Reati tributari
L’omesso versamento dell’IVA, disciplinato dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, è oggetto di grande dibattito giurisprudenziale. Un aspetto delicato riguarda l’inadempimento legato a una crisi di liquidità non imputabile all’imprenditore. La recente sentenza n. 30532 della Cassazione Penale, sez. III, del 25 luglio 2024 (ud. 15 luglio 2024), fornisce importanti chiarimenti in merito, ponendo l'accento su una situazione di crisi economica grave e strutturale.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte riguarda una società a responsabilità limitata, il cui legale rappresentante è stato condannato in appello per il reato di omesso versamento dell'IVA, riferito agli anni di imposta 2014 e 2015.
La società era stata travolta dalla crisi dell'acciaieria, operando esclusivamente per l'ILVA Spa, società che, come è noto, aveva subito una serie di complesse vicende giudiziarie e finanziarie, culminate nell'amministrazione straordinaria e nel mancato pagamento dei debiti pregressi.
La difesa ha evidenziato come la società avesse subito gravi inadempimenti dall’ILVA, aggravati dalla sospensione dei pagamenti e dalla conseguente crisi di commesse. A sostegno della difesa, è stata prodotta documentazione che attestava le azioni legali promosse dalla società per il recupero dei crediti. Tuttavia, tali tentativi erano stati ostacolati dal fallimento dell'ILVA, che aveva lasciato insoluti per ingenti somme, compromettendo la capacità della società di adempiere ai propri obblighi fiscali.
La Corte d'Appello di Lecce ha confermato la condanna di primo grado, nonostante avesse riconosciuto le difficoltà economiche della società. La sentenza si è basata sull'indirizzo giurisprudenziale più rigoroso in materia di omesso versamento dell'IVA, secondo cui il contribuente è obbligato a versare l'imposta anche in caso di mancata riscossione del corrispettivo, trattandosi di un rischio d'impresa che non può giustificare l'inadempimento fiscale.
Tuttavia, la difesa ha contestato questa valutazione, sottolineando l’inevitabilità della crisi finanziaria, non imputabile a scelte imprenditoriali volontarie ma alla peculiare situazione dell’ILVA e alla sua amministrazione straordinaria.
In particolare, si è sostenuto che il ricorrente non avrebbe potuto fare fronte al pagamento dell’IVA con il proprio patrimonio personale, avendo già destinato tutte le risorse disponibili al pagamento degli stipendi dei dipendenti per evitare ulteriori difficoltà operative, come la perdita della regolarità contributiva (DURC), requisito fondamentale per continuare a operare con l’ILVA stessa.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza d'appello e rinviando il caso a una diversa sezione della Corte d'Appello di Lecce per un nuovo giudizio.
La decisione si basa su diversi passaggi motivazionali.
Secondo la consolidata giurisprudenza, l'omesso versamento dell'IVA è considerato un reato a dolo generico, in quanto l’obbligo di versamento prescinde dalla riscossione effettiva del corrispettivo. Anche il mancato pagamento da parte dei clienti non esonera il contribuente dall’adempimento fiscale, essendo tale rischio parte dell'ordinaria attività d'impresa. Pronunce precedenti della stessa Sezione III della Corte avevano escluso la possibilità di invocare la forza maggiore in casi simili, come l’utilizzo dello sconto bancario delle fatture o l’insolvenza del debitore.
Nonostante l'indirizzo tradizionale, alcune pronunce della Cassazione hanno ammesso un'attenuazione della responsabilità penale in circostanze di crisi di liquidità non fisiologica e non imputabile all'imprenditore. La sentenza Baracchino del 2021 ha stabilito che, in presenza di una crisi finanziaria straordinaria e imprevedibile, come quella derivante da un mancato incasso di crediti superiori a una certa percentuale del fatturato, è possibile escludere il dolo necessario per configurare il reato.
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente valutato la peculiare situazione della società e la gravità della crisi finanziaria legata al fallimento dell'ILVA. Pur comprendendo le difficoltà economiche, la Corte d’Appello ha omesso di approfondire se tali difficoltà fossero davvero determinanti per l’impossibilità di versare l'IVA. In particolare, non è stato considerato adeguatamente il fatto che l’unica committente della società fosse l’ILVA, e che il mancato pagamento dei crediti da parte di quest’ultima avesse causato una crisi di liquidità tale da rendere impossibile il versamento delle imposte.
Un altro aspetto rilevante è l’introduzione del nuovo comma 3-bis all’art. 13 del D.Lgs. 74/2000, avvenuta con il D.Lgs. 87/2024. Questa disposizione prevede una causa di non punibilità per i reati di omesso versamento dell’IVA (art. 10-ter) e delle ritenute (art. 10-bis), qualora il mancato adempimento dipenda da cause non imputabili al contribuente, come la crisi di liquidità dovuta all'inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o al sovraindebitamento di terzi. La norma attribuisce un'importanza centrale alla crisi non transitoria di liquidità, specialmente se legata all’insolvenza dei clienti o delle amministrazioni pubbliche .
La sentenza n. 30532 del 2024 rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle dinamiche economiche e finanziarie che possono influenzare la responsabilità penale per omesso versamento dell’IVA.
Sebbene la giurisprudenza sia tradizionalmente rigorosa nel riconoscere il dolo in tali reati, la Corte di Cassazione ha ribadito l'importanza di considerare con attenzione le situazioni di crisi finanziaria straordinaria. L’introduzione del comma 3-bis all’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 conferma la tendenza normativa a riconoscere la non punibilità in presenza di circostanze oggettive che rendono impossibile il versamento delle imposte.
In questo contesto, la sentenza offre uno spiraglio agli imprenditori che, non per colpa propria, si trovano impossibilitati a far fronte agli obblighi tributari a causa di eventi esterni e imprevedibili. Tuttavia, spetta ai giudici valutare caso per caso la sussistenza delle condizioni che possono escludere la responsabilità penale, facendo prevalere un approccio equilibrato tra rigore normativo e comprensione delle difficoltà imprenditoriali.