Reati tributari
La sentenza n. 12220/2024 della Corte di Cassazione, III Sezione Penale affronta il tema della non punibilità per il pagamento dei debiti tributari in relazione ai reati di evasione fiscale, disciplinati dal D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la pronuncia esamina l'applicazione delle attenuanti previste dall'art. 13-bis del medesimo decreto e della specifica causa di non punibilità prevista dall'art. 13.
La sentenza ha ad oggetto una complessa frode fiscale, nella quale i membri del consiglio di amministrazione di una società per azioni, sono accusati di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere imposte sui redditi e sull'IVA.
In particolare, alla società veniva contestata la falsità di alcune sponsorizzazioni (indicate in tre fatture), per un totale di 200.000 euro, che avrebbero permesso alla stessa di beneficiare di indebite detrazioni fiscali.
La questione centrale del processo riguardava l'effettiva esistenza delle operazioni descritte nelle fatture, nonché la possibilità di applicare la causa di non punibilità dell'art. 13 D.Lgs. n. 74/2000, che consente l'esclusione della responsabilità penale se i debiti tributari sono stati estinti prima dell'apertura del dibattimento.
Il principio di diritto che emerge dalla sentenza in commento si fonda sulla distinzione tra ravvedimento operoso e altre procedure conciliative, come l'accertamento con adesione, ai fini della non punibilità per i reati tributari.
Secondo la Corte di Cassazione, l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 è limitata al ravvedimento operoso nei reati di maggiore gravità, come l'emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2), escludendo altre procedure come l'accertamento con adesione.
La Corte ribadisce che per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs. n. 74/2000, il ravvedimento operoso è efficace solo se attivato prima dell'inizio di un’attività di accertamento amministrativo o giudiziario. In questi casi, altre modalità di risoluzione, come l'accertamento con adesione, non estinguono il reato, ma possono solo mitigare la pena (come previsto dall'art. 13-bis).
Il ravvedimento operoso consiste in una autodenuncia e un pagamento volontario delle somme dovute, effettuato dal contribuente prima di essere ufficialmente a conoscenza di controlli o verifiche.
Per i reati di maggiore gravità, come la presentazione di fatture false (art. 2 cit.), l'accertamento con adesione — che avviene solo dopo l'avvio di un controllo — non consente l'estinzione del reato, ma permette una riduzione della pena.
Il legislatore distingue i reati tributari in due categorie principali:
Reati meno gravi: come quelli previsti dagli articoli 10-bis (omesso versamento di ritenute), 10-ter (omesso versamento IVA) e 10-quater, comma 1 (indebito utilizzo di crediti IVA). Per questi reati, la non punibilità può derivare da qualsiasi forma di pagamento del debito fiscale prima del dibattimento, inclusi i procedimenti conciliativi come l’accertamento con adesione.
Reati più gravi: come quelli di cui agli articoli 2 (emissione di fatture false), 3 e 4, per i quali l'unica strada per l’estinzione della punibilità è il ravvedimento operoso, a condizione che questo intervenga prima dell’inizio di qualsiasi attività di accertamento.
Il messaggio della Corte è chiaro: nei casi di frode fiscale grave, l’unica possibilità per evitare la condanna è agire tempestivamente e proattivamente tramite il ravvedimento operoso, mentre altre forme di conciliazione, pur ammissibili, possono solo ridurre le pene ma non cancellare il reato.
Questo principio mira a incentivare la trasparenza e la cooperazione anticipata da parte dei contribuenti, scoraggiando il ricorso a procedure riparative tardive una volta che i controlli sono già avviati. La separazione tra condotta proattiva (ravvedimento) e condotta reattiva (accertamento con adesione) è fondamentale per stabilire il confine tra la non punibilità e una mera riduzione della pena.