Reati tributari
Abstract La sentenza n. 32282 della Corte di Cassazione, Sez. III penale, del 20 giugno 2024, offre un contributo rilevante alla definizione dei criteri di determinazione del profitto nei reati tributari e alla correlazione tra le misure penali e le procedure amministrative di accertamento tributario, come l’accertamento con adesione.
La Corte si è espressa sul tema del "doppio binario", evidenziando le differenze tra la sfera fiscale e quella penale, e chiarendo le modalità con cui il profitto illecito viene calcolato nell’ambito dei reati tributari.
La sentenza si inserisce in un quadro giuridico complesso, dove si intrecciano il diritto penale e quello tributario. Il "profitto" nei reati fiscali è un concetto di centrale importanza per la confisca, ma spesso la sua determinazione non è semplice. In particolare, la Corte di Cassazione ha dovuto affrontare il rapporto tra l'accertamento fiscale amministrativo, come quello con adesione, e l'eventuale azione penale per reati tributari.
Il reato tributario, disciplinato dal D.lgs. n. 74/2000, comporta conseguenze sia in ambito fiscale che penale. Mentre il procedimento tributario è teso a regolare il rapporto economico tra contribuente e amministrazione finanziaria, il procedimento penale mira a sanzionare comportamenti fraudolenti o dolosi. In tale contesto, il concetto di profitto del reato, che è oggetto di confisca, non sempre coincide con l’imposta evasa determinata a fini amministrativi.
Uno degli aspetti più dibattuti nella giurisprudenza è il principio del "doppio binario", secondo cui le valutazioni delle autorità fiscali e quelle del giudice penale possono divergere. Questo principio è stato riaffermato nella sentenza in esame, in cui la Corte ha sottolineato che l’accordo tra contribuente e amministrazione fiscale, tramite l'accertamento con adesione, non vincola necessariamente il giudice penale nella determinazione del profitto del reato.
La Corte ha ribadito che il profitto nei reati tributari è costituito dall’intera somma sottratta al fisco mediante condotte fraudolente, a prescindere da eventuali riduzioni concordate in sede amministrativa. Infatti, il giudice penale deve considerare il vantaggio economico illecito effettivamente ottenuto dal reo, che può non coincidere con quanto stabilito nell’accertamento tributario. In particolare, l'accertamento con adesione può portare a una riduzione delle imposte dovute, ma tale riduzione non incide sulla confisca del profitto del reato.
La confisca del profitto del reato ha una funzione preventiva e sanzionatoria, volta a neutralizzare i vantaggi economici ottenuti illecitamente. Nel caso dei reati tributari, il profitto da confiscare è costituito dalla somma complessiva che il contribuente ha sottratto all'erario. In tal senso, la sentenza della Corte chiarisce che la confisca non può essere limitata dall’eventuale accordo amministrativo, poiché essa mira a colpire l’intero vantaggio economico illecito.
La sentenza n. 32282 del 2024 riafferma l’autonomia del giudice penale rispetto alle valutazioni amministrative in ambito tributario, ribadendo il principio del doppio binario. La determinazione del profitto nei reati tributari, finalizzata alla confisca, deve essere basata sull’intero ammontare dell’evasione, indipendentemente da eventuali riduzioni concordate con l’amministrazione fiscale. Questa decisione sottolinea la centralità della confisca come strumento di recupero dei vantaggi illeciti e di prevenzione di futuri comportamenti fraudolenti.