che sono individuati tra quelli previsti dal codice di procedura penale e di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 606, ma anche dal rinvio a talune disposizioni processuali fissate per il procedimento di impugnazione dinanzi al giudice di legittimità in ordine all'esecuzione del mandato di arresto europeo (cfr. l'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/96, nel testo modificato dal D.L. n. 145/2024, conv. con modificazioni dalla legge n. 187/2024: "Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69").


3. Si tratta di una scelta che appare comunque netta.


Essa attiene alla materia processuale, che, come ha ribadito in più occasioni la Corte costituzionale (v., ad es., sent. n. 252 del 21/10/2020; n. 200 del 25/11/2024), è di esclusiva spettanza del legislatore e si caratterizza per la più ampia discrezionalità, sempre che non siano ravvisabili profili di manifesta irragionevolezza e arbitrarietà. Da qui l'inconducenza, ai fini della prospettazione di vizi processuali o di legittimità costituzionale, dei richiami difensivi alle precedenti scelte legislative (frutto di un diverso e del pari insindacabile esercizio della discrezionalità riservata al decisore politico), che hanno caratterizzato la disciplina previgente con l'opzione preferenziale per le sezioni specializzate in materia di immigrazione; e parimenti l'irrilevanza della sopravvivenza di disposizioni o di procedimenti che vi fanno riferimento.


Anche il trattamento differenziato tra i richiedenti protezione internazionale liberi e quelli destinatari di provvedimento di trattenimento è basato sulla scelta di assimilare la disciplina di questi ultimi ad altri istituti in cui ricorrono condizioni di limitazione della libertà personale.


Vanno quindi disattesi anche il secondo e il terzo motivo.


4. Pregiudiziale e assorbente rispetto agli altri motivi risulta il quarto che, con apposito e appropriato richiamo all'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e alle norme processuali del rito penale, denuncia la mera apparenza della motivazione con riguardo ai presupposti della proroga del trattenimento oggetto del provvedimento da convalidare.


Tutto il nuovo assetto della disciplina voluto dall'intervento riformatore, che sospinge maggiormente nell'area penale la materia del trattenimento, trova coerenza in una più elevata attenzione alla necessità di un pronto controllo giurisdizionale sulle limitazioni della libertà personale (per l'incidenza sulla libertà personale dei provvedimenti che determinino la coazione a rimanere in un centro di permanenza, v., di recente, Corte cost., sent. n. 203 del 2024), rispetto alle quali, così come accade nella materia cautelare penale, per un verso, si giustificano termini assai brevi per la proposizione di istanze e ricorsi e per l'adozione delle decisioni nei procedimenti giudiziari e, per altro verso, si impongono scelte organizzative e modalità esecutive che garantiscano pronta attuazione dei provvedimenti delle autorità amministrative nelle modalità più rispettose della dignità delle persone e di ogni altra esigenza coinvolta.


In particolare, con riguardo alla decisione sulla convalida della proroga del trattenimento, la motivazione deve contenere uno specifico riferimento alla sussistenza delle condizioni di cui all'art. 14, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998, e in particolare deve esplicitare in base a quali dati il trattenimento, già ritenuto necessario, tale sia ancora, e quali prospettive i fatti intervenuti dopo il decorso del primo termine possono offrire rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio, tenendo altresì conto delle condizioni legislativamente imposte in relazione ai rigidi limiti temporali entro i quali le proroghe possono essere concesse e conseguentemente i rimpatri, se legittimamente disposti, dovrebbero essere eseguiti (cfr. fra le molte Cass. civ., Sez. 1, 16/01/2019, n. 6064, Rv. 653101 - 01).


5. Il provvedimento impugnato contiene giudizi di infondatezza assertivi sulle questioni processuali e sulle questioni di legittimità costituzionale, ritiene irrilevante la questione inerente la sicurezza del Marocco perché non attuale e perché non erano emersi elementi dimostrativi del rischio di pregiudizio per il ricorrente, afferma la pretestuosità della domanda di protezione internazionale, rinviando senza null'altro aggiungere al provvedimento del trattenimento del Questore. In altri termini, esso non contiene alcuna valutazione in ordine alle ragioni per le quali può giustificarsi la proroga del trattenimento.


Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, sia pure nell'ambito delle misure di prevenzione, ma in un contesto ordinamentale, nel quale comunque il ricorso per cassazione è circoscritto alla denuncia della violazione di legge - ciò che rappresenta la base minima costituzionalmente garantita del ricorso "contro i provvedimenti sulla libertà personale", ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. - nella nozione di violazione di legge va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento (ex plurimis, v. Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284 - 01), intesa quest'ultima come motivazione "del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento": trattandosi di vizio che sostanzia una "inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali" (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).


Tanto è sufficiente, senza necessità di ulteriori approfondimenti esegetici, a cogliere la sussistenza del vizio di cui all'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.


Va aggiunto che è ben possibile una motivazione per relationem quando sia dato ravvisare i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte, ossia quando il provvedimento impugnato: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 - 01).


Ciò che, nella specie, non è dato ravvisare per il carattere generale e assertivo dello scarno apparato argomentativo del provvedimento impugnato.


Il decreto, in definitiva, è graficamente mancante di alcun apporto motivazionale relativo al tema centrale del controllo giurisdizionale demandato al giudice nel procedimento di convalida, promosso con la richiesta di convalida della disposta proroga del trattenimento.


E, poiché non può considerarsi valida una motivazione che sia totalmente manchevole di un'indicazione di ragionata condivisione delle valutazioni che hanno indotto il Questore a disporre la proroga (Cass. civ., sez. 6 - 1, n. 610 del 10/01/2022, Rv. 663963 - 01), la decisione deve essere annullata affinché il giudizio di convalida venga completato con la verifica - in relazione al caso concreto - delle condizioni previste dall'art. 6 D.Lgs. n. 142/2015 - Ogni altra questione rimane assorbita.


6. Il decreto impugnato deve essere pertanto cassato con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, in composizione monocratica, per procedere a nuovo giudizio, nel quale, libera nell'esito, valuti la sussistenza delle condizioni che giustifichino la proroga del trattenimento dell'odierno ricorrente.


P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Cagliari in composizione monocratica.


Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.


Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2025.



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